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sabato 31 agosto 2013

I poeti nelle loro vite

 

RAÚL GÓMEZ JATTIN

I POETI, AMORE MIO

I poeti, amore mio, sono
Degli uomini orribili,
Dei mostri di solitudine, evitali
Sempre, a cominciare da me.
I poeti, amore mio, sono
Da leggere. Ma non fare caso
A quel che fanno nelle loro vite.

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“Il poeta sottrae tutto il meglio della vita per trasferirlo nella sua scrittura. Perciò la sua scrittura è così splendida e la vita così brutta” scrisse Lev Tolstoj. Senza generalizzare, c’è comunque della verità in questi versi di Raúl Gómez Jattin, poeta colombiano che visse per anni disadattato dalla società, basta leggersi le biografie di tanti grandi poeti, da Charles Baudelaire a Carlo Michelstaedter, da Sylvia Plath a Cesare Pavese, da Alejandra Pizarnik ad Antonia Pozzi : le loro vite furono il prezzo da pagare alla poesia.

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Poeta

AMEDEO MODIGLIANI, “RITRATTO DI UN POETA”, 1915

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LA FRASE DEL GIORNO
Più divento dissipato, malato, vaso rotto, più io divento artista, creatore... con quanta minor fatica si sarebbe potuto vivere la vita, invece di fare dell'arte
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VINCENT VAN GOGH, Lettera al fratello Theo, 29 luglio 1888




Raúl del Cristi Gómez Jattin (Cartagena, 31 maggio 1945 – 22 maggio 1997), poeta colombiano. Manifestò episodi psicotici e di schizofrenia che lo portarono per anni a vivere in strada fino al fatale incidente in cui perse la vita investito da un autobus.



venerdì 30 agosto 2013

La verde vita

 

GIOCONDA BELLI

E…

E va nascendo il pretesto per dire il tuo nome
nella notte impregnata
tenera e umida
come il fiore dai grandi occhi aperti
e dai petali palpitanti
in cui mi sono immersa
nel sonno più profondo,
per disegnare il tuo nome
in tutti gli angoli
in cui ho vissuto e vivrò
finché il vento mi porterà via,
come seme,
a far fiorire terre ignote
e forse m'incarnerò nella bambina
che ascolterà le storie
nelle sere tutte uguali del Nicaragua
con l'odore di terra che nasce,
tessendo nelle sue viscere
la verde vita del tropico lussureggiante
come me, come te,
come le foglie con cui ci siamo coperti
quando ci hanno cacciato dal paradiso.

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Una poesia piena d’amore e di speranza – questa nuova Eva che rinasce dalla vita di Gioconda Belli, scrittrice nicaraguense: è l’ideale di un mondo nuovo, innocente, armonico, un sogno di naturalezza e di natura lussureggiante dove ricreare umanamente il Paradiso perduto.

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HENRI ROUSSEAU, “EVA”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il paradiso fu l’inizio o la fine di qualcosa. Tutti aspiriamo a qualcosa che assomiglia al paradiso, a un’utopia
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GIOCONDA BELLI




Gioconda Belli (Managua, 9 dicembre 1948), poetessa, scrittrice e attivista nicaraguense. Annoverata tra le più importanti scrittrici dell’America Latina, nella sua produzione ricorrono spesso i temi della lotta sandinista e dell’emancipazione femminile e  il rapporto tra l'America precolombiana e il Sud America attuale.


giovedì 29 agosto 2013

Prendere una poesia

 

BILLY COLLINS

INTRODUZIONE ALLA POESIA

Chiedo loro di prendere una poesia
e di tenerla in alto controluce
come una diapositiva a colori
o di premere un orecchio sul suo alveare.
Dico loro di gettare un topo in una poesia
e osservarlo mentre cerca di uscire,
o di entrare nella stanza della poesia
e cercare a tentoni l’interruttore sul muro.
Voglio che facciano sci d’acqua
sulla superficie di una poesia e salutino
con la mano il nome dell’autore sulla spiaggia.
Ma la sola cosa che loro vogliono fare
è legarla con una corda a una sedia
e torturarla finché non confessi.
La  picchiano con un tubo di gomma
per scoprire che cosa davvero vuol dire.

(da Balistica, Fazi, 2011 – Traduzione di Franco Nasi)

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Leggerezza e una sottile vena umoristica, di quella che si definisce di solito “newyorkese”, sono caratteristiche salienti della poetica di Billy Collins, uno dei più acclamati poeti statunitensi – nonostante egli abbia in odio i critici, come si può apprezzare da questi versi. Ed è in buona compagnia: “Chiedere a uno scrittore cosa pensa dei critici, è come chiedere a un lampione cosa pensa dei cani” disse in un’intervista al Time il drammaturgo britannico John Osborne. Le poesie “dicono” da sé, non c’è bisogno di sapere perché e percome, che cosa ha originato un verso e che cosa un altro: vanno gustate come suggerisce Collins nelle tre prime strofe, non sottoposte alla tortura dei critici. E ce ne sarebbe anche per gli insegnanti: “Quegli insegnanti che amano porre la domanda: / «Che cosa sta cercando di dire il poeta?» / come se Thomas Hardy e Emily Dickinson / si fossero sforzati ma alla fine avessero fallito: / disgraziati incapaci di parlare, che altro non erano, / con la penna in bocca a guardare fuori dalla finestra in attesa d’un idea”. Ma questa è un’altra poesia, e ne parleremo un’altra volta…

