domenica 31 luglio 2016

Domenica all’uscita da messa

 

JORGE TEILLIER

NOTE SULL’ULTIMA VISITA DELL’AUTORE
NELLA SUA CITTÀ NATALE, 14

Domenica all’uscita da messa.
Le ragazze portano a spasso la moda
appena giunta da Santiago
accompagnate dalla banda del Reggimento
che suona cumbie.
I padroni di casa comprano
le prime angurie e i giornali
con le notizie fresche degli ultimi delitti.
Cammino per le strade di periferia
di questo luogo di pompieri,
rotariani, carabinieri, pensionati,
operai e maestri elementari,
lì i pugnali del sole entrano tra le costole
dei poveri steccati di legno.
Sento i rantoli degli ultimi carri
e locomotive a vapore.
Cerco la pace andando verso la campagna
adorna di girasoli
contemplando il glorioso ondeggiare del grano
e gli infiniti viaggi delle nuvole
che vanno a piangere per noi.

(da Per un popolo fantasma, 1978)

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Il poeta cileno Jorge Teillier è poeta rivolto al passato, a quell’età dell’oro che era il tempo dell’infanzia: quel paradiso perduto – per l’autore, che si trova a visitare dopo tanti anni la sua città natale, Lautaro, nel cuore dell’Araucania - è fonte di una nostalgia che trova conforto soltanto nel ricordo delle tradizioni, nei valori della provincia e della frontiera. La domenica d’estate aveva allora quel gusto antico eppure così estetico, così genuino, ormai disperso nella sabbia del tempo.

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Girasoli

FOTOGRAFIA © LINKED2LEADERSHIP

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia deve essere una moneta quotidiana / e deve stare su tutte le tavole / come il canto della brocca di vino / che illumina le strade di domenica.
JORGE TEILLIER




Jorge Teillier Sandoval (Lautaro, 24 giugno 1935 - Viña del Mar, 22 aprile 1996), poeta cileno della “Generazione letteraria dei ‘50”, creatore della “poesia larica”. Per lui l’importante in poesia non è l’estetica, ma la creazione del mito e di uno spazio di tempo che trascende il quotidiano.


sabato 30 luglio 2016

Chiodi di cielo

 

JAMIE McKENDRICK

CHIODI DI CIELO

Quel primo giorno, per mettermi sotto,
i miei compagni induriti
mi spedirono saltellante come una scimmietta
dalla ringhiera più alta

giù alla baracca del caposquadra
a chiedere un sacchetto di chiodi di cielo.
Il caposquadra si chiese quale sfumatura
di azzurro avessi in mente, esattamente.

Ne ho bisogno ancora oggi di quei chiodi di cielo
con la loro filettatura impercettibile
e la capocchia indistruttibile

capaci di inchiodare ogni cosa
al nulla
e farcelo stare.

(Sky nails, da Chiodi di cielo, Donzelli, 2003 - Traduzione di Antonella Anedda)

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È un’immagine altamente poetica quella che ingentilisce i versi del poeta inglese Jamie McKendrick: l’umiliazione subita dall’apprendista il primo giorno di lavoro diventa qualcosa di superiore, diventa un’elevazione spirituale, si trasforma – in una parola sola – in poesia.

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metal nails

FOTOGRAFIA © HEBEI SHUNLIAN

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LA FRASE DEL GIORNO
Considero la poesia una fonte d'innocenza colma di risorse rivoluzionarie.
ODYSEAS ELYTĪS




Jamie McKendrick (Liverpool, 27 ottobre 1955), poeta e traduttore britannico. La sua capacità di «mettere in salvo con perizia la bellezza dallo squallore, l’arguzia dall’avversità, la delicatezza dalla grossolanità» appare via via più solida e l’acutezza dell’osservazione giunge a risultati vividi e di piena maturità.




venerdì 29 luglio 2016

Ogni cosa amorosa

 

ALFONSO GATTO

SOGNO D’ESTATE

Trapeli un po’ di verde
il limone, il sifone,
il piccolo portone
della pensione,
trapeli il blu,
anche tu
vestita col tuo nudo rosa,
ogni cosa amorosa.
Amore è amore
liscio alla sua foce.
Un’alpe zuccherina,
l’amore è brina.
Che sogno averti vicina
notturna, fresca, sottovoce.

(da Osteria flegrea, Mondadori, 1962)

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Una fresca poesia amorosa che ha il sapore dell’estate e della villeggiatura – il limone, la pensione – e che assume i toni sommessi tipici di Alfonso Gatto: l’apparizione della ragazza è la stessa di un’altra sua poesia: “Lontana come i tuoi occhi / tu sei venuta dal mare, / dal vento che pare l'anima”.

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Giardino

VITTORIO GIARDINO, “PORTA D’ORINETE”, PART.

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LA FRASE DEL GIORNO
Ti stringo per dirti che i sogni / son belli come il tuo volto, / lontani come i tuoi occhi
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ALFONSO GATTO




Alfonso Gatto (Salerno, 17 luglio 1909 – Orbetello, 8 marzo 1976), poeta e scrittore italiano. Ermetico, ma di confine, giornalista e pittore, insegnante di Letteratura all'Accademia di Belle Arti, collaboratore di “Campo di Marte”, la sua poesia è caratterizzata da un senso di morte che si intreccia al vivere.


giovedì 28 luglio 2016

La luna nei tuoi occhi

 

PEDRO CUADRO HERRERA

MOMENTI

C’è la luna nei tuoi occhi
nata dal grembo dei miei sogni
stella di vetro con musica
e bagliori viola,
il riflesso del tuo amore
il profumo del mio amore.

Che magnolia infinita
le tue dita imprigionate
nelle mie…

E la gente?

