martedì 31 maggio 2022

Nelle chiese che diroccano


LAMBROS PORFIRAS

LE CHIESE ABBANDONATE

Vi sono nelle chiese che diroccano
tristi Madonne, pallide immagini,
che solo amano i fiori selvatici,
gigli, ciclamini, anemoni, ginestre.
Come incensieri rustici ed effimeri,
sparsi o legati in semplice ghirlanda,
l'anima loro di fiori effondono
bruciando la vita in impalpabile incenso.
Ahi, chi là si reca con fiori selvatici,
s'apre, appena sfiorata, la porta,
ornata tutt'intorno da nidi,
trapunta da erbe dell'oblio.
S'apre la porta com'è solito
aprirla soltanto il vento,
come fosse la Madonna ad aprirla
con impazienza di dolce madre,
vecchia colpita dai lutti, dimenticata
nella deserta capanna ad aspettare
il ritorno di gente di là dal mare
eternamente oscuro e in tempesta.

(da Ombre, 1920)

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Mauro Corona, nel suo I fantasmi di pietra, ripercorre le strade di Erto, il paese della sua infanzia, abbandonato dopo il disastro del 9 ottobre 1963, quando il fianco del monte Toc precipitò nell'invaso del Vajont: è un percorso in cui quelle vecchie case abbandonate tornano in vita, strada dopo strada, porta dopo porta, grazie agli spettri che abitano la memoria: “Raccontano storie, le vecchie case. Se il viandante ha la pazienza di fermarsi un istante, potrà sentire storie ad ogni passo. Storie di fatica, dolore, morte. Alcune anche liete, ma sono rare. Storie di un microcosmo scomparso. Storie nostre, uguali a quelle del mondo, dove, nonostante tutto, la speranza continua a cantare come il cuculo a primavera”. È la stessa operazione che compie il poeta greco Lambros Porfiras: ricercare il passato – mistico – tra i ruderi delle vecchie chiese, avvolte dalla natura che in fretta si riprende tutto, per ritrovare con malinconica dolcezza l’emozione del tempo che fu.


FOTOGRAFIA © DAVE CLEATHERO
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LA FRASE DEL GIORNO
Molte volte nell'ora arcana della sera, / quando giro con l'anima grave dei pensieri, / spesso emerge nella solitudine un incorporeo paese, /un paese silenzioso sempre e sempre offuscato.
LAMBROS PORFIRAS, Ombre




Lambros Porfiras (pseudonimo di Dimitrios Sypsomos (Kardamyla Chio, 1879 - Atene, 3 dicembre 1932), poeta greco.  Uomo malinconico e solitario, cantò nelle sue poesie l'amore, il mare e la natura greca, le taverne e le cose umili. Simbolista, utilizzò però un linguaggio semplice e musicale, dolce e armonico.


lunedì 30 maggio 2022

Tu e io


AKIKO YOSANO

SENZA CHIEDERCI

Senza chiederci
se sia giusto o sbagliato
se la vita futura
se la fama… Tu e io
ci amiamo e ci guardiamo.

(da Capelli scarmigliati, 1901)

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Senza chiederci… così, semplicemente, lasciandoci andare alla corrente della passione, perché è vero, come scrisse Blaise Pascal che “il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”: la poetessa giapponese Akiko Yosano ritiene giusto cedere alla forza di quell’amore che sin dai tempi di Virgilio “vince ogni cosa”, senza badare alle conseguenze, senza valutare le remore etiche e sociali.

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JACK VETTRIANO, "ANGELI CADUTI"

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LA FRASE DEL GIORNO
Che essere umano / potrebbe punirmi? / Non è il candore del mio braccio, / che accolse la sua testa,  / degno di un dio?

AKIKO YOSANO, Capelli scarmigliati




Akiko Yosano (Sakai, 7 dicembre 1878 – Tokyo, 29 maggio 1942), poetessa giapponese. Profonda conoscitrice della letteratura classica giapponese, manifestò interesse per le nuove correnti letterarie ispirate a modelli occidentali rinnovando uno dei più tradizionali generi poetici grazie a una grande forza immaginativa, tesa all'esaltazione della passione amorosa.


domenica 29 maggio 2022

Nel silenzio dell’incudine


LAN LAN

IL LAVORO DEL POETA

Tutta notte il fuoco ruggisce
nella fucina.

L’ombra con le sue braccia disegna un vortice
e – centimetro dopo centimetro – incorpora a sangue
il fabbro nel silenzio dell’incudine.

(da Canyon in the body, 2014)

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Il poeta è un artigiano – del resto l’etimologia della parola poesia, in greco ποίησις, [pòiesis], deriva a sua volta dal verbo ποιέω [poièo], che indica il produrre, il fare, il creare. Ma, dice la poetessa cinese Lan Lan, il poeta fa di più: con il suo incessante lavorio nella sua opera incorpora persino se stesso.

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FOTOGRAFIA © FOTO RABE/PEXELS

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LA FRASE DEL GIORNO
Amo i mondi sottili, / senza peso e aggraziati / come bolle di sapone.
LAN LAN




Lan Lan, pseudonimo di Hu Lanlan (Yantai, Shandong, 1967), poetessa cinese. È considerata uno dei poeti lirici cinesi contemporanei più influenti. Autrice di nove raccolte poetiche, è anche prolifica scrittrice di prosa e narrativa per bambini. Premiata con il prestigioso Liu Li'an Poetry Prize nel 1996, è ospite abituale di festival internazionali.


sabato 28 maggio 2022

Ouka Leele


È morta a Madrid lo scorso martedì all’età di 64 anni l’artista visuale, fotografa e poetessa spagnola Ouka Leele: si chiamava Bárbara Allende Gil de Biedma ed era nipote del poeta Jaime Gil de Biedma, uno dei più noti esponenti della Generazione del ‘50; si scelse come pseudonimo il nome di una stella inventata dal pittore El Hortelano. Fu una delle principali protagoniste della Movida madrilena sin dal principio degli Anni Ottanta, che ritrasse con le sue fotografie in bianco e nero ritoccate ad acquarello o con una combinazione pop e neodadaista di colori intensi e acidi. Alle fotografie, che definì “poesia visuale, una forma di parlare senza usare parole” accostò anche la forma prettamente poetica, che naturalmente risente del suo stile artistico, indagando sulle connessioni tra vita ed emozioni nella natura umana.