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CHRIS LOCKART, “STRAWBERRY POEM”

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LA FRASE DEL GIORNO
Un critico è un tizio che conosce la strada ma non sa guidare
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KENNETH TYNAN, The New York Times, 9 gennaio 1966




William Collins, detto Billy (New York, 22 marzo 1941), è un poeta statunitense. Dopo aver insegnato letteratura inglese al Lehman College nel Bronx per oltre 50 anni, ora è in pensione. Le sue poesie raccontano con ironia la vita dell’America borghese e suburbana.


mercoledì 28 agosto 2013

Un pino distorto

 

SALVATORE QUASIMODO

RIFUGIO D'UCCELLI NOTTURNI

In alto c'è un pino distorto;
sta intento ed ascolta l'abisso
col fusto piegato a balestra.

Rifugio d’uccelli notturni,
nell’ora più alta risuona
d’un battere d’ali veloce.

Ha pure un suo nido il mio cuore
sospeso nel buio, una voce;
sta pure in ascolto, la notte.

(da Acque e terre, 1930)


Un pino a ridosso di una scogliera, piegato ad arco sull’abisso come se si affacciasse per ascoltare qualcosa, per cogliere una voce che chiama. È la casa di disparati uccelli che hanno costruito il nido tra i suoi rami. E a Salvatore Quasimodo (1901-1968), poeta che ama cogliere sentimenti esistenzialisti nel paesaggio, quel pino tutto storto evoca il suo cuore, pieno di voci e di ricordi, quando la notte non prende sonno e resta in silenzio ad ascoltare...

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FOTOGRAFIA © GODLY GENTLEMAN

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LA FRASE DEL GIORNO
Sono memoria / d’ogni mia ora terrena, / angelo biancospino.
SALVATORE QUASIMODO, Ed è subito sera




Salvatore Quasimodo (Modica, 20 agosto 1901 – Napoli, 14 giugno 1968), poeta e traduttore italiano, esponente di rilievo dell'ermetismo.  Essenziale ed epigrammatico, ha  temperato gli influssi originari in un linguaggio poeticamente sempre più autonomo, che libera un’intensa sensualità in trepide visioni. Premio Nobel per la letteratura 1959 “per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi”.



martedì 27 agosto 2013

Ridevi tutta

 

DIEGO VALERI

PESCATORI

Rovesciavi il bel viso in fanciullesco modo,
per ascoltare quel trillo alto perduto di allodola;

guardavi stupita gli spazi, la bianca mattina
fumante nel sole, confusa alla bianca marina.

Poi vennero i pescatori: con lunghi strappi oscillanti,
con rotte grida, tiravano in secco le reti stillanti.

Nel bruno groviglio dei fili scorgesti un guizzare d'argenti
di azzurri di verdi. Ridevi tutta, occhi labbra denti.

(da Terzo tempo, Mondadori, 1950)

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Il poeta veneto Diego Valeri dispone la sua classica miscela di colori, suoni e sensazioni in questa poesia che racconta il ritorno in porto dei pescatori dopo una notte di lavoro al largo: voci, riflessi, rumori, tinte si trasformano in un’esplosione di gioia sul viso della ragazza.

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MANDY REINMUTH, “BLISS”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il riso è il sole, che scaccia l'inverno dal volto umano
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VICTOR HUGO, I miserabili




Diego Valeri (Piove di Sacco, 25 gennaio 1887 – Roma, 27 novembre 1976), poeta, traduttore e accademico italiano, fu ordinario di Letteratura Francese all’Università di Padova per oltre vent’anni, tranne nel periodo 1943-45 quando riparò in Svizzera come rifugiato politico.


lunedì 26 agosto 2013

Mattine ancorate come barche

 

EUGENIO MONTALE

SUL MURO GRAFITO

Sul muro grafito
che adombra i sedili rari
l'arco del cielo appare
finito.

Chi si ricorda più del fuoco ch’arse
impetuoso
nelle vene del mondo; in un riposo
freddo le forme, opache, sono sparse.

Rivedrò domani le banchine
se la muraglia e l’usata strada
nel futuro che s’apre le mattine
sono ancorate come barche in rada.

(da Ossi di seppia, 1925)

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Il muro è un tema importante nella poetica di Eugenio Montale: in Meriggiare pallido e assorto il Premio Nobel genovese scrive di “sentire con triste meraviglia/ com’è tutta la vita e il suo travaglio / in questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”. Qualche poesia più in là, qualche passo più avanti negli Ossi di seppia c’è ancora questo muro grafito a limitare il cielo – un’altra immagine per quell’«oltre» che è impedito al poeta e che rimane al di là come “il palpitare lontano di scaglie di mare” della poesia citata. La consolazione – o la condanna, dipende dai punti di vista – è nella quartina finale, in quel futuro di mattine ancorate come barche.

