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sabato 31 gennaio 2015

Sospirando per lui

 

ONO NO KOMACHI

FORSE PERCHÉ MI CORICO

Forse perché mi corico
sospirando per lui,
mi è apparso in sogno?
Avessi saputo ch’era un sogno,
mai mi sarei svegliata.

(Kokinwakashū, XI, 52  - Traduzione di Ikuko Sagiyama)

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Gioia del sognò che mai uguagliò nessuna gioia reale” scrisse il Premio Nobel spagnolo Juan Ramón Jiménez. Gioia che neppure c’è in questo waka della poetessa giapponese Ono no Komachi, venato solo dal desiderio frustrato, dal rimpianto d’amore, vivo nel sogno e assente nel reale.

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ALEXEI VENETSIANOV, “RAGAZZA CHE DORME”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il sogno è ciò che abbiamo di realmente nostro, di impenetrabilmente e inespugnabilmente nostro.
FERNANDO PESSOA, Il libro dell’inquietudine




Ono no Komachi (825 – 900), poetessa giapponese, comparsa tra i sei migliori poeti di waka, nel primo periodo Heian. I temi centrali dei suoi waka sono l'amore e la passione, rivisitati nelle loro numerose sfumature: non sono rare dunque poesie che esprimono ansia, desiderio, solitudine, rimpianto o intensa passione.

venerdì 30 gennaio 2015

La ruggine del tempo

 

JON JUARISTI

PONTICA

A un altro appartengono
Le scene che la tua memoria serba:
Immagini confuse
Che la ruggine del tempo consuma.

Un altro è quello che le sogna
Da un passato di rabbia silenziosa.

Muore con esse una lingua esangue
Una causa votata alla sconfitta.

E tu invecchi lontano,
Nell’esilio della terra intera,
Tra voci estranee
E solitudini vicine,
Perdendo ogni giorno e salvando
I colori e le linee e le forme
Di un mondo alieno che credesti tuo
Innalzando intorno alla sua assenza torva
Logori labirinti di parole,
Un palazzo decrepito e angusto,
Una torre, una muraglia, forse una vita.

Dell’altro sono i sogni che custodisci.

(da Viento sobre las lóbregas colinas, 2008)

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Ci appartengono ancora le memorie? Siamo ancora noi quelli che hanno vissuto quei giorni, quegli avvenimenti? Siamo gli stessi che vissero e videro, che amarono e si emozionarono? O il tempo intervenuto a frapporre giorni, mesi, anni, decenni ha mutato anche noi così come ha sbiadito nella memoria quelle immagini, così come ha ingiallito e scolorato le fotografie? È quello che si chiede il poeta spagnolo Jon Juaristi: possibile che ci dobbiamo accontentare soltanto dei sogni?

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Ruggine

FOTOGRAFIA © EMILIAN VICOL/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Non si dovrebbe mai guardare i vecchi ritratti. Anzi, non si dovrebbe mai farsi fare un ritratto. Gli anni passano, e un bel giorno si hanno così dei testimoni dolorosi della propria giovinezza, del tempo passato.
MAXENCE VAN DER MEERSCH, Perché non sanno quello che fanno




Jon Juaristi Linacero (Bilbao, 6 marzo, 1951), poeta, saggista e traduttore spagnolo. È stato direttore della Biblioteca Nazionale di Spagna tra il 2000 e il 2001 e dell’Istituto Cervantes dal 2001 al 2004. Partita dall’avanguardia del gruppo Pott, la sua poesia è influenzata da Unamuno, Blas de Otero e Auden.


giovedì 29 gennaio 2015

Forse il mio cuore è il mondo

 

ELSE LASKER-SCHÜLER
SOLO TE

Il cielo si porta nel cinto di nuvole
La luna ricurva.

Sotto la forma di falce
Io voglio riposarti in mano.

Sempre devo fare come vuole la tempesta,
Sono un mare senza riva.

Ma poiché tu cerchi le mie conchiglie,
Mi si illumina il cuore.

Stregato
Giace sul mio fondo.

Forse il mio cuore è il mondo,
Batte -

E cerca ancora te -
Come ti devo invocare

(Nur Dich, da Ballate ebraiche, 1912 - Traduzione di Nicola Gardini)

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Un senso di abbandono attraversa come una vena sotterranea tutta l’opera poetica di Else Lasker-Schüler, voce della poesia ebraica tedesca: orfana dei genitori a vent’anni, due mariti lasciati per strada, la morte di cari amici e del figlio Paul, costretta all’esilio nel 1933 dall’avvento del nazismo, abbandonata forse anche dal Dio dei campi di sterminio. Eppure voce che canta incessante, che non dispera ma continua a invocare.

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Nolde

EMIL NOLDE, “HALBMOND ÜBER DER MEER”

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LA FRASE DEL GIORNO
Io costeggio l’amore nella luce del mattino, / Da molto vivo dimenticata – nella poesia.
ELSE LASKER-SCHÜLER




LaskerElse Lasker-Schüler, all'anagrafe Elisabeth Schüler (Elberfeld, 11 febbraio 1869 – Gerusalemme, 22 gennaio 1945), poetessa tedesca. Frequentò l’ambiente espressionista, i cui autori la sostennero economicamente dopo il secondo divorzio. Nel 1933, pochi mesi dopo aver vinto il Premio Kleist, emigrò a Zurigo in seguito alle minacce naziste.


mercoledì 28 gennaio 2015

Inverno, gracili sogni

 

ATTILIO BERTOLUCCI

INVERNO

Inverno, gracili sogni
Sfioriscono sugli origlieri,
Giardini lontani fra nebbie
Nella pianura che sfuma
In mezzo alle luci dell’alba,
Voci come in un ricordo
D’infanzia, prigioniere del gelo,
S’allontanano verso la campagna;
Ninfe dagli occhi dolci e chiari
Fra gli alberi spogli, sotto il cielo grigio,
Cacciatori che attraversano un ruscello,
Mentre uno stormo d’uccelli s’alza a volo.

