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domenica 30 aprile 2023

Occhi tinti di azzurro


MISUZU KANEKO

FIORELLINI AZZURRO CIELO

Ascoltate bene,
fiorellini azzurro cielo,

Tempo fa
c'era da queste parti
una bambina carina dagli occhi scuri
che guardava sempre il cielo
come faccio io in questo momento.

Tutto il giorno
il cielo azzurro si rifletteva nei suoi occhi
finché non divennero i fiorellini
che ora guardano il cielo.

Se quello che dico è vero,
i fiori
dovrebbero sapere del cielo vero
più dei saggi maestri.

Guardo sempre il cielo
e penso molte cose.
Ma cosa sia reale e vero non lo so,
solo che guardano e lo sanno.

I fiori saggi non dicono nulla,
continuano a guardare il cielo.
E quegli occhi tinti di azzurro
non si stancano mai di guardare.

(da Opere complete, 1984)

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"I fiori sono mani che aspettano qualcosa dal cielo" scrisse l'aforista spagnolo Ramón Gómez de la Serna: quello che pensò anche la poetessa giapponese Misuzu Kaneko in questa delicatissima poesia sulla Nemophila blu, un piccolo fiore azzurro che riempie interi campi in Giappone, trasformandoli tra aprile e maggio in vaste distese azzurre.

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FOTOGRAFIA  NYAN8/PIXABAY

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Per quanto apra le mie braccia / non posso alzarmi fino al cielo.
MISUZU KANEKO, Sei un’eco?




Misuzu Kaneko nata Teru Kaneko (Nagato, 11 aprile 1903 – Senzaki, 10 marzo 1930), poetessa giapponese. Esordì come scrittrice di poesie per bambini quando era impiegata in una libreria di Shimonoseki ottenendo un grande successo. Dimenticata per anni dopo il suicidio, fu riscoperta nel 1966 dal poeta Setsuo Yazaki che curò la riedizione dei suoi testi.


sabato 29 aprile 2023

Centenario di Cristina Campo


Cristina Campo, poetessa italiana che nasceva il 29 aprile 1923, fu misconosciuta in vita, tanto da essere nota soltanto ad esperti di cose letterarie quali Roberto Calasso, Alfredo Cattabiani e Elémire Zolla, con il quale convisse dal 1959. Aveva un vero e proprio culto della bellezza e questa sua ricerca estetica trovò la guida in due autori, Simone Weil e Hugo von Hofmannsthal: “Poesia geroglifica e bellezza: inseparabili e indipendenti. Sentire la giustizia di un testo molto molto prima di averne compreso il significato, grazie a quel puro timbro che è solo del più nobile stile: il quale a sua volta nasce dalla giustizia. (…) Come nella natura, che è bella solo per necessità reale, così anche nell'arte la bellezza è un soprammercato: è il frutto inevitabile della necessità ideale”. Antimoderna e antiprogressista, con Zolla si dedicò allo studio dei mistici e si avvicinò a un cattolicesimo tradizionale, preconciliare, per aderire infine alla chiesa bizantino-ortodossa. Pubblicò soltanto una raccolta di versi, Passo d'addio, nel 1956 e si dedicò alla compilazione di un’antologia di ottanta potesse italiane che però non vide mai la luce. Numerose in compenso le sue traduzioni: Simone Weil naturalmente, ma anche Katherine Mansfield, Virginia Woolf, William Carlos Williams, John Donne.

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DEVOTA COME UN RAMO

Devota come un ramo
curvato da molte nevi
allegra come falò
per colline d'oblio,
su acutissime lamine
in bianca maglia di ortiche,
ti insegnerò, mia anima,
questo passo d'addio…

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ELEGIA DI PORTLAND ROAD

Cosa proibita, scura la primavera.

Per anni camminai lungo primavere
più scure del mio sangue. Ora tornano sul Tamigi
sul Tevere i bambini trafitti dai lunghi gigli
le piccole madri nei loro covi d’acacia
l’ora eterna sulle eterne metropoli
che già si staccano, tremano come navi
pronte all’addio...

                                  Cosa proibita
scura la primavera.

Io vado sotto le nubi, tra ciliegi
così leggeri che già sono quasi assenti.
Che cosa non è quasi assente tranne me,
da così poco morta, fiamma libera?

(E al centro del roveto riavvampano i vivi
nel riso, nello splendore, come tu li ricordi
come tu ancora li implori)

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È RIMASTA LAGGIÙ, CALDA, LA VITA

È rimasta laggiù, calda, la vita,
l’aria colore dei miei occhi, il tempo
che bruciavano in fondo ad ogni vento
mani vive, cercandomi…
 
Rimasta è la carezza che non trovo
più se non tra due sonni, l’infinita
mia sapienza in frantumi. E tu, parola
che tramutavi il sangue in lacrime.

Nemmeno porto un viso
con me, già trapassato in altro viso
come spera nel vino e consumato
negli accesi silenzi…

Torno sola
tra due sonni laggiù, vedo l’ulivo
roseo sugli orci colmi d’acqua e luna
del lungo inverno. Torno a te che geli
 
nella mia lieve tunica di fuoco.

