ELIZABETH BISHOP
UN’ARTE
Dell’arte di perdere si è facili maestri;
ogni cosa pare così colma dell’intento
d’andar persa, che perderla non è un disastro.
Perdi qualcosa ogni giorno. Accetta l’estro
delle chiavi perse, dell’ora senza sentimento.
Dell’arte di perdere si è facili maestri.
Poi allenati a un perdere ulteriore, un perdere più lesto:
luoghi, nomi, e ogni dove che la mente
voleva visitare. Nulla di ciò sarà un disastro.
Ho perso l’orologio della mamma. Impiastro!
E di tre amate case non ho salvato niente.
Dell’arte di perdere si è facili maestri.
Ho perso due città stupende. E in quel contesto,
diversi regni miei, due fiumi, un continente.
Mi mancano, ma non è stato un disastro.
Perfino nel perderti (il riso nella voce, un gesto
che amo) non avrò mentito. È evidente,
dell’arte di perdere non si è difficili maestri
anche se può sembrare (e scrivilo!) un disastro.
(da Geografie III, – Traduzione di Damiano Abeni)
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Khalil Gibran diceva che “l’oblio è una forma di libertà”. Per la poetessa statunitense Elizabeth Bishop è addirittura un’arte: perdere per distrazione, dimenticare involontariamente, scordare le cose per il naturale scorrere del tempo viene addirittura facile, spontaneo; l’importante è che ci sia la nostra accettazione, che l’oblio, la dimenticanza, la perdita, il distacco contribuiscano alla nostra saggezza. In realtà a smentire la Bishop è la stessa forma poetica che ha scelto: si tratta di una “villanelle”, cinque terzine e una quartina con ritornelli, componimento usato spesso per trattare un tema ossessivo.
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RENÉ MAGRITTE, "IL PONTE DI ERACLITO"
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LA FRASE DEL GIORNO
Per tutta la vita ho vissuto e mi sono comportata in modo molto simile al piovanello, semplicemente correndo lungo i confini di diversi paesi e continenti, "alla ricerca di qualcosa".
ELIZABETH BISHOP, Miracolo a colazione
Elizabeth Bishop (Worcester, Massachusetts, 8 febbraio 1911 – Boston, Massachusetts, 6 ottobre 1979), poetessa statunitense. Considerata tra i più importanti poeti americani del ventesimo secolo, vinse il Premio Pulitzer 1956 e il National Book Award 1970. Le sue poesie trattano del senso di appartenenza nel mondo e delle esperienze umane di pena e desiderio.
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