sabato 3 dicembre 2016

Dall’alto della terrazza

 

YVES BONNEFOY

GLI ALBERI

Guardavamo i nostri alberi, era dall’alto
della terrazza che ci fu cara, il sole
si teneva vicino noi quella volta ancora
ma ritirandosi, ospite silenzioso
sulla soglia della casa in rovina,
che gli lasciavamo immensa, illuminata.

Vedi, ti dicevo, fa scivolare sulla pietra
disuguale, incomprensibile, dove siamo appoggiati,
l’ombra delle nostre spalle confuse,
quella dei mandorli vicini
e quella dell’alto dei muri che si unisce alle altre,
bucata, barca bruciata, prua che va alla deriva
come un sovrappiù di sogno o di fumo.

Ma laggiù le querce sono immobili,
neppure l’ombra si muove, nella luce,
sono le rive del tempo che scorre qui dove noi siamo
e il suolo è inavvicinabile tanto è rapida
la corrente della speranza gonfia di morte.

Abbiamo guardato gli alberi un’ora intera.
Il sole aspettava tra le pietre
poi distese pietosamente
verso gli alberi, più giù nel burrone,
le nostre ombre che sembravano raggiungerli
come allungando le braccia si può toccare,
a volte, nella distanza tra due persone
un istante del sogno dell’altra, che non ha fine.

(Les arbres, da Quel che fu senza luce, 1987 - Traduzione di Mario Benedetti)

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Un uomo e una donna guardano l’antico monastero in rovina che hanno acquistato in Provenza e che intendono ristrutturare: sono il poeta francese Yves Bonnefoy e la moglie Lucy. In quel luogo mistico, mentre il sole tramonta e allunga le ombre, restano a lungo ad osservare i ruderi e gli alberi che circondano il luogo: il senso del tempo che scorre è più forte e pone interrogativi anche al poeta agnostico. Ed è di un’assoluta meraviglia l’analogia che chiude la poesia.

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Wallpaper

FOTOGRAFIA © WALLPAPERUP

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LA FRASE DEL GIORNO
Tuttavia, sono soprattutto / Qui e ora a essere inaccessibili, / Più semplice è rientrare nell’avvenire.
YVES BONNEFOY, L’ora presente




Yves Bonnefoy (Tours, 24 giugno 1923 – Parigi, 1º luglio 2016),  poeta, traduttore e critico d'arte francese. Le sue poesie affermano la speranza che al linguaggio poetico, non potendo raggiungere la conoscenza della realtà, sia concesso di giungere almeno al "suono del colore in ciò che è".


4 commenti:

Gizeta ha detto...

Il mio grazie è forse ripetitivo , dovrei cercare qualche sinonimo ma ...ho solo il tempo di rubare questo balsamo che calma il cuore prima di tornare alla vita fatta di corse.,qui è proprio vero , come dice la frase , spesso è inaccessibile non solo il sogno dell'altro ma pure quello che s'insegue.

DR ha detto...

Grazie, Gizeta.

I grazie fanno più piacere di quanto possa sembrare, non sono mai banali né ripetitivi. Sono solo una testimonianza di presenza.

Gizeta ha detto...

Ho rubato le frasi fatte tue , degli autori che tu conosci e ci riveli.... Ed ho menzionato il mio grazie a canto delle sirene su fb, spero non ti dispiaccia.

DR ha detto...

Al contrario, mi fa piacere