Là in fondo quella casa
Che ospitale appare
Coperta di bianco,
In un silenzio da fiaba.
E attraverso i vetri
Si vede la fiamma rossa
Nel caminetto vacillare.

I treni arrivano,
è domenica, è Natale?
Più non scende lieve
Sulla terra la neve.

(da Lettere da casa, 1950)

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Un’altra cartolina invernale arriva da Attilio Bertolucci: un viaggio in treno nella nebbia della campagna padana mentre l’alba stenta a illuminare il paesaggio e contemporaneamente si schiude il cassetto delle memorie, il paradiso dell’infanzia screziato ormai da toni fiabeschi si materializza nella nebbia, sparge neve a piene mani, fa affiorare una casa immersa nel bianco dove ardeva la fiamma del camino, tanto tempo fa…

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Gauguin

PAUL GAUGUIN, “NEVE A VAUGIRARD”

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LA FRASE DEL GIORNO
Come pesa la neve su questi rami, / come pesano gli anni sulle spalle che ami. / L’inverno è la stagione più cara, / nelle sue luci mi sei venuta incontro / da un sonno pomeridiano un’amara / ciocca di capelli sugli occhi.
ATTILIO BERTOLUCCI




Attilio Bertolucci (San Prospero Parmense, 18 novembre 1911 – Roma, 14 giugno 2000), poeta italiano. Le sue opere poetiche sono il risultato di una felice contaminazione tra eredità ermetica e capacità di tradurre ogni astratta eleganza in un discorso poetico naturale.


martedì 27 gennaio 2015

Dopo Auschwitz

 

HANS SAHL

MEMORANDUM

Un uomo, che alcuni ritenevano
saggio, dichiarò che dopo Auschwitz
non fosse più possibile alcuna poesia.
Sembra che delle poesie
l’uomo saggio non abbia avuto
alta considerazione –
quasi che queste servissero a consolare
l’anima di sensibili contabili
o fossero vetri intarsiati
attraverso i quali si guarda il mondo.
Noi crediamo che le poesie
siano ridiventate possibili
ora più che mai, per la semplice ragione che
solo in poesia si può esprimere
ciò che altrimenti
sarebbe superiore a ogni descrizione.

(da Noi siamo gli ultimi, 1991)

 

“La critica della cultura si trova dinnanzi all’ultimo stadio di cultura e barbarie. Scrivere una poesia dopo Auschwitz è barbaro e ciò avvelena anche la stessa consapevolezza del perché è divenuto impossibile scrivere oggi poesie” scrisse il filosofo tedesco Theodor W. Adorno. È una frase che non mi ha mai trovato d’accordo e che per altro lo stesso autore si rimangiò in seguito: è una resa incondizionata al male, una capitolazione di fronte all’orrore. La poesia invece deve testimoniare, deve esprimere la bellezza dell’animo umano, deve essere il contraltare alla bieca efferatezza degli aguzzini. “Abbiamo lasciato il campo cantando” scrisse Etty Hillesum su una cartolina gettata dal treno che la portava al campo di sterminio in Polonia: era il bene che trionfava sul male, era la vita che sconfiggeva la morte, era la vittoria sui nazisti. Ed è per questo che ho scelto per la Giornata della Memoria questa poesia, di un altro scrittore tedesco, Hans Sahl, polemico con Adorno: vi si legge lo spirito di Etty Hillesum, la speranza che l’uomo possa essere migliore, la necessità della memoria come una base su cui costruire per non dimenticare.

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Memoria

ASTRID HULSEBOSCH, “GIORNATA DELLA MEMORIA”

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LA FRASE DEL GIORNO
Se tutto questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più umani, liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, è stato inutile.
ETTY HILLESUM, Diario




Hans Sahl, nato Hans Salomon (Dresda, 20 maggio 1902 - Tubinga, 27 aprile 1993), poeta, critico e romanziere tedesco. Proveniente da un ambiente ebraico, fuggì dalla Germania a causa dei nazisti. La maggior parte della sua opera letteraria è stata creata in esilio a New York; ma importanti furono anche le sue traduzioni delle opere di autori americani.




lunedì 26 gennaio 2015

Su Facebook

 

LEÓN PEREDO

FACEBOOK

Ti ho persa secoli fa
ti ho ritrovata su Facebook,
nel tuo profilo sembri la Gioconda
guardi di lato con qualcosa di misterioso
tra le mani, sei bella
ti sei sposata, hai fatto figli
hai visitato Córdoba e altri luoghi
e hai l’abitudine di dormire fino a tardi
hai 2.457 amici
hai i capelli più lunghi
hai un tatuaggio che sembra un indio
hai tante cose che ieri non avevi!
Non avevamo nulla ieri
eravamo così giovani
credevamo che il mondo fosse di un unico pezzo.
Anch’io mi sono costruito una vita
sorrido ogni giorno
pratico yoga, e mi è venuta una pancetta
di spiedini e birra
e di tanto in tanto, qualche strana certezza,
mi trascina su Facebook
per guardarti un pochino.