(da Passo d’addio, All’Insegna del Pesce d’Oro, 1956)



Altre poesie di Cristina Campo sul Canto delle Sirene



  LA FRASE DEL GIORNO  

La pura poesia è geroglifica: decifrabile solo in chiave di destino.
CRISTINA CAMPO, Fiaba e Mistero




Cristina Campo, pseudonimo di Vittoria Maria Angelica Marcella Cristina Guerrini (Bologna, 29 aprile 1923 – Roma, 10 gennaio 1977), scrittrice, poetessa e traduttrice italiana. Cresciuta nel culto della bellezza e animata da un'incoercibile tensione alla perfezione, etica non meno che estetica, fu influenzata a lungo dal pensiero di Simone Weil e di Hugo von Hofmannsthal.


venerdì 28 aprile 2023

Un vago brivido


JOSEPH VON EICHENDORFF

SERA

Tace la rumorosa allegria degli uomini;
La terra, come nei sogni, mormora
prodigiosamente agli alberi
ciò che il cuore appena conosce,
storie remote e una dolce pena,
e un vago brivido mi attraversa
il petto come un lampo
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(da Notte di luna, 1831)


La notte rappresenta un’età dell’oro per il poeta romantico tedesco Joseph von Eichendorff: così come l’alba e il tramonto, vi ritrova un rifugio sicuro, un territorio dove saggiare le proprie emozioni: ogni immagine, ogni movimento è allora lo spunto per provare quel “brivido” che “affiora vibrando” e che altro non è che il lampo fugace della poesia, un “balenio sul mondo, sollecitazione e risveglio”.

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FOTOGRAFIA © JPLENIO/PIXABAY

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Chi il Signore vuol favorire / Manda nel mondo libero e grande / Le sue meraviglie a scoprire / Per boschi e fiumi, per colli e lande.
JOSEPH VON EICHENDORFF, Storia di un fannullone

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Joseph Karl Benedikt Freiherr von Eichendorff (Castello di Lubowitz, 10 marzo 1788 – Nysa, 26 novembre 1857), poeta, scrittore e drammaturgo tedesco. Rappresentante del secondo romanticismo, le sue liriche raggiungono una leggerezza di canto con toni di umanissima verità. Molti di questi componimenti furono musicati da Franz Schubert.


giovedì 27 aprile 2023

Centenario di Carlos Edmundo de Ory


Il poeta Carlos Edmundo de Ory, che nasceva il 27 aprile 1923 a Cadice, fu l'inventore del Postismo, contrazione di postsurrealismo, un movimento che ambiva ad essere il risultato di tutte le avanguardie letterarie che l'avevano preceduto. L'ambizione del Postismo era quella di manifestare la realtà interna dell'uomo, esprimendola in un linguaggio che deve emergere come un'invenzione da misteriosi stati di coscienza. De Ory la mise in pratica coltivando con predilezione il "romance", adattando al surrealismo i motivi derivati da García Lorca.

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FOTOGRAFIA © ENTRETANTO

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LE PAROLE, III

Vengono da me calde palpabili
radici cucite alla luce di un simbolo
fatte argento d'abisso e di mistero
fatte oro di sartiame mistico
fatte ferro di lingue eterne
fatte corallo di coste impossibili
fatte carbone di vividi bagliori
fatte miele fatte brace fatte rame
fatte carezze di ritmo abbondante
fatte ordito stellare fatte cenere
Le parole sono labbra omogenee
di dei muti che trasudano suoni
sono chicchi leggeri, luci distinte
rari cigni di fuoco che trasmettono
uova anche di fuoco soffici cigni
morbidi uccelli piogge fili chiavi
segreti che si depositano lenti lirici
nelle fibre celesti del poeta

Madrid, 1949

(da Poesia [1949-1969], 1970)

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L'INFELICITÀ DEL POETA

Respirare vedere udire dormire
Com'è semplice tutto questo!
Non si può pensare che il poeta
sia felice di gioie immediate
Nel posto più alto mette
il mondo sensuale e vitale
L'immaginazione e i sensi
La fantasia e l'emozione
Di passioni si nutre e muore
Di violenta veemenza e urla
Gli interessa solo l'esperienza
Con la sua intima ricchezza il desiderio
I valori dell'insoddisfazione
L'immediatezza lo sfogo
La felicità non gli interessa

Agni, 1970

(da Tecnica e pianto, 1971)

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EROS TREMENDUM

Nella notte del sesso cerco luce
e incontro soltanto l'oscurità,
sacro il mio corpo sacrifica età
senza tempo sul tuo croce su croce.

Gravito su e giù, la testa l'atroce
muro percuote della tua città
senza porte dove alla fine là
nel buio un lucernario mi introduce.

Sulle pietanze tovaglia è la schiena
le mie gambe e le braccia vanno insieme
con le tue a formare uno scorpione.

Le due mele il mio contatto abbandona
e dorme sul vassoio del tuo ventre
come un bicchiere il mio enorme cuore.

