Il 10 dicembre 1959, mezzo secolo fa, Salvatore Quasimodo riceveva a Stoccolma il Premio Nobel per la Letteratura con la seguente motivazione: “Per la sua poetica liricità con cui ha saputo esprimere le tragiche esperienze umane dei nostri tempi”.
Quasimodo era stato candidato al Nobel da due eminenti critici letterari: Carlo Bo e Francesco Flora. Tuttavia l’ambiente letterario italiano levò aspre polemiche alla notizia del conferimento del maggiore premio letterario internazionale. Le solite invidie di bottega, i soliti particolarismi in cui tutto quanto il paese sembra immerso. Quasimodo rispose che, a dispetto della politica e della filosofia che uccidono la poesia, “rifare l’uomo, questo è l’impegno” del poeta: “Il poeta è un irregolare e non penetra nella scorza della falsa civiltà letteraria piena di torri come al tempo dei Comuni; sembra distruggere le sue forme stesse e invece le continua; dalla lirica passa all'epica per cominciare a parlare del mondo e di ciò che nel mondo si tormenta attraverso l'uomo numero e sentimento. Il poeta comincia allora a diventare un pericolo. Il politico giudica con diffidenza la libertà della cultura e per mezzo della critica conformista tenta di rendere immobile lo stesso concetto di poesia, considerando il fatto creativo al di fuori del tempo e inoperante; come se il poeta, invece di un uomo, fosse un'astrazione. (…) Il poeta è solo: il muro di odio si alza intorno a lui con le pietre lanciate dalle compagnie di ventura letterarie. Da questo muro il poeta considera il mondo, e senza andare per le piazze come gli aedi o nel mondo "mondano" come i letterati, proprio da quella torre d'avorio, cosi cara ai seviziatori dell'anima romantica, arriva in mezzo al popolo, non solo nei desideri del suo sentimento, ma anche nei suoi gelosi pensieri politici”.
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Celebriamo allora questo anniversario con qualche poesia del poeta siciliano, giusto per far risaltare che quel Nobel, come quello toccato a Montale nel 1975, era ampiamente meritato:.
SEME
Alberi d'ombre,
isole naufragano in vasti acquari,
inferma notte,
sulla terra che nasce:
un suono d'ali
di nuvola che s'apre
sul mio cuore:
nessuna cosa muore,
ce in me non viva.
Tu mi vedi: così lieve son fatto,
così dentro alle cose
che cammino coi cieli;
che quando Tu voglia
in seme mi getti
già stanco del peso che dorme.
(da Oboe sommerso, 1932)
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LA MURAGLIA
E già sulla muraglia dello stadio,
tra gli spacchi e i ciuffi d'erba prensile,
le lucertole guizzano fulminee;
e la rana ritorna nelle rogge,
canto fermo alle mie notti lontane
dei paesi. Tu ricordi questo luogo
dove la grande stella salutava
il nostro arrivo d'ombre. O cara, quanto
tempo è sceso con le foglie dei pioppi,
quanto sangue nei fiumi della terra.
(da Giorno dopo giorno, 1947)
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NON HO PERDUTO NULLA
Sono ancora qui, il sole gira
alle spalle come un falco e la terra
ripete la mia voce nella tua.
E ricomincia il tempo visibile
nell'occhio che riscopre la luce.
Non ho perduto nulla.
Perdere è andare di là
da un diagramma del cielo
lungo movimenti di sogni, un fiume
pieno di foglie.
(da Dare e avere, 1966)
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LA FRASE DEL GIORNO
Il poeta è la summa delle diverse "esperienze" dell'uomo del suo tempo, ha un linguaggio che non è più quello delle avanguardie, ma concreto nel senso dei classici.
SALVATORE QUASIMODO, Il poeta e il politico
Salvatore Quasimodo (Modica, 20 agosto 1901 – Napoli, 14 giugno 1968), poeta e traduttore italiano, esponente di rilievo dell'ermetismo. Essenziale ed epigrammatico, ha temperato gli influssi originari in un linguaggio poeticamente sempre più autonomo, che libera un’intensa sensualità in trepide visioni. Premio Nobel per la letteratura 1959 “per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi”.
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