Un viaggio dove non si va da nessuna parte, o meglio dove rimanendo fermi si vola dappertutto, si evade dalla prigione della propria vita ispezionando il proprio io come se fosse un mondo… È “Viaggio intorno alla mia camera”, un esile volumetto di un centinaio di pagine scritto tra il 1790 e il 1794 da Xavier de Maistre, fratello minore del più celebre Joseph, filosofo e diplomatico savoiardo, che darà alle stampe il testo nel 1795.
E dunque Xavier de Maistre, ventiseienne aiutante maggiore di battaglione, del reggimento di fanteria La Marina, poco prima del carnevale del 1790 ha una vertenza d’onore a Torino con l’ufficiale Patono de Meyran con il quale va a duello, vincendolo. Il duello gli costa però una punizione: viene confinato agli arresti domiciliari nella sua stanza alla cittadella militare del capoluogo piemontese. Xavier, che qualche anno prima, pochi mesi dopo il lancio del primo aerostato da parte dei fratelli Montgolfier, aveva sperimentato l’ebbrezza del volo compiendo un’ascensione di duemila metri in mongolfiera, trova la libertà nella dicotomia tra anima e corpo: lascia il proprio corpo nella stanza e dà libero sfogo all’immaginazione con quella che Saint-Beuve definì una “grazia sorridente” e che altro non è se non l’afflato della poesia, la consapevolezza che la sensibilità può spalancare le porte di un mondo incantato nel quale trovare la felicità a dispetto delle contingenze materiali.
De Maistre ripercorre, anticipando Robbe-Grillet, tutti gli oggetti della stanza – la poltrona, il letto, stampe e quadri, lo specchio, la scrivania, la sedia – usandoli come trampolino per l’evasione fittizia verso quel paese fantastico che diverrà la terra della libertà, tanto che, allo scoccare dei 42 giorni, così dirà: “Incantevole paese dell’immaginazione, che l’Essere benefico per eccellenza ha concesso agli uomini per consolarli della realtà, ti debbo lasciare. – Oggi stesso, certe persone da cui dipendo hanno la pretesa di ridarmi la libertà: – come se me l’avessero tolta! come se avessero potere di rubarmela un solo istante, e d’impedirmi di percorrere a mio piacimento il vasto spazio sempre aperto, dinanzi a me! – Mi hanno vietato una città, un punto; ma mi hanno lasciato l’universo intero; l’immensità e l’eternità sono ai miei ordini”.
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WILLIAM THEOPHILUS BROWN, "UOMO SEDUTO IN UNA SEDIA A UOVO"
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Nessun ostacolo potrà fermarci; e, abbandonandoci gaiamente alla nostra immaginazione, la seguiremo ovunque le piacerà di condurci. XAVIER DE MAISTRE, Viaggio intorno alla mia camera
3 commenti:
Bellissimo post!
Contesto solo: essere sensibile, fa soffrire, non gioire.
Fa soffrire, ma consente di cogliere un lato della realtà altrimenti inafferrabile
La sensibilità fa soffrire o gioire a seconda dell'età in cui ci si trova. E' la saggezza che dà sempre dolore.
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