ALESSANDRO PARRONCHI
FINE D'ANNO
È l'azzurro notturno in queste sere
sceso tra noi: golfi d'oceani gli alberi
e le antenne velieri. E dal barlume
che qui la casa sprigiona di siepe
in siepe fono all'orlo più remoto
della collina, il volo è tanto breve
che il cuore ti rapisce. Tutto è prossimo
a te, le stelle solo sul tuo capo
son vive, appena più in là si disfanno
sul mondo fuse con le tue parole.
Tu parli, la tua voce si propaga
e nessuno la sente: empie la bruma.
(da Un'attesa, Guanda, 1949)
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La poetica di Alessandro Parronchi è tesa a una ricerca dell'infinito, ma rimane come sospesa, intrappolata in un limbo tra finito e infinito. Appare più oscura nelle sere di fine anno, quando il buio e la nebbia inghiottono il reale trasfigurandolo: "Rivedere i nostri / gesti fissi, immutabili, contorti / nella impossibilità d’esser diversi / da come sono stati e ci han portato / fino a qui, soli come siamo ora, / che per avere un volto a cui parlare, / vero, dobbiamo chiederlo alla notte".
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FOTOGRAFIA © PXHERE
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LA FRASE DEL GIORNO
Voliamo? Solo un punto / di noi sfiora la terra. / Per quel punto la vita / ci riprende, ci afferra!
ALESSANDRO PARRONCHI, Coraggio di vivere
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Alessandro Parronchi (Firenze, 26 dicembre 1914 – 6 gennaio 2007), poeta, storico dell'arte e traduttore italiano. Con il suo stile ricercato è passato da un ermetismo incantato a un intimismo che trae giovamento dalla consolazione della memoria: per questo le sue poesie sono oggetto di un meditato lavorio con cui il ricordo media l’emozione.

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