GEORG HEYM
BERLINO I
Seduti sopra l'erto e polveroso
argine della strada, contempliamo
la calca innumerevole e confusa
e, nella sera, la città lontana.
Le vetture dei tram, imbandierate,
s'aprono, colme un varco tra la folla.
Fendon gli omnibus, carichi, le strade.
Suonar di clacson, fumo ed automobili.
Verso l'immenso mare di cemento.
Ma ad ovest si disegna, fusto a fusto,
la filigrana delle chiome spoglie.
Il sole pende, enorme, all'orizzonte.
Fiamme saetta l'arco della sera.
E il sogno della luce, alto, su tutto.
(Berlin I, da Umbra Vitae, 1912 – Traduzione di Paolo Chiarini)
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Georg Heym, poeta tedesco del quale ho già proposto Dormiveglia, trascorse la sua breve vita poetica nel solco dell’espressionismo: questa poesia, che rappresenta un tramonto cittadino, anticipa molte scene di film celebri di quel movimento artistico – come non pensare a Metropolis di Fritz Lang? – con quel muoversi di veicoli e di pedoni, con quelle architetture di vetro e di cemento su cui si riflette la luce arancione della sera.
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ERNST LUDWIG KIRCHNER, “BRANDENBURGERTOR, BERLIN”
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LA FRASE DEL GIORNO
Se i pessimisti profetizzano un futuro di macerie, i profeti ottimisti sono ancor più raccapriccianti quando annunciano la città futura in cui viltà e tedio dimoreranno in alveari intatti.
NICOLÁS GÓMEZ DÁVILA, In margine a un testo implicito
2 commenti:
Il tedesco non è male. Dàvila è un coglione.
diciamo pessimista cosmico
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