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AMORE

Amore
oso dire
ai quattro venti
attendendo che l’eco
si prenda carico
di ciò che resta,
e poiché mai resta
ma sempre si assomma,
si moltiplica il suo effetto
rendendolo perfetto.

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I MIEI PIEDI GALLEGGIAVANO

I miei piedi galleggiavano
tra l’una e l’altra
dovevo sceglierne una
e ho scelto questa:
Amore,
certo,
che altro?
la felicità con la felicità
crea la felicità
di chi la ascolta.

(da Este libro arde entre mis manos, 2009)

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LA FRASE DEL GIORNO
Arriva un momento in cui guardi i fiori e non li vedi;  allora il pittore o il poeta parlano ancora di un fiore con un'immagine o con parole che ti fanno sentire ciò che è veramente; cosa che gli scienziati non possono fare perché credono che solo dissezionando le cose possano parlarne. Il valore sta nel rinnovarsi, nel guardare indietro con occhi puliti e puri.
OUKA LEELE, Jot Down, 18 giugno 2011




Bárbara Allende Gil de Biedma, nota con lo pseudonimo Ouka Leele (Madrid, 29 giugno 1957 - 24 maggio 2022), artista, pittrice, poetessa e fotografa spagnola. Illustratrice della Movida madrilena sin dagli Anni Ottanta, caratterizzò la sua opera con accenti pop e neodadaisti. Ottenne il Premio Nacional de Fotografía nel 2005.


venerdì 27 maggio 2022

Eduardo Lizalde


La mattina di mercoledì se ne è andato Eduardo Lizalde, considerato uno dei maggiori poeti ispano-americani, autore di versi rivestiti di ironia e di sensualità ma al contempo di dolore e di disincanto, così da estraniarsi dalla patina romantica per gettare, con linguaggio preciso, uno sguardo pensoso sul presente.

Partì dal Poeticismo, corrente letteraria fallita che si basava sull’univocità  dell'espressione poetica per provare a combattere l’imprecisione concettuale della poesia di quegli anni. Fu traduttore egregio di Shakespeare e di Blake Shakespeare o William Blake, tanto che qualcuno arrivò a dire che “per il suo eccellente lavoro di traduzione Lizalde potrebbe incorporare le sue versioni come opera di creazione personale".

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E IO DICO ALLA ROCCIA

E io dico alla roccia:

su, roccia, intenerisciti,
risvegliati, stiracchiati,
passa il ponte del regno,
sii te stessa, sii mia,
dimmi il pietroso nome
di roccia appassionata.

E non me lo sa dire,
Non c’è uno spillo di labbra
nel suo corpo senza volto.
Ma io so il suo nome:
roccia, le dico,
e inizia a intenerirsi.

Ma la parola roccia non viene dalle rocce.
La parola è più densa della roccia,
spacca la roccia, è il barbaglio di luce
armato, che conosce la sua immagine,
è l’acqua intenerita da quello che riflette.

È vero, la parola viene dal poeta.
La parola roccia
non è figlia del marmo,
e non viene dall’uomo, così come l’uccello
fa immaginare di essere l’invenzione dell’albero.
Il mondo del poeta
non concede il suffragio
neanche alle più alte rocce.
Ma il mondo senza rocce del poeta
pur proviene dal mondo della roccia.

(da Tutto l’amore è sogno, La Vita Felice, 2021 – Traduzione di Emilio Coco)

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L’AMORE È UN’ALTRA COSA

L’amore è un’altra cosa, signori
Ci si abitua all’idea
fin dall’infanzia,
che l’amore è una cosa favorevole
messa in endecasillabi, signori.
Però l’amore è tutto l’opposto dell’amore
con i seni di rana
e ali di porco.
Si misuri l’amore solo attraverso l’odio.
Tra le righe è leggibile.
Si misuri dalle banalità,
si misuri l’amore con il metro d’ordinaria follia.
Tutto l’amore è sogno
‒ il miglior aureo sogno dell’argento ‒.
Sogno di uno che muore,
è un albero l’amore che dà frutti
dorati solamente quando dorme.

(da El tigre en la casa, 1970 – Traduzione di Emilio Coco)

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Altre poesie di Eduardo Lizalde sul Canto delle Sirene:



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LA FRASE DEL GIORNO
Questa è la vera angoscia del creatore che soffre profondamente la poesia: quella di non produrre cose oziose. Ogni volta che controllo i miei libri, vedo quanta paglia c'è. Questo è il dramma estetico del creatore dal mio punto di vista.
EDUARDO LIZALDE, El Semanario, 9 febbraio 1986




Eduardo Lizalde Chávez (Città del Messico, 14 luglio 1929 - 25 maggio 2022), scrittore, poeta e accademico messicano. Considerato tra i maggiori poeti ispano-americani, unisce la capacità di alternare alta cultura e semplicità colloquiale, ironia e disincanto, dolore e sensualità. Tradusse Shakespeare e Blake, che ebbe grande importanza nella sua poetica.


giovedì 26 maggio 2022

Una vite che sale


RACHEL BLUWSTEIN

LE TUE MANI

Le tue mani sono dolci come il grembo di una patria,
come questa, il loro contatto è piacevole, è oblio e calma.
Aggrapparsi ad esse e sapere:
Non avrò paura qui!

Una donna, sono solo una donna, una vite
che sale avviticchiandosi e che quando arriva al culmine,
già senza sostegno, afflitta e pallida
torna verso terra.

(da Poesie, 1985)

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La poetessa israeliana Rachel Bluwstein si affida alle mani dell’amato, torva in esse protezione come nel cuore della terra patria, ne ricava la sicurezza di cui ha bisogno. E quelle mani possono sostenerla quando non avrà sostegno – come dal bellissimo paragone dal sapore biblico della vite che si arrampica sul palo.

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FOTOGRAFIA © JACKSON DAVIS/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Saprà il tuo orecchio cogliere, anche dal silenzio, / il mio umile parlare? / Saprai proteggerlo come un amico, un fratello, / come una madre in seno?
RACHEL BLUWSTEIN




Rachel Bluwstein (Saratov, Russia 2 ottobre 1890 - Tel Aviv, 16 settembre 1931), poetessa russa naturalizzata israeliana. Conosciuta e venerata in Israele anche solo come Rachel o Poetessa Rachel: è stata uno dei primi autori a scrivere in ebraico, lingua di cui padroneggiò sia i registri più colloquiali, sia le più complesse sfaccettature del linguaggio biblico.


mercoledì 25 maggio 2022

In mezzo alla notte


ALFONSO BREZMES

TRE DESIDERI

Che tu non ascolti altra voce
che la mia – dicesti
soffiando sul primo fiammifero –.