(dal blog Poesía desgenerada, 2011)

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L’avvento di Facebook è venuto a colmare una lacuna: riveste una funzione sociale di ricerca della memoria che prima era difficoltosa e richiedeva di compulsare archivi, di improvvisarsi investigatori privati con pochissime chances di risultato. Invece, grazie al social network di Zuckerberg, è diventata una passeggiata ritrovare gli ex compagni di scuola, gli ex commilitoni, le ex fidanzate… Di questo tratta la modernissima poesia di León Peredo, giovane poeta argentino. E, dite la verità, anche voi siete andati a cercare almeno una volta il vostro o la vostra ex, giusto per curiosità…

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facebook1

FOTOGRAFIA © MASHABLE

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LA FRASE DEL GIORNO
Alcuni fidanzamenti finiscono felicemente, altri con il matrimonio.
ROBERT LEMBKE




León Peredo (San Justo, 16 gennaio 1978), poeta e scrittore argentino. Ha iniziato la sua attività letteraria nel 2002 sulla rivista Forthedon. Molte delle sue poesie sono state pubblicate in varie antologie in Spagna e Messico. Ha fondato e dirige la casa editrice Homoludens Ediciones Artesanale.


domenica 25 gennaio 2015

Chi è diverso

 

SANDRO PENNA

FELICE CHI È DIVERSO

Felice chi è diverso
essendo egli diverso.
Ma guai a chi è diverso
essendo egli comune.

(da Appunti, 1950)

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Viviamo in un tempo di omologazione in cui il nuovo cittadino dovrebbe essere il tipo standard che vogliono i governi e le società: il buonista del pensiero unico, vestito secondo i dettami della moda imperante, centrato sul suo vivere in batteria come un pollo d’allevamento. Essere diversi, o meglio pensarla diversamente dalla massa non è un modo aristocratico di vivere, non è un sintomo di snobismo, è l’unico modo di vivere: essere se stessi e non lasciarsi imporre l’etichetta “comune”. Lo era ai tempi di Sandro Penna, “diverso” in quanto anche omosessuale, lo è ancora oggi: ognuno dovrebbe fare un vanto delle sue peculiarità – siano sensibilità o carattere, atteggiamento, farle emergere dal piattume generale.

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Goldfish

FOTOGRAFIA © STEPHAN HERMANS/PERRUSH

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LA FRASE DEL GIORNO
Quando perdiamo il diritto a essere diversi, perdiamo il privilegio di essere liberi.
CHARLES EVANS HUGHES




Sandro Penna (Perugia, 12 giugno 1906 – Roma, 21 gennaio 1977), poeta italiano. Con toni epigrammatici, le sue poesie esprimono spesso un’intenso desiderio sensoriale di vita talora malinconico e cantano l’amore omosessuale (“Poeta esclusivo d’amore”, si definì egli stesso).


sabato 24 gennaio 2015

L’amore come un volo

 

CAROL ANN DUFFY

ESTASI

Nei tuoi pensieri tutto il giorno, tu nei miei.
Gli uccelli cantano al riparo di un albero.
Sopra la preghiera della pioggia, un blu sterminato,
non il paradiso, che non va da nessuna parte, senza fine.
Perché mai le nostre vite si allontanano
da noi stesse, mentre rimaniamo intrappolate nel tempo,
in fila verso la morte? Sembra che nulla possa mutare
lo schema dei nostri giorni, alterare la rima
data da lutto in assonanza con diletto.
Poi sopraggiunge l’amore come un volo lesto di uccelli
dalla terra al paradiso dopo la pioggia. Un tuo bacio,
rievocato, sfila, come fossero perle, questa catena di parole.
Cieli immensi ci congiungono, unendo qui a lì.
Desiderio e passione nell’aria che pensa.

(Rapture, da Lo splendore del tempio, Crocetti, 2012 – Trad. di F. Marinzuli e B. Nera)

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Dei versi di Carol Ann Duffy, si dice che siano letti anche da chi non legge poesia: questo perché sono “facili”, almeno apparentemente grazie all’uso di parole semplici “in modo complicato”, come ammette la stessa scrittrice. In realtà, questa semplicità è dovuta alla sua capacità di mettere in scena con la chiarezza di uno stile classico e talora con sguardo ironico le scene della vita quotidiana. L’amore, quello che tratta questa poesia dedicata alla sua compagna Jackie Kay, è una consolazione che ci viene donata, è “un volo lesto di uccelli dalla terra al paradiso dopo la pioggia”.

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Vettriano

JACK VETTRIANO, “SOMETHING IN THE AIR”

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LA FRASE DEL GIORNO
Non so dove sei. Irraggiungibile / dalle preghiere, sebbene le poesie siano preghiere. Invisibile / nell’aria, sebbene le anime siano stelle.
CAROL ANN DUFFY, Feminine Gospel




Carol Ann Duffy (Glasgow, 23 dicembre 1955), poetessa e drammaturga scozzese, direttrice dei corsi di scrittura creativa presso la Manchester Metropolitan University e, dal 1º maggio 2009 Poeta Laureato del Regno Unito. Nelle sue poesie dà spesso voce a personaggi di outsiders.


venerdì 23 gennaio 2015

Per malia d’amore

 

KONSTANTINOS KAVAFIS

SOTTO LA CASA

Ieri, andando per un quartiere
fuori mano, sono passato sotto la casa
che frequentavo quando ero molto giovane.
Là Eros ebbe il mio corpo
con la sua straordinaria potenza.

E ieri
passando per quella vecchia strada
d'improvviso sfolgorarono di bellezza
per malia d'amore le botteghe, le pietre,
i marciapiedi, i muri, i balconi e le finestre:
là non c'era più nulla di brutto.

E come indugiavo, fermo a guardare
la porta, e mi attardavo sotto la casa,
tutto il mio essere sprigionava
l'emozione d'amore rimasta ancora serbata.

(Κάτω απ' το σπίτι, da Ποιήματα, 1935)

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Tra i temi principali del poeta greco Konstantinos Kavafis c’è la santificazione del ricordo, il gusto di quella nostalgia un po’ dolce e un po’ amara per un tempo che fu, la sensazione di sentire la vita sfuggire: passare per quello che fu uno dei santuari d’amore non può che risvegliare il fuoco della memoria, e quel ricordare riesce a trasfigurare le cose, a cancellare la bruttezza del tempo odierno, il suo grigiore che non è soltanto della vecchia strada di Alessandria d’Egitto ma anche dell’anima del poeta.

