ROBERTO JUARROZ
DECIMA POESIA VERTICALE, 71
Un albero è il bosco.
Sdraiarsi sotto le sue fronde
è ascoltare ogni suono,
conoscere ogni vento
dell’inverno e dell’estate,
accogliere tutta l’ombra del mondo.
Indugiare sotto i suoi rami nudi
è recitare tutte le preghiere possibili,
tacere tutti i silenzi,
provare pietà per tutti gli uccelli.
Sostare davanti al suo tronco
è elevare ogni meditazione,
riunire ogni distacco,
indovinare il calore di ogni nido,
accomunare la solidità di ogni riparo.
Un albero è il bosco.
Ma per questo bisogna
che un uomo sia tutti gli uomini.
O nessuno.
(da Decima poesia verticale, 1987)
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La condivisione, la compartecipazione, la compassione nel suo senso etimologico, quello del “soffrire con”: Roberto Juarroz, poeta argentino utilizza questa bella similitudine del bosco per definire il consesso umano. E, nella arcana e misteriosa atmosfera che si respira in un bosco, dove è possibile meditare – pregare inconsciamente – e acuire i propri sensi nella solitudine, l’idea dell’Altro non è più così lontana come può esserlo nel cuore di una grande città o nella babele degli uffici.
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FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA
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LA FRASE DEL GIORNO
Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà.
BERNARDO DI CHIARAVALLE, Lettere
Roberto Juarroz (Coronel Dorrego, 5 ottobre 1925 – Buenos Aires, 31 marzo 1995), poeta, saggista e bibliotecario argentino. La sua opera, salvo le prime Sei poesie scelte del 1960 è riunita con il titolo unico di Poesia verticale. Varia solo il numero d'ordine, da raccolta a raccolta, fino alla quattordicesima, uscita postuma nel 1997.
2 commenti:
Dovremmo imparare a leggerla la natura, è vero...
sì, è ancora capace di sorprendere i nostri cuori tecnologici
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