Che tu non dica nulla che mi ferisca,
fu il tuo secondo desiderio – e l’oscurità
ci avvolgeva un po’ alla volta –.

Che mai finisca questo sogno,
– sussurrasti, soffiando per l’ultima volta –.
E tutto scomparve.

E noi ci incontrammo all’improvviso
in mezzo alla notte.
Sordi, muti e ciechi.

(da La notte tatuata, 2013 - Traduzione di Mirta Amanda Barbonetti)

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Una vaga influenza borgesiana trasuda in queste terzine del poeta spagnolo Alfonso Brezmes: un’oscurità che viene a crearsi a poco a poco e che inghiotte tutto mentre l’intenzione iniziale era quella di cementare un amore, di confinarlo attraverso regole chiare. E la realtà nel buio precipita nel sogno, si confonde con esso, mentre tacciono i sensi.

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FOTOGRAFIA © PXHERE

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LA FRASE DEL GIORNO
Amarti è un cerchio. / Tenerti è un quadrilatero.
ALFONSO BREZMES, Dono delle lingue




Alfonso Brezmes (Madrid, 1966), poeta spagnolo, fotografo e funzionario statale. La sua poesia è al tempo stesso colta e popolare, tanto da farlo apprezzare sia da critici e lettori tradizionali sia da un più largo pubblico. Il suo immaginario si nutre di riferimenti letterari (Baudelaire, Rilke…) ma anche di cinema e di cultura pop.


martedì 24 maggio 2022

Io, ovvero Io


NINA CASSIAN

IO SONO IO

Sono personale,
soggettiva, intima, singolare,
confessionale.
Tutto quel che mi accade e si ripete
accade a me.
Il paesaggio che descrivo
sono io stessa.
Se vi interessano
gli uccelli, gli alberi, i fiumi,
consultate i libri degli esperti.
Io non sono un dato uccello,
un dato albero,
un dato fiume.
Io sono registrata solo
come un Sé,

Io, ovvero Io.

(da C’è modo e modo di sparire, Adelphi, 2013 – Traduzione di Anita Natascia Bernacchia e Ottavio Fatica)

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C’è in Nina Cassian, poetessa romena espatriata negli Stati Uniti, un’avidità di affermarsi nonostante tutto, di professare il suo personalissimo anticonformismo, di esprimere il suo pensiero poetico prima in rumeno poi in inglese e persino in “spargano”, lingua inventata ad hoc. Perché i poeti sono “seppie / che si difendono / schizzando inchiostro”.

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FOTOGRAFIA © DRAGOSTE

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LA FRASE DEL GIORNO
Non ho tempo di dare a tutti prova / delle mie grandi, insolite virtù, / chi ha occhi per vedere, veda. / Altrimenti, avrò occhi ignoti ai più.
NINA CASSIAN, C’è modo e modo di sparire




Nina Cassian, pseudonimo di Renée Annie Cassian-Mătăsaru (Galați, 27 novembre 1924 – New York, 15 aprile 2014), poetessa, scrittrice e traduttrice rumena. Esponente del Modernismo, nel 1985 si rifugiò negli Stati Uniti per sfuggire alla repressione del regime di Ceausescu, e lì rimase non solo a vivere, ma anche a scrivere poesie nella lingua del suo nuovo paese.


lunedì 23 maggio 2022

Libera e leggera


ANTONIA POZZI

LA STAZIONCINA DI TORRE ANNUNZIATA

ad A.M.C.

C'era un disordinato andirivieni
di valige sfrangiate, penzoloni
su ghette e scarpe gialle da provincia,
che schizzavano dentro l'atrio grigio
dagli sbadigli bianchi delle porte
aperte sulla piazza e sui binari.
Gli sportelli sbarravano sul muro
uno stupore lucido, verdone;
un ombrello, testardo, s'impuntava
contro terra in un suo capriccio nero.
Né tu né io ci guardavamo in viso:
ma i miei occhi sentivan d'incontrarti.
Dove, non so. Forse in quel po' di cielo
che si vedeva sopra la tettoia
o in mezzo alle fumate carnicine
che il Vesuvio sbuffava senza posa
e il vento senza posa smozzicava.
Io mi sentivo libera e leggera
come quei fiocchi bianchi di pelurie
che si sprigionano dai pioppi, in maggio
e cercan l'alto come delle preci.
La tua voce era un mare di purezza:
ogni ombra di materia vi affogava.
A tratti le parole si frangevano
in sfumature lunghe di silenzio
e all'anima sembrava di vibrare
nuda nel vento e di sfiorare Dio.

Milano, 17 aprile 1929

(da Parole, Mondadori, 1939)

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Una serie di impressioni bastano alla poetessa Antonia Pozzi, qui appena diciassettenne, per raccontare del suo viaggio a Napoli e in particolare della sosta alla piccola stazione di Torre Annunziata: uno scenario che fotografa un preciso quadro di un’Italia ormai sul principio degli Anni Trenta, sul quale si innesta l’emozione provata da Antonia, la leggerezza che proviene dall’amore (l’A.M.C. della dedica è Antonio Maria Cervi, il professore di latino e greco con cui ebbe una relazione contrastata dalla famiglia e la cui rottura la portò ad uccidersi all’età di 26 anni).

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GERALD GREEN, "USCENDO DA LOUGHBOROUGH"

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LA FRASE DEL GIORNO
E tu sarai, / nella pineta, a sera, l'ombra china / che custodisce: ed io per te soltanto, / sopra la dolce strada senza meta, / un'anima aggrappata al proprio amore.
ANTONIA POZZI, Parole




Antonia Pozzi (Milano, 13 febbraio 1912 – 3 dicembre 1938), poetessa italiana. Laureatasi in Filologia con una tesi su Flaubert, si tolse la vita dopo una contrastata storia d’amore. Il suo diario poetico Parole fu pubblicato postumo, nel 1939: composto a partire dai diciassette anni, riflette un'amara e inquieta sensibilità in cui si avverte l'influsso della lirica di Rilke.


domenica 22 maggio 2022

Portato dal vento


VIVIAN LAMARQUE

ERA DETTO AQUILONE

Non si chiamava così
ma era detto aquilone
perché quando appariva nel campo di erba
sembrava ondeggiare
e quando vedeva da lontano Maria
pareva innalzarsi
portato dal vento e dall’emozione.