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Old street

LEONID AFREMOV, “OLD STREET”

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LA FRASE DEL GIORNO
Serbali tu com'erano, memoria. / E più che puoi, memoria, di quell'amore mio / recami ancora, più che puoi, stasera.
KONSTANTINOS KAVAFIS, Poesie




Konstantinos Petrou Kavafis, (Alessandria d'Egitto, 29 aprile 1863 – 29 aprile 1933), poeta e giornalista greco. Pubblicò 154 poesie, spesso ispirate all'antichità ellenistica, romana e bizantina, percorre, mirando al sublime, i vari gradi di un'esperienza estetica congiunta alla pratica dell'amore omosessuale.


giovedì 22 gennaio 2015

L’acuta voce del bambino

 

KO UN

DI RITORNO DALL’HIMALAYA

Non provavo dolore.
Era un giorno freddo
in cui desideravo togliermi gli occhi
e metterne altri.
Di ritorno dall’Himalaya
un bambino mi chiese
che cosa ci fosse lì.
Desiderai diventare anch’io l’acuta voce del bambino.

(da L’isola che canta, Lietocolle, 2009 - Traduzione di Vincenza D’Urso).

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Ko Un, poeta coreano più volte candidato al Nobel per la Letteratura, è stato per anni un monaco buddhista. Troviamo in questi versi la sua “ansia” di verità, la ricerca continua di una risposta che non riesce a trovare e che forse si può solamente sfiorare. Sta tutta in questo non detto, nell’incontro con un bambino che gli domanda che cosa abbia visto sull’Himalaya e che gli fa comprendere di non avere trovato ancora nulla, che c’è più verità nella sua voce acuta che in tutta la sua faticosa meditazione.

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FOTOGRAFIA © SCIENCEFREAK/PIXABAY
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LA FRASE DEL GIORNO
Ora accetto i sogni. / Le cose non sono più solo come sono.
KO UN




Ko UnKo Un (Kunsan, 1° agosto 1933), è il massimo poeta sudcoreano del XX secolo. Monaco buddista, tornò allo stato laicale disgustato dalla corruzione del clero. Prese parte alla lotta per i diritti umani nel suo paese negli anni del regime militare, finendo anche in carcere. Sposatosi nel 1983, la sua vita si fece più tranquilla. È stato più volte candidato al Premio Nobel.

mercoledì 21 gennaio 2015

Le piume prestate

 

RICHARD PIETRAß

LA SERA CI TRAMUTIAMO

La sera ci tramutiamo in uccelli,
rondoni che con acute grida
volano nel cielo indiviso.
Come mute civette erranti
saliamo sulle torri più alte
annidandoci nella notte.
Uccelli che l’alba sorprende
per riprendersi le piume prestate.

(Am Abend verwandeln, da Notausgang, 1980)

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La sera ci tramutiamo in rondoni, dice il poeta tedesco Richard Pietraß: è il momento in cui le luci del giorno si spengono e ci troviamo come dentro un secondo universo, anelando la libertà. È il tempo in cui ci abbandoniamo al sogno, in cui lasciamo che i nostri pensieri si mischino liberi e pascolino come cavalli bradi per l’inconscio, anzi, volino liberi come rondoni sfogando in grida le paure e le frustrazioni, e si annidino come civette nel buio delle nostre angosce. Poi arriva l’alba a ricominciare il giorno.

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Chimney

FINDCHAOS, “CHIMNEY SWIFT”

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LA FRASE DEL GIORNO
Echi oscillanti del nostro volo di farfalla. / Il sole balzò alto, era abbastanza. Perentorio / Il richiamo del gregge a doveri più distanti.
RICHARD PIETRAß, Vorhimmel




Richard Pietraß (Lichtenstein, Sassonia, 11 giugno 1946),  poeta, traduttore ed editore tedesco.  Ha pubblicato numerosi volumi di poesia e prosa. Nel 1974 appare per la prima volta come autore con l' album di poesie 82 . Lavora anche come traduttore di Seamus Heaney e Boris Pasternak.


martedì 20 gennaio 2015

Saperti amante e non poterti avere

 

UMBERTO SABA

DURANTE UNA MARCIA, 3

Ed io, se a volte di sì aspra vita
soffro, che i sensi ne son tutti offesi;
credi, non è la gravezza dei pesi,
è l’inutilità della fatica.

E tu questo lo sai, mia bella amica;
sai come in breve a consolarmi appresi.
Lina cui poco detti e molto chiesi
penso, e rinnovo la querela antica.

«Saperti amante e non poterti avere,
star lontano da te quando in cor m’ardi,
aver la lingua e non poter parlare,

udir quest’acqua e non chinarsi a bere,
correre in riga quando a lenti e tardi
passi vorrei pensosamente andare».

(da Versi militari, 1908)

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Umberto Saba conosce Lina Wölfler nel 1905 – “Tu hai dato uno scopo a quelle poche settimane che mi sono fermato a Trieste” le scrive. Durante il servizio militare a Salerno nel XII Reggimento Fanteria scrive questo sonetto che è una vera e propria dichiarazione d’amore soprattutto nelle due terzine conclusive. Saba sposerà Lina il 28 febbraio 1909. Di comune accordo, i soldi per il viaggio di nozze verranno usati per stampare il suo primo volume di poesie. Un amore totale, eterno, incapace di stare separato nonostante gli alti e i bassi e le crisi della vita coniugale: Saba resisterà soltanto nove mesi alla scomparsa della moglie.

