sabato 26 gennaio 2008

Nikolajewka 1943

“Anche a volerlo cancellare dalla nostra vita e annullarlo come non vissuto, quell’inverno del 1942-43 è presente e ti accompagna ora per ora, giorno per giorno, notte per notte e non ti lascia. Te lo trascini sulle spalle come allora la mitragliatrice, e dentro con l’affanno nel cuore come quando dovevi abbandonare sulla neve un compagno morente”.
MARIO RIGONI STERN, "Dalla Russia con orrore”, su “Epoca”, 18 gennaio 1992

È straziante ascoltare le voci dei reduci, ormai sempre più pochi, raccontare l’inferno bianco, la lunga marcia per sfuggire all’accerchiamento dei sovietici con temperature di 40 gradi sotto lo zero, sprovvisti dell’equipaggiamento adeguato a causa dell’ottusa cecità dei vertici militari e del regime. È doloroso il loro rivivere, quel rivedere volti di ragazzi che sono rimasti là, caduti sfiniti nel gelo della steppa o uccisi dalle granate e dai proiettili nel villaggio di Nikolajewka, dove gli alpini e i fanti combatterono e si immolarono per aprire il varco verso casa, verso il lungo e faticoso ritorno, quasi un’Odissea in terra di Russia.
Era il 26 gennaio 1943.

La sera era scesa su Nikolajewka. Già tutta la colonna era entrata in paese e qua e là si accendevano dei fuochi. Sopra le isbe stagnava il fumo dei camini e dei bivacchi, l'odore del combattimento era ancora nell'aria. Il freddo rendeva acuti i rumori ma pareva che oltre le ultime isbe e gli ultimi orti nulla più esistesse: solo il buio. Per le strade passavano in silenzio slitte e gruppi di uomini. Sembravano ombre che uscivano dalla neve. Erano, invece, gli ultimi del Corpo d'Armata Alpino: gli sbandati, i feriti, i congelati e i generosi che si erano attardati a cercare un viso caro o noto tra quelli rimasti sul campo di battaglia“. Così raccontava su “L’Alpino” lo scrittore di Asiago in un lontano anniversario.

Quel 26 gennaio persi i miei migliori amici” scrisse nel “Sergente”. Fu quel giorno che decise di narrare della ritirata di Russia. “Come fece Primo Levi al ritorno da Auschwitz: per cercar di levare dal cuore l’ambascia e per far sapere a chi non c’era. Ma anche per dare voce a chi non poteva più parlare”.

“Ci hanno detto che fummo meravigliosi. Forse sarà vero ma una lunga strada è stata segnata: ossa, zaini, scarponi, armi e sangue. Ora su queste cose il vento dondola i grani.”
MARIO RIGONI STERN, su "Epoca", 28 giugno 1959

Reparto della Tridentina (marcia dal Don al Donez). Gennaio 1943
(immagine tratta dal sito degli Alpini di Venezia)




Vedi anche:
"L'ultima notte"



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LA FRASE DEL GIORNO
Ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione.
CESARE PAVESE, La casa in collina




Mario Rigoni Stern (Asiago, 1º novembre 1921 – 16 giugno 2008), scrittore italiano. I suoi testi, di cui il più noto è il romanzo Il sergente nella neve, piccola Anabasi di un gruppo di alpini italiani sul fronte del Don, nel secondo conflitto mondiale, hanno doti di freschezza e d'immediatezza lirica decantata in coscienza morale.


1 commento:

Gilesteta ha detto...

centomila gavette di ghiaccio mi ha illuminato....
eroici e disperati
in carica contro i russi con i fucili come mazze dacchè le munizioni erano finite... contro i carri ed i parabellum...
perchè l'italia era da quella parte...oltre nikolajewka