(da Teresino, Società di poesia, 1981)

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La poetessa trentina Vivian Lamarque con poche parole tratteggia la figura di un uomo innamorato, rivestendolo dell’emozione che l’amore sa dare, elevandoci. Basta la vista di Maria a far salire nel cielo il cuore di “Aquilone”, a far decollare visibilmente il picco dell’emozione.

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LOUI  JOVER, "ICARO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Le era entrato nel cuore. / Passando dalla strada degli occhi e delle orecchie le era entrato nel cuore. / E lì cosa faceva?  / Stava. / Abitava il suo cuore come una casa.
VIVIAN LAMARQUE, Il signore d’oro




LamarqueVivian Comba Provera Pellegrinelli Lamarque (Tesero, 19 aprile 1946) è una scrittrice, poetessa e traduttrice italiana dal francese. Di origini valdesi, ha insegnato italiano agli stranieri e nei licei. Ha ottenuto il Premio Viareggio, il Premio Montale, il Pen Club e, per le fiabe, il Premio Rodari e il Premio Andersen.


sabato 21 maggio 2022

Tu, o squisita


RICHARD ALDINGTON

IMMAGINI

I

Come una gondola di verdi frutti verdi
alla deriva lungo i canali umidi di Venezia,
tu, o squisita,
sei entrata nella mia città desolata.

  
II

Il fumo azzurro salta
come nuvole vorticose di uccelli che svaniscono.
Così il mio amore balza verso di te,
svanisce e si rinnova.

  
III

Una luna giallo-rosa in un cielo chiaro
quando il tramonto è un fioco vermiglio
nella nebbia tra i rami degli alberi
sei tu per me, mia ​​amata.

  
IV

Un giovane faggio ai margini del bosco
è immobile nella sera,
eppure rabbrividisce ogni sua foglia nell'aria leggera
e sembra temere le stelle—
Così sei ancora e così tremi.

  
V

I cervi rossi sono in alto sulla montagna,
sono oltre gli ultimi pini.
e i miei desideri sono corsi con loro.

  
VI

Il fiore che il vento ha scosso
presto si riempie di nuovo di pioggia;
così il mio cuore si riempie lentamente di lacrime,
o Guida-di-schiuma, Vento-dei-vigneti,
fino al tuo ritorno.

(da Guerra e amore, 1918)

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Semplice, essenziale, scarno: l’Imagismo – di cui il poeta inglese Richard Aldington, sulle orme di Ezra Pound, è un esponente di punta, è in aperto contrasto con la tradizione tardo romantica. Questa è la sua visione di una poesia d’amore: un continuo variare di inquadrature per raccontare il film di una storia attraverso le immagini, attraverso le cose.

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JOHN WILLIAM WATERHOUSE, "LA SIGNORA DI SHALOTT"

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LA FRASE DEL GIORNO
Avresti dovuto amare un dio; Non sono che polvere. / Eppure nessun dio ama come ama questa povera polvere fragile.
RICHARD ALDINGTON, Guerra e amore




Richard Aldington (Portsmouth, 8 luglio 1892 – Sury-en-Vaux, 27 luglio 1962), poeta, scrittore e saggista britannico. Fu uno dei principali esponenti dell'imagismo, del quale sviluppò la corrente ellenizzante e parnassiana.  La Prima guerra mondiale lo portò a un esame severo e spesso pungente della realtà contemporanea.


venerdì 20 maggio 2022

E vedo il mare


GIOVANNI PASCOLI

MARE

M'affaccio alla finestra, e vedo il mare:
vanno le stelle, tremolano l'onde.
Vedo stelle passare, onde passare:
un guizzo chiama, un palpito risponde.

Ecco sospira l'acqua, alita il vento:
sul mare è apparso un bel ponte d'argento.

Ponte gettato sui laghi sereni,
per chi dunque sei fatto e dove meni?

(da Myricae, Giusti, 1891)

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Una breve vacanza mi ha portato in Romagna, sull’Adriatico, negli immediati dintorni di San Mauro, la località dove Giovanni Pascoli nacque e visse per anni e che dal 1932 ha aggiunto al suo nome quello del poeta. La mia stanza d’hotel aveva la vista su quel mare e sono andato a cercarmi questa poesia di cui ricordavo solo il primo verso. Come sempre, in Pascoli, il sentimento, il moto dell’anima, si comunica alle cose: il mare e le stelle della prima quartina vanno a chiamare quel ponte invisibile formato dal riflesso della luna sull’acqua.

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FOTOGRAFIA © GEORGE DESIPRIS/PEXELS

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LA FRASE DEL GIORNO
Se mi si svella, se mi si sprofondi / l'essere, tutto l'essere, in quel mare / d'astri, in quel cupo vortice di mondi!
GIOVANNI PASCOLI, Nuovi poemetti




Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912), poeta e accademico italiano, eccelso latinista, figura emblematica della letteratura di fine Ottocento. Nonostante la sua formazione eminentemente positivistica, è il maggiore esponente del Decadentismo.


giovedì 19 maggio 2022

Tegoli rinfrescati dalla pioggia


DIEGO VALERI

FINESTRA

Tegoli rinfrescati dalla pioggia:
bruni, rossastri, gialli, gridellini;
la spalletta bianchiccia d’una loggia;
un lustreggiar di vetri d’abbaini.

Sopra: mazzi di nuvole sbocciate:
peonie ardenti e pallide viole;
e un riddare di rondini rosate
dentro l’estremo fiammeggiar del sole.

(da Poesie, Mondadori, 1962)

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Un idillio in cui protagonisti sono i colori: il poeta veneto Diego Valeri attinge alla sua tavolozza per raccontare quello che vede dalla finestra, i tetti bagnati dalla pioggia ormai passata, i palazzi con i loro balconi, il cielo che si apre, i fiori di primavera che esplodono come fuochi nei giardini.

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FOTOGRAFIA © PINK MAMMA

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LA FRASE DEL GIORNO
E fuori ride un cielo, / splende il prato di tenere erbe. / Ancora sui rami del futuro / la speranza ha fior del verde.
DIEGO VALERI, I nuovi giorni




Diego Valeri (Piove di Sacco, 25 gennaio 1887 – Roma, 27 novembre 1976), poeta, traduttore e accademico italiano, fu ordinario di Letteratura Francese all’Università di Padova per oltre vent’anni, tranne nel periodo 1943-45 quando riparò in Svizzera come rifugiato politico.


mercoledì 18 maggio 2022

Il re senza corona


HERMANN HESSE

SONO UNA STELLA

Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nel proprio ardore.