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Frederic-Leighton-Wallpaper-The-Countess-Brownlow

FREDERIC LEIGHTON, “THE COUNTESS BROWNLOW”

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LA FRASE DEL GIORNO
La bocca / che prima mise / alle mie labbra il rosa dell'aurora, / ancora / in bei pensieri ne sconto il profumo.
UMBERTO SABA, Ultime cose




Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli (Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957), poeta italiano tra i massimi del ‘900. Di famiglia ebraica, fu avviato agli studî commerciali, e fu per lunghi anni direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. La sua poesia, quasi intimo diario e confessione, indaga le cose ultime, la donna, l’amore, il senso atavico del dolore. La sua opera è raccolta nel Canzoniere.

lunedì 19 gennaio 2015

Un cuore che batte altrove

 

KARL LUBOMIRSKI

POETI

Noi siamo sangue
di un mondo lontano
ubbidiamo a un cuore
che batte altrove.

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Ritorna con questi quattro versi del poeta austriaco Karl Lubomirski la funzione profetica della poesia, la sua appartenenza a un mondo esteriore, superiore, spirituale: il poeta quindi osserva da altrove, da fuori, dall’alto, e traduce questa osservazione nel miglior modo a lui possibile in parole umane.

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Baiser

  RENÉ MAGRITTE, “LE BAISER”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il profeta, come il poeta, si ritrova tra le mani e sulle labbra un messaggio sconvolgente con il quale deve convivere e che non può tacere a chi gli è compagno in umanità.
ENZO BIANCHI, Avvenire, 13 aprile 2008




Karl Lubomirski (Hall in Tirol, 8 settembre 1939), poeta e scrittore austriaco. Vive in Italia dal 1962, ora a Brugherio. Nonostante la sua lunga permanenza in Italia, la sua lingua poetica è rimasta il tedesco; ha tradotto le sue poesie in italiano insieme a madrelingua e ha tradotto poesie e prose dall'italiano al tedesco.


domenica 18 gennaio 2015

La scala

 

BLAS DE OTERO

INTANTO CHE

Intanto che saliamo la scala (di quando in quando s'odono
quelli che cadono di spalla), ci fermiamo
(un poco, qualche volta vacilliamo, come una foglia
nell'istante d’affidarsi al vento),
viene
il capogiro a tutta corsa dal vuoto
e, chiudendo gli occhi,
ci afferriamo al nostro essere più intimo,
e continuiamo
e continuiamo a salire la tragica scala
collocata,
creata, da noi stessi.

(Mientras tanto, da Ancía, 1958 – Traduzione di Oscar Macrì)

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Blas de Otero, poeta spagnolo della generazione del 36, non trova radici in questo mondo, lo vede soltanto doloroso, regolato dal caos: “Un mondo come un albero schiantato. / Una generazione sradicata. / Degli uomini che solo hanno il destino / di puntellare le rovine”. È chiaro quindi che non riesca a riconoscersi in esso: la scala della sua poesia alla fine altro non è che la vita, continuiamo a salirvi cercando di contrastare il disagio, di superare il malessere.

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Turan

MURAT TURAN, “RETURNING HOME”

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LA FRASE DEL GIORNO
Siamo cibo di luce. Fiamma a un vento / smisurato vibrando in qua e in là; / vento violentemente verticale / tra le fronde d'amore che si schiantano.
BLAS DE OTERO, Ancía




blas-de-oteroBlas de Otero Muñoz (Bilbao, 15 marzo 1916 – Madrid, 29 giugno 1979), poeta spagnolo. Esponente della Generazione del '36, segue la corrente poetica chiamata "poesia sradicata" attraverso la quale gli autori esprimono il proprio disagio e malessere nei confronti di un mondo che appare caotico e doloroso e nel quale non si riconoscono.


sabato 17 gennaio 2015

Fiorito di bacche

 

ATTILIO BERTOLUCCI

BACCHE E RUGGINE

L'accendersi improvviso delle lampade
nella nebbia del ponte,
l'arcana luce dei tuoi capelli
neri riflessa dall'acqua che si muove.

E giorno d'inverno ha fiorito
di bacche le siepi deserte, di ruggine
vestito i cancelli, il silenzio
dura sino a notte.

(da Verso le sorgenti del Cinghio, Garzanti, 1993)

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Nelle poesie di Attilio Bertolucci un posto di rilievo assume l’ambiente naturale preso nel corso delle sue stagioni – si pensi alla celeberrima Capanna indiana: “Il tempo / è un battito di minuti che si sente / a intervalli e si perde e ritrova / senza spavento, mentre l'ultima / luce del giorno s'appende a un comignolo / solitario”. In Verso le sorgenti del Cinghio, opera tarda, sono anche le stagioni della vita a rincorrersi: ne nasce un tempo senza tempo, così che non si può distinguere se la scena invernale ritratta venga dalla giovinezza o da un periodo più maturo: è una coppia – la solita coppia del ménage quotidiano, il poeta e la Nina – che emerge dalle nebbie del tempo, dal pallido biancore di un giorno d’inverno dove le bacche risaltano sulle siepi rinsecchite come ricordi che baluginano nella memoria.

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Berries

RENE CLAIR, “WINTER BERRIES”

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LA FRASE DEL GIORNO
Inverno, gracili sogni / sfioriscono sugli origlieri, / giardini lontani fra le nebbie / nella pianura che sfuma / in mezzo alle luci dell’alba. / Voci come in un ricordo / d’infanzia, prigioniere del gelo, / s’allontanano verso la campagna.
ATTILIO BERTOLUCCI, Lettere da casa




Attilio Bertolucci (San Prospero Parmense, 18 novembre 1911 – Roma, 14 giugno 2000), poeta italiano. Le sue opere poetiche sono il risultato di una felice contaminazione tra eredità ermetica e capacità di tradurre ogni astratta eleganza in un discorso poetico naturale.


venerdì 16 gennaio 2015

Perché è inverno

 