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JAY JOHNSON, “PLEIN AIR HARBOR”

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LA FRASE DEL GIORNO
Forse la cosa migliore del futuro è che arriva solo un giorno alla volta
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DEAN ACHESON




Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981), poeta e scrittore italiano, Gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1975 “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”, ovvero la “teologia negativa” in cui il "male di vivere"  si esprime attraverso la corrosione dell'Io lirico tradizionale e del suo linguaggio.

domenica 25 agosto 2013

Io e te, noi due

 

JOSÉ EMILIO PACHECO

CONCORDANZE: LE PERSONE DEL VERBO

Una volta
E per pochi giorni
Molto tempo fa
Io e te
Improvvisamente fummo fin nell'intimo
Noi.

«Noi due» potevo dire
Nelle ore voraci che furono nostre.

Da tempo
Se parlo di te
Posso usare soltanto
La terza persona: Lei.

L'io impoverito sprofonda
Nelle concordanze del Nulla.

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Innamorarsi cos’è? È la fusione di un io e di un tu in un noi: dove matematicamente sarebbe logico trovare 1+1=2 si ha invece un 1+1=1. La coppia diventa dunque un’unità di intenti e di voleri, una simbiosi. Ed è quel “noi” che ricorda il poeta messicano José Emilio Pacheco con l’amaro in bocca, in un momento in cui il “noi” è oramai sciolto e neppure un “io” e un “tu” restano, ma addirittura “io” e “lei”: “Degli amori non è rimasto / nemmeno un segno tra gli alberi”.

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RENÉ MAGRITTE, “LES AMANTS”, 1928

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LA FRASE DEL GIORNO
La coppia vuol dire un uomo che vive una donna, una donna che vive un uomo
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ROMAIN GARY, Chiaro di donna




José Emilio Pacheco Berny (Città del Messico, 30 giugno 1939), scrittore, poeta, saggista e traduttore messicano. È parte integrante della Generazione dei ‘50. La sua poesia concentra l’attenzione sulla storia, sulla ciclicità del tempo, sull’universo dell’infanzia e sulla vita nel mondo moderno.


sabato 24 agosto 2013

Parlavano tanto d’amore

 

HEINRICH HEINE

SEDUTI A PRENDERE IL TÈ

Seduti a prendere il tè
Parlavano tanto d'amore.
I signori attenti all'estetica,
Le signore ai moti del cuore.

L'amore deve esser platonico,
Disse il secco Consigliere.
Sua moglie sorrise ironica,
Ma sospirò: Ahimè!

Spalanca la bocca il Canonico:
L'amore non sia troppo rozzo,
Altrimenti risulta nocivo.
La Signorina bisbiglia: perché?

La Contessa dice mesta:
L'amore è una passione!
E amabilmente porge
La tazza al signor Barone.

Intorno al tavolo c'è un posto in più:
Non sei venuta, mio tesorino.
Sarebbe stato così carino
Sentirti dire come ami tu.

1822

(Traduzione di Simonetta Carusi)

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C’è una sorta di Simposio platonico nel breve volgere di queste quartine di Heinrich Heine, poeta lirico tedesco: se nel testo classico greco a disquisire d’amore sono Socrate, Fedro, Pausania, Erissimaco, Aristofane, Agatone, Alcibiade, qui – davanti a un tavolo da tè ottocentesco - sono i personaggi di quella società, un politico e sua moglie, un canonico, una giovane donna, due nobili evidentemente avvinti di passione e il poeta… Manca il personaggio principale, quello che avrebbe potuto rivelare l’essenza stessa del sentimento amoroso, la donna amata…

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SIR JAMES GUTHRIE, “TEA BEING SERVED TO A CONVALESCENT SOLDIER”

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LA FRASE DEL GIORNO
Io mi riferisco a tutti gli uomini e a tutte le donne e dico che la nostra razza sarebbe felice se ciascuno di noi conducesse l'amore al suo fine e ritrovasse il suo amato, ritornando così all'antica natura.
PLATONE, Simposio




Christian Johann Heinrich Heine (Düsseldorf, 13 dicembre 1797 – Parigi, 17 febbraio 1856), poeta tedesco. Fu il più importante poeta nel periodo di transizione tra il romanticismo e la Giovane Germania. L'originalità dei suoi di Heine consiste nella tensione verso la poesia e nello stesso tempo nel modo opposto, cioè quello di voler negare ogni sentimentalismo, che gli permise di utilizzare il "materiale" romantico con ironia e realismo.


venerdì 23 agosto 2013

Luna e ricordi

 

MARIO NOVARO

LUNA

Con tremula nebbia d'argento
luna
riempi riveli i miei colli
Sciogliesi l'anima
e si abbandona ai ricordi
Il presente
come un sogno
nella nebbia mi sfuma
Ritornano volti
che non sono più.

(da Murmuri ed echi, 1912)

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Il paesaggio ligure, disteso tra le colline e il mare è protagonista dei versi di Mario Novaro, poeta e filosofo di Diano Marina. Qui erompe in una notte di luna a far sorgere ricordi e memorie, ma senza l’afflato crepuscolare allora in voga – c’è anzi un’anticipazione di ermetismo, come se Novaro assorbisse quei germi di novità dai poeti che pubblicava sulla rivista “La Riviera Ligure”.

