JABRA IBRAHIM JABRA
DOPO IL GOLGOTA
Ho vissuto con Cristo
Sono morto con Lui e risorto.
La mia voce gridava nel deserto
come se fosse un'altra voce,
ardente di un fuoco sconosciuto.
Perché il fuoco? Per chi?
Dammi ombra e acqua fresca
e appenderò i miei ricordi
al muro di una casa abbandonata.
La folla si è dispersa e
gli invitati se ne sono andati.
La voce grida invano
come la voce prima della morte e
del Golgota.
Sulle mie labbra ci sono tracce di miele
e di fiele.
Sono venuto dopo essere morto per
ascoltare la mia voce resistere
al vuoto che ho abbandonato?
Fammi ombra. E tu, donna,
metti un pezzo di ghiaccio nella tua acqua.
Il sole brucia. La vita dopo la morte costa
fatica e la mia voce ama il fuoco.
Per chi? Per chi
ho chiuso gli occhi, mentre sulle mie labbra restano
tracce di miele e fiele?
(da L'orbita chiusa, 1964)
.
Il poeta palestinese Jabra Ibrahim Jabra, di religione cristiana ortodossa e nato a Betlemme, si immedesima nella vicenda del Cristo, leggendovi il lato umano della resurrezione. Conoscendo la vicenda personale di Jabra, si può leggere quel Golgota e quella morte come la perdita della patria al momento dell'instaurazione dello Stato d'Israele.
.
PAOLO VERONESE, “COMPIANTO SUL CRISTO MORTO”
.
LA FRASE DEL GIORNO
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo: / distilla le nostre lacrime in parole, / salvaci dall'esilio dell'afasia, / l'esilio dei deserti: noi siamo / i portatori del mare, dell'orizzonte, del cielo.
JABRA IBRAHIM JABRA, L'orbita chiusa
.
Nessun commento:
Posta un commento