MARK STRAND

L’ANNO NUOVO

È inverno, anno nuovo.
Nessuno ti conosce.
Via dalle stelle, dalla pioggia della luce,
giaci sotto il clima delle pietre.
Non c’è alcun filo che ti riconduca qui.
Gli amici s’assopiscono nel buio
del piacere e non possono ricordare.
Nessuno ti conosce.
Sei il vicino del nulla.
Non vedi la pioggia e l’uomo che s’allontana a piedi,
il vento sudicio che soffia le proprie ceneri per la città.
Non vedi il sole che trascina la luna come un’eco.
Non vedi il cuore ferito andare in fiamme,
i crani degli innocenti farsi fumo.
Non vedi le cicatrici dell’abbondanza, gli occhi senza luce.
È finita. È inverno, anno nuovo.
I mansueti trascinano la propria pelle in paradiso.
I disperati soffrono il freddo con quelli che non hanno
nulla da nascondere.
È finita e nessuno ti conosce.
Luce di stella alla deriva su acqua nera.
Vi sono le pietre nel mare che nessuno ha visto.
C’è una riva e la gente aspetta.
E niente ritorna.
Perché è finita.
Perché c’è silenzio invece di un nome.
Perché è inverno, anno nuovo.

(The New Year, da L’inizio di una sedia, Donzelli, 1999 – Traduzione di Damiano Abeni)

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È l’anno nuovo da ormai due settimane, ma è solo una constatazione cronologica. Il mondo è più o meno uguale a quello che ci ha lasciato in eredità l’anno vecchio, con l’aggiunta della accresciuta paura del fondamentalismo islamico dopo le stragi di Parigi e i massacri orrendi in Nigeria. Continua l’alienazione di sempre – dice il poeta statunitense Mark Strand – continua nell’inverno che ha spogliato i rami e inaridito i terreni. Almeno fosse primavera…

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Eugene Lushpin

EVGENY LUSHPIN, “CREPUSCOLO AD AMSTERDAM”

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LA FRASE DEL GIORNO
L'anno nuovo nasce sempre con un pericoloso precedente: l'anno vecchio.
PINO CARUSO, Ho dei pensieri che non condivido




Mark Strand (Summerside, Canada, 11 aprile 1934 – Brooklyn, 29 novembre 2014), poeta statunitense di origini canadesi, fu saggista e traduttore, professore di Letteratura inglese e comparata alla Columbia University. Nel 1990 fu insignito della carica di Poeta Laureato della Biblioteca del Congresso.


giovedì 15 gennaio 2015

L’intervallo di mistero


 

MIGUEL D’ORS

MISTERO

Chi sono?
               - L'intervallo di mistero
tra la rosa luminosa che taglio per te
e la rosa spenta che la mia mano ti tende.

(De misterio, da Curso superior de ignorancia, 1987 - Traduzione di Gloria Bazzocchi).

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La poesia di Miguel D'Ors si ammanta volentieri di un tono intimo e sentimentale. A maggior ragione lo fa in questi pochi versi che si interrogano sul mistero dell’esistere, sul significato della vita. La sua rosa offerta alla donna amata assurge a unità di misura del vivere e richiama una celebre poesia di Giuseppe Ungaretti: “Tra un fiore colto e l’altro donato / l’inesprimibile nulla”.

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FOTOGRAFIA © JILL WELLINGTON/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Strana la vita / che tra la moltitudine dei secoli, / esistendo l'illimitata Cina, / e la Bosnia e le crociate, e gli incas, / dovesse capitare proprio a me / questo lavoro amaro di essere io.
MIGUEL D’ORS, È cielo ed è azzurro




Miguel d'Ors (Santiago di Compostela, 1946), insegnante e poeta spagnolo. La sua poesia è lodata per aver saputo coniugare una perfetta padronanza tecnica delle forme poetiche con il rinnovamento di un tema - biografico, religioso, politico, elegiaco - inizialmente descritto come "tradizionale". 


mercoledì 14 gennaio 2015

Noi ci amiamo noi viviamo

 

JACQUES PRÉVERT

CANZONE

Che giorno è
È tutti i giorni
Amica mia
È tutta la vita
Amore mio
Noi ci amiamo noi viviamo
Noi viviamo noi ci amiamo
E non sappiamo cosa sia la vita
Cosa sia il giorno
E non sappiamo cosa sia l'amore.

(Chanson, da Paroles, 1946, Traduzione di Ivos Margoni)

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La poesia di Jacques Prévert, così sapientemente sospesa da sembrare spesso una canzonetta quando non un labirintico gioco di parole, scava però talora nel profondo: quelle che il poeta francese formula sono le domande che ci poniamo tutti quanti, sono i giorni della vita che si susseguono e che etichettiamo sbadatamente senza renderci conto di quello che abbiamo, immersi nel nostro perpetuo presente, nel nostro eterno carpe diem.

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Horvat

FRANK HORVAT, “VARSAVIA, 1963 – COPPIA IN UN CAFFÈ”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il nostro amore è là / Testardo come un asino / Vivo come il desiderio / Crudele come la memoria / Sciocco come i rimpianti / Tenero come il ricordo / Freddo come il marmo / Bello come il giorno / Fragile come un bambino.
JACQUES PRÉVERT, Paroles




Jacques Prévert (Neuilly-sur-Seine, 4 febbraio 1900 – Omonville-la-Petite, 11 aprile 1977), poeta e sceneggiatore francese. Surrealista, anarchico, polemico, umorista: molte sono le facce di Prévert, ma una la convinzione che sottende la sua poetica: l’amore è l’unica salvezza del mondo


martedì 13 gennaio 2015

Le lettere del tuo nome

 

AMALIA BAUTISTA

LA LUCE DEL MEZZOGIORNO

Né il tuo nome né il mio sono gran cosa,
solo qualche lettera, un segno
se li vediamo scritti, un suono
se qualcuno pronuncia assieme queste lettere.

Perciò non capisco molto bene quello che mi succede,
perché tremo o trasecolo,
perché sorrido o mi spazientisco,
perché faccio sciocchezze o divento così triste
se incontro le lettere del tuo nome.

