VALERY LARBAUD
LA MASCHERA
Sempre scrivo con una maschera sul viso;
Sì, una maschera alla moda antica di Venezia,
Lunga, con la fronte compressa,
Affine a un grande muso di raso bianco.
Seduto al mio tavolo, sollevando la testa
Mi contemplo allo specchio, di faccia,
Di tre quarti e osservo
Il profilo infantile e animalesco che amo.
Oh, che un lettore, un mio fratello, a cui parlo
Attraverso questa maschera pallida e brillante,
Venga a deporre un bacio grave e lento
Sulla fronte compressa e sulla guancia tanto pallida,
Ad appoggiare più forte sul mio viso
Quest’altro viso scavato e profumato.
(Da Le poesie di A. O. Barnabooth, 1913 - Traduzione di Gio Batta Bucciol)
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Sembra una poesia semplice, questa di Valery Larbaud, ricco ed eccentrico poliglotta francese: un’apertura del poeta al lettore, un desiderio di condivisione. Ma altresì attinge a un delicato rapporto, quello di chi scrive con ciò che scrive, a quell’io che – se è celato da una maschera – infine altro non può essere che soltanto ciò che il poeta stesso decide di lasciar trapelare. Se è vero, a partire da Flaubert che disse “La Bovary c’est moi”, che chi scrive mette la sua vita nei testi, è altrettanto vero che quell’«io» può essere solo apparente, fittizio come un personaggio, A. O. Barnabooth appunto, che altri non è se non Valery Larbaud in maschera…
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PAUL WARNER, “CABINET OF DREAMS: VENICE WITH FEATHERS”
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LA FRASE DEL GIORNO
Ma amavo il gusto delle lacrime trattenute, di quelle che sembrano cadere dagli occhi nel cuore, dietro la maschera del viso.
VALERY LARBAUD
4 commenti:
...come la trovo musicale..come la trovo "scavata"/"superficiale"..
insomma COLMA.
ciaoo Vania:)
P.s...ma non "straripante".
come una maschera " riempita" da un volto
Fantastico. I poeti e i romanzieri francesi mi sono particolarmente vicini...mi ricorda tanto Baudelaire nell'apostrofe al lettore: "lecteur, mon frère!"
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