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JOCELYN AUDETTE, “FULL MOON OVER PILOT HILL”

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LA FRASE DEL GIORNO
La luna è l'anima, è il nostro modo di vivere le emozioni, i desideri, i sogni.
ROMANO BATTAGLIA, La strada di Sin




Mario Novaro (Diano Marina, 25 settembre 1868 – Ponti di Nava, 9 agosto 1944), poeta e filosofo italiano. Nella sua poesia - la sola opera Murmuri ed echi del 1912 - un'ansia metafisica si accompagna, pascolianamente, a un impressionismo lirico.


giovedì 22 agosto 2013

L’iperbole che ami

 

GIOVANNI RABONI

dalle CANZONETTE MORTALI

L’iperbole che ami,
quella che sei: t’adoro
nella curva dei fianchi
nel niente del costato.

*

Io che ho sempre adorato le spoglie del futuro
e solo del futuro, di nient'altro
ho qualche volta nostalgia
ricordo adesso con spavento
quando alle mie carezze smetterai di bagnarti,
quando dal mio piacere
sarai divisa e forse per bellezza
d'essere tanto amata o per dolcezza
d'avermi amato
farai finta lo stesso di godere.

*

Le volte che è con furia
che nel tuo ventre cerco la mia gioia
è perché, amore, so che più di tanto
non avrà tempo il tempo
di scorrere equamente per noi due
e che solo in un sogno o dalla corsa
del tempo buttandomi giù prima
posso fare che un giorno tu non voglia
da un altro amore credere l'amore.

*

Non questa volta, non ancora.
Quando ci scivoliamo dalle braccia
è solo per cercare un altro abbraccio,
quello del sonno, della calma - e c'è
come fosse per sempre
da pensare al riposo della spalla,
da aver riguardo per i tuoi capelli.

Meglio che tu non sappia
con che preghiere m'addormento, quali
parole borbottando
nel quarto muto della gola
per non farmi squartare un'altra volta
dall'avido sonno indovino.

(da Canzonette mortali, Crocetti, 1986)

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Le Canzonette mortali di Giovanni Raboni sono l’espressione dell’eros contrapposto a thanatos (l’amore di fronte alla morte): “Penso se avrò il coraggio / di tacere, sorridere, guardarti / che mi guardi morire” arriverà a dire a quel “tu” poetico che corrisponde alla poetessa Patrizia Valduga, sua compagna dal 1981 fino alla fine. Ma bastano questi frammenti – quasi da Antologia Palatina, da alessandrino – a descrivere quell’amore dove la differenza d’età – 21 anni – è una considerazione dalla quale non si può prescindere.

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SIMONE LIPSCHTICK, “LOVERS”, PARTICOLARE

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LA FRASE DEL GIORNO
Solo questo domando: esserti sempre, / per quanto tu mi sei cara, leggero.
GIOVANNI RABONI, Canzonette mortali




Giovanni Raboni (Milano, 22 gennaio 1932 – Fontanellato, 16 settembre 2004), poeta, critico letterario, giornalista, traduttore e scrittore italiano appartenente alla "generazione degli anni Trenta. Nel solco della tradizione lombarda, elaborò sin dalla prima raccolta Le case della Vetra (1966) una poetica d'intonazione civile ma anche esistenziale con toni piani e sommessi.


mercoledì 21 agosto 2013

La spina della nostalgia

 

GIORGIO CAPRONI

GENERALIZZANDO

Tutti riceviamo un dono.
Poi, non ricordiamo più
né da chi, né che sia.
Soltanto ne conserviamo
- pungente e senza condono -
la spina della nostalgia.

(da Res amissa, Garzanti, 1991)

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Cos’è la nostalgia? Utilizziamo per definirla un celebre brano già pronto dal romanzo L’ignoranza di Milan Kundera: “In greco “ritorno” si dice nòstos. Álgos significa “sofferenza”. La nostalgia è dunque la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare. Per questa nozione fondamentale la maggioranza degli europei può utilizzare una parola di origine greca (nostalgia, nostalgie)”. Desiderio inappagato del ritorno dunque: alla patria, a un luogo ma anche e soprattutto – impossibile da realizzare e dunque assai più doloroso – a un tempo, a una situazione. Tutti in un modo o nell’altro la proviamo: ha ragione Giorgio Caproni, la sua spina pungente è lì nelle nostre carni a ricordarcelo.

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FOTOGRAFIA © SPIN BROTHERS

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LA FRASE DEL GIORNO
Il pensiero di un uomo è innanzitutto la sua nostalgia.
ALBERT CAMUS, Il mito di Sisifo




Giorgio Caproni (Livorno, 7 gennaio 1912 – Roma, 22 gennaio 1990), poeta, critico letterario e traduttore italiano. Partito come preermetico attirato da uno scabro espressionismo, approdò a un ermetismo rivestito di un impressionismo idillico. Nella sua poesia canta soprattutto temi ricorrenti (Genova, la madre e Livorno, il viaggio, il linguaggio), unendo raffinata perizia metrico-stilistica a immediatezza e chiarezza di sentimento.


martedì 20 agosto 2013

L’alba e il fanciullo

 

ARTHUR RIMBAUD

ALBA

Ho abbracciato l’alba d’estate.