La gente...!
carezzevole uragano all’assalto
ti guarda…
Ci guarda nudi
vestiti di petali,
soltanto,
come ombre, soltanto.

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C’è l’amore nei versi di Pedro Cuadro Herrera, poeta e professore di letteratura colombiano assassinato durante una rapina ad opera di una gang. È l’amore sensuale che nasce nell’intimità e sembra infinito, ma che poi si trova a cozzare fuori dal sogno, fuori dalla coppia, con la realtà.

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Mani

FOTOGRAFIA © ON I ONA

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LA FRASE DEL GIORNO
L’amore è come guardare mille petali / guardare i sentimenti della tua anima.
PEDRO CUADRO HERRERA




Pedro Cuadro Herrera (Cartagena, 1963 – Cúcuta, 6 luglio 2015), poeta, scrittore e saggista colombiano. Insegnante, docente universitario e collaboratore del quotidiano La Opinión, fu assassinato da una gang mentre usciva  dall'istituto Nuestra Señora de Belén.


mercoledì 27 luglio 2016

La luce della cucina

 

PABLO ANADÓN

LA LUCE DELLA CUCINA DI MATTINA

La luce della cucina di mattina
quando la casa è ancora al buio
e tutti dormono, e nei vetri
il giorno è una sensazione
simile alla speranza e alla nostalgia.
La luce della cucina quando il sole appare
arancione tra i rami neri
e i fiori azzurri della jacaranda
e l’uomo fa il caffè,
sfoglia un libro, si affaccia nel cortile
e pensa che forse pioverà,
che è quasi l’ora
di svegliare sua moglie,
che c’è il bucato steso sul filo,
che il silenzio e l’odore di umido
gli ricordano la sua infanzia,
che la vecchiaia si avvicina
e la poesia si allontana
e che ancora non sa vivere.

(da La mesa de café y otros poemas, 2003)

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C’è questo momento – “quando la notte è a svanire” usando un celebre verso di Ungaretti – in cui tutto appare come sospeso, rarefatto, quasi immobile: l’alba sta per arrivare, la luce tra poco apparirà ai vetri, il giorno potrà finalmente nascere ma senza fretta, c’è ancora tempo per fare le cose, per bighellonare qua e là per la casa prima del pieno risveglio. È questo il dolce tempo protagonista di questi versi del poeta argentino Pablo Anadón: è il momento in cui si può anche dialogare serenamente con se stessi, ragionare dei massimi sistemi e delle piccole cose quotidiane.

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bottles-provincetown-sunrise

SCOTT PRIOR, “BOTTLES, PROVINCETOWN SUNRISE

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LA FRASE DEL GIORNO
È questa l’ora che pare possibile / ogni speranza umana, e il nostro esilio / d’una segreta melodìa s’indora.
CARLO MARTINI, I miei amici dell’alba




Pablo Anadón (Villa Dolores, 1963), poeta argentino. Laureato in Lettere presso l'Università Nazionale di Córdoba, ha ricevuto una borsa di studio dall'Università di Firenze e ha lavorato per sei anni in Italia come professore universitario. Attualmente insegna a Córdoba, al liceo e all'università. Dal 1997 dirige la rivista e la raccolta di poesia e critica Fénix.


martedì 26 luglio 2016

Senza alcuno strumento

 

ADAM ZAGAJEWSKI

LÀ, DOVE IL RESPIRO

Sta sulla scena
senza alcuno strumento.

Appoggia le mani sul petto,
là dove nasce il respiro
e dove si spegne.

Non sono le mani a cantare
E nemmeno il petto.
Canta ciò che tace.

(Da Della vita degli oggetti, Adelphi, 2012 - Traduzione di Krystyna Jaworska)

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“Questo mondo ricreato dall’arte non è un luogo di fuga, al contrario è in relazione con la cruda realtà di questo secolo” scriveva il Premio Nobel polacco Czesław Miłosz delle poesie del suo connazionale Adam Zagajewski: così si può intravedere il poeta in questo personaggio sulla scena che “canta” con il silenzio: “Egli agisce, nel fulgore e nelle tenebre, / nel fragore delle cascate e nel silenzio del sonno, / ma non come annunciano i vostri / pastori, che restano ben protetti. / Cerca la linea più distante, / una strada così lontana che quasi / non si vede”.

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Cheval

DIPINTO DI MICHAEL CHEVAL

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia, come la letteratura, come il linguaggio, scopre all’interno del mondo un livello che non è osservabile nella realtà, e così facendo cambia qualcosa nell nsotre vite, espande in qualche modo lo spazio in cui siamo.
ADAM ZAGAJEWSKI, Poets & Writers, 13 agosto 2004




Adam Zagajewski (Leopoli, Ucraina, 21 giugno 1945), poeta, scrittore e saggista polacco. Esordì nel 1972 con Komunikat. Esponente della New Wave polacca, nel 1976 aderì al Comitato per la Difesa degli Operai e la dittatura comunista gli impedì di pubblicare. Cominciò allora il suo esilio a Houston e Parigi. Tornò a risiedere a Cracovia nel 2002.


lunedì 25 luglio 2016

È il ricordo

 

SILVIO RAMAT

(QUANTI ANNI)

Dàmmi una voce – dàmmi sulla voce.
Con paura te lo chiedo – con voglia.
Quanti anni, più sventati d’una foglia,
avuti e persi. Di là dalla soglia
concordata, dove saprò posarmi,
funzionano i tuoi guinzagli, le tue
amorose tagliole? Sullo sfondo
un me carponi s’affanna a schivarle:
ma non è te che fugge, non il taglio
del tuo laser onnivoro – è un bruciore
di spezieria, l’abbaglio del mortaio
che nel retrobottega pesta fino,
fino, da metter brividi. È il ricordo.

