KATERINA ANGHELAKI-ROOKE
GHIANNUSA E UNA POESIA
Quando m’innamoravo, tutto fioriva.
Il sole, fiore bianco e remoto,
odore di freddo.
Ghiannusa inizia una poesia.
la vede allungarsi come il mastice
che masticavamo da piccole,
la vede allontanarsi, uscire dalla finestra
e perdersi nelle pieghe azzurre del cielo.
di cosa parlava la poesia?
Ha dimenticato. Forse registrava un ricordo
smarrito anch’esso nella pieghe della mente.
Perché gli uomini scrivono poesie?
Per averle quando la natura spegne loro la luce.
(da Poesia, 357, Marzo 2020 – Traduzione di Nicola Crocetti)
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L’incipit e la chiusa di questa poesia sulla poesia di Katerina Anghelaki-Rooke valgono – come si usa dire – il prezzo del biglietto: ecco il primo verso isolato, quasi un’epigrafe a indirizzare la lettura: si tenga conto che nell’amore tutto fiorisce. Poi viene quel ricordo: Ghiannusa che scrive una poesia ed è come un gioco di specchi che si rimandano: anche i versi sono ricordi che si cerca di fermare prima che sfuggano per sempre. È per quello che scriviamo poesie.
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DIPINTO DI VALERIE HARDY
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LA FRASE DEL GIORNO
Ogni giorno ti scordo / con passione / perché ti lavi dai peccati / del profumo e della dolcezza / e così purificato.
KATERINA ANGHELAKI-ROOKE
Katerina Anghelaki-Rooke (Atene, 22 febbraio 1939 – 21 gennaio 2020), poetessa e traduttrice greca. Le sue poesie, con una costante meditazione sulla morte, trattano la relazione tra l’essere umano e la natura, la ricerca esistenziale femminile, l’esperienza di essere donna in una società tradizionale, con un linguaggio semplice e colloquiale.
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