ANTONINO MASSIMO RUGOLO
E L’AMORE GUARDÒ IL TEMPO E RISE
E l’amore guardò il tempo e rise.
Un sorriso lieve come un sospiro,
come l’ironia di un batter di ciglio,
come il sussurro di una verità scontata.
Perché sapeva di non averne bisogno.
Perché sapeva l’infinita potenza del cuore
e la sua poesia e la magia di un universo perfetto,
al di là dei limiti del tempo e dello spazio.
E le ragioni dell’uomo, fragile come un pulcino,
smarrito come un uccello,
cannibale come un animale da preda.
Perché conosceva la tenerezza di una madre,
l’incanto di un bacio, il lampo di un incontro.
Poi finse di morire per un giorno,
nella commedia della vita,
nell’eterno gioco della paura,
nascosto, con il pudore della sofferenza,
con la rabbia della carne,
con il desiderio di una carezza.
Ma era là, beffardo, testardo, vivo.
E rifiorì alla sera,
senza leggi da rispettare,
come un Dio che dispone, sicuro di sé,
bello come la scoperta, profumato come la luna.
Ma poi si addormentò in un angolo di cuore
per un tempo che non esisteva
e il tempo cercò di prevalere,
nel grigio di un’assenza senza musica, senza colori.
E sbriciolò le ore nell’attesa,
nel tormento per dimenticare il suo viso, la sua verità.
Ma l’amore negato, offeso,
fuggì senza allontanarsi,
ritornò senza essere partito,
perché la memoria potesse ricordare
e le parole avessero un senso
e i gesti una vita e i fiori un profumo
e la luna una magia.
Perché l’emozione bruciasse il tempo e le delusioni,
perché la danza dei sogni fosse poesia.
Così mentre il tempo moriva, restava l’amore.
(da Sulle Ali della tenerezza, Laruffa, 2007
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Come per il caso di Lentamente muore, falsamente attribuita a Pablo Neruda, ma in realtà scritta dalla giornalista brasiliana Martha Medeiros, gira da almeno quindici anni in rete - e neppure completa -questa poesia, attribuita a Luigi Pirandello, ma che naturalmente il Premio Nobel non scrisse. Basta confrontare le sue vere poesie, ma anche solo il suo stile narrativo, per notare che manca quell’incrostazione aulica di un secolo fa - per intenderci, cose così: “Oh amore, oh dolce errore! Al mesto invito, / mi porse ella una man, senza far motto. / Di qua, di là la Bella m ’ha condotto. / poi m ’ha lasciato, ed io mi son smarrito…” Però questa poesia sulla relatività del tempo nei confronti dell’amore, questa esaltazione dell’«Amor vincit omnia» virgiliano, pur non raggiungendo vette eccelse, ha un suo perché e parla alle corde romantiche del nostro cuore, ci fa sognare in un modo più consono alle nostre emozioni da XXI secolo. Per questo motivo forse, questi versi sono diffusissimi in Rete. Peccato che all’autore, che si chiama Antonino Massimo Rugolo, quasi nessuno renda merito.
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FOTOGRAFIA © SCREAMST
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LA FRASE DEL GIORNO
Non si vive se non il tempo che si ama.
CLAUDE-ADRIEN HELVÉTIUS, Dell’uomo
Antonino Massimo Rugolo (Reggio Calabria, 4 aprile 1971), poeta italiano. Le sue poesie, ricche di sentimento, traggono spunto da reali avvenimenti della vita quotidiana e dalle problematiche del Sud. Nei suoi versi riecheggia il desiderio di eliminare, in qualche modo, le brutture e i mali endemici che condizionano e intrecciano il corretto vivere contemporaneo.