FRANCO FORTINI
UNA SERA DI SETTEMBRE
Una sera di settembre
quando le dure donne rauche di capelli strinati
si addolcivano pronte nei borghi calcinati
e ai fonti la sabbia lavava le gavette tintinnanti
ho visto sotto la luna di rame
sulla strada viola di Lodi due operai, tre ragazze ballare
tra le bave d'inchiostro dei fosfori sull'asfalto
una sera di settembre
quando fu un urlo unico la paura e la gioia
quando ogni donna parlò ai militari
dispersi tra i filari delle vigne
e sulle città non c'era che il vino agro
dei canti e tutto era possibile
intorno al fuoco della radio pallido
e chi domani sarebbe morto sugli stradali
beveva alle ghise magre delle stazioni
o nella paglia abbracciato al fucile dormiva
quando l’'estate inceneriva
da Ventimiglia a Salerno
e non c'era più nulla
ed eravamo liberi
di fuggire, di non sapere o piangere,
una sera di settembre.
1955
(da Poesia e errore, Feltrinelli, 1959)
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Fu una grande illusione collettiva quella che settant’anni fa, l’8 settembre 1943, prese gli italiani: quella sera infatti, seppero dalla radio che entrava in vigore l’armistizio di Cassibile siglato cinque giorni prima con gli anglo-americani. Alle 19.42, mentre fuori splendeva ancora l’ultima luce del giorno, il generale Badoglio diede l’annuncio, già letto a Radio Algeri dal generale americano Dwight Eisenhower.
« Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.
La richiesta è stata accolta.
Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.
Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».
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Mentre i vertici dello Stato e del Regio Esercito fuggivano verso sud, la maggior parte degli italiani credette che la guerra fosse finita. Ma, dopo l’euforia, dopo la notte di baldoria e di gioia che racconta Franco Fortini in questa poesia, ci sarà la disillusione, risulterà chiaro il senso di smarrimento e di disorganizzazione: quei militari che ballavano nelle vigne e dormivano nei fienili si troveranno a dover inseguire lo “Stato”, a ritrovare le loro compagnie e i loro battaglioni, a scegliere infine da che parte stare. E a guardarsi le spalle da un altro terribile nemico, l’infuriato ex alleato tedesco. L’8 settembre 1943 la guerra non era finita: l’Italia aveva solo cambiato di campo, infilandosi nel doloroso capitolo della guerra civile.
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LA FRASE DEL GIORNO
Quando scoppia una guerra, la gente dice: "Non durerà, è cosa troppo stupida". E non vi è dubbio che una guerra sia davvero troppo stupida, ma questo non le impedisce di durare.
ALBERT CAMUS, La peste
Franco Fortini, nato Franco Lattes (Firenze, 10 settembre 1917 – Milano, 28 novembre 1994), poeta, critico letterario, saggista e intellettuale italiano. La sua poesia è testimonianza anche ideologica delle lotte di classe del primo dopoguerra, voce progressista e coscienza critica del fallimento degli ideali.
4 commenti:
Bella pagina… forte e dura…
Buona domenica…
Grazie... Buona domenica anche a te, Rosanna
Una pagina importante e dolorosa della nostra storia. E un'evidente dimostrazione di come la gente comune debba sostenere le spese delle decisioni prese dai pochi al governo...
è sempre stato così, e quella italiana è una storia che ripete sempre gli stessi errori
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