SANDRO PENNA
ERA LA MIA CITTÀ, LA CITTÀ VUOTA
Era la mia città, la città vuota
all'alba, piena di un mio desiderio.
Ma il mio canto d'amore, il mio più vero
era per gli altri una canzone ignota.
(da Poesie inedite 1938-1955, in Poesie, Garzanti, 1993)
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Una città. Anzi la città praticamente deserta dell’alba. È lì che Sandro Penna vive la sua poesia, la sua contemplazione della bellezza, il suo amore omoerotico quasi alessandrino. Ma resta – teniamo presente il tempo in cui visse il poeta perugino – una scelta appartata, nascosta, di osservazione. E il suo canto rimane isolato, è quello di un uomo che tace, la cui voce rimane sconosciuta mentre in un’alba livida si abbandona “all’amore di quei visi”: come notava Cesare Garboli “La poesia di Penna è fatta di solitudine: ma è la solitudine ardente, ricchissima, vasta come è vasta la promessa della felicità, di chi non ha bisogno d'altro, per vivere, che dello spettacolo della vita”.
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MARIO SIRONI, PAESAGGIO URBANO CON CAMION”, 1922
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LA FRASE DEL GIORNO
Felice chi è diverso / essendo egli diverso. / Ma guai a chi è diverso / essendo egli comune.
SANDRO PENNA, Poesie
Sandro Penna (Perugia, 12 giugno 1906 – Roma, 21 gennaio 1977), poeta italiano. Con toni epigrammatici, le sue poesie esprimono spesso un’intenso desiderio sensoriale di vita talora malinconico e cantano l’amore omosessuale (“Poeta esclusivo d’amore”, si definì egli stesso).
2 commenti:
..tanto intensa..."scavata"..e messa in superficie/leggibile.
ciao Vania
o ardente solitudine mia
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