Parigi, 10 novembre 1961

(da Sonetto vivo, 1988)

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Altre poesie di Carlos Edmundo de Ory sul Canto delle Sirene:



  LA FRASE DEL GIORNO  

Una poesia avviene nella scrittura magica / sotto l'azione creatrice di una creatura / la cui anima parla di silenzi cristallini.
CARLOS EDMUNDO DE ORY, Sonetto vivente




Carlos Edmundo de Ory (Cadice, 27 aprile 1923 - Thézy-Glimont, Francia, 11 novembre 2010​), poeta, saggista, epigrammista e aforista spagnolo, esponente del postismo, sintesi delle avanguardie del ‘900. Figlio del poeta modernista Eduardo de Ory, dopo aver viaggiato per l’Europa si stabilì ad Amiens come bibliotecario della Maison de la Culture.


mercoledì 26 aprile 2023

La vecchia locomotiva


LUCIANO ERBA

ALTROVE PADANO

I

La vecchia locomotiva di Voghera
arrugginisce ancora sui binari
(che siano versi di un cantautore?)
pure vorrei trovarne di altrettali
per dire luoghi-momenti
per l’ora del professore di ginnasio
che dà ripetizioni di latino
tra sassifraghe e frasche
in una villetta con giardino
per l’ora del tè dei veterani
a turno vicino al freddo dell’inverno
che da queste parti comincia a farsi sentire
già dopo la Madonna di settembre.

II

Viaggiatore che guardi il tuo treno
in corsa tra le risaie
affacciato da un vagone di coda
in curva tra le robinie,
sei in fuga lungo un arco di spazio?

o immobile guardi lontano
più lontano, da una piega del tempo
se il sole che ora declina
(il verde è un trionfo di giallo)
si arresta ai tuoi occhi pavesi?

Viaggiatore di fine giornata
di collo magro, di fronte stempiata.

(da L'ipotesi circense, Garzanti, 1995)

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“La vecchia locomotiva di Voghera” era un monumento cittadino, rimasto fino al 2012 in viale Marx. Spostata su un binario morto della stazione, nel 2014 passò alle Officine Grandi Riparazioni, dove fu restaurata e dove è tuttora. A quella locomotiva del 1921 si riferisce il poeta milanese Luciano Erba, elevandola a simbolo dei viaggi in quel triangolo di terra che è l’Oltrepò pavese, tra risaie e campi, ricordando i suoi trascorsi da pendolare.

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FOTOGRAFIA © PXHERE

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Si corre lieve sui giorni / senza toccarli nemmeno.
LUCIANO ERBA, Il male minore




Luciano Erba (Milano, 18 settembre 1922 – 3 agosto 2010), poeta, critico letterario, traduttore del secondo Novecento, appartenente alla Quarta generazione della Linea Lombarda. Insegnò Letteratura Francese e Letterature Comparate  all’Università Cattolica di Milano.


martedì 25 aprile 2023

Scendevano dai monti


DAVID MARIA TUROLDO

UN ROMBO DI PAROLE HA VINTO

25 aprile 59

Sotto gli occhi fan grumo
lacrime e fango dei morti
erranti per le città.
 
Ora più soli dei cani,
svagati nei bar a guardare
tutti e nessuno,
o fermi alle porte di casa.
 
Sono innumeri volti
allora allucinati da speranze
e furori troppo a lungo repressi.
 
Scendevano dai monti
o sorgevano dal selciato
rotto, e cantavano
per dimenticare fame
e derisione di fratelli
e celare al nemico
la penuria di armi.
 
Non avevano armi e pregavano
per te, Italia: «O umile
Italia, ti liberiamo.
La paura ci ha abbandonati
vivi in mezzo alle macerie».
Di nuovo lasciati soli
dalle città ritornate a festa.
 
Ma non chiedono
nessuna vendetta o pietà.

 
(da Se tu non riappari, Mondadori, 1963)

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Il filosofo statunitense George Santayana scrisse che “Quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo”. Tenere viva la memoria storica è una condizione necessaria per comprendere non solo il passato ma soprattutto il presente. Ed è questa mancanza di memoria che rimarca in un 25 aprile allora non ancora lontano dagli eventi – solo 14 anni – ma già lontanissimo per noi, il poeta-sacerdote David Maria Turoldo, che durante l’occupazione nazista di Milano partecipò alla Resistenza creando e diffondendo dal convento di Santa Maria dei Servi presso San Carlo al Corso il periodico clandestino L’Uomo.

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  LA FRASE DEL GIORNO  

La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, nunzia dell'antichità..
CICERONE, De oratore

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David Maria Turoldo, al secolo Giuseppe Turoldo (Coderno, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992), presbitero, teologo, filosofo, scrittore e poeta italiano, membro dell'Ordine dei servi di Maria. Fu sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale e religioso della Chiesa, di ispirazione conciliare.


lunedì 24 aprile 2023

Come fanno le nuvole


FRANCESCO SCARABICCHI

L'ORMA LEGGERA

Chi, come te, cortese,
mi sovviene
lascia l’orma leggera
e si allontana,
come fanno le nuvole,
tacendo.

(da Il prato bianco, L'Obliquo, 1987)

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La leggerezza permea questa breve poesia di Francesco Scarabicchi: leggerezza di un incontro, di un contatto etereo, quasi angelico, dove a prevalere sono la cortesia e la gentilezza disinteressate, quelle che lasciano un buon ricordo.


FOTOGRAFIA © COTTONBRO STUDIOS/PEXELS

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Dove è la cortesia sono tutti i tesori e le stelle, e senza lei è nulla qualunque grado di vertù in donna o uomo sia.
PIETRO ARETINO, Lettere

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Francesco Scarabicchi (Ancona, 10 febbraio 1951 – 21 aprile 2021), poeta e traduttore italiano, che si occupava anche di arti visive. La sua è definita una poesia realistica e le sue tematiche sono concentrate sui temi del tempo, della vita, della morte e del ricordo.


domenica 23 aprile 2023

Acqua assetata di immagini


GILBERTO OWEN

LA BOLLA DI SAPONE

1

Quel viso, quel libro, quel paesaggio,
e tutta l'iride e me stesso, tutto,
tutto nella tua acqua assetata
di immagini.