Io sono il mare di notte in tempesta
il mare urlante che accumula nuovi
peccati e agli antichi rende mercede.

Sono dal vostro mondo
esiliato di superbia educato, dalla superbia frodato,
io sono il re senza corona.

Son la passione senza parole
senza pietre del focolare, senz'arma nella guerra,
è la mia stessa forza che mi ammala
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(da Poesie, Guanda, 1979 – Traduzione di Mario Specchio)

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Con la sua scrittura limpida e lineare, Hermann Hesse coltiva uno dei suoi temi principali: l’ardere infinito della passione che brucia e consuma in quell’amore che è una continua ricerca della comunione con l’universo, della corrispondenza armonica con la natura, della consonanza con il platonico ordine cosmico.

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FOTOGRAFIA © PUBLIC DOMAIN PICTURES

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LA FRASE DEL GIORNO
Perciò mi sembra che si debba coltivare l'arte del regalare anche alle cose belle che ci sono vicine e abituali, l'amore e la venerazione che riserviamo a quelle lontane e remote.
HERMANN HESSE, L’azzurra lontananza




Hermann Hesse (Calw, 2 luglio 1877 – Montagnola, 9 agosto 1962) scrittore, poeta, aforista, filosofo e pittore tedesco naturalizzato svizzero, è stato insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1946. Celebri i suoi romanzi Siddhartha, Peter Camenzind, Demian, Il lupo della steppa.


martedì 17 maggio 2022

Color d’aurora


ADA NEGRI

LA PRIMA ROSA

Ieri, quando sbocciò la prima rosa
sulla rama più alta del rosaio
che scavalca il muretto di ponente,
risero le spirèe, riser gli arbusti
del biancospino e le stellate siepi.
Anche il pruno sanguigno, che da poco
vestì sue foglie, rise; e l'aria fu
tutto uno squillo. - Era color d'aurora,
e splendeva lassù, libera e sola,
penetrata di luce, ebbra del gaudio
d'essere aperta. Sola, e prima : grande
e terribile grazia, esser la prima.
Così in alto, che niun pensato avrebbe
di coglierla, sì presto offerta in dono
alla vita vivente, che oggi morta
già la mirano i bocci ancor racchiusi
nel lor casto segreto.

            Esser la prima:
né darà il maggio rosa che sia bella
come la tua bellezza, o annunziatrice.

(da Il dono, Mondadori, 1936)

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“E, meravigliato, guardavo come le rose siano presto rapite / dall'età fuggitiva e come già sul nascere appassiscano. / Ed ecco, mentre parlo, è caduta la rossa chioma / del rutilante fiore e la terra s'ammanta d'un rosso palpitante” recita un classico componimento latino del II secolo dopo Cristo, il De rosis nascentibus, che poi conclude “Cogli le rose, o vergine, finché fresco è il fiore e fresca è la giovinezza, / e ricordati che allo stesso modo s'affretta la tua vita”, richiamando quello che è in fondo è il pensiero della poetessa lodigiana Ada Negri, una meditazione sulla gioventù e sullo scorrere del tempo.

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FOTOGRAFIA © INVERNABLOG

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LA FRASE DEL GIORNO
Perché non dura, amici, / tutta l'annata il fior della spirèa, / fiore di gioventù, fior di speranza? / Troppo sarebbe. Non potrà nessuno / su' suoi passi fermar la Primavera.
ADA NEGRI, Il dono




Ada Negri (Lodi, 3 febbraio 1870 – Milano, 11 gennaio 1945), scrittrice proveniente dalle classi operaie, insegnante a Motta Visconti, predilesse tematiche a sfondo sociale, su cui con il tempo prevalsero i sentimenti e il ricordo. Unica donna ammessa all’Accademia d’Italia, fu candidata due volte al Nobel.


lunedì 16 maggio 2022

Un uomo per strada


ALLEN GINSBERG

IL MIO TRISTE IO

A volte
quando ho gli occhi rossi
vado in cima al grattacielo della RCA
e contemplo il mondo:
Manhattan,
le mie case, le strade,
abbaini, letti, appartamenti,
la Quinta Avenue che ho sempre in mente,
le sue macchine-formiche,
i taxi gialli,
uomini che camminano grandi come fiocchi di lana,
il panorama dai ponti,
il sole sul New Jersey
dove nacqui
e su Paterson dove giocai,
e i miei amori più tardi sulla Quindicesima Strada,
i miei amori più grandi nel Lower East Side,
e i miei amori favolosi nel Bronx.
Lontani sentieri attraversano queste strade nascoste.
Il sole splende su tutto ciò che posseggo
in un batter d'occhi fino all'orizzonte.
Triste,
prendo l'ascensore,
e scendo meditando sui marciapiedi
fissando le vetrine.
Mi fermo pensoso davanti a un'automobile
perduto in un solo pensiero.
Cammino nella tristezza che fluisce
con le punte delle dita rigate di lacrime
al crepuscolo.
Sono un uomo per strada nella marea
tra luci rosse che fanno scattare movimenti frettolosi
di gente agli angoli.
Tutte queste strade conducono,
così intersecate, allungate,
irte di alti edifici e incrostate di slums,
attraverso uomini e auto che arrancano.

(da Poetry Foundation, 1958)

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Si può essere soli anche in una grande città - New York, la metropoli per eccellenza: il poeta statunitense Allen Ginsberg, paladino della Beat Generation, è intristito da quell'invisibilità sociale, da quel sentirsi "isola" nella marea della folla; il vuoto verticale dal quale osserva la gente dall'alto del Rockefeller Plaza - il grattacielo della celebre fotografia di operai seduti a pranzare su una trave durante la sua costruzione - diventa un vuoto orizzontale mentre cammina nel frettoloso viavai dei marciapiedi newyorkesi.