Nulla si moveva ancora sul frontone dei palazzi. L’acqua era morta. Le zone d’ombra non lasciavano la strada del bosco. Ho camminato, ridestando gli aliti vivi e tiepidi, e le pietre preziose guardarono, e le ali si alzarono senza rumore.

La prima impresa fu, nel sentiero già pieno di freschi e smorti fulgori, un fiore che mi disse il suo nome.

Io risi al wasserfall biondo che si scarmigliò attraverso gli abeti: sulla cima argentea riconobbi la dea.

Allora alzai ad uno ad uno i veli . Nel viale, agitando le braccia. Per la pianura, dove l’ho denunciata al gallo. Nella grande città, ella fuggiva tra i campanili e le cupole, e correndo come un mendicante sulle banchine di marmo, io la incalzavo.

In cima alla strada, vicino a un bosco di lauro, l’ho avvolta nei suoi veli raccolti, ed ho sentito un poco il suo corpo immenso. L’alba e il fanciullo caddero in fondo al bosco.

Al risveglio era mezzogiorno.

(da Illuminazioni, 1886 - Traduzione di Ivos Margoni)

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Il genio fanciullo e poeta protagonista delle Illuminazioni di Arthur Rimbaud, “immenso e ragionato deragliamento di tutti i sensi”, è in quest’alba d’estate alla ricerca di un connubio con la natura, di un contatto sensuale ed erotico con le cose. L’inseguimento dell’alba per la città e per le campagne, dopo averla riconosciuta nello scroscio di una cascata - Wasserfall è il vocabolo tedesco per cascata - ha in sé il carattere dell’invasato del mito classico. Ma, infine, non può essere svelato il mistero, non può essere rivelato alla conoscenza umana: solo un’intuizione è quel che resta al fanciullo poeta.

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ILLUSTRAZIONE © CHARLES FOULGERAS

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LA FRASE DEL GIORNO
Io so la sera e l’Alba / che si esalta nel cielo come colombe a stormi; / e qualche volta ho visto quel che l’uomo ha sognato.
ARTHUR RIMBAUD, Poesie




Jean Nicolas Arthur Rimbaud (Charleville, 20 ottobre 1854 – Marsiglia, 10 novembre 1891), poeta francese. Con Baudelaire e de Nerval ha più contribuito alla trasformazione del linguaggio della poesia moderna. L'opera di Rimbaud comincia con versi legati per arrivare al verso libero e alla poesia in prosa che diventa lirica e attinge alla libertà dell'immaginario, ai sensi, alla visione irreale.



lunedì 19 agosto 2013

Amo anche il tuo pianto

 

ERICH FRIED

MA

La prima volta mi sono innamorato
dello splendore dei tuoi occhi,
del tuo riso,
della tua gioia di vivere.

Adesso amo anche il tuo pianto
e la tua paura di vivere
e il timore di non farcela
nei tuoi occhi.

Ma contro la paura
ti aiuterò,
perché la mia gioia di vivere
è ancora lo splendore dei tuoi occhi.

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L’amore vero è questo che descrive il poeta austriaco naturalizzato britannico Erich Fried (1921-1988): non è un trionfo di cuoricini e di lustrini, è la coscienza di essere al fianco di un’altra persona, di aiutarla e di sostenerla, di esserne aiutati e sostenuti. È l’esatto contrario di quello che sosteneva ad esempio Bukowski: “Si ama quello di cui si ha bisogno, quello che ci fa star bene, quello che ci fa comodo”. Quello non è amore, è cinica convenienza. Si ama una persona perché la si ama, nel bene e nel male, “In salute e malattia”. Se è vero amore, la si ama anche di più.

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FRANCESCA WOODMAN, “SELF PORTRAIT WITH LILY, ROME, 1977-78”

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LA FRASE DEL GIORNO
Condividere, in amore, non significa tenere il bilancio di chi fa questo o quello, di chi fa più di un altro. Vi sono momenti in cui dobbiamo dare di più di quanto riceviamo, ma ve ne saranno altri in cui avremo bisogno di ricevere più di quanto saremo in condizione di donare.
LEO BUSCAGLIA, Nati per amare




Erich Fried (Vienna, 6 maggio 1921 – Baden-Baden, 22 novembre 1988), poeta austriaco naturalizzato britannico. Ebreo, fu costretto ad abbandonare il suo paese nel 1938 dopo l'occupazione nazista. Emigrato a Londra, fu giornalista e commentatore del programma in lingua tedesca della BBC.


domenica 18 agosto 2013

Una strada per cadere insieme

 

GESUALDO BUFALINO

BRINDISI AL FARO

Prima di te
era un luogo di gogna la mia vita,
fra mura di ferro feroce;
era teatro d’un maniaco dramma
che declamavo dinanzi a nessuno:
io ripeteva a perdifiato un’eco,
io era scritto su tutti gli specchi,
io, pronome di luce e di sozzura,
orbita avara che in sé si consuma,
libertà aguzzina di se stessa.

Ora è una strada per cadere insieme,
un fiume nero, ma so dove va.