(da Per more, Croecetti, 2000)

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Il tempo che scorre inesorabile, virgilianamente irreparabile e lascia i suoi buchi. Il ricordo è quello che del tempo rimane, passato attraverso il tritacarne degli anni e della memoria: il critico e poeta Silvio Ramat prova con difficoltà a sottrarsi alla sua forza.

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Helmantel

DIPINTO DI HENK HELMANTEL

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LA FRASE DEL GIORNO
Il solito dubbio: se ricordare o dimenticare, rompere i ponti col passato o scaldarselo in cuore come una serpe.
GESUALDO BUFALINO, Il malpensante




Silvio Ramat (Firenze, 2 ottobre 1939), poeta, saggista e critico letterario italiano. Da un’iniziale aderenza ai modi della poesia ermetica fiorentina, a poco a poco la parola tende, per sua stessa ammissione, a “fare entrare l’oggettività, laddove aveva dominato la soggettività”, privilegiando i temi generali di ogni poesia (il tempo inesorabile, il sogno, la solitudine, la memoria come ispiratrice del futuro).



domenica 24 luglio 2016

Diventando te

 

GENRICH SAPGIR

TI CONOSCO A MEMORIA E TUTTAVIA

Ti conosco a memoria e tuttavia
non ti conosco – ogni volta riconosco
i capelli con le labbra, le labbra con la lingua –
e muovendomi dentro di te riconosco le pupille
che si restringono irriconoscibili...
ogni mia vena vuole conoscere una delle tue
sei forse gioiosa e grata come lo sono io
diventando te e annullandomi –
ecco che vuol dire nella Bibbia: la conobbe!

(da La nuova poesia russa, Crocetti, 2003 – Traduzione di Paolo Galvagni)

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Qualche giorno fa ho proposto una poesia di Amalia Bautista il cui tema era il fatto di conoscere l’amato fino al punto di sentirlo come una parte di sé. Anche in questi versi del poeta russo Genrich Sapgir, ostile all’URSS e perciò a lungo semiclandestino, ritorna quel desiderio alla fine impossibile - che può trasformarsi in ossessione o ansia - di sapere tutto dell’amata o dell’amato e che Sapgir intravede appena nella fusione sessuale di due corpi.

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Lovers

LEONID AFREMOV, “LOVERS”

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LA FRASE DEL GIORNO
Nella Bibbia l'uomo e la donna «si conoscono» quando una vita sigilla l'altra con le parole e i gesti dell'amore. E questa «conoscenza» è il massimo che un essere umano possa dare a un altro essere umano.
SÁNDOR MÁRAI, La sorella




Sapgir

Genrich Veniaminovič Sapgir, (Bijsk, 20 novembre 1928 – Mosca, 7 ottobre 1999), poeta e scrittore russo ritenuto da diversi critici uno dei maggiori poeti che operarono a Mosca nella seconda metà del XX secolo.  Gli è stato conferito il Premio Puškin per la Poesia.



sabato 23 luglio 2016

Il tuo respiro

 

GHIANNIS RITSOS

NEL CENTRO DEL VERSO

Nel centro del verso
tu e tu.
Il tuo respiro riempie
tutte le parole,
tutto il silenzio.

(in Corpo nudo, da Erotica, Crocetti, 1981 – Traduzione di Nicola Crocetti)

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“Non avevo da aggiungere / altro verso, / altra parola. / Nel tuo corpo vivevo / tutta la poesia”: come un liquido versato in un recipiente l’amata – la musa – viene a riempire ogni spazio per il poeta greco Ghiannis Ritsos, è la voce della poesia ma anche il suo silenzio, è il dolce lamento della memoria e il dolore acuto dell’assenza.

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Tzadok

PARTICOLARE DI UN DIPINTO DI OSNAT TZADOK

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LA FRASE DEL GIORNO
Quanto dicemmo, / quanto non dicemmo / sostiene la poesia.
GHIANNIS RITSOS, Erotica




Ghiannis Ritsos (Monemvasia, 1º maggio 1909 – Atene, 11 novembre 1990), poeta greco tra i maggiori del XX secolo. Fu candidato nove volte al Premio Nobel. La sua vita fu animata da un'incrollabile fede negli ideali marxisti e nelle virtù catartiche della poesia.



venerdì 22 luglio 2016

La vita ricordata

 

FELIPE BENÍTEZ REYES

IL VALORE DEL PASSATO

C’è qualcosa di inesatto nei ricordi:
una linea sfuocata fatta d’ombra,
di errore agevolato.
                             E se la vita
è cifrata in qualcosa,
è in questi ricordi
un poco sbiaditi,
forse modificati dal tempo
con un’arte che implica la finzione, quindi non può
essere vera la vita ricordata.
                                      Eppure
a questo inganno dobbiamo ciò che infine
sarà la vita certa, a questo inganno
dobbiamo la vita stessa.

(da Sombras particulares, 1992)

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Senza arrivare al caso patologico dei falsi ricordi (confabulation), per cui si ricordano cose non accadute o eventi avvenuti in modo però diverso o in differenti periodi, talora intessuti con sogni creduti reali, è però vero che la memoria nel corso del tempo sbiadisce, che i dettagli si perdono o si modificano – come nota il poeta spagnolo Felipe Benítez Reyes: quella però è la sola vita che noi stessi ricordiamo, quello è l’inganno che portiamo comunque avanti, la medesima considerazione con cui Gabriel García Márquez apre Vivere per raccontarla: “La vita non è quella che si è vissuta,ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”.