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FOTOGRAFIA © NANIRA/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Il peso del mondo è amore. Sotto il fardello della solitudine, sotto il fardello della insoddisfazione, il peso, il peso che trasportiamo, è amore.
ALLEN GINSBERG, Jukebox all’idrogeno




Irwin Allen Ginsberg (Newark, New Jersey, 3 giugno 1926 – New York, 5 aprile 1997), poeta statunitense, esponente della Beat Generation. La sua poesia, che voleva essere una rappresentazione obiettiva di sensazioni ed esperienze e una denuncia del fallimento dell'ottimismo americano, portava alle estreme conseguenze lo sperimentalismo formale di Walt Whitman.


domenica 15 maggio 2022

In questa lingua nuda


PIERLUIGI CAPPELLO

RONDEAU

Cun cheste lenghe nude e in nissun puest
nì mai viodût in lûs di nissun voli
se no dai miei cjalant i tiei celescj
jo mâr o clamarès chel to celest
tiscjel il lum dal to tasê forest
e primevere il solc lunc dal to pet;
cjalanti , inte buere di me ch’e cres
falchet sarès se no tasès cjalanti
in cheste lenghe nude e in nissun puest.
In nissun puest amôr ma nome in chest
l’amôr ti disarès ch’al è taront
l’insom e il sot ladrîs e zime in rime
e intal clarôr sul fîl da la tô schene
crît il clâr de lune clare compagne
bielece son li’ mans strentis in trece
li’ mês li’tôs e intor il braç de gnot
ch’a si davierç in lûs, nulinti, e in blanc
in nissun puest amôr ma nome in chest.
In nissun puest ma achì ti volarès
niçant adôr sul niçul des peraulis
peraulis come fraulis ti darès
che vite ator ator e je tampieste
jo e te mâr fer tal mieç da la tampieste
e messedant i tiei cui miei cjavei
amôr plui tô la muse tô e sarès
e non il to plui non, cun dut il rest forest
in cheste lenghe nude e in nissun puest.


Con questa lingua nuda e in nessun luogo,
né visto mai in piena luce da alcun occhio,
se non dai miei guardando i tuoi celesti,
io mare chiamerei quel tuo celeste,
castello il lume del tuo tacere straniero
e primavera il solco lungo del tuo petto;
guardandoti, nella bufera di me che cresce,
sarei falchetto se non tacessi guardandoti,
in questa lingua nuda e in nessun luogo.
In nessun luogo, amore, ma soltanto in questo,
l’amore ti direi che è come un cerchio,
il sotto e il sopra, gemma e radice in rima
e nel chiarore sul filo della tua schiena,
grido il chiaro della luna del medesimo chiarore,
bellezza sono le mani strette in una treccia,
le mie, le tue, e attorno il braccio della notte
che si apre in luce, fiutandoti, e in bianco,
in nessun luogo, amore, ma soltanto in questo.
In nessun luogo ma qui io ti vorrei,
cullandoti nel su e giù delle parole,
parole come fragole ti darei,
che la vita attorno è una tempesta,
io e te mare fermo in mezzo alla tempesta
e mescolando i tuoi con i miei capelli,
più tuo, amore, il volto tuo sarebbe,
più nome il nome tuo, con tutto il resto straniero,
in questa lingua nuda e in nessun luogo.

(da Dittico, Liboà, 2004)

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“Qualche volta mi sforzo e serro le palpebre come di miope o navigante o pittore, ma basta una brezza e dispone un giallo dove prima era verde, con la rètina e, peggio, la penna che in superficie non coglie che crespe, mentre dietro quel muro impassibile sta tutta una peripezia d’elettrone. Tuttavia esiste, quel nome, ed è un atomo anteriore alle cose e ogni colore non còlto si chiama distanza, ogni sguardo che coglie si chiama poesia. È questa l’ebrietudine d’origine, è questo, mi dico, il corso dei poeti, sbarbicare le parole dal silenzio, farle intatte – rosa di Paracelso –, sentirle pesanti sul palmo, come le teste dei re, dentro il cerchio concluso di monete d’oro o di rame”: la poesia è questo vedere, dunque, dice Pierluigi Cappello, è questo sensuale servirsi del linguaggio, farlo vivere per raccontare ciò che vedono gli occhi, ciò che sente la pelle, ciò che i sensi percepiscono e la mente elabora.

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FOTOGRAFIA © BANSHIWAL/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Le parole non vedono / le parole non vedono mai abbastanza / sono due occhi / rimasti dietro un muro / sono il buio di una stanza / e quello che vedono, povere, / a vederlo mi fa quasi pena / non conta / rispetto alle cose che contano.
PIERLUIGI CAPPELLO, Dentro Gerico




Pierluigi Cappello (Gemona del Friuli, 8 agosto 1967 – Cassacco, 1º ottobre 2017), poeta italiano. La sua vita è stata gravemente segnata da un incidente stradale occorsogli quando aveva sedici anni: dallo schianto della sua moto contro la roccia uscì con il midollo spinale reciso e una perenne immobilità. Ha scritto numerose opere, anche in lingua friulana.


sabato 14 maggio 2022

Una muta medusa


VALERIO MAGRELLI

GUARDANDO I RESTI DI UN'AUDIOCASSETTA NELLA SOSTA DI UN VIAGGIO D'ESTATE

Sul ciglio dell’autostrada oscilla
e brilla bruna una capigliatura
di nastro magnetico.
Ogni auto passandole accanto l’accarezza
col vento dei pneumatici
pettinandola lenta sul guard-rail.
Una muta medusa che le onde
sospingono a riva fluttuando,
morta cosa canora, alga di nostalgia.
Se fisso quel feticcio musicale,
una spugna essiccata di voci, è per chiedermi
dove può evaporare un suono,
quale futura nube ne tratterrà le note
per preparare, domani,
la sua pioggia.

(da Disturbi del sistema binario, EInaudi, 2006)

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Invecchia la poesia? Invecchiano certamente gli oggetti – un’audiocassetta o musicassetta, quella che noi che l’abbiamo conosciuta e consumata negli stereo  e nei walkman chiamavamo familiarmente “cassetta”, è ormai reperto da archeologia industriale, soppiantata dai cd e dalla musica liquida. Eppure, rimane viva in questi versi di Valerio Magrelli, pur sventrata ai bordi di un’autostrada delle vacanze: quel suo nastro magnetico sparso al vento fluttua come i tentacoli di una medusa e il tempo che è passato da allora può addirittura aumentare il fascino di questa immagine ormai obsoleta.

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FOTOGRAFIA © PEXELS

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LA FRASE DEL GIORNO
Scrivere, in genere, è nascondere.
VALERIO MAGRELLI, Ora serrata retinae




Valerio Magrelli (Roma, 10 gennaio 1957), poeta, scrittore, traduttore, critico letterario e accademico italiano. Laureato in Filosofia all'Università di Roma, insegna Lingua e letteratura francese all'Università di Cassino. È autore di molte traduzioni di autori francesi come Mallarmé, Valéry, Jarry, Char, Ponge.


venerdì 13 maggio 2022

Tutti vivono di stelle spente


CRISTINA CAMPO

OLTRE IL TEMPO, OLTRE UN ANGOLO

What sorrow
beside your sadness
and what beauty
W. C. Williams

Troppe cose hanno accolto le tue palpebre
l’attenzione t’ha consumato le ciglia.
Troppe vie t’hanno ripetuta,
stretta, inseguita.

