Ci siamo occupati più volte degli incipit, ovvero delle frasi che danno inizio a un romanzo: ne siamo colpiti come da un biglietto da visita, è la porta attraverso cui entriamo in un libro, in una narrazione, addirittura a volte in libreria ci basta scorrere la prima pagina per convincerci di acquistare o meno un volume.
Ma oggi ci occupiamo del contrario degli incipit, cioè degli explicit, le frasi finali che, concludendo un romanzo, ci restano in testa più o meno come un vino lascia il retrogusto sul palato. L’autore ormai non deve avvincere nessuno, la storia è ormai delineata, di solito è conclusa, con il suo lieto fine o il suo infausto esito, può addirittura rimanere in sospeso. Però quell’ultima frase è importante, è il congedo con il lettore, il saluto che lascia un’emozione in chi legge. Poi, si toglie segnalibro, si chiude il libro e si passerà ad un altro. Ma con quell’ultimo pensiero che aleggia ancora per un po’.
Come per gli incipit, anche per gli explicit, la varietà è notevole, e ne possiamo essere colpiti favorevolmente o restare immensamente delusi. Sono una summa dell’intero romanzo oppure un ritorno all’inizio, o ancora una specie di morale, o una semplice descrizione, o una battuta di spirito. Sono un drammatico deus ex machina o un escamotage, o addirittura danno il senso al titolo. Oppure ancora sono un’apertura improvvisa, un rilanciare, un immotivato interrompere, un’illuminazione, una sorpresa quando non addirittura uno sconcertante ribaltamento. Scorriamone una bella carrellata, in ordine alfabetico, per non fare torto a nessuno:
Charles Edward Perugini, "Ragazza che legge"
CUORE DI TENEBRA, Joseph Conrad
Alzai la testa. Il mare aperto era sbarrato da un banco di nubi nere, e il quieto corso d’acqua che portava ai confini estremi della terra scorreva cupo sotto un cielo offuscato – pareva condurre nel cuore di una tenebra immensa.
IL CONTE DI MONTECRISTO, Alexandre Dumas
- Mio caro – mormorò tristemente la giovane – non ci ha forse detto or ora il conte che tutta l’umana saggezza è racchiusa in queste due parole: «Attendere e sperare»?
IL DESERTO DEI TARTARI, Dino Buzzati
La camera si è riempita di buio, solo con grande fatica si può distinguere il biancore del letto, e tutto il resto è nero. Fra poco dovrebbe levarsi la luna.
Farà in tempo, Drogo, a vederla, o dovrà andarsene prima? La porta della camera palpita con uno scricchiolio leggero. Forse è un soffio di vento, un semplice risucchio d'aria di queste inquiete notti di primavera. Forse è invece lei che è entrata, con passo silenzioso, e adesso sta avvicinandosi alla poltrona di Drogo. Facendosi forza, Giovanni raddrizza un po' il busto, si assesta con una mano il colletto dell'uniforme, dà ancora uno sguardo fuori dalla finestra, una brevissima occhiata, per l'ultima sua porzione di stelle. Poi nel buio, benché nessuno lo veda, sorride.
IL GIARDINO DEI FINZI-CONTINI, Giorgio Bassani
Che cosa c'è stato, fra loro due? Niente? Chissà. Certo è che, quasi presaga della prossima morte, sua e di tutti i suoi, Micòl ripeteva di continuo anche a Malnate che a lei, del suo futuro democratico e sociale, non gliene importava nulla, che il suo futuro, in sé, lei lo abborriva, ad esso preferendo di gran lunga “le vierge, le vivace et le bel aujourd’hui”, e il passato, ancora di più, il caro, il dolce, il pio passato. E siccome queste, lo so, non erano che parole, le solite parole ingannevoli e disperate che soltanto un vero bacio avrebbe potuto impedirle di proferire: di esse, appunto, e non di altre, sia suggellato qui quel poco che il cuore ha saputo ricordare.
