CARLO BETOCCHI
LA VERITÀ
La verità, oltre la lucida fibra
dei sensi, va verso la squallida,
l’infinitamente squallida plaga
dell’eterno. Ma ahi noi! che qui sostiamo
al sole del tempo, noi abitanti
dell’effimero, lungi dall’affascinante
tenebra dove tutti i misteri tralucono!
Palpitava di brezze il cielo al quale alludo
allorché mi si rivelò, e fu per un istante,
e i voli delle veridiche colombe
mi trascinavano senza respiro;
ed io gioivo del mio morir come foglia
al quieto transito d’un giorno d’autunno.
(da Poesie del sabato, 1980)
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È un ottantenne Carlo Betocchi quello che si interroga ancora una volta sul senso della vita, sul significato del percorso terrestre “fra tante che ombre che vanno / continuamente, all’ombra eterna”. Sente di avere percepito in qualche modo quella rivelazione – un radioso cielo d’autunno assurto a simbolo – proprio come capita durante un temporale notturno di scorgere le cose al chiarore di un lampo per un istante effimero.
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JASPER FRANCIS CROPSEY, “HAZY AFTERNOON, AUTUMN”
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LA FRASE DEL GIORNO
E vien la sera. / E i pensieri s'intrecciano, e le rondini. / E non siamo più noi; siamo i profondi / cieli dell'esistenza, alti come intera // e profondissima, cupa, nel suo indaco.
CARLO BETOCCHI, L’estate di San Martino
Carlo Betocchi (Torino, 23 gennaio 1899 – Bordighera, 25 maggio 1986, poeta e scrittore italiano. Fra i poeti ermetici è considerato una sorta di guida morale. Tuttavia, contrariamente a loro, fondava le sue poesie non su procedimenti analogici che evocano significati, ma su un linguaggio diretto, sul realismo e sulla tensione morale.
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