La città da secoli ti divora
ma per te travede, sogno e sfacelo
di luci e piogge, lacrime senili
sulla ragazza che passa
febbrile, indomabile, oltre il tempo, oltre un angolo.

Ritorna! Gridano i vecchi di Santa Maria del Pianto,
la ronda della piscina di Siloè
con i cani, gl’ibridi, gli spettri
che non si sanno e tu sai
radicati con te
nel glutine blu dell’asfalto
e credono al tuo fiore che avvampa, bianco –
poiché tutti viviamo di stelle spente.

(da Passo d’addio, All’Insegna del pesce d’Oro, 1956)

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Che dolore / accanto alla tua tristezza / che bellezza”: la poetessa Cristina Campo parte dalla citazione di William Carlos Williams per indirizzare questi suoi versi che sono una sorta di autoritratto – lo specchio in cui si riflette è il tempo, che attraversa la sua vita e Roma: “È rimasta laggiù, calda, la vita, / l’aria colore dei miei occhi, il tempo / che bruciavano in fondo ad ogni vento / mani vive, cercandomi…

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RUTH ORKIN, "RAGAZZA AMERICANA IN ITALIA"

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LA FRASE DEL GIORNO
Ora tutta la vita è nel mio sguardo, / stella su te, sul mondo che il tuo passo  richiude.
CRISTINA CAMPO, Passo d’addio




Cristina Campo, pseudonimo di Vittoria Maria Angelica Marcella Cristina Guerrini (Bologna, 29 aprile 1923 – Roma, 10 gennaio 1977), scrittrice, poetessa e traduttrice italiana.Cresciuta nel culto della bellezza e animata da un'incoercibile tensione alla perfezione, etica non meno che estetica, fu influenzata a lungo dal pensiero di Simone Weil.


giovedì 12 maggio 2022

Diversa fu Saffo


RAÚL GUSTAVO AGUIRRE

VITE PARALLELE

Escamandronimo, poeta
di scarso ingegno, voleva
come un dio essere immortale:
non ebbe altra passione.

Dedicò tutto il tempo
Escamandronimo di Lesbo
con estenuante zelo
ad avere fama universale.

Diversa fu Saffo,
sua figlia, che all’effimero
piacere e all’amicizia
non rubò un istante.

(da La pietra mobile, 1968)


Sulla falsariga di Plutarco, il poeta argentino Raúl Gustavo Aguirre pone a confronto la vita di Escamandronimo di Lesbo e quella di sua figlia Saffo per notare come il primo cercò per tutta la vita di raggiungere quella fama, quella gloria tra gli uomini, che mai ebbe; invece la seconda si dedicò al piacere e all’amore, ed ebbe in cambio la fama eterna come “Decima Musa”.

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JOHN WILLIAM GODWARD, "LA FAVORITA"

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LA FRASE DEL GIORNO.
La poesia cuoce il suo pane solo nell’amore, nell’amicizia.

RAÚL GUSTAVO AGUIRRE, Asteroidi




Raúl Gustavo Aguirre (Buenos Aires, 2 gennaio 1927 – 18 gennaio 1983), poeta argentino. Appartenente al gruppo dell’Invenzionismo, mostrò una certa influenza surrealista. Traduttore di Rimbaud e Apollinaire, diresse per dieci anni la rivista Poesía Buenos Aires.


mercoledì 11 maggio 2022

Nell’abbraccio inciso


CEES NOOTEBOOM

PICASSO, ULTIME INCISIONI

In questa nube si accoppiano,
in questa nube nera, il desiderio nero inchiostro
costretto nel rame, netto e tenace,
dal veggente dietro la tenda, vuole

vuole anche quella donna e quell’uomo,
la doppia figura in cui
penetra e si rannicchia
come un tempo, quel secolo prima.

Nell’abbraccio inciso
cerca un mare e un letto, grida
di maree perdute, di un eterno
amplesso, con la nostalgia di chi

è costretto a vedere.

(da Le porte della notte, Edizioni Del Leone, 2003 – Traduzione di Fulvio Ferrari)

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Nella vecchiaia di Pablo Picasso ci sono una serie di litografie erotiche che sembrano voler far riemergere quell’energia creativa della giovinezza – le incisioni sono del 1969 e l’artista spagnolo ha 87 anni. È a quelle che si riferisce il poeta olandese Cees Nooteboom, riflettendo sulla parabola di arte e di vita del grande pittore.

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PABLO PICASSO, "IL BACIO, 10 07 1969"

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LA FRASE DEL GIORNO
Siamo i nostri segreti e, se tutto va bene, li porteremo con noi dove nessuno potrà toccarli.
CEES NOOTEBOOM, Le volpi vengono di notte




Cees Nooteboom (L’Aia, 31 luglio 1933), scrittore olandese. La sua opera comprende lavori di poesia, narrativa, drammaturgia, commedia e cronaca di viaggio. È stato più volte candidato al Premio Nobel. Arguto umorista, filosofo penetrante, storico attento, viaggiatore curioso e appassionato, è spesso paragonato a Borges, Calvino e Nabokov.


martedì 10 maggio 2022

Un senso


CLEMENTE REBORA

NON È PIÙ SU DI UN PALMO

Non è più su di un palmo
oggi il ciel dalla terra:
tumido, opaco, calmo,
l’anima in ombra di poca aria serra.

In un volgere lieve
l’infinito riposa:
la quotidiana e breve
vicenda è il suon concorde d’ogni cosa.

Allor, sorto da ignote
nicchie vapora piano
un senso sopra note
forme: e gioisce del suo ritmo umano.

(da Frammenti lirici, Libreria della Voce, 1913)

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Un’impressione essenziale viene dall’osservazione del paesaggio in questi versi di Clemente Rebora che il poeta Giuseppe Conte ha definito “visionari”: l’espressione metafisica viene quasi a presentarsi da sé, si impone all’uomo e al poeta, “una decisa presa di posizione contro una concezione edonistica, semplificata e appagante di poesia da parte di un autore che di tutto si preoccupava fuorché di compiacere i lettori”, come scrive Adele Dei nella prefazione al Meridiano dedicato a Rebora.

