JON JUARISTI
PONTICA
A un altro appartengono
Le scene che la tua memoria serba:
Immagini confuse
Che la ruggine del tempo consuma.
Un altro è quello che le sogna
Da un passato di rabbia silenziosa.
Muore con esse una lingua esangue
Una causa votata alla sconfitta.
E tu invecchi lontano,
Nell’esilio della terra intera,
Tra voci estranee
E solitudini vicine,
Perdendo ogni giorno e salvando
I colori e le linee e le forme
Di un mondo alieno che credesti tuo
Innalzando intorno alla sua assenza torva
Logori labirinti di parole,
Un palazzo decrepito e angusto,
Una torre, una muraglia, forse una vita.
Dell’altro sono i sogni che custodisci.
(da Viento sobre las lóbregas colinas, 2008)
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Ci appartengono ancora le memorie? Siamo ancora noi quelli che hanno vissuto quei giorni, quegli avvenimenti? Siamo gli stessi che vissero e videro, che amarono e si emozionarono? O il tempo intervenuto a frapporre giorni, mesi, anni, decenni ha mutato anche noi così come ha sbiadito nella memoria quelle immagini, così come ha ingiallito e scolorato le fotografie? È quello che si chiede il poeta spagnolo Jon Juaristi: possibile che ci dobbiamo accontentare soltanto dei sogni?
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FOTOGRAFIA © EMILIAN VICOL/PIXABAY
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LA FRASE DEL GIORNO
Non si dovrebbe mai guardare i vecchi ritratti. Anzi, non si dovrebbe mai farsi fare un ritratto. Gli anni passano, e un bel giorno si hanno così dei testimoni dolorosi della propria giovinezza, del tempo passato.
MAXENCE VAN DER MEERSCH, Perché non sanno quello che fanno
Jon Juaristi Linacero (Bilbao, 6 marzo, 1951), poeta, saggista e traduttore spagnolo. È stato direttore della Biblioteca Nazionale di Spagna tra il 2000 e il 2001 e dell’Istituto Cervantes dal 2001 al 2004. Partita dall’avanguardia del gruppo Pott, la sua poesia è influenzata da Unamuno, Blas de Otero e Auden.
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