ANDREJ VOZNESENSKIJ
STRADA NELLA NEBBIA
Il sobborgo nebbioso sembra un colombo
Come galleggianti, i vigili.
Nebbia.
Che secolo è? Di quale era?
Tutto è sconnesso, come in un delirio.
Gli uomini, quasi fossero svitati…
Vagolo.
O meglio, mi dibatto nell’ovatta.
Nasi. Fanalini. Berretti d’uniformi.
Tutto si sdoppia come ombre cinesi.
Calosce?
Bada a non scambiare la testa con un altro!
Così una donna, appena staccata dalle tue labbra,
sdoppiandosi come a richiamarti qualcosa
già non più l’amata, ma una vedova,
ancora tua e già di qualcun altro…
Struscio paracarri, passanti…
Venere è soltanto un gelataio!
Amici?
Oh, questi Iago casalinghi!
Tu? Eccoti che ti pizzichi le orecchie
sola in un cappotto troppo largo.
Baffi?
Brina sopra i ciuffi di un orecchio!
Io inciampo, m’arrabatto, vivo,
nebbia, nebbia, da non raccapezzarcisi,
a quale guancia ti strofini nella nebbia?
Ehi!
Nebbia, nebbia, inutile chiamarsi…
Che bello quando la nebbia si dilegua!
(da Antimondi, 1962)
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Visitando Firenze, il poeta russo Andrej Voznesenskij scrisse:"La città era primaverile e annebbiata. Annebbiata come un lucido della mia giovinezza. Tralucevano, trasparivano attraverso di essa i miei amici, i miei errori, i miei entusiasmi…". Occorre che la poesia emerga dalla nebbia, che l'arte si liberi da quel muro che la cela: "L’arte non può fare a meno dell’introspezione, della coscienza del destino, della conoscenza dell’anima. Sono le sue fughe di stanze, le sue scale, i suoi corridoi. La poesia deve essere limpida e infinitamente ansiosa, come il cielo".
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FOTOGRAFIA © TOM HARPEL
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LA FRASE DEL GIORNO
Il genio è il sangue del pianeta. O sei un poeta o un lillipuziano.
ANDREJ VOZNESENSKIJ
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Andrej Andreevič Voznesenskij, Mosca, 12 maggio 1933 - 1° giugno 2010), poeta russo. Architetto, scoprì la sua vocazione poetica pubblicando il suo primo libro nel 1958. Nei suoi versi interpretò in quegli anni il disagio e le passioni delle giovani generazioni.
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