NICANOR PARRA
DOMANDE ALL’ORA DEL TÈ
Questo indistinto signore assomiglia
A una figura da museo di cere;
Guarda attraverso le tendine logore:
Che vale di più, l’oro o la bellezza?
Vale di più il ruscello che si muove
O la pianta ben salda sulla sponda?
In lontananza si ode una campana
Che apre un’altra ferita, o che la chiude:
È più reale l’acqua della fonte
O la ragazza che si specchia in essa?
Non si sa, ormai la gente non fa altro
Che costruire castelli di sabbia:
Conta di più il bicchiere trasparente
O la mano dell’uomo che lo crea?
Si respira una fragile atmosfera
Di cenere, di fumo, di tristezza:
Ciò che è stato una volta non sarà
Più così, dicono le foglie secche.
Ora del tè, pane tostato, burro,
E tutto avvolto come in una nebbia.
(da Poesie e antipoesie, 1954 – Traduzione di Matteo Lefèvre)
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L’antipoesia concepita dal poeta cileno Nicanor Parra respinge la lirica impegnata, trasferisce la poesia nell’ambito del colloquiale e del quotidiano. Se gli esseri umani vivono nell’incertezza e si pongono domande, sull’amore, sul tempo, sulla memoria, sul dolore, l’uomo che beve il tè in un vecchio locale e che è un alter ego del poeta ironicamente pone solo riflessioni estetiche senza altra risposta che il dubbio, suggerendo che tutti non fanno altro che costruire castelli di sabbia.
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PAMELA CARTER, “FRAGOLE, ARANCE E TÈ”
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LA FRASE DEL GIORNO
Il poeta non adempie alla sua parola / se non cambia i nomi delle cose.
NICANOR PARRA, Versi da salotto
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Nicanor Segundo Parra Sandoval (5 settembre 1914 – 23 gennaio 2018), poeta matematico, filosofo e fisico cileno. Incarnò l’antipoesia, teorizzando il distacco dagli schemi poetici tradizionali. Fu candidato tre volte al Premio Nobel senza vincerlo mai. Ottenne il Premio Reina Sofia nel 2001 e il Premio Cervantes nel 2011.
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