2

Gli uccelli ti salutano, tutte
le cose affinano per te
la loro migliore alba di sorrisi.

E ricordano i tuoi viaggi, quando andavi
come un piccolo fiume
rotondo e fragile, lungo il vasto
canale del vento.

E ricordano l'arca di Noè,
perché le regalavi ai bambini,
trasformando il Mondo
in un negozio di giocattoli la Notte di Natale.


3

E la vita, ragazza, ti soffia via
oh, bolla, oh albero di cristallo dell'anima,
per quella radice
che ti nascose nel suo seno Poesia,
ed era, in cielo, ramo fiorito
e uccello sul ramo.

E la vita, senza fine, ti soffia,
Emozione, bolla senza fine,
fino alla tua fine senza rumore o violenza
- al massimo con una rugiada amara
e tremula, come le lacrime.

(da Veglia, 1926)

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L’opera poetica di Gilberto Owen riflette spesso un mondo in costante distruzione, percepito in immagini misteriose che solo a lui sono rivelate. Il mistero è del resto la sua cifra particolare. Ma qui seguiamo il volo di una bolla di sapone, come un effimero drone sulla realtà, capace di racchiudere in sé tutte le immagini del mondo.

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FOTOGRAFIA © ALEXAS FOTOS/PIXABAY

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Il cuore. Io lo usavo negli occhi.
GILBERTO OWEN




Gilberto Owen Estrada (El Rosario,13 maggio 1904 - Philadelphia, Pennsylvania,  9 marzo 1952), poeta messicano. Fortemente influenzato da Rimbaud, Eliot e dall'estetica d'avanguardia, adattò i loro dettami alla sua originaria formazione barocca costruendo un'opera ricca di riferimenti colti ed esoterici.


sabato 22 aprile 2023

Odo costellazioni: esisti


ÁNGEL GONZÁLEZ

MI BASTA COSÌ

Se fossi Dio
e conoscessi il segreto
farei un essere identico a te;
lo proverei
(alla maniera dei fornai
quando assaggiano il pane, cioè:
con la bocca),
e se quel gusto fosse
uguale al tuo, cioè
il tuo stesso odore, e il tuo modo
di sorridere,
e tacere,
e stringermi la mano severamente,
e baciarci senza farci male
- di questo sono sicuro: ho messo
tanta attenzione quando ti bacio—;
                                                        allora,
se fossi Dio
potrei replicarti e replicarti,
sempre uguale e sempre diversa,
Senza mai stancarmi dello stesso gioco,
senza nemmeno trascurare quella che eri
per quella che saresti stata dal nulla;
Non so se mi spiego, ma voglio
chiarire che se io fossi
Dio, farei
il possibile per essere Ángel González
amarti come ti amo io,
aspettare con calma
che tu crei te stessa ogni giorno
per sorprendere ogni mattina
la luce appena nata con la tua stessa
luce e chiudere
l'impalpabile sipario che separa
Il sogno dalla vita,
resuscitandomi con la tua parola,
felice Lazzaro,
io,
ancora impregnato
di ombre e di indolenza,
sorpreso e assorto
nella contemplazione di tutto ciò
che, insieme a me stesso,
recuperi e salvi, sposti, lasci
abbandonato quando — poi — taci...
(Ascolto il tuo silenzio.
Odo
costellazioni: esisti.
Credo in te.
Ci sei.
Mi basta).

(da Trattato di urbanistica, 1967)

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Un gioco – come dice lo stesso poeta spagnolo Ángel González – un gioco in cui dice tutto per non dire niente, partendo dall’ipotesi di avere il potere di Dio per ricreare l’amata, finendo poi per adularla e ritrovarla così com’è, rimanendo così com’è egli stesso, rovesciando i ruoli, se la donna diventa dispensatrice di vita che consente l’accesso al reale – quello che è in fondo il credo di Paul Éluard.

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IMMAGINE © BING/IA
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  LA FRASE DEL GIORNO  

Senza di te la poesia / non mi dice più niente / e io non ho niente da dirle.
ÁNGEL GONZÁLEZ, Niente di serio




Ángel González Muñiz (Oviedo, 6 settembre 1925 – Madrid, 12  gennaio 2008), poeta spagnolo della Generazione del ‘50. Premio Principe delle Asturie nel 1985 e Premio Regina Sofia nel 1996. La sua opera mescola intimismo e poesia sociale con un tocco ironico. Il passare del tempo, l’amore e la civilizzazione sono i suoi temi ricorrenti, giocati su toni di un’ottimistica malinconia.



venerdì 21 aprile 2023

Perderti e scoprirti


RUBÉN BONIFAZ NUÑO

CENTIMETRO PER CENTIMETRO

Centimetro per centimetro
— pelle, capelli, dolcezza, profumo, parole —
il mio amore ti sfiora

Lo scopro ogni giorno, convincendomi
che tu sei con me; che è possibile
e vero; che non sei
sì, la felicità immaginata,
ma la beatitudine permanente,
trovata, realmente concreta; l'aria
aperta totale in cui mi perdo e vinco.

E poi che delizia
allontanarmi di nuovo.
guardarti come prima
e darti del lei, in modo che tu senta
che non è vero che ti ho trovata;
che sei ancora tu, la non raggiunta;
che ci sono molte cose di te
che non posso avere.

