GALWAY KINNELL
ASPETTA
Aspetta, per adesso.
Diffida di tutto se devi.
Ma fidati delle ore. Non ti hanno forse
portato ovunque, fino adesso?
Eventi personali si faranno nuovamente interessanti.
I capelli si faranno interessanti.
Il dolore si farà interessante.
Le gemme che si schiudono fuori stagione si faranno interessanti.
Guanti usati si faranno nuovamente graziosi;
le loro memorie sono ciò che dà loro
il bisogno di altre mani. La desolazione
degli amanti è la stessa: quell’immenso vuoto
ricavato da esseri così piccoli quali noi siamo
chiede di essere riempito; il bisogno
del nuovo amore è fedeltà al vecchio.
Aspetta.
Non andare troppo presto.
Sei stanco. Ma tutti sono stanchi.
Ma nessuno è stanco abbastanza.
Aspetta solo un po’ e ascolta:
musica di capelli,
musica di dolore,
musica di telai che intessono di nuovo i nostri amori.
Sii lì per sentirla, sarà la sola volta,
più di tutto per sentire la tua esistenza intera,
ripetuta dalle pene, recitare se stessa fino al completo esaurimento.
(Wait, da Nuovi poeti americani, Einaudi, 2006 - Traduzione di Elisa Biagini)
.
Galway Kinnell, poeta statunitense Premio Pulitzer, traccia qui i confini della sua ricerca: la poesia non è una fuga nell’immaginario ma un’immersione nello spirito del mondo, nella bellezza della natura. E vivere è un equilibrio precario tra l’idillio e la tenebra, il filo sul quale passeggiamo come funamboli. E, dice Kinnell, “forse la poesia è come il canarino che giace sul fondo della sua gabbia nella miniera: ci avverte di ciò che sta per accadere”.
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FABIAN PEREZ, “MAN AT RED BAR”
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LA FRASE DEL GIORNO
Non mi sono mai definito poeta. Robert Frost disse che il termine poeta è una parola di lode e quindi uno non deve applicarla mai a se stesso o suonerà vanitoso.
GALWAY KINNELL, Kent, 25 novembre 2013
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