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liu gao feng

DIPINTO DI LIU GAO FENG

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LA FRASE DEL GIORNO
La memoria è straordinaria: non solo contiene il passato, ma anche l’immaginazione di tutti i futuri.
FELIPE BENÍTEZ REYES




Felipe Benítez Reyes (Rota, 25 febbraio 1960), scrittore e poeta spagnolo. Dopo la laurea in filologia ispanica], ha esordito nel 1982 con la raccolta di liriche Paraíso manuscrito. Autore versatile, nel corso della sua carriera ha pubblicato romanzi, raccolte di racconti e di poesie, libri per ragazzi, saggi e un testo teatrale.


giovedì 21 luglio 2016

Un pugno di segni

 

ADA SALAS

CI SONO LIBRI CHE SI SCRIVONO

Ci sono libri che si scrivono sulla carne stessa.
Sono cicatrici che ci parlano
                                       e sanguinano
quando il tempo si arrende alla sconfitta
un pugno di segni che a stento
comprendiamo
e che sono stati il bacio intatto della  vita.

(da La sete, 1997)

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Cicatrici spesso invisibili che testimoniano lo scorrere del tempo – non solo le rughe, ma anche i graffi nell’anima, i dolori, le angosce, tutto quello che il passare degli anni ha impresso sul nostro corpo e che trasformiamo in parola, in racconto, in poesia. E quella è la vita, quella è la sua rivelazione, il segno che ogni volta ha lasciato su di noi: così dice la poetessa spagnola Ada Salas.

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TAMARA DE LEMPICKA, “LA TUNICA ROSA”, 1927 – COLLEZIONE PRIVATA

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LA FRASE DEL GIORNO
Contempla come fuggono le parole. / Soffermati sulla polvere che lascia / la memoria. Che tutto il tuo dolore / ti appartenga. // Vivere / è un’impronta.
ADA SALAS, Il luogo della disfatta




Ada Salas (Cáceres, 19 ottobre 1965 ),  poetessa spagnola. Le sue prime poesie, di versi liberi e poesie molto brevi e raffinate, ricercano l'essenziale e in questo senso è considerata una seguace della linea stabilita da José Ángel Valente. In seguito ha cercato una poesia meno minimalista, con poesie di maggiore lunghezza ma che non rinunciano alla ricerca dell'essenziale.


mercoledì 20 luglio 2016

Perché si amavano

 

VICENTE ALEIXANDRE

SI AMAVANO

Si amavano.
Pativano la luce, labbra azzurre nell’alba,
labbra ch’escono dalla notte dura,
labbra squarciate, sangue, sangue dove?
Si amavano in un letto battello, mezzo tra notte e luce.

Si amavano come i fiori le spine profonde,
o il giallo che sboccia in amorosa gemma,
quando girano i volti melanconicamente,
giralune che brillano nel ricevere il bacio.

Si amavano di notte, quando i cani profondi
palpitano sotterra e le valli si stirano
come arcaici dorsi a sentirsi sfiorare:
carezza, seta, mano, luna che giunge e che tocca.

Si amavano d’amore là nel fare del giorno
e tra le dure pietre oscure della notte,
dure come son corpi gelati dalle ore,
dure come son baci di dente contro dente.

Si amavano di giorno, spiaggia che va crescendo,
onde che su dai piedi carezzano le cosce,
corpi che si sollevano dalla terra e fluttuando...
Si amavano di giorno, sul mare, sotto il cielo.

Mezzogiorno perfetto, si amavano sì intimi,
mare altissimo e giovane, estesa intimità,
vivente solitudine, orizzonti remoti
avvinti come corpi che solitarî cantano.

Che amano. Si amavano come la luna chiara,
come il mare che colmo aderisce a quel volto,
dolce eclisse di acqua, guancia dove fa notte
e dove rossi pesci vanno e vengono taciti.

Giorno, notte, occidenti, fare del giorno, spazî,
onde recenti, antiche, fuggitive, perpetue,
mare o terra, battello, letto, piuma, cristallo,
labbro, metallo, musica, silenzio, vegetale,
mondo, quiete, la loro forma. Perché si amavano.

(Se querían, da La distruzione o amore, 1935 – Trad. Francesco Tentori Montalto)

 

Il Premio Nobel spagnolo Vicente Aleixandre, qui ancora nel pieno della sua fase surrealista, canta la forza dell’amore come l’unica capace di superare tutti i limiti dell’essere umano: “lo so chi ama e vive, chi muore e gira e vola. / So che lune si estinguono, nascono, vivono, piangono. / So che due corpi amano, due anime si fondono”. Nessuna alternativa esiste all’amore, forza radicale che distrugge ogni sentire e alla fine distrugge anche se stesso, essendo raggiungibile pienamente solo con la dissoluzione della forma e della vita stessa.

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Chagall

MARC CHAGALL, “SOPRA LA CITTÀ”, 1918 - MOSCA, GALLERIA TRETYAKOV

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LA FRASE DEL GIORNO
Corpo felice che mi fluisce tra le mani, volto amato dove contemplo il mondo.
VICENTE ALEIXANDRE, La distruzione o amore




AleixandreVicente Aleixandre (Siviglia, 26 aprile 1898 – Madrid, 14 dicembre 1984), poeta  spagnolo della Generazione del’27, passò dall’iniziale Surrealismo a una visione antropocentrica. Fu insignito del Premio Nobel nel 1977. “per un'opera di creazione poetica innovativa che illustra la condizione dell'uomo nel cosmo e nella nostra società attuale”.


martedì 19 luglio 2016

Viva foglia

 

ALESSANDRO PARRONCHI

A NADIA COMANECI, INCERTA SUL CAVALLO

Difficile davvero immaginarti
diversa da come appari,
credere che i pensieri
che alitano in te siano simili
a quelli di ogni altra fanciulla.
In te pensiero e moto sono tutt’uno
e la tua anima non è cosa più lieve
delle mani dei fianchi delle gambe
come è grazia il respiro che trattieni
il vigore che esplode e che ricade
la musica che segui e che incarni.
Il bagliore degli occhi non s’appanna
e la schiena incurvata non si spezza
anche se nel volteggio sul cavallo
lo speaker scopre un lampo d’incertezza.

