ARVIND KRISHNA MEHROTRA
A UNA FIGLIA NON NATA
Se una poesia potesse farti
Esistere, ne scriverei una ora,
Riempiendone le stanze con più
Pelle e tessuti di quanti un corpo non abbia bisogno,
Riempiendone le righe di parole,
Ti darei persino le unghie rosicchiate
E gli occhi nocciola di tua madre,
Perché così mi parvero. La vidi
Una volta sola dal finestrino di un treno,
In un campo giallo. Indossava
Un abito di colore spento. Faceva freddo.
Credo che volesse dire qualcosa.
(da The Transfiguring Places, 1998 – Traduzione di Graziano Krätli)
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Leggendo questi versi del poeta indiano Arvind Krishna Mehrotra, docente di poesia a Oxford , dedicati a una figlia “virtuale” che sarebbe potuta nascere dalla relazione con una donna intravista da un treno, ho pensato subito ai “disguidi del possibile” di montaliana memoria. Ma, in realtà, c’è tutto il fascino delle passanti di tanta letteratura, da Baudelaire a Pol, che esplode nella omonima canzone di De André: la figlia sognata da Mehrotra ha il fascino di quelle “felicità intraviste”.
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ELABORAZIONE GRAFICA © DANIELE RIVA
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LA FRASE DEL GIORNO
Altrove, lontano da qui! troppo tardi! forse mai! / Poiché io ignoro dove fuggi, tu non sai dove vado, / o tu che avrei amato, o tu che l’hai capito!
CHARLES BAUDELAIRE, I fiori del male
2 commenti:
..un bel leggere ..una bella immaginazione.
ciaoo Vania:)
un’ossessivo gioco di fantasia
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