Le parole non sono né di destra né di sinistra e tantomeno di centro: sono pure e semplici parole, convenzioni fonetiche che servono ad esprimere fino nei più piccoli dettagli le sfaccettature della realtà visibile e invisibile nella quale siamo immersi. Però la politica le piega ai suoi scopi, così come piega anche le coscienze, e non solo quelle.
Prendiamo “laico”: è un periodo in cui molti si proclamano laici, intendendo dire che sono atei e non gliene frega niente della Chiesa Cattolica e vorrebbero che la Chiesa Cattolica non si interessasse a loro. Sono fatti personali. Però in termini strettamente semantici “laico” significa “non consacrato” e perciò in effetti tutto il mondo è composto da laici, anche i credenti. Gli unici a non potersi dire “laici” sono i preti, le suore, i vescovi, i cardinali, il papa. La radice etimologica di “laico” risale al greco “laós”, popolo, contrapposto a “klêros”, parte eletta della comunità. Cioè, laico è chi non riveste cariche.
Da un po’ di tempo, rilanciata anche dalla Chiesa, in particolare dalla CEI, c’è poi la parola “migranti”, opposta a “clandestini” e a “extracomunitari”: i disperati che lasciano la povertà e la fame africana per venire in Italia su barche di fortuna a soffrire una nuova fame e una nuova povertà. A seconda del giornale o del parlante, si riesce a capire per chi vota alle elezioni. Così è anche per l’uso della definizione “governo di Tel Aviv” o “governo di Gerusalemme”: un giornale di sinistra scriverà la prima per indicare Israele, uno di destra la seconda, è in ballo il riconoscimento del diritto dello stato ebraico a esistere. Punti di vista, sponde opposte…
Poi c’è un uso strumentale delle parole, ed è quello di non farsi comprendere, di lasciare aperte alternative e scappatoie, di pararsi con la via di fuga della smentita. C’è una bellissima tabella dell’italianista Cesare Marchi in cui le varie frasi possono essere mescolate a piacere, il “Prontuario di frasi a tutti gli usi per riempire il vuoto di nulla”. Qui il generatore online. Si può ottenere ad esempio questa bella frasetta:
La valenza epidemiologicaprefigura
la ricognizione del bisogno emergente e della domanda non soddisfatta
senza precostituzione delle risposte
non sottacendo ma anzi puntualizzando
quale sua premessa indispensabile e condizionante
il coinvolgimento attivo di operatori ed utenti…
Politici veri e propri, ma anche politici sportivi, come il presidente della Lega Calcio, Giancarlo Abete: qualche sera fa l’ho sentito rispondere all’intervistatore sul problema del razzismo negli stadi. Non ci ho capito niente ed è proprio quello che voleva: non scontentare i tifosi, le società e i giocatori. C’è riuscito perfettamente, peccato che così si mantiene sempre lo status quo. Politica…
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LA FRASE DEL GIORNO
Nelle parole c’è qualcosa d’impudico.
CESARE PAVESE, La casa in collina
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