E ora, prima che la cresta
dell’onda si sia ripiegata
– prima che un rotocalco
sveli la tua vita privata,
o ti riduca a schema
come una rotellina del sistema –
sii quale appari, perfetta
forma di giovinetta,
col ritmo del tempo coinciso
il tuo ritmo e il tuo sorriso
quando, un attimo vinta
la resistenza la spinta,
torna a dar consistenza
alla terra la tua cadenza.

Ma fino a quando – a me lo chiedo –
potrai lanciarti come viva foglia
che inventa il vento da cui viene avvinta
in mulinello, senza
che il ritornare a terra ne scomponga
la compattezza aerea?
È gioia d’un istante: anche se vera
non dura una preghiera.
E forse a ogni stagione, in ogni età
il più di sé può darlo
solo chi crede al vento che trascina
il mulinello d’immondizie,
chi non si salva, chi non si sottrae,
un ramo vivo, strappato
a una pianta che si credeva morta,
uno, con l’estro ancora di rispondere
ai perché d’una volta.

1976

(da Replay, Garzanti, 1980)

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Alle Olimpiadi di Montreal, nel luglio 1976, la stella fu indubbiamente la ginnasta rumena Nadia Comaneci: vinse tre medaglie d’oro nel concorso generale, nella trave e nelle parallele asimmetriche, dove fu la prima atleta a far registrare un 10, il punteggio massimo. nella storia dei Giochi, mandando in tilt il sistema di registrazione dei voti computerizzati, che si fermava a 9,99. Oltre all’argento nel concorso a squadre e al bronzo nel corpo libero, segnò anche il record di atleta più giovane a vincere un oro olimpico. La sua grazia, la sua leggerezza, la sua eleganza nel compiere i gesti atletici colpirono il mondo, che si chiedeva anche quali sforzi e quanta programmazione e preparazione si celassero dietro quell’exploit – non certo il doping di stato della Germania Orientale, ma certamente l’allenamento ossessivo e “militarizzato” per quella che era poco più che una bambina. Se lo chiede anche il poeta Alessandro Parronchi, che presagisce quasi il suo futuro: dopo aver vinto altri due ori a Mosca, svariati titoli europei e universitari, a Nadia, dopo la fuga negli Stati Uniti dei suoi allenatori durante le Olimpiadi di Los Angeles del 1984, viene preclusa la possibilità di andare all’estero. “La vita assume nuovi toni di squallore” scrive nella sua autobiografia. Allena i giovani ginnasti e nel 1989, un mese prima della caduta del regime di Ceausescu, riesce a fuggire in Ungheria, da lì in Austria e infine negli Stati Uniti dove tuttora vive, dopo essere stata naturalizzata cittadina americana e aver sposato il ginnasta Bart Conner, conosciuto proprio alle Olimpiadi di Montreal.

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FOTOGRAFIA © LIBRARISING

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LA FRASE DEL GIORNO
Il duro lavoro ha fatto sì che fosse facile. Questo è il mio segreto. Questo è il motivo per cui ho vinto.
NADIA COMANECI




Alessandro Parronchi (Firenze, 26 dicembre 1914 – 6 gennaio 2007), poeta, storico dell'arte e traduttore italiano. Con il suo stile ricercato è passato da un ermetismo  incantato a un intimismo che trae giovamento dalla consolazione della memoria: per questo le sue poesie sono oggetto di un meditato lavorio con cui il ricordo media l’emozione.


lunedì 18 luglio 2016

O mare

 

GIOVANNA BEMPORAD

IN RIVA AL MARE

Dalla mia fronte io esco in riva al mare
dove sommessa mormora i suoi baci
l’onda; e conchiglie, imbuti del rumore,
ci ascoltano pudiche e indifferenti.

Davanti a me si rinnova il suo gioco
di animale veloce che ai miei piedi
si stende per piacermi e mi incoraggia
con battiti di ciglia; anima preda
di polipi e di granchi io ti respingo,
votata al clima immobile degli astri.

Su me sospende il cielo la sua curva
larga, ariosa, e modella i miei passi
non di un’età, non di un attimo, un’ora
ma di un’antichità: parola estratta
dalla tua pausa, o mare, fronte colma.

(da Esercizi, Garzanti, 1980)

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Prendiamo una poetessa, traduttrice dal greco antico, e mettiamola davanti al mare: questa è la poesia che ne scaturisce. Giovanna Bemporad, traduttrice dell’Odissea omerica e dei versi di Saffo, riesce a leggere il tempo nelle onde, a scovare tra i granchi e le conchiglie il respiro dei secoli, la voce dell’antichità.

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Garmash

DIPINTO DI MIKHAIL E INESSA GARMASH

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LA FRASE DEL GIORNO
Questo mare è pieno di voci e questo cielo è pieno di visioni.
GIOVANNI PASCOLI, Pensieri e discorsi




Giovanna Bemporad (Ferrara, 16 novembre 1928 – Roma, 6 gennaio 2013), poetessa e traduttrice italiana. Amica di Pasolini e Ungaretti, è famosissima per la sua traduzione dell’Odissea. I suoi versi sono raccolti in Esercizi, ripubblicati più volte con aggiunte dal 1948 al 1980.


domenica 17 luglio 2016

Tu non ricordi

 

EUGENIO MONTALE

LA CASA DEI DOGANIERI

Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t’attende dalla sera
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all’avventura.
e il calcolo dei dadi più non torna
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.

Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell’oscurità.

Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende…)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.

