Ho scelto alcune delle poesie scritte nella sua breve vita da una donna libera e tumultuosa, l’iraniana Forough Farrokhzad, nata a Teheran nel 1935, sposa a 17 anni, subito madre e divorziata. Sono la testimonianza poetica di una donna appassionata che si trovava a vivere in un paese in contraddizione, dove se non era data la libertà politica, la libertà sessuale era perlomeno sopportata nella borghesia colta. L’Iran degli anni ‘50 e ‘60 con lo Scià e la “dolce vita” persiana, ben diverso dalla teocrazia instaurata successivamente da Khomeini: e infatti la rivoluzione islamica del 1979 mise al bando le opere della Farrokhzad. Forough viaggiò in Germania e Francia, soggiornò a lungo in Italia, girò film e documentari. Si legò a un altro poeta, Nader Naderpur, vivendo di provocazioni che la portarono a sfidare le autorità religiose e i letterati più conservatori: chiedeva con insistenza di poter godere del proprio corpo, contestava il ruolo della donna nel matrimonio tradizionale e nella società. Poi trovò l’amore della sua vita, lo scrittore e regista Ebrahim Golestan: una passione tempestosa, un prendersi e lasciarsi, litigi e rappacificazioni. Aveva litigato furiosamente con lui il 14 febbraio 1967: stava tornando da una visita alla madre e si recava al cinema per assistere a un film italiano quando per evitare uno scuolabus si schiantò con la sua jeep: l’incidente pose fine alla sua vita a soli 32 anni.
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da MURO, 1958
CANTO DI BELLEZZA
Sulle tue spalle, rocce di granito dure e superbe
cascate di luce, ruscella l’onda dei miei capelli.
Sulle tue spalle, muro di cinta di un mirifico castello
danzano, come rami del salice, le ciocche dei miei capelli.
Le tue spalle, torri di ferro,
le tue spalle, fulgenti di sangue e di vita,
hanno il colore di un braciere di rame.
Nel silenzio, nel tempio del desiderio,
addormentata vicino a te,
i segni dei miei baci sulle tue spalle,
come morsi ardenti di serpenti.
Le tue spalle, nella rifrazione del sole
sotto le gocce chiare e tiepide di sudore
sfavillano come cime di montagne.
Le tue spalle, Mecca dei miei sguardi appassionati,
le tue spalle, sigillo di preghiera...
(traduzione di Gina Lagorio)
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da RIVOLTA, 1957
PECCATO
Ho peccato, peccato, quanto piacere
nell’abbraccio caldo e ardente ho peccato
fra due braccia ho peccato
accese e forti di caldo rancore, ho peccato.
In quel luogo di buio silenzio appartato
nei suoi occhi colmi di segreti ho guardato,
nel palpito del petto furioso il mio cuore
tremava nei suoi occhi di desiderio in preghiera.
In quel luogo di buio silenzio appartato
accanto a lui al suo fianco sconvolta
la sua bocca desiderio versava tra le labbra mie,
scappata, io, dalle pene del folle mio cuore.
Gli sussurrai piano piano la melodia dell’amore:
ti voglio, ti voglio, anima mia
ti voglio, ti voglio, abbraccio che infiamma
ti voglio, amore mio pazzo.
Il desiderio nei suoi sguardi fiamme avvampava,
il vino nero nella coppa tremava e danzava.
Il mio corpo sul tenero letto
sul suo petto ubriaco oscillava.
Ho peccato, peccato, quanto piacere
accanto all’estatico fremito di un corpo.
Oddio, mio Dio, che cosa ho mai fatto
in quel luogo di buio silenzio appartato?
(Traduzione di Domenico Ingenito)
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da UN’ALTRA NASCITA, 1964
SALUTERÒ DI NUOVO IL SOLE
Saluterò di nuovo il sole,
e il torrente che mi scorreva in petto,
e saluterò le nuvole dei miei lunghi pensieri
e la crescita dolorosa dei pioppi in giardino
che con me hanno percorso le secche stagioni.
Saluterò gli stormi di corvi
che a sera mi portavano in offerta
l’odore dei campi notturni.
Saluterò mia madre, che viveva in uno specchio
e aveva il volto della mia vecchiaia.
E saluterò la terra, il suo desiderio ardente
di ripetermi e riempire di semi verdi
il suo ventre infiammato,
sì, la saluterò
la saluterò di nuovo.
Arrivo, arrivo, arrivo,
con i miei capelli, l’odore che è sotto la terra,
e i miei occhi, l’esperienza densa del buio.
Con gli arbusti che ho strappato ai boschi dietro il muro.
Arrivo, arrivo, arrivo,
e la soglia trabocca d’amore
ed io ad attendere quelli che amano
e la ragazza che è ancora lì,
nella soglia traboccante d’amore, io
la saluterò di nuovo.
(Traduzione di Domenico Ingenito)
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LA FRASE DEL GIORNO
Ah, anche io sono donna, il cui cuore / nel desiderio di averti avanza e si agita, / ti amo, immagine delicata, / ti amo, desiderio impossibile.
FOROUGH FARROKHZAD, Il muro
Forough Farrokhzad (Teheran, 5 gennaio 1935 – Tafresh, 13 febbraio 1967), poetessa iraniana. Sfidando le autorità religiose, espresse con fermezza sensazioni e sentimenti della situazione femminile nella società iraniana degli anni cinquanta-sessanta, contribuendo al rinnovamento della letteratura persiana del '900. Morì in un incidente stradale tornado da una visita alla madre. La sua poesia fu vietata dalla rivoluzione islamica del 1979.
3 commenti:
Non conoscevo questa poetessa, grazie per avermela fatta scoprire.
Interessante la sua sofferta e breve esistenza, e luminosi i suoi versi, nei quali sento la classica capacità "colloquiale" della poesia del Medio Oriente.
Mi sono innamorato "a prima lettura" particolarmente delle ultime due poesie che hai pubblicato nel post.
Notevoli, ricche di vita.
...parole intensamente normali/quotidiane e "veloci".
ciao vania
Le ultime due poesie sono più esistenziali, le prime due sono invece passionali (inammissibili in un paese come l'Iran di allora e ancor di più nell'Iran islamizzato di oggi). È una lettura che ho scoperto anch'io da poco e mi ha folgorato.
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