POMPEO BETTINI
ITALIA, TU PRODUCI OTTIME COSE
Italia, tu produci ottime cose:
marmi pel genio, fiori per i morti,
nevi per l'Alpe, e cavoli per gli orti,
e venticelli per sfogliar le rose.
Ma tu produci pur genti cenciose
dalle man ladre e dai cervelli corti,
che s'accapiglian dentro gli angiporti,
che urlano bestemmie ingenerose.
Altrove, a suon di dollari e sterline,
romba il lavoro; qui, fin che si muoia,
vedrem le capre sulle tue ruine;
perché forse di noi stanca è l'istoria,
e il nostro vino non dà più la gioia
e il nostro sangue non dà più la gloria.
(da Poesie, 1897)
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Non fosse per lo stile, tipicamente ottocentesco, questo sonetto potrebbe essere stato scritto ai nostri giorni. Pompeo Bettini invece lo compose nel 1893, l’anno dello scandalo della Banca Romana, infondendogli la sua vis polemica e populista di socialista e traduttore di Marx, dipingendo l’immagine di un’Italia che non è in grado di adeguarsi alle novità della rivoluzione industriale – non è in fondo come l’odierno dibattito sulla fuga dei “cervelli”? Tutta la tensione politica, condotta con forza per tre quarti del sonetto, si perde però nell’ultima strofa, dove tutto si volge in fatalismo e rassegnazione, altra caratteristica italiana.
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Macchinari a Glasgow, fine XIX secolo © Glasgow Digital Library
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LA FRASE DEL GIORNO
In Italia fa caldo. Il sole, se da un canto addormenta gl'ingegni e intorpidisce le energie, dall'altro mantiene elastiche, accese, in continua fusione le anime.
LUIGI PIRANDELLO, Il guardaroba dell’eloquenza
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