Non è nemmeno necessario che nominino te,
di continuo nominano la luce del mezzogiorno,
la frutta, li paradiso
prima della cacciata.

(da Estoy ausente, 2004)

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Ho già presentato altre poesie d’amore di Amalia Bautista: riguardavano il dubbio su ciò che è stato un amore, l’impossibilità di essere sempre insieme e il ricordo di una storia finita per incomprensione. Qui siamo invece a quello che in un incendio si definirebbe il “punto di origine”: il periodo puro dell’innamoramento, quello in cui l’immagine dell’amato, tutto quanto lo riguarda, e soprattutto il suo nome causa una specie di istupidimento, un intorpidimento della ragione. Ci siamo passati tutti, è inutile che mi dilunghi…

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Katzel

FOTOGRAFIA © LEONHARD KÄTZEL

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LA FRASE DEL GIORNO
Se potessi cantare il tuo nome sarebbe / – le sette lettere del tuo nome – / un’erba cresciuta in pieno inverno, / un tiepido scirocco scioglierebbe il gelo.
ROBERTO CARIFI, Nel ferro dei balocchi




Amalia Bautista (Madrid, 1962) è una poetessa spagnola. Laureata in Scienze dell’Informazione. Con un linguaggio colloquiale esprime una profonda ansia di assoluto, intesa come amore, soprattutto su temi erotici, dove indaga la passione e l’emozione.


lunedì 12 gennaio 2015

Il caso

 

WISŁAWA SZYMBORSKA

AMORE A PRIMA VISTA

Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
È bella una tale certezza
ma l’incertezza è più bella.

Non conoscendosi prima, credono
che non sia mai successo nulla fra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
dove da tempo potevano incrociarsi?

Vorrei chiedere loro
se non ricordano -
una volta un faccia a faccia
forse in una porta girevole?
uno “scusi” nella ressa?
un “ha sbagliato numero” nella cornetta?
- ma conosco la risposta.
No, non ricordano.
 
Li stupirebbe molto sapere
che già da parecchio
il caso stava giocando con loro.
 
Non ancora del tutto pronto
a mutarsi per loro in destino,
li avvicinava, li allontanava,
gli tagliava la strada
e soffocando un risolino
si scansava con un salto.
 
Vi furono segni, segnali,
che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
o il martedì scorso
una fogliolina volò via
da una spalla all'altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, era forse la palla
tra i cespugli dell'infanzia?
 
Vi furono maniglie e campanelli
in cui anzitempo
un tocco si posava sopra un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno,
subito confuso al risveglio.
 
Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà.

(Miłość od pierwszego wejrzenia, da La fine e l’inizio, 1993 – Trad. di Pietro Marchesani)

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Il caso è spesso alla base di una storia d’amore: ci si incontra per caso un giorno che si aveva da fare altro o in cui si è deciso di uscire nonostante non se ne avesse voglia o per avere scelto una meta di vacanza o un bar o un ristorante invece di un altro. È la trama che sta dietro moltissimi film, Sliding Doors forse è il titolo più eclatante. Ed è il tema di questa poesia del Premio Nobel Wislawa Szymborska, lo sviluppo di altri suoi versi, quelli di Prospettiva: “Si sono incrociati come estranei, / senza un gesto o una parola, / lei diretta al negozio, / lui alla sua auto”. Poi il caso si è travestito da Cupido…

 

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JACK VETTRIANO, “THE RAILWAY STATION”

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LA FRASE DEL GIORNO
Se l'amore deve essere indimenticabile, fin dal primo istante devono posarsi su di esso le coincidenze, come uccelli sulle spalle di Francesco d'Assisi
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MILAN KUNDERA, L’insostenibile leggerezza dell’essere




Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012), poetessa e saggista polacca, insignita del Premio Nobel per la Letteratura nel 1996 “per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d'umana realtà”.


domenica 11 gennaio 2015

Il destino è un oracolo

 

VIRON LEONDARIS

PER BALBETTARE COSÌ

Per balbettare così il mio destino
con parole sconnesse
e con la foglia amara d'alloro tra le labbra…

Il destino è un oracolo
che chiedi e che ricevi da te stesso
per sfuggire a ciò a cui non sfuggirai
per comprendere ciò che non comprenderai
ovvero un discorso inopportuno e infausto
che ti dissuade da quello a cui ti stimola
ti spinge in senso opposto a quello in cui ti tira
e il solo modo per compierlo è violarlo

Per questo sei esiliato da te stesso
e cadi nel banale
in miserande lotte per l’esistenza
in sedicenti avventure e agoni
risolvendo magari indovinelli e uccidendo i mostri della quotidianità
facendo il giusto e dicendo l'insignificante
in espiazioni inutili e intollerabili
inginocchiandoti per vivere

Così anch’io che ho avuto la sorte più pesante e nera
mi sono trovato a sopportare
una vita così incredibilmente banale.

(da Poeti greci del Novecento, Mondadori, 2010 - Traduzione di Filippomaria Pontani )

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Il poeta greco Viron Leondaris si interroga sul destino e sembra pensarla all’incirca come Henry David Thoreau: “Ciò che l'uomo pensa di se stesso – ecco ciò che regola o piuttosto indica il suo destino” e come Cesare Pavese: “Non è che accadano a ciascuno cose secondo un destino, ma le cose accadute ciascuno le interpreta, se ne ha la forza, disponendole secondo un senso – vale a dire, un destino”. Alla fine, come cantava Lucio Dalla, “l’impresa eccezionale, / dammi retta, è essere normale”.