(da Le occasioni, 1939)

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Quello della possibilità di trovare conforto nel ricordo è un tema che affiora sovente nelle poesie di Eugenio Montale (1896-1981): il Premio Nobel indaga se esista nella memoria una via di fuga all’angoscioso vivere presente. In questo caso, tornando alla casa dei doganieri a Monterosso, sulla costa ligure, ritrova l’immagine di una giovane villeggiante, ripescata nella memoria – ma è troppo vasta la frattura tra presente e passato, il tempo ha attraversato le cose, rendendole desolate, e continua a scorrere impietoso, a mulinare come la banderuola che il libeccio fa ruotare sul tetto. E la risposta di Montale – ancora una volta – non può che essere negativa: se c’è il varco che consente di penetrare il mistero, resta però a noi inconoscibile.

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Monet

CLAUDE MONET, “LA CASETTA DEL PESCATORE SUGLI SCOGLI, VARENGEVILLE”, 1882
BOSTON, MUSEUM OF FINE ARTS

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LA FRASE DEL GIORNO
È uno sproposito credere / che il ricordo sia immateriale.
EUGENIO MONTALE, La casa di Olgiate




Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981), poeta e scrittore italiano, Gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1975 “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”, ovvero la “teologia negativa” in cui il "male di vivere"  si esprime attraverso la corrosione dell'Io lirico tradizionale e del suo linguaggio.

sabato 16 luglio 2016

Due corpi bagnati

 

AMALIA BAUTISTA

IL BAGNO

Vuoi che facciamo il bagno
assieme una volta ancora?
Possiamo di nuovo essere due corpi
bagnati e sorpresi,
e verificare che non mi fa male
che l’acqua ci separi.
Sentire che solo l’acqua si frappone
tra la tua pelle e me,
come dal principio dei tempi,
e questa certezza è dolce,
calda e luminosa.
Come mai lo è stata.

(da Tre desideri, 2006)

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“Il gran desiderio d'un cuore inquieto è di possedere interminabilmente la creatura che ama o di poterla immergere, quando sia venuto il tempo dell'assenza, in un sonno senza sogni che non possa aver termine che col giorno del ricongiungimento” scriveva Albert Camus in uno dei suoi romanzi più belli, La peste. Possedere l’amato, sentirlo come parte propria è il cruccio anche della poetessa spagnola Amalia Bautista, che si convince che l’impossibilità di essere perennemente un solo corpo è mitigata dalla forza del ricordo.

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Image Source

FOTOGRAFIA © GETTY SEARCH

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LA FRASE DEL GIORNO
Amore è desiderio divenuto saggezza; l’amore non vuole possedere nulla, vuole solo amare.
HERMANN HESSE




Amalia Bautista (Madrid, 1962) è una poetessa spagnola. Laureata in Scienze dell’Informazione. Con un linguaggio colloquiale esprime una profonda ansia di assoluto, intesa come amore, soprattutto su temi erotici, dove indaga la passione e l’emozione.


venerdì 15 luglio 2016

Radici

 

PÀNOS SPÀLAS

SALUTO

Ho alzato il cappello e ho salutato l’Estate,
sulle labbra ho baciato un acceso papavero
e ho atteso che passasse il corteggio delle camomille.
Un uccello fora una nuvoletta per passare,
un ragno stende al sole la sua biancheria
e una mola gira la mia voce
che il fiume rapisce per portarla al mare.
Con l’albero con cui mi sono piantato
stendo le braccia ed apro il petto
al vento e alla luce,
rotolo il sasso dove ho nascosto la voce di mia madre
e abbraccio la terra,
questa terra fatta per le mie radici.
Stasera ho parlato con il mio stanco bue,
col bue che arava tutto il giorno la terra,
calda terra rossa del mio corpo.
Ho cantato antiche canzoni
nel loro motivo udendo la mia voce di bimbo,
la mia voce che la mola filando
porta in un canto verso il mare.

(da Poesia greca contemporanea, Dall’Oglio, 1968 – Trad. di Cristino G. Sangiglio)

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Questi versi del greco Pànos Spàlas, giornalista, poeta e studioso del folklore si vestono di un lirismo che ha il sapore di una canzone popolare, così come ne assumono anche i temi a partire da quell’immedesimazione con la natura, anzi con la terra natale, che si esprime nella nostalgia per le proprie radici e per un passato ormai definitivamente perduto: “In questa terra dove nacqui / sono venuto a trovare lo splendore dei miei occhi. / Sono venuto a trovare i miei occhi e a raccogliere / granello a granello la polvere del mio cuore”.

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Camomilla

FOTOGRAFIA © HQWALLBASE

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LA FRASE DEL GIORNO
La patria è come la madre, della quale un figlio non può parlare come d’altra donna.
CARLO CATTANEO, Su la «Scienza nova» del Vico




Pànos Spàlas (Kyparissia, 1909 - Atene, 1970), poeta e giornalista greco. Le sue poesie attingono alle radici del folklore e vivono di una nostalgia del passato. Tra le sue opere Notizie del Pireo, Transoceanica, Il pascolo delle pecore, Canzone di Krustalenia, Alfeo, La porta luminosa.


giovedì 14 luglio 2016

Una goccia di pioggia

 

JOSÉ EMILIO PACHECO

GOCCIA DI PIOGGIA

Una goccia di pioggia tremava sull’edera.
Tutta notte è rimasta nell’ombra umida
che d’improvviso
la luna ha illuminato.

(da Ciudad de la memoria, 1990)

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Ecco la poesia che si manifesta dal nulla in questi pochi versi – simili ad un haiku per la loro intensità – del poeta messicano José Emilio Pacheco: una goccia di pioggia, rimasta a penzolare dalle foglie del rampicante, diventa improvvisamente visibile quando come per miracolo alberga in sé la luce della luna. È la bellezza dell’istante che si rivela nel più minuscolo dei dettagli.