Che sottile, incomprensibile delizia,
vederti da lontano,
e sopportare i colpi di gioia
che salgono dal mio cuore
avvicinandomi a te per la prima volta;
sempre per la prima volta, ogni momento.
E allo stesso tempo, così, gioco a perderti
e scoprirti, e so che ti scopro
sempre meglio di come ti ho persa.

È come se tu dicessi:
"conta fino a dieci e cercami", e al buio
cominciassi a cercarti, e goffamente
ti chiedessi: “Sei lì?” e tu uscissi
ridendo dal nascondiglio,
te stessa, certo; ma avvolta
in una luce diversa, in un profumo
nuovo, con un vestito diverso.

(da Il mantello e la corona, 1958)

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L’amore deve rinnovarsi, rifuggire dalla routine: il poeta messicano Rubén Bonifaz Nuño pratica la minuziosa descrizione dell’amata con l’ansia di conoscerla tutta intera, per poi dimenticarla e ricominciare da capo, dall’esterno, con l’emozione dell’innamorarsi, la sorpresa di avere raggiunto l’amore e la felicità del momento. Tema del resto molto sfruttato nei filoni delle commedie romantiche cinematografiche, da 50 volte il primo bacio di Peter Segal a Ricomincio da capo di Harold Ramis.

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DIPINTO DI RAFAL OLBINSKI

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  LA FRASE DEL GIORNO  

E l'amore è l'unica risposta / e non c'è amore - anima, lo sai – / come l'amore che le è dovuto.
RUBÉN BONIFAZ NUÑO, La fiamma nello specchio




Rubén Bonifaz Nuño (Córdoba, 12 novembre 1923 – Città del Messico, 31 gennaio 2013),​ poeta messicano. La sua formazione umanistica lo ha portato verso una poesia di sintesi in cui coincidono rigore classico e parole in libertà, l'oscuro e spesso atroce universo azteco nahuatl e la tradizione greco-romana.


giovedì 20 aprile 2023

L’amore non ha rimedio


JAIME SABINES

IO DICO CHE L’AMORE NON SI PUÒ DIRE

Io dico che l'amore non si può dire.
L'amore si mangia come il pane
si morde come un labbro
si beve come una sorgente.
L'amore si piange come un morto
si gode come un vestito.
L'amore fa male come un callo
stordisce come un favo,
ed è saporito come l'uva di cera
e come la vita è mortale.

L'amore non si dice con niente,
né con le parole né con il silenzio.
L'aria prova a dirlo
e il mare sta provando.
Ma l'amante ce l'ha addosso,
imbrattato di sangue di luna,
e l'amore è proprio come una brace
e una punta di sale.

La mano di un monco può toccarlo,
la lingua di un muto, gli occhi di un cieco,
dirlo e guardarlo
l'amore non ha rimedio
e vuole solo giocare.

(da Yuria, 1967)

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Nei versi di Jaime Sabines, poeta messicano, l’amore è l’aspetto che corre parallelo alla desolazione: “Gli innamorati tacciono. / L'amore è il silenzio più bello, /  il più tremante, il più insopportabile”. Diviene lo strumento per comunicare non solo con la donna, ma con il mondo intero. Gli amanti sono allora al centro di una combinazione di caso e di rischi, sono la chiave che permette, vivendo giorno per giorno, di provare a contrastare questa desolazione del vivere: “Gli innamorati iniziano a canticchiare / una canzone non appresa / e se ne vanno piangendo, piangendo / la bella vita”.

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FOTOGRAFIA © ADAM KONTOR/PEXELS

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Gli amanti se ne vanno come pazzi / perché sono soli, soli, soli / arrendendosi, donandosi sempre, / piangendo perché non salvano l’amore.
JAIME SABINES, Horal

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Jaime Sabines Gutiérrez (Tuxtla Gutiérrez, 25 marzo 1926 – Città del Messico, 19 marzo 1999),  poeta e politico messicano. Noto come “cecchino della letteratura”, la sua poesia tendeva a trasformare la letteratura in realtà. I suoi scritti si basavano sulla sua presenza in vari luoghi quotidiani.


mercoledì 19 aprile 2023

Centenario di Rocco Scotellaro


Visse solo trent’anni Rocco Scotellaro, che nacque il 19 aprile del 1923 e morì il 15 dicembre 1953, ma bastarono al poeta lucano per lasciare un segno nella letteratura del primo dopoguerra. Colpì Italo Calvino perché “impegnato sul fronte più avanzato della lotta sociale” – fu sindaco socialista di Tricarico – e “sul piano più qualificato della cultura letteraria nazionale”. Ne scaturisce una poesia di contrasti, di amore-odio per la terra, da cui fugge ma cui ritorna, di contrasto tra l’atavico mondo contadino e la modernità romana, di carnale sensualità e fulmineo disamore, con un filo rosso che però cuce ogni cosa: l’armonico rapporto che deve esistere tra l’uomo e la natura.

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APPUNTI PER UNA LITANIA

Sud è il mio amore, sono gli aratori,
nell’ombra delle quercie o sulle aie,
dormono legati alle cavezze
delle cavalle baie.
Hanno la faccia bruciata
una crosta di pane.

E donne salgono pendii
si stringono i figli nel vento,
vanno cercando piene di sgomento
l’uomo che può non ritornare.

