MARIO LUZI
EPIFANIA
Notte, la notte d’ansia e di vertigine
quando nel vento a fiotti interstellare,
acre, il tempo finito sgrana i germi
del nuovo, dell’intatto, e a te che vai
persona semiviva tra due gorghi
tra passato e avvenire giunge al cuore
la freccia dell’anno… e all’improvviso
la fiamma della vita vacilla nella mente.
Chi spinge muli su per la montagna
tra le schegge di pietra e le cataste
si turba per un fremito che sente
ch’è un fremito di morte e di speranza.
In una notte come questa,
in una notte come questa l’anima,
mia compagna fedele inavvertita
nelle ore medie
nei giorni interni grigi delle annate,
levatasi fiutò la notte tumida
di semi che morivano, di grani
che scoppiavano, ravvisò stupita
i fuochi in lontananza dei bivacchi
più vividi che astri. Disse: è l’ora.
Ci mettemmo in cammino a passo rapido,
per via ci unimmo a gente strana.
Ed ecco
Il convoglio sulle dune dei Magi
muovere al passo dei cammelli verso
la Cuna. Ci fu ressa di fiaccole, di voci.
Vidi gli ultimi d’una retroguardia frettolosa.
E tutto passò via tra molto popolo
e gran polvere. Gran polvere.
Chi andò, chi recò doni
o riposa o se vigila non teme
questo vento di mutazione:
tende le mani ferme sulla fiamma,
sorride dal sicuro
d’una razza di longevi.
Non più tardi di ieri, ancora oggi.
(da Onore del vero, 1957)
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L’Epifania, la festa della “manifestazione”, è quella che proverbialmente chiude il lungo periodo di celebrazioni a cavallo del cambio dell’anno. È un periodo di bilanci, di sospensione del tempo: Mario Luzi, quarantenne all’epoca della stesura di questi versi, scritti l’ultimo dell’anno del 1954, medita, come altrove nei testi di quel periodo su questa età di mezzo che si bilancia tra un passato non ancora del tutto archiviato e un futuro indecifrabile: ecco allora l’ansia e la vertigine del primo verso. La notte viene a significare l’incertezza, il buio nel quale non ci si può muovere. Ma c’è anche un barlume che ci può indicare la strada: il seme che muore per dare frutto, di evangelica memoria, è il segnale che mostra l’uscita da quell’oscurità.
E allora il viaggio è quello dei Magi verso l’umile grotta di Betlemme: la sapienza che si mette in cammino per onorare la Verità e la Vita. Il poeta si unisce simbolicamente a questo convoglio, raccontato da Matteo (2,9-12): “Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese”. La Luce che si manifesta è la sicurezza, anche le mani diventano salde al suo chiarore. Duemila anni fa, come oggi…
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James Tissot, “Il viaggio dei Magi”, 1902
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LA FRASE DEL GIORNO
Quando tutti furono giunti nella città di Gerusalemme l’astro che li precedeva celò momentaneamente la sua luce. Essi perciò si fermarono e posero le tende. Le numerose truppe di cavalieri si dissero l’un l’altro: - E adesso che facciamo? In quale direzione dobbiamo camminare? Noi lo ignoriamo, perché una stella ci ha preceduti fino ad oggi, ma ecco che è scomparsa e ci ha lasciati nelle difficoltà.
VANGELO DELL’INFANZIA ARMENO, XI, 3
Mario Luzi (Castello di Firenze, 20 ottobre 1914 – Firenze, 28 febbraio 2005), poeta italiano, fu uno dei grandi rappresentanti dell’Ermetismo. Più volte candidato al Nobel, fu insignito della Legion d’Onore. Fu Accademico della Crusca e senatore a vita.
2 commenti:
Ho letto con molta simpatia i tuoi post. Complimenti, hai stile e personalità. Mi piace il ricordo di Luzi ed il richiamo ai classici che hai letto e riletto. Ti rileggerò con entusiasmo. Ciao. domus
grazie, Domenico, e benvenuto...
Daniele
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