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Pioggia

FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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LA FRASE DEL GIORNO
I bambini lo sanno meglio di noi. Pensa a quando a due anni ti chiedono "Dove vanno i giorni che passano?" Lì è la poesia.
JOSÉ EMILIO PACHECO, El País, intervista digitale, 5 marzo 2010




José Emilio Pacheco Berny (Città del Messico, 30 giugno 1939 - 26 gennaio 2014), scrittore, poeta, saggista e traduttore messicano. Fu parte integrante della Generazione dei ‘50. La sua poesia concentra l’attenzione sulla storia, sulla ciclicità del tempo, sull’universo dell’infanzia e sulla vita nel mondo moderno.



mercoledì 13 luglio 2016

Fiori fragili

 

AMY LOWELL

POSTUMI

A scriverti imparai in giorni più felici.
Una scheggia strappata dal mio cuore
era ogni lettera, un pezzo appena tolto
a un mosaico di vita; donavo i suoi grigi, i suoi blu,
i suoi rossi vibranti in cambio di una lode.
Riducevo a brandelli la mia anima,
pavimento ai tuoi passi, e scivolavo
sotto di essi a renderli più dolci.
Le mie lettere – ora – fiori pallidi
sparsi su tombe in pianti sconsolati.
No, non chiedo compensi, sarò forte
(ma a te che importa?); i lunghi, tristi anni
passano e ancora spargo fiori fragili
e sussurri d'amore a orecchie sorde.

(Aftermath, da A dome of many-coloured glass, 1912 - Traduzione di Silvio Raffo)

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Il tempo, la vita, l’amore… La poetessa statunitense Amy Lowell medita in questo sonetto sullo scorrere del tempo e sulle sue conseguenze sulla nostra vita, sui nostri amori. L’esperienza dovrebbe essere un balsamo che cura le ferite e che permette di evitare di ripetere gli errori. Invece, non è così…

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Rosa

FOTOGRAFIA © WALLRIDER

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LA FRASE DEL GIORNO
La vita è un ruscello / nel quale spargiamo / petalo a petalo il fiore del nostro cuore.
AMY LOWELL, A dome of many-coloured glass




Amy Lawrence Lowell (Brookline, Massachusetts, 9 febbraio 1874 – 12 maggio 1925), poetessa statunitense della scuola imagista, che promosse il ritorno ai valori classici e alla precisa immediatezza delle immagini. Vinse il premio Pulitzer, postumo, nel 1926. Suo riferimento poetico fu Ezra Pound, sua musa la compagna di vita Ada Dwyer Russell.


martedì 12 luglio 2016

Non esigente narciso

 

ATTILIO BERTOLUCCI

PICCOLO AUTORITRATTO (CAFFÈ GRECO)

Non potevano tanti anni, diviso
ognuno in mesi i mesi in giorni,
i giorni in ore, minuti, attimi,
alterare più giustamente un viso,

il mio, che guarda in uno specchio scuro
dell’antico caffè dove impietosa
si scatena la moda ultima, io,
da questa escluso forse per il puro

lampo degli occhi e intenerito riso
della bocca alla consunta ferita
di un amore vittorioso su anni
e adipe, oh non esigente narciso.

(da Viaggio d’inverno, Garzanti, 1971)

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I pittori abbondano in autoritratti, amano tramandare la propria immagine ai posteri o meglio la propria immagine nella concezione che essi ne hanno o ne vogliono dare. Più rari – ma non tanto quanto si potrebbe pensare – sono gli autoritratti in versi dei poeti: si può apprezzare l’ironia con cui si “dipinge” Attilio Bertolucci che sceglie come sfondo l’interno del Caffè Greco, storico locale romano fondato nel 1760 e tuttora aperto, a Roma, al numero 86 di Via dei Condotti.

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Guttuso

RENATO GUTTUSO, “IL CAFFÈ GRECO”, 1976
MADRID, MUSEO THYSSEN-BORNEMITZA

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LA FRASE DEL GIORNO
Giorno che te ne vai / e non sai nulla di me e della violetta / che tanto amo / e del ramo / nudo della gaggìa, / giorno, non andar via
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ATTILIO BERTOLUCCI, Lettera da casa




Attilio Bertolucci (San Prospero Parmense, 18 novembre 1911 – Roma, 14 giugno 2000), poeta italiano. Le sue opere poetiche sono il risultato di una felice contaminazione tra eredità ermetica e capacità di tradurre ogni astratta eleganza in un discorso poetico naturale.


lunedì 11 luglio 2016

Così nasce l’amore

 

ADONIS

CENTO POESIE D’AMORE, 1

Il fiore esce dal vaso
per incontrarla.
Il sole era spoglio
d'autunno - solo
un velo di nubi ai suoi fianchi.

Così nasce l'amore nel villaggio
da cui vengo.

(da Cento poesie d’amore, Guanda, 2003 – Traduzione di Fawzi Al Delmi)

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Una pennellata, eppure così espressiva questa del poeta siriano Adonis: una definizione dell’amore che può essere usata anche per dire l’essenza della poesia, che “non si può sostituire: se la filosofia tace, se la cultura, in genere, non risponde alle domande dell’essere umano, resta la poesia, che è molto simile all’amore”.