(da L’amaro miele, Einaudi, 1982)

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Gesualdo Bufalino era un aforista sarcastico e pessimista, un romanziere geniale e anche un poeta illuminato, almeno in gioventù – uscite nel 1982, le liriche di L’amaro miele risalgono però agli anni della seconda guerra mondiale. “Antiche pene d’amor perdute” le definisce Bufalino: ma come non apprezzare quell’intuizione di un “io” che soffoca e logora e che all’improvviso si apre in un “tu”, la scoperta dell’Altro con cui condividere la strada, per quanto possa essere vana, buia e pericolosa?

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ELABORAZIONE GRAFICA © DANIELE RIVA

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LA FRASE DEL GIORNO
L’amore fra noi lo inventammo come in una prigione due detenuti inventano un telegrafo di segni mediante battimenti sul muro, strofette canticchiate da una finestra all’altra, messaggi sibillini scritti su rotolini di carta. Così cercammo, così trovammo l’alfabeto e la grammatica di una lingua che non c’era
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GESUALDO BUFALINO, Il malpensante




Gesualdo Bufalino (Comiso, 15 novembre 1920 – Vittoria, 14 giugno 1996), scrittore, poeta e aforista italiano. Insegnante, si rivelò tardi alla letteratura pubblicando nel 1981 Diceria dell'untore, con cui vinse il Premio Campiello. Con il romanzo Le menzogne della notte vinse nel 1988 il Premio Strega. Il suo stile ricercato, ricco e  "anticheggiante" gli deriva dall’abilità linguistica e da una vasta cultura.


sabato 17 agosto 2013

Pioggia e sole

 

GIOVANNI PASCOLI

LA PIOGGIA

Cantava al buio d'aia in aia il gallo.

E gracidò nel bosco la cornacchia:
il sole si mostrava a finestrelle.
Il sol dorò la nebbia della macchia,
poi si nascose; e piovve a catinelle.
Poi tra il cantare delle raganelle
guizzò sui campi un raggio lungo e giallo.

Stupìano i rondinotti dell'estate
di quel sottile scendere di spille:
era un brusìo con languide sorsate
e chiazze larghe e picchi a mille a mille;
poi singhiozzi, e gocciar rado di stille:
di stille d'oro in coppe di cristallo.

(da Myricae, 1891)

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“Il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte” scrisse Giovanni Pascoli nel Fanciullino per rivendicare la sua visione poetica. E questo fa Pascoli, il poeta: descrive il risveglio del giorno nelle campagne con un’orchestra di animali che salutano il sole e poi lo scroscio improvviso e vivificatore di pioggia, che si esaurisce aggiungendo il suo variegato strumento. Eccolo lì il poeta-fanciullo allora, che osserva e si stupisce: in quel suo stupore è la poesia.

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KEVIN INMAN, “VIRGINIA FARM MUD PUDDLE”

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LA FRASE DEL GIORNO
La pioggia cadeva nello stesso modo sul giusto e sul malvagio; e per nessuno esisteva un perché.
WILLIAM SOMERSET MAUGHAM, Schiavo d’amore




Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912), poeta e accademico italiano, eccelso latinista, figura emblematica della letteratura di fine Ottocento. Nonostante la sua formazione eminentemente positivistica, è il maggiore esponente del Decadentismo.

venerdì 16 agosto 2013

La luna e il sole

 

BENIAMINO DAL FABBRO

ASTRONOMIA D’AMORE

Spunta la luna dalla gonna e il sole
tondo eguale le è accanto, altre due lune
congiunte e sole non vedute opposte
risplendono, i gemelli
si fanno compagnia sotto due stelle:
due stelle, sì, come da molti secoli
si dice in poesia. Dall'uno all'altro
dei bei pianeti e astri fa la spola
in orbite d'amore la mia mano,
va errando la mia bocca. È notte.

(da Catabasi, Feltrinelli, 1969)

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Versi di puro eros questi di Beniamino Dal Fabbro, poeta, scrittore, traduttore, critico musicale per Il Giorno e Avvenire. Qui si diverte a disegnare una carta del cielo del corpo femminile – quasi certamente la sua amata Gigliola, che gli fu accanto dal 1955 fino alla fine. Non sto qui a spiegare le immagini usate da Del Fabbro e la loro collocazione anatomica: un po’ d’immaginazione, via…

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Egon_Schiele_09

EGON SCHIELE, “RAGAZZA CON CALZE GRIGIE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche, / assomigli al mondo nel tuo gesto di abbandono
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PABLO NERUDA




Beniamino Dal Fabbro (Belluno, 14 agosto 1910 – Milano, 25 agosto 1989, poeta, scrittore e critico musicale italiano. Intellettuale di vaglia del panorama del secondo dopoguerra, collaborò con Milano SeraIl Giorno e Avvenire. Tradusse Flaubert, Baudelaire, Valéry, Proust, Rilke e Camus.


giovedì 15 agosto 2013

Le luci della festa

 

ROBERTO ROVERSI

DOPO LA TERRA

VIII. FERRAGOSTO

Buon popolo, fra luci semispente
ti attardi, stupendamente docile.
Le ragazze adornate di coralli
rosseggiano come il tramonto
o impallidiscono allo scherzo
di un giovanotto ardito:
“Vedeste comare Splendore?
balli con me, bel cuore?”
Aspettano i fuochi d’artificio
rovesciate sull’erba,
i premi favolosi della tombola
e l’amore colomba del diluvio.
Cade la felicità da scrigni aperti,
le luci della festa aprono piume;
scese dal monte con le scarpe in mano
bagnano la speranza nel lume
della notte, nell’uragano dei giuochi,
nelle giostre che strappano lontano.
Fasciati in maglie rosse i marinai,
stretti i calzoni sulle cosce,
toccano il gomito alle ragazze;
trillano le argentine passere
e si offrono, quasi
da un albero protese.