Sud è bambini che piangono
nelle bocche dei vicoli abbandonati.
La musica è la cinica risata
della civetta spia d’ogni casa.
Perciò nelle feste grandi
facciamo le colonne dietro ai santi,
preghiamo per l’acqua e per il sole,
abbiamo la pelle dei dannati
quando i doni ci vengono negati.

Sud è l’amore condannato:
mosca cavallina ci solletica,
ci viene il profumo delle ortiche
quando la pioggia è toccata dal sole.
Sud è il mio più strano amore:
la bella contadina in mezzo ai fiori
che tu la puoi pestare.

Sud è la canzone dei primordi,
si muovono le dita
sulla rete dei ricordi.

E sud è mio nonno
mio padre e mia madre
e sud è il soldato di New York
che vi gira col casco sulle spalle,
lui figlio melenso in casa natia,
e sud sono anch’io
che canto la litania…

(da Il Meridione, 1° maggio 1951)

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RESEDA, ODORE RITROVATO E PERSO

Avevi tutti gli odori dei giardini
seppelliti nei fossi attorno le case;
tu sei, reseda selvaggia, che mi nutri
l’amore che cerco, che mi fa sperare.
E come l’onda non la puoi fermare,
non puoi chiudere la bocca ai germogli,
non serrare le persiane a questo sole,
io ti guardo e mi bevo il tuo sorriso,
amica del caso, scoperta del cuore
che deve colmare la sua sera.

(Rimini, maggio 1948)

(da È fatto giorno, Mondadori, 1954)



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  LA FRASE DEL GIORNO  

La storia è nelle vene della terra.
ROCCO SCOTELLARO




Rocco Scotellaro (Tricarico, 19 aprile 1923 – Portici, 15 dicembre 1953), scrittore, poeta e politico italiano impegnato nella lotta per miglioramento delle condizioni economiche e sociali dei contadini. La sua poesia è caratterizzata da da un'ambientazione pastorale serena, da un'armonia di immagini e visioni che esaltano la vita bucolica.


martedì 18 aprile 2023

Sconvolto dall’amore


JACK GILBERT

PRIMA DELL’ALBA A PERUGIA

Tre giorni sono rimasto seduto
sconvolto dall'amore.
Tre notti ho visto
le gradazioni del buio.
E della luce. Ho visto
iniziare tre mattine,
indifeso ogni volta
dal suono forte
delle campane.
Il mio cuore si è spaccato come un melone.
E non guarirà.
Si dona
insensatamente
alle vecchie
che portano il latte.
Agli uomini goffi che spazzano.
Al tetto.
Dio mi protegge.

(da Visioni del pericolo, 1962)


Il poeta statunitense Jack Gilbert, prima di trasferirsi a New York, visse due anni in Italia, durante i quali incontrò Gianna Gelmetti,  con cui intrecciò una relazione che durò un anno. È di quell'anno la poesia scritta in un'alba perugina, dove Gilbert rimane sconvolto dall'amore certo, ma anche dal fascino e dalla bellezza dell'Italia.

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FOTOGRAFIA © SUCUBITA CREATIONS

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  LA FRASE DEL GIORNO  

La donna non è solo un piacere, / e nemmeno un problema. È un menisco / che permette all'assoluto di avere una forma,  / che lo fa pattinare per quanto brevemente  /  sul mistero, la sua presenza è luminosa  / sull'ordinario e sull'immenso.
JACK GILBERT, La danza più di tutto

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Jack Gilbert (Pittsburgh, Pennsylvania, 18 febbraio 1925 - Berkeley, California, 13 novembre 2012), poeta statunitense. Amico di Allen Ginsberg e Jack Spicer, non fu però vicino al movimento beat. Si è descritto come un "romantico serio" e un "contadino della poesia".


lunedì 17 aprile 2023

Centenario di Elio Filippo Accrocca


Elio Filippo Accrocca, poeta laziale di cui ricorre oggi il centenario della nascita, fu legatissimo a Roma, soprattutto al quartiere di Portonaccio, dove visse fino al 1943, quando la casa dove abitava fu distrutta da un bombardamento alleato: “Ho dormito l'ultima notte / nella casa di mio padre / al quartiere proletario. / La guerra, aborto d'uomini / dementi, è passata sulla / mia casa di San Lorenzo. / Il cuore ha le sue distruzioni / come le macerie di spettri, / eppure il cuore ancora grida, / geme, dispera, ma vive / come la madonna di Raffaello / salvata tra i sassi della mia casa / e un paio di calzoni grigioverdi” scrive in Portonaccio nel 1945. La sua poesia, da un inizio neorealista vira verso un ermetismo più legato a una ricerca stilistica e poi a un tentativo di sperimentazione alla Zanzotto che confluirà nel 1966 in Innestogrammi: corrispondenze, sempre traducendo in versi la sua esperienza esistenziale, segnata da numerosi lutti come la tragica morte del figlio diciottenne in un incidente motociclistico, che darà vita alla raccolta Il superfluo.

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FOTOGRAFIA © LA VOCE DELLA BELLEZZA

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RITORNO A PORTONACCIO

Mutato ponte e più mutate cose
dell'inesausto vivere
negli afoni mattini. Si fa monte
il ricordo degli anni quando ancora
intatta era l'immagine dei pini
densi di fumo e l'isola
di verde m'accoglieva
ogni giorno al passaggio contemplato
dei treni amici e delle amiche grida.
Oggi mutata è pure la mia vita
e i desideri, e il senso
delle parole s'è trasfigurato:
tanta merce è passata e tanto fiato...
Solo intatto mi resta
l'intramontato innesto (amore? odio?)
per il mio Portonaccio fatto mesto
e ilare, sconvolto e avvolto a un tempo
da memoria che rende l'ora desta.