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AUGUSTE RODIN, “LE PENSEUR”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il destino è spesso una comoda giustificazione per illuderci che tutto quanto accade non dipende da noi, ma da una forza misteriosa capace di trasformare i sogni in realtà e le nostre azioni in un fallimento.
ROMANO BATTAGLIA, La strada di Sin




Viron Leondaris (Nigrita, 1932 – Atene, 7 agosto 2014), poeta e critico letterario della seconda generazione del dopoguerra. Iniziò a pubblicare i suoi scritti nel 1954. Nel 1997 ricevette il Premio di Stato per la poesia per la sua opera “In una terra salata”.


sabato 10 gennaio 2015

A Siena

 

UMBERTO BELLINTANI

AGLI AMICI DI SIENA

Non sono qui, io sono a Siena.
Ma sono qui e non sono a Siena.
E per questo se soffro è dire poco.
Portatemi per favore a Siena:
devo ascoltare Duccio di Boninsegna,
Guidarello sul cavallo, la Maestà
di Duccio e di Simone, il Buon Governo.
(Ho finito adesso di vangare.)
E la Nascita della Vergine di Pietro
fratello di Ambrogio? la semplicità
vorrei dire inesauribile della nascita
di Maria, la verità?...
Taccio di tant'altro perché soffro.
                                                … Ma le pietre
le case dell'antichità... Ditemi, le pietre?
Ricomincio adesso a vangare. Terra
della mia straamata Lombardia. Ma sono qui.
Sempre qui. Non sono a Siena.
Altro non sto a dirvi, cari amici.
Ricordatemi a Siena e una fronda
di ginestra portatela a Federico.

(da Nella grande pianura, Mondadori, 1998)

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Ci sono posti che ci rimangono nel cuore, per la loro maestosità naturale o per la ricchezza dei loro monumenti e per le opere d’arte racchiuse nei loro musei. Io stravedo per Venezia, per Ragusa Ibla, per Roma, ad esempio. Invece il poeta della Bassa mantovana Umberto Bellintani porta nel suo cuore Siena, le opere di Duccio di Boninsegna, le antiche case delle contrade. È una specie d’amore, che non va a scapito della terra natia, amata anch’essa: è come un sogno, un altro luogo dove essere pur non essendovi.

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DUCCIO DI BONINSEGNA, “MAESTÀ”

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LA FRASE DEL GIORNO
Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti.
ITALO CALVINO, Le città invisibili




Umberto Bellintani (Gorgo di San Benedetto Po, 10 maggio 1914 – San Benedetto Po, 7 ottobre 1999), poeta italiano. Diplomatosi in scultura, prese parte alla Seconda guerra mondiale in Grecia e Albania, finendo prigioniero dei tedeschi dal 1943 al 1945. Esordì nel 1953 con Forse un viso tra mille, cui seguì nel 1955 E tu che mi ascolti. Dopo un lungo periodo di silenzio pubblicò nel 1998 Nella grande pianura.

venerdì 9 gennaio 2015

Due mondi

 

ADAM ZAGAJEWSKI

LAVA

E se Eraclito e Parmenide
avessero ragione contemporaneamente
e due mondi esistessero affiancati
uno tranquillo, l’altro folle; una freccia
scocca immemore, e l’altra indulgente
lo osserva; lo stesso flutto si frange e non si frange,
gli animali nascono e muoiono nello stesso istante,
le foglie di betulla giocano con il vento e al contempo
si struggono in una crudele fiamma rugginosa.
La lava uccide e serba, il cuore batte e viene colpito,
c’era la guerra, la guerra non c’era,
gli ebrei sono morti, vivono gli ebrei, le città bruciarono,
le città rimangono, l’amore avvizzisce, il bacio è eterno,
le ali dello sparviero devono essere brune,
tu sei sempre con me, anche se non ci siamo più,
le navi affondano, la sabbia canta e le nuvole
vagano come veli nuziali sfilacciati.

Tutto è perduto. Tanto incanto. I colli
reggono cauti lunghi stendardi boscosi,
il muschio sale sul campanile di pietra della chiesa
e con labbra minute timidamente loda il Settentrione.
Al crepuscolo i gelsomini brillano come lampade
folli stordite dalla propria luce.
Nel museo davanti a una tela scura
si stringono pupille feline. Tutto è finito.
I cavalieri galoppano su cavalli neri, il tiranno scrive
una sgrammaticata condanna a morte.
La giovinezza si dissolve nell’arco
di un giorno, i volti delle fanciulle si fanno
medaglioni, la disperazione volge in estasi
e i duri frutti delle stelle crescono nel cielo
come grappoli d’uva e la bellezza dura, tremula, immota
e Dio c’è e muore, la notte torna a noi
sul fare della sera, e l’alba è brizzolata di rugiada.

Lawa, da Dalla vita degli oggetti, Adelphi, 2012 - Traduzione di Bruno Fonzi.

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Il poeta polacco Adam Zagajewski immagina un mondo in cui le filosofie opposte di Eraclito e di Parmenide convivono: il divenire del primo (“La divinità è giorno-notte, inverno-estate, guerra-pace, sazietà-fame. Ed essa muta come il Fuoco”) e l’immobilità ontologica del secondo (“Non potresti avere cognizione di ciò che non è”), il conflitto e l’immutabilità, il movimento e l’essere. Se per Eraclito “tutto diviene e nulla è” per Parmenide invece “tutto è, nulla diviene” il mondo che deriva dalla fusione di queste due concezioni è un delirante universo in cui tutto è e non è contemporaneamente e il divenire è un rapido ed effimero susseguirsi.

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FOTOGRAFIA © PIRO4D/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Siamo stati rinchiusi nella scatola del mondo. / L’amore ci renderà liberi, il tempo ci ucciderà.
ADAM ZAGAJEWSKI, Dalla vita degli oggetti




Adam Zagajewski (Leopoli, Ucraina, 21 giugno 1945), poeta, scrittore e saggista polacco. Esordì nel 1972 con Komunikat. Esponente della New Wave polacca, nel 1976 aderì al Comitato per la Difesa degli Operai e la dittatura comunista gli impedì di pubblicare. Cominciò allora il suo esilio a Houston e Parigi. Tornò a risiedere a Cracovia nel 2002.