(da Dopo Campoformio, Feltrinelli, 1962)

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Buon Ferragosto. Barbecue, anguria, insalata di riso, fritto misto di paranza. Qualunque cosa preveda il menù, la poesia è apparecchiata su una festa di oltre mezzo secolo fa, dal gusto di un’Italia uscita dalla guerra e pronta per godere gli effetti del boom economico, nel fermo-immagine colto dal poeta bolognese Roberto Roversi.

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Joinville

WILLY RONIS, “JOINVILLE, 1947”

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LA FRASE DEL GIORNO
Aspirazione estiva: Ad Majorca!
MARCELLO MARCHESI, Sancta Publicitas




Roberto Roversi (Bologna, 28 gennaio 1923 – 14 settembre 2012), scrittore, poeta e giornalista italiano. Marxista, gestore della libreria Palmaverde, fondò e diresse le riviste Officina e Rendiconti. Fu paroliere per Lucio Dalla, con il quale pubblicò tre album.


mercoledì 14 agosto 2013

Mare azzurro

 

SANDRO PENNA

IL MARE È TUTTO AZZURRO

Il mare è tutto azzurro.
Il mare è tutto calmo.
Nel cuore è quasi un urlo
di gioia. E tutto è calmo.

(da Poesie, Garzanti, 1973)

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L’impressionismo è la caratteristica principale della poetica di Sandro Penna. E, in questi quattro settenari che sembrano dipingere con due soli colori la scena marina, irrompe come uno schianto – quasi un artificio musicale - un sentimento di felicità, di serenità.

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255520

STELLA DUNKLEY, “COAST”

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LA FRASE DEL GIORNO
C'è uno spettacolo più grandioso del mare, ed è il cielo, c'è uno spettacolo più grandioso del cielo, ed è l'interno di un'anima.
VICTOR HUGO, I miserabili




Sandro Penna (Perugia, 12 giugno 1906 – Roma, 21 gennaio 1977), poeta italiano. Con toni epigrammatici, le sue poesie esprimono spesso un’intenso desiderio sensoriale di vita talora malinconico e cantano l’amore omosessuale (“Poeta esclusivo d’amore”, si definì egli stesso).


martedì 13 agosto 2013

Tu eri il cielo in me

 

ANTONIA POZZI

IL CIELO IN ME

Io non devo scordare
che il cielo
fu in me.

Tu
eri il cielo in me,
che non parlavi
mai del mio volto, ma solo
quand'io parlavo di Dio
mi toccavi la fronte
con lievi dita e dicevi:
– Sei più bella così, quando pensi
le cose buone –

Tu
eri il cielo in me,
che non mi amavi per la mia persona
ma per quel seme
di bene
che dormiva in me.

E se l'angoscia delle cose a un lungo
pianto mi costringeva,
tu con forti dita
mi asciugavi le lacrime e dicevi:
– Come potrai domani esser la mamma
del nostro bimbo, se ora piangi così? –

Tu
eri il cielo in me,
che non mi amavi
per la mia vita
ma per l'altra vita
che poteva destarsi
in me.
Tu
eri il cielo in me
il gran sole che muta
in foglie trasparenti le zolle

e chi volle colpirti
vide uscirsi di mano
uccelli
anzi che pietre
– uccelli –
e le lor piume scrivevano nel cielo
vivo il tuo nome
come nei miracoli
antichi.

Io non devo scordare
che il cielo
fu in me.

E quando per le strade – avanti
che sia sera – m'aggiro
ancora voglio
essere una finestra che cammina,
aperta, col suo lembo
di azzurro che la colma.
Ancora voglio
che s'oda a stormo battere il mio cuore
in alto
come un nido di campane.
E che le cose oscure della terra
non abbiano potere
altro – su me,
che quello di martelli lievi
a scandere
sulla nudità cerula dell'anima
solo
il tuo nome.

11 novembre 1933

(da Parole, 1939)

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Un’altra poesia d’amore di Antonia Pozzi. Amore totale, amore disperato, quello che – divenuto impossibile – la portò ad avvelenarsi: mancando il cielo sulla testa, la ragazza milanese non trovò altro che buio. Qui, siamo nel 1933, l’amore c’è ancora, ma la figura dell’amato rivela comunque già i sintomi della viltà: “non parlavi mai del mio volto”, “non mi amavi per la mia persona”, “non mi amavi per la mia vita”. Un uomo che non ha mai saputo cogliere i riflessi di un’anima che voleva soltanto colorarsi di quel cielo come “una finestra che cammina, aperta”…

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RENÉ MAGRITTE, “LA MAGIE NOIRE”, 1946

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LA FRASE DEL GIORNO
Se le mie parole potessero / essere offerte a qualcuno / questa pagina / porterebbe il tuo nome.