Ottobre 1957

(da Ritorno a Portonaccio, Mondadori, 1959)

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IL SUPERFLUO

Le pareti di casa
sono come le pagine
d'un libro aperto
fessure e macchie
sono date e nomi
che incrinano le vene
non sappiamo che il minimo
appena l'indispensabile
del tanto che esiste
non vediamo che il contorno
delle cose nel raggio
breve degli occhi
non possediamo che il cartoccio
degli oggetti di sussistenza
chiamata proprietà
ma se aggiungi un altro giorno
alla somma puoi dire
che sai e vedi ed hai più del superfluo.

10 maggio 1978

(da Il superfluo, Mondadori, 1980)

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Un’altra poesia di Elio Filippo Accrocca sul Canto delle Sirene:

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  LA FRASE DEL GIORNO  

L'universo / è continua presenza che ci assorbe. / Mistero, enigma, dubbio sono strati / negativi dell'essere, appartengono / al limite che noi chiamiamo vita.
ELIO FILIPPO ACCROCCA, Il superfluo

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Elio Filippo Accrocca (Cori, 17 aprile 1923 – Roma, 11 marzo 1996), poeta, scrittore e traduttore italiano. Allievo di Ungaretti, fece parte del “Gruppo di Portonaccio”. nelle sue liriche, improntate ora a una pensosa consapevolezza della realtà, ora a una vivace simbologia, ora a una volontà di sperimentazione, è costante la presenza di Roma.


domenica 16 aprile 2023

Quattro anatre


WILLIAM ALLINGHAM

QUATTRO ANATRE IN UNO STAGNO

Quattro anatre in uno stagno,
     Un argine erboso di là,
     Un cielo azzurro di primavera,
     Nuvole bianche in volo;
Che piccola cosa
     Da ricordare per anni—
     Da ricordare con le lacrime!

(da Le Fate, 1850)


"Poeta delle piccole cose" è la definizione con cui è passato alla storia della letteratura William Allingham, preraffaelita irlandese: con pochi versi chiari, freschi e aggraziati, riesce a descrivere l'emozione estetica di una semplicissima immagine.

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FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Scrivere è imparare a non dire niente, ogni giorno più abilmente.
WILLIAM ALLINGHAM

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William Allingham (Ballyshannon, 1824 – Hampstead, 1889),  poeta irlandese. Direttore del celebre Fraser's magazine (1874-1879), si inserì nei preraffaeliti e fu definito "poeta delle piccole cose e dei brevi momenti".


sabato 15 aprile 2023

Settanta balconi


BALDOMERO FERNÁNDEZ MORENO

SETTANTA BALCONI E NESSUN FIORE

Questa casa ha settanta balconi
Settanta balconi e nessun fiore.
Che succede a chi vi abita, Signore?
Odiano il profumo, odiano il colore?

La nuda pietra della tristezza
- che tristezza gli oscuri balconi
E non c’è in casa una sposa promessa?
O qualche poeta pieno di illusioni?

Nessuno dietro i vetri vuol guardare
la minuscola copia di un giardino?
le rose sulle pietre rampicare,
sull’inferriata aprirsi un gelsomino?

Se non amano le piante nemmeno gli uccelli,
né la musica, le rime, l’amore.
Non si udrà mai un bacio, mai una tastiera…

Settanta balconi e nessun fiore!

(da Città, 1917)

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“Poeta di Buenos Aires”, considerato suo maestro da Mario Benedetti, ammirato da Jorge Luis Borges che ne studiò la capacità “rivoluzionaria nel 1915” di descrivere i quartieri cittadini, Baldomero Fernández Moreno è conosciuto soprattutto per questa poesia, certamente semplice ma allo stesso tempo accattivante e rivelatrice delle doti di osservatore e di “poeta camminatore” dai tratti di ozioso e allegro flâneur. La casa descritta, edificata nel 1908 dagli architetti Mallet e Dunant, esiste ancora, si trova all’angolo tra l’Avenida Corrientes e l’Avenida Pueyrredón, nella zona centrale del quartiere Balvanera. Di fronte sorgeva il caffè El Paulista, che Baldomero Fernández amava frequentare.

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FOTOGRAFIA  © PATSYBUENOSAIRES/TRIPADVISOR

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  LA FRASE DEL GIORNO  

I fiori sono mani che aspettano qualcosa dal cielo.
RAMÓN GÓMEZ DE LA SERNA, Greguerías

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Baldomero Fernández Moreno (Buenos Aires, 15 novembre 1886 - 7 giugno 1950), poeta e medico rurale argentino. La sua poesia, universale e profondamente nazionale allo stesso tempo, ha immortalato l'estetica dei quartieri di Buenos Aires e la calda placidità delle province e le loro caratteristiche rurali.


venerdì 14 aprile 2023

Come petali


RICHARD ALDINGTON

AMALFI

Scenderemo da te,
Profondissimo mare,
E galleggeremo via sulle tue onde verde pallido
Come petali sparsi.

