PHILIPPE JACCOTTET
PAROLE AL LIMITE DELL’UDITO
Avrei voluto parlare senza immagini, semplicemente
socchiudere la porta…
Ho troppo timore per questo,
troppa incertezza, talora pietà:
non si può vivere a lungo come gli uccelli
nell’evidenza del cielo
e ricaduto a terra,
in loro non vedi più che, appunto, immagini
o dei sogni.
Parlare dunque è difficile
-se è cercare… cercare che cosa?
Una fedeltà a quei soli momenti,
alle sole cose
che scendono in fondo
a noi stessi,
che ci sfuggono,
se è l’intrecciare
un rifugio impreciso
per una preda vaga,
inafferrabile…
Se vuol dire portare una maschera
più vera del proprio viso,
per poter celebrare una festa
a lungo perduta
con gli altri, che sono morti,
distanti o addormentati
ancora, e che sollevano appena
dal loro riposo questo rumore,
questi primi passi incerti, timidi fuochi
- le nostre parole:
lieve fruscio del tamburo
per poco che il dito lo sfiori
sconosciuto…
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Nelle mie ricerche poetiche in Rete mi sono imbattuto in una intervista rilasciata il 13 febbraio 1998 al Caffè Letterario dal poeta svizzero Philippe Jaccottet, il massimo poeta contemporaneo di lingua francese. Andrebbe riportata tutta, ma mi limito a segnare solo qualche passo, a commento di questi versi che parlano proprio dell’essenza della poesia e della sua espressione.
SULLA POESIA: “Ad esempio il problema della parola: si può ancora parlare in un tempo come il nostro, così atroce? La poesia è ancora una cosa possibile? Sono dubbi molto moderni, molto attuali. Nella mia poesia c'è anche questo "sentimento del tempo", per dirla con Ungaretti che ho conosciuto molto bene, è stato un amico per me, che è una cosa comune a tutta la poesia dalle origini ad oggi”.
SUL DUBBIO: “Sono un uomo che ha sempre dubitato molto, che è sempre stato molto incerto di sé, di tutto, ma di sé soprattutto. Vivo con questa incertezza e, in un certo momento della vita, mi è sembrato che questa incertezza potesse essere una sorgente di poesia, come un'apertura... Niente per me è veramente chiuso, dunque è una debolezza, ma anche una forza, per lavorare, per scrivere”.
SULL’ISPIRAZIONE: alla domanda “Lo spunto poetico nasce allora dalla singola cosa, dal contatto quotidiano?” risponde “Sempre dalla realtà vissuta, da cose apparentemente insignificanti”. E ancora Jaccottet indica gli elementi positivi: “La luce del giorno, la luce in senso fisico, che per me è come una scoperta di tutti i giorni e che ho trovato molto presente nella poesia di Ungaretti (io ho tradotto molto Ungaretti). Ho vissuto tante volte il sentimento dell'alba, in campagna soprattutto, ed è una sensazione che è più che fisica, che mi parla, mi aiuta. Le relazioni tra gli uomini, l'amore (parola difficile da utilizzare oggi) e poi l'amicizia, che per me è molto importante. Piccole cose della vita quotidiana, che sono un niente, ma che sono importantissime, più delle idee filosofiche...”
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GIACOMO BALLA, “TRASFORMAZIONE FORME-SPIRITO”
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LA FRASE DEL GIORNO
Il narratore è in contatto con la storia, con l'attualità, con la vita sociale, più del poeta che ha un lavoro più segreto, che non è meno umano, ma è sicuramente più segreto, più appartato.
PHILIPPE JACCOTTET, Caffè Letterario, 13 febbraio 1998
Philippe Jaccottet (Moudon, 30 giugno 1925), scrittore, poeta, traduttore e critico letterario svizzero di lingua francese. La sua poesia si sforza di trovare una relazione con la natura e il mondo, cercando di preservare l’emozione di fronte alle cose viste, lavorando ora sul percepito ora sul sentito.