UMBERTO SABA
IL FANCIULLO E L’AVERLA
Vago del nuovo - interessate udiva
di lei, dal cacciatore, meraviglie -
quante promesse fece per averla!
L'ebbe; e all'istante l'obliò. La trista,
nella sua gabbia alla finestra appesa,
piangeva sola e in silenzio, del cielo
lontano irraggiungibile alla vista.
Si ricordò di lei solo quel giorno
che, per noia o malvagio animo, volle
stringerla in pugno. La quasi rapace
gli fece male e s'involò. Quel giorno,
per quel male l'amò senza ritorno.
(da Uccelli, 1950)
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È un apologo questa poesia di Umberto Saba, una favola. E come ogni favola ha la sua morale, anzi più d’una: il desiderio che, appagato, diventa routine; la libertà agognata; il rimpianto per le cose perdute. Quell’averla – un uccello della famiglia dei passeri – può essere l’amico o l’amata cui neghiamo interesse, cui facciamo del male e che poi si allontana da noi lasciandoci il rammarico di essere stati la causa di tale allontanamento. È solo allora che possiamo comprendere il dolore causato: il prezzo da pagare, in una specie di contrappasso, è la meritata sofferenza, acuita dall’eternità della pena.
Fotografi © Wojsyl
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LA FRASE DEL GIORNO
Nulla si è ottenuto, tutto è sprecato, quando il nostro desiderio è appagato senza gioia. Meglio essere ciò che distruggiamo, che inseguire con la distruzione una dubbiosa gioia.
WILLIAM SHAKESPEARE, Macbeth, atto III, scena III
Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli (Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957), poeta italiano tra i massimi del ‘900. Di famiglia ebraica, fu avviato agli studî commerciali, e fu per lunghi anni direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. La sua poesia, quasi intimo diario e confessione, indaga le cose ultime, la donna, l’amore, il senso atavico del dolore. La sua opera è raccolta nel Canzoniere.
2 commenti:
Saba! Con poche significative parole ci ha sempre portato in mondi fatati!
È possibile sapere quali sono le figure retoriche presenti in questa poesia?
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