IL GIOCATORE, Fëdor M. Dostoevskij
Domani, domani tutto finirà!
IL NOME DELLA ROSA, Umberto Eco
Fa freddo nello scriptorium, il pollice mi duole. Lascio questa scrittura, non so per chi, non so più intorno a che cosa: stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.
IL RITRATTO DI DORIAN GRAY, Oscar Wilde
Per terra giaceva un uomo, morto, con un coltello piantato nel cuore. Era canuto, il viso raggrinzito e ripugnante. Soltanto esaminando gli anelli riuscirono a riconoscerlo.
I PROMESSI SPOSI, Alessandro Manzoni
Renzo, alla prima, rimase impicciato. Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c'è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia.
La quale, se non v'è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l'ha scritta, e anche un pochino a chi l'ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta.
LA LUNA E I FALÒ, Cesare Pavese
Fece tagliare tanto sarmento dalla vigna e la coprì finché bastò. Poi ci versammo la benzina e demmo fuoco. A mezzogiorno era tutta cenere. L’altr’anno c’era ancora il segno, come il letto di un falò.
LE AFFINITÀ ELETTIVE, Johann Wolfgang Goethe
Così riposano gli amanti, uno accanto all’altro. La pace alita sopra le loro tombe, figure d’angeli affini e serene guardano giù dalla volta; e che momento felice sarà, quando un giorno si ridesteranno insieme!
LE MENZOGNE DELLA NOTTE, Gesualdo Bufalino
Lo saprò fra un istante e nel medesimo istante non saprò più di saperlo. Quando, stretto fra le gambe il fucile, col piede sul cane e fra le labbra la canna, la fronte avvolta nella bianca bandiera, udrò come un grido di Dio, il fragore dello sparo nel silenzio dell’universo.
LO STRANO CASO DEL DOTTOR JEKYLL E DEL SIGNOR HYDE, Robert Luis Stevenson
L’uomo inspiegabilmente sparito dall’ex teatro anatomico, con porta chiusa a chiave e inferriate alle finestre («Era qui ancora oggi! Dev’essere fuggito! Ma fuggito… come?») non è infatti l’assassino, ma la vittima.
1984, George Orwell
Alzò lo sguardo verso quel volto enorme. Ci aveva messo quarant'anni per capire il sorriso che si celava dietro quei baffi neri. Che crudele, vana inettitudine! Quale volontario e ostinato esilio da quel petto amoroso! Due lacrime maleodoranti di gin gli sgocciolarono ai lati del naso. Ma tutto era a posto adesso, tutto era a posto, la lotta era finita. Era riuscito a trionfare su se stesso. Ora amava il Grande Fratello.
QUOTA ALBANIA, Mario Rigoni Stern
C’è un’ansa tutta circondata da alberi, con i rami a lambire la corrente; l’acqua è limpida e fresca; il fondo non è di sassi, ma di una creta verde e dura. Mi spoglio ed entro in quell’acqua fredda che per un attimo mi fa trattenere il fiato, poi mi diverto a spruzzarmi e a guardare i prilli tra la luce che filtra dal bosco attorno.
Quando esco vado a stendermi su un sasso al sole; alto, nel mezzo del fiume. Sento il mio corpo evaporare, la corrente lambire il sasso e correre via.
Chiudo gli occhi e sotto le palpebre ruotano infiniti piccoli soli colorati. E mi lascio vivere.
UNA GIORNATA DI IVAN DENISOVIC, Aleksandr Solzenicyn
La pena affibbiatagli, dal principio sino alla fine, contava tremilaseicentocinquantatre giornate come quella. Per via degli anni bisestili si allungava di tre giorni ancora…
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LA FRASE DEL GIORNO
I libri non si fanno come i bambini, ma come le piramidi, con un disegno premeditato, e mettendo grandi blocchi l'uno sopra l'altro, a forza di reni, di tempo e di sudore.
GUSTAVE FLAUBERT, Lettere