Scenderemo a te dai monti,
Dai profumati limoneti,
Dal sole caldo.
Scenderemo
O Thalassa,
E galleggeremo
Sulle tue onde verde pallido
Come petali.

(da Immagini, 1915)

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Il poeta inglese Richard Aldington parla, a proposito dell'esperienza poetica, di due elementi: la "reverenza" ovvero, "un'intima e spontanea convinzione che ciò che non sono io, ciò che è fuori di me, è molto più grande e più interessante di me, anche se l'unico resoconto che posso darne è come appare a me e attraverso di me" e il "senso del mistero", la manifestazione in certi luoghi di una presenza divina o per meglio dire di un pagano genius loci, ben impersonato dalla definizione greca del mare, Thalassa. Davanti allo splendore di Amalfi questi due elementi si manifestano con prepotenza e l'unica reazione possibile è abbandonarvisi, cedere alla bellezza.

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FOTOGRAFIA © PAT WHELEN/UNSPLASH

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Le qualità sensuali ed emotive distinguono la poesia dalla filosofia, poiché sebbene la filosofia tenga indubbiamente conto di entrambe, non si occupa direttamente della vita dei sensi e dei sentimenti, ma delle astrazioni che ne derivano.
RICHARD ALDINGTON




Richard Aldington (Portsmouth, 8 luglio 1892 – Sury-en-Vaux, 27 luglio 1962), poeta, scrittore e saggista britannico. Fu uno dei principali esponenti dell'imagismo, del quale sviluppò la corrente ellenizzante e parnassiana.  La Prima guerra mondiale lo portò a un esame severo e spesso pungente della realtà contemporanea.


giovedì 13 aprile 2023

Tu sei di vetro


PAOLO VOLPONI

SERENATA

È una notte
facile ed inconsueta,
così luminosa
che una cometa s'indovina
dietro l'orizzonte.
Tu sei di vetro,
io vedo le mie mani
dietro la tua nuca.
Dagli alberi d'aprile
scendono luna e vento
e dolce ne trema
la rossa lupinella.
I galli sulle colline
hanno rostri d'argento.

(da L’antica moneta, Vallecchi, 1955)

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Il tu femminile – la donna evocata – e il paesaggio della sera di aprile si sovrappongono in questi versi del poeta urbinate Paolo Volponi in uno stilema a lui caro, come ad esempio altrove nella medesima raccolta (Dal melograno): “Sulla tua spalla / piange l’uccello marino / perduto sopra gli argini dei fiumi / e posa il tordo / la notte / che non ha più voglia”.

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FOTOGRAFIA © NGUYỄN THANH TÙNG/PEXELS

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  LA FRASE DEL GIORNO  

I sassi bianchi / sono le tue spalle / gli alberi la tua statura; / è la tua gola che batte / se una rosa si muove / non vista nel giardino.
PAOLO VOLPONI, L’antica moneta

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Paolo Volponi (Urbino, 6 febbraio 1924 – Ancona, 23 agosto 1994), scrittore, poeta e politico italiano, senatore della Repubblica Italiana nel corso di due legislature. Partito da una posizione tardoermetica e neorealista, approdò al poemetto narrativo, propedeutico alla sua attività di romanziere.


mercoledì 12 aprile 2023

Acrobata sonnambulo


GERARDO DIEGO

NOTTURNO FUNAMBOLICO

Il molo è lo scenario.
Da lì posso vedere il vario,
nebbioso e straordinario
                 panorama.
Le stelle tremano.
così piccole sembrano
margherite che sbocciano
                 nell'erba.

Sul silenzio terrestre
si apre il bianco circo equestre
nel paesaggio rupestre
                 della Luna.
Le mie visioni di nottambulo
acrobata sonnambulo
equilibrista funambolo
                 una ad una.

La luna crescente
è come un uovo splendente.
tutto il cielo risente
                 della sua luce.
Le lanterne in fila
Sono stelle di prima.
seconda e terza
                 classe.

Si scorge in lontananza
il verde della speranza
e il rosso, sulla pancia
                 di un'imbarcazione
E con il latteo riflesso
si agitano nello specchio
formando un vivo bompresso
                 tricolore.

La ghirlanda di luci
cade nell'acqua a faccia in giù
rompendosi in mille quadrucci.
                 E se si screzia
la brezza sui canali
mobili, increspati, banali,
l'acqua danza un carnevale
                 di Venezia.
                                    

1918

(da Immagine, 1922)

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Il poeta spagnolo Gerardo Diego gioca con l’ironia e con i simboli per dissolvere lo scenario di un “notturno”: lascia libero spazio alla fantasia, che galoppa nei territori dell’immaginazione fuggendo da ogni canone e da ogni convenzione, realizzando quello che colpì Antonio Machado come “il tono che meglio si adatta alla nuova poesia” che sarà definita ultraista, esaltazione della metafora e della sintesi in polemica con gli orpelli del modernismo.

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RAFAL OLBINSKI, "I VIAGGI DEL SIGNOR BROUCEK"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

La poesia o non è niente o è linguaggio incorruttibile.
GERARDO DIEGO

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Gerardo Diego Cendoya (Santander, 3 ottobre 1896 – Madrid, 8 luglio 1987, poeta e scrittore spagnolo, appartenente alla cosiddetta Generazione del ‘27. Dapprima seguace del movimento "ultraista", subì l'influenza della poesia di Jiménez e di Antonio Machado, instaurando una poesia di gusto classico e gongorista.