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FOTOGRAFIA © DELTAWORKS/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
E qui, senza riparo né scampo, / senza inganno né fuga, / io vivo con voglia nel tempo; / e del sangue di tutti è il mio polso.
CLEMENTE REBORA, Frammenti lirici




Clemente Luigi Antonio Rèbora (Milano, 6 gennaio 1885 – Stresa, 1º novembre 1957) poeta italiano. Dopo una giovinezza inquieta alla ricerca di una dimensione trascendente, prese parte alla Prima guerra mondiale rimanendo ferito sul Podgora. Nel 1928 una crisi religiosa lo avvicinò alla fede cattolica: nel 1936 fu ordinato sacerdote.


lunedì 9 maggio 2022

Nuove canzoni


CARLOS PUJOL

PER DARE UN NOME AL MONDO

Per dare un nome al mondo,
che è limpido e misterioso come l'acqua,
sto cercando nuove canzoni che risuonino
come uno scampanellio nella memoria.
E il tempo torna indietro, come se non gli fosse
mai venuto in mente di lasciarci,
e per qualche istante la gioia
sembra esserci fedele
e restare ma il tempo se ne va per sempre.

(da Giardino inglese, 1987)


Né la tentazione del geroglifico né la forma diretta di dare un nome al mondo, ancora non sono poesia, ma la coincidenza dei sogni con la vita” scrive il poeta spagnolo Carlos Pujol. Questa è la sua visione poetica: “Il segreto della letteratura è cadere nel racconto, vedere gli oleandri come sono, materiale poetico e parte di noi”. E ancora: “La poesia non è una scienza occulta. Naturalmente, non è una scienza e, comunque, non più occulta e misteriosa della medesima esperienza del vivere”.


FOTOGRAFIA © ELUELA31/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
O il poeta parla di ciò che tutti noi sappiamo, vediamo, conosciamo e sogniamo o è un ipocrita della particolarità
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CARLOS PUJOL, Nadie Parecía, Inverno 1999




Carlos Pujol Jaumandreu (Barcellona, 1936 - 16 gennaio 2012), poeta, traduttore, editore e storico della letteratura spagnolo. Insegnante di Letteratura francese all’Università di Barcellona tradusse, Balzac, Baudelaire, Simenon e Voltaire, ma anche Orwell, Emily Dickinson e Jane Austen, esordì nel 1981 con L’ombra del tempo.


domenica 8 maggio 2022

Chissà se mia madre


KAZUMASA NAKAGAWA

UNA MANO SULLA PORTA

Quando sto zitto
arriva mia madre.
Sta sola mia madre nella stanza di là.
E io solo e zitto nella stanza di qua.
Mia madre si alza e arriva di quando in quando.
Con una mano sulla porta
cerca di leggere il mio cuore:
io zitto mi lascio leggere.
Intanto mi nascono affetti
e le sorrido: “Che sei venuta a fare?”
Ma so bene perché viene da me.

Dopo aver scambiato con me due o tre parole,
mia madre se ne va.
E io penso a tutti gli uomini.
Noi viviamo sostenendoci l’un l’altro.
È come reggerci con le mani sulle spalle di chi ci è
accanto.
Si ha bisogno perfino delle persone che danno fastidio.

Chissà se mia madre non pensa a questo
quando viene e mi guarda
con la mano appoggiata sulla porta?

(da Poesie alla madre, Mursia, 1969 - Traduzione di Luigi Santucci)

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Con delicatezza e sentimento tipicamente orientali il pittore e poeta giapponese Kazumasa Nakagawa tratteggia il bozzetto di una scena con la madre. È la poesia che ho scelto per celebrare questa domenica di maggio tradizionalmente dedicata alle mamme.

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ILLUSTRAZIONE DI HARUNOBU SUZUKI

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LA FRASE DEL GIORNO
Perdonami, se sai amare le viltà / di tuo figlio, intento a soffrire? / A voce alta, per farti sentire.
BERNARDO BERTOLUCCI, In cerca del mistero




Kazumasa Nakagawa (Tokyo, 1893-1991) poeta e pittore giapponese. Sensibile alle influenze della tradizione, è stato suggestionato dall'opera di Rouault, traendone suggerimenti che ha tradotto in una sorta di vivace espressionismo.



sabato 7 maggio 2022

Centenario di Beatriz Vallejos


Creatrice che non vedeva limiti tra le diverse manifestazioni dell’arte, combinava testi, musica, immagini, e si può dire che scriveva poesie come se dipingesse e dipingesse lacche come se fossero una poesia”: così Maria Teresa Andruetto disse di Beatriz Vallejos, poetessa argentina di cui ricorre oggi il centenario della nascita, essendo nata il 7 maggio 1922 a Santa Fe. La sua opera, interessata dalla filosofia e dalla poesia orientale, mira ad una profonda semplicità: “Non c'è altro modo. Il paesaggio, lo sfondo, cambierà, ma gli abitanti del mistero sono sempre lì in attesa che qualcuno dica: «Ah, tu sei mio amico». Sono sempre stata attratta dal mistero. Ma non il mistero truculento, da romanzo, piuttosto il contesto, il mistero dell'evento”.

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IL DIAFANO

C'è un posto sulla Terra.
C'è un posto sulla Terra, sì.
Dico che c'è un posto sulla Terra;
no, il dolore lo allontana, lo spinge
più in là di  noi
più in là della nostra povera
capacità di spiegazione. No
c'è un posto sulla Terra,
ma poi il diafano canta
al nostro orecchio sensibile
anche l'intera trasfigurazione della memoria.

Hai sentito cantare il diafano
che l'assorta infanzia
beveva dal cielo?
Da dove ritornava?
In quale luogo della terra, allora?

(da La collana di sabbia, 1980)

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RELATIVITÀ

Dalla distanza
tra il seme
e il sole
comprendo
che tutto è possibile.

(da La collana di sabbia, 1980)

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LA FRASE DEL GIORNO
Non è inchiostro / né carta / né senso / una parola mi sostiene / nel mio centro.
BEATRIZ VALLEJOS, Piccoli gigli nel cortile di marzo




Beatriz Vallejos (Santa Fe, 7 maggio 1922 - Rosario, 12 luglio 2007), poetessa e artista argentina. I suoi testi condensano il peso e la fragilità delle cose più semplici che esistono, penetrandone la trasparenza e il mistero, attraversandole con un solo definitivo sguardo.