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Kush

DIPINTO DI VLADIMIR KUSH

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LA FRASE DEL GIORNO
L’amore, come la poesia, è come uno spazio aperto: mano a mano che lo via scoprendo cresci, maturi, gioisci, sperimenti la felicità
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ADONIS




Adonis o Adunis, pseudonimo di Alī Ahmad Saʿīd Isbir (Al-Qassabīn, 1º gennaio 1930) è un poeta e saggista siriano. È attivo nella la volontà di una rinascita culturale araba, rileggendone il patrimonio in una chiave non nazionalistica o religiosa, ma di apertura alla modernità. È stato più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura.


domenica 10 luglio 2016

Come l’equilibrista

 

PAOLO BUZZI

PRIMI LAMPIONI

Esco alla notte
contro gli amici lampioni.
Son gli occhi dei nuovi mostri terreni. Sfavillano
la luce ignota a’ miei avi. Mi fan l’aria moderna
onde questo respiro d’uomo semplice
diventa verso libero di poeta complesso.
Amo le ombre lunghe a sbarra dei lampioni
e vi cammino con piedi sicuri e sogni di vertigine
come l’equilibrista sul filo teso al precipizio.
E più amo i fogliami d’alberi del viale
che la luce elettrica dipinge ad acquerello
sul cartone prolisso dei lastricati.
E più amo la mia ombra che pare
lo svelto impaccio della mia stessa anima fra’ miei piedi.

(da Versi liberi, Treves, 1913)

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I lampioni dell’illuminazione stradale sembrano essere lì da sempre a noi uomini e donne del XXI secolo. In realtà apparvero sul finire dell’Ottocento e furono emblema di modernità che il futurismo non poteva lasciarsi scappare: compaiono in poesie di Majakovskij, Soffici e Lucini. Sono i protagonisti anche di questi versi di Paolo Buzzi: il poeta milanese si meraviglia della loro luce, delle ombre che lasciano, dei riflessi, e gioca con quell’analogia del funambolo che è si futurista, ma che riprende ancora i toni della scapigliatura e del simbolismo, che Buzzi trasporta nella nuova avanguardia.

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Afremov

LEONID AFREMOV, “FIRST SNOW”

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LA FRASE DEL GIORNO
La tecnica è la magica danza che il mondo contemporaneo balla
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ERNEST JÜNGER, I prossimi titani




Paolo Buzzi (Milano, 15 febbraio 1874 – 18 febbraio 1956), poeta e scrittore italiano Aderì tra i primi al movimento futurista, ma le opere seguenti, pur mantenendo alcune caratteristiche del modello futurista, sono ispirate a modelli più tradizionali e moderati con motivi carducciani e dannunziani. 



sabato 9 luglio 2016

Prendesti tutte le stelle

 

ELSE LASKER-SCHÜLER

DIRE PIANO

Tu ti prendesti tutte le stelle
Sul mio cuore.

I miei pensieri si increspano,
Io devo danzare.

Tu fai sempre quello che mi fa guardare in alto,
Stancare la mia vita.

Non posso più sopportare
La sera sopra le siepi.

Nello specchio dei ruscelli
Non ritrovo la mia immagine.

All’arcangelo tu hai rubato
I fluttuanti occhi;

Ma io spizzico il miele
Del loro azzurro.

Il mio cuore va lento sotto
Io non so dove –

Forse nella tua mano.
Dovunque lei si impiglia alla mia rete.

(Leise sagen, da Meine Wunder, 1911 – Traduzione di Nicola Gardini)

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L’amore è il tema principale dei versi della poetessa tedesca Else Lasker-Schüler, due volte sposatasi e divorziata e infine legata al poeta Gottfried Benn. È una poesia che si intesse con riferimenti biblici – ebrea, costretta a lasciare la Germania nel 1933 per le persecuzioni naziste, portò sempre nel cuore una sorta di mancata integrazione, una vocazione all’esilio e alla solitudine che si rispecchia anche nei suoi versi d’amore.

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Rafal Olbinski

DIPINTO DI RAFAL OLBINSKI

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LA FRASE DEL GIORNO
So sempre quando tu pensi a me: bimbo mi si fa il cuore e grida.
ELSE LASKER-SCHÜLER




LaskerElse Lasker-Schüler, all'anagrafe Elisabeth Schüler (Elberfeld, 11 febbraio 1869 – Gerusalemme, 22 gennaio 1945), poetessa tedesca. Frequentò l’ambiente espressionista, i cui autori la sostennero economicamente dopo il secondo divorzio. Nel 1933, pochi mesi dopo aver vinto il Premio Kleist, emigrò a Zurigo in seguito alle minacce naziste.


venerdì 8 luglio 2016

Un sogno di vita districata

 

DON PATERSON

SCIVOLARE SUL LAGO OGIL

Ti ricordi, fratello anima, quel giorno passato a fendere
niente dal niente, come un coltello lanciato?
Allora non c’era arrivo e non c’era partenza,
solo un sogno di vita districata -
crocefissa e libera, l’uomo fermo che si muove,
l’equilibrio per lavoro, il vento per moglie.

(da Luce di atterraggio, 2003 - Traduzione di Massimiliano Morini)

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La poesia dello scozzese Don Paterson è, secondo la definizione dei critici, “volutamente incoerente”: l’artista spazia attraverso temi e stili lasciando che sia la poesia stessa a esprimersi, senza le incrostazioni personali che permettono di definire un’appartenenza. Ogni brano deve essere così preso a sé, valutato singolarmente, al di fuori di qualsiasi schema. Questa dunque è una poesia sul tempo e sulla memoria, su come si era e su quello che si diventa, nulla più.

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Ogil

FOTOGRAFIA © IAIN McLACHLAN/DIGITAL PHOTOGRAPHER

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LA FRASE DEL GIORNO
Il tempo guarisce così bene che ci cancella: siamo noi le sue ferite.
DON PATERSON, pensata brutta, bella pensata: Aforismi




Donald Paterson (Dundee, 1963), poeta, scrittore e musicista scozzese. Insegna alla scuola di inglese dell'Università di St Andrews ed è stato redattore di poesie per la casa editrice londinese Picador per più di 25 anni. Abile chitarrista jazz, suona da solista e per dieci anni ha diretto l'ensemble jazz-folk Lammas con Tim Garland.