Ho letto “Dio di illusioni” di Donna Tartt: mi affascinava quello studio della lingua greca, delle antiche civiltà.
Ma proprio quella conoscenza elitaria scatena l’istinto omicida, il male in cui quattro di sei studenti di greco, inscenando un baccanale, uccidono un uomo. Di lì si sviluppa una sarabanda di eventi che dissolverà il gruppo, già degenerato nell’abuso di alcol e stupefa-centi.
La morale è che proprio l’elitarietà del sapere conduce attraverso la presunzione al male in una sorta di delirio. Indimenticabile Henry Winter, un Oscar Wilde degli Anni ‘80.
“Dio di illusioni”, in realtà “Una storia segreta”, come dal titolo originale, è uno dei libri più belli che abbia mai letto. L’atmosfera, lo stile, il modo di raccontare ne sono probabilmente i pregi maggiori.
Sul solido romanzo di formazione innesta il “mistery” e il dramma psicologico. Ha affinità con “L’attimo fuggente”, il film di Peter Weir: è come se la Tartt lo avesse tuffato nel Decadentismo.
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LA FRASE DEL GIORNO
La parola scritta è il più grande e invulnerabile dei rifugi, perché le sue pietre sono unite dalla malta della memoria.
LUIS SEPÚLVEDA, Le rose di Atacama
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