ANTONIA POZZI, Parole




Antonia Pozzi (Milano, 13 febbraio 1912 – 3 dicembre 1938), poetessa italiana. Laureatasi in Filologia con una tesi su Flaubert, si tolse la vita dopo una contrastata storia d’amore. Il suo diario poetico Parole fu pubblicato postumo, nel 1939: composto a partire dai diciassette anni, riflette un'amara e inquieta sensibilità in cui si avverte l'influsso della lirica di Rilke.


lunedì 12 agosto 2013

Tre parole

 

WISŁAWA SZYMBORSKA

LE TRE PAROLE PIÙ STRANE

Quando pronuncio la parola Futuro
la prima sillaba va già nel passato.

Quando pronuncio la parola Silenzio,
lo distruggo.

Quando pronuncio la parola Niente,
creo qualche cosa che non entra in alcun nulla.

(da Attimo, 2002 - Traduzione di Pietro Marchesani)

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Incisiva e insolitamente sobria di elencazioni, in questi pochi versi la poetessa polacca Wisława Szymborska, Nobel per la Letteratura 1996, si inoltra nel territorio semantico per considerare l'aspetto metafisico di tre parole “importanti”. Futuro è un tempo che viene presto, sempre troppo presto e sembra concatenarsi con il passato  grazie a quel suo  “Fu” iniziale rimasto nel gioco della traduzione. Il Silenzio esiste solo nel non detto e quindi la parola che lo indica, pronunciata, come per controsenso lo rompe. E Niente, se non esiste, viene invece in certo modo ad indicare qualcosa, creando un altro paradosso.

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Tre parole

ELABORAZIONE GRAFICA © DANIELE RIVA

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LA FRASE DEL GIORNO
Ogni parola che si dice, fa pensare al suo contrario.
JOHANN WOLFGANG GOETHE, Le affinità elettive




Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012), poetessa e saggista polacca, insignita del Premio Nobel per la Letteratura nel 1996 “per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d'umana realtà”.


domenica 11 agosto 2013

L’ora del tè

 

LOUIS CALAFERTE

LA TEIERA RIVESTITA

La teiera rivestita
e le tue due grandi tazze rosa
il tempo attorno a noi si posa
nella stanza che anchilosa
il pallore di un’estate che finisce

Forse nulla è esistito
se non per questo minuto racchiuso
di fragile serenità
io che sono la tua metamorfosi
e tu la mia Charlotte Brontë

One for you
one for me
and one for the tea-pot

È l’ora del tè

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Un minuto di serenità, il tempo di una cerimonia intima e antica come quella di versare il tè e di berlo in compagnia. È un tête à tête dal sapore gozzaniano – o forse ancora meglio dal gusto gucciniano delle “stoviglie color nostalgia”. Un momento di deliziosa armonia che il poeta francese Louis Calaferte veste di sentimenti ed emozioni mentre fuori l’estate finisce e nella stanza invece l’antico amore rifiorisce.

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An He

AN HE, “AFTERNOON TEA”

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LA FRASE DEL GIORNO
Nella vita ci sono poche ore  più piacevoli dell'ora dedicata alla cerimonia del tè pomeridiano.
HENRY JAMES, Ritratto di signora




Louis Calaferte (Torino, 14 luglio 1928 – Digione, 2 maggio 1994) è stato uno scrittore italiano naturalizzato francese. Nel 1952 pubblica Requiem des Innocents, il suo primo romanzo. Dedica poi quattro anni della sua vita alla scrittura di Settentrione. Autore di racconti, saggi, pièces teatrali, ha scritto più di 50 opere.


sabato 10 agosto 2013

Le stelle

 

DAVID HERBERT LAWRENCE

IN BARCA

Vedi le stelle, amore,
Ancor più chiare nell'acqua e splendenti
Di quelle sopra a noi, e più bianche
Come ninfee!

Ombre lucenti di stelle, amore:
Quante stelle sono nella tua coppa?
Quante riflesse nella tua anima?
Solo le mie, amore, le mie soltanto?

Guarda, quando i remi muovo,
Come deformate s'agitano
Le stelle, e vengon disperse!
Perfino le tue, lo vedi?

Rovesciano le stelle le acque
Acque povere, inquiete, abbandonate...!
Dici, amore, che non viene scosso il cielo
E immobili son le sue stelle?

Là! hai visto
Quella scintilla volare su di noi? Le stelle
In cielo neanche son sicure.
E di me, che sarà, amore, di me?

Cosa sarà, amore, se presto
La tua stella fosse lanciata sopra un'onda?
Sembrerebbero le tenebre un sepolcro?
Svaniresti tu, amore, svaniresti?

(da Amores, 1916)

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Lo so, lo so… La poesia di oggi innalza pericolosamente il tasso glicemico, ma è funzionale a queste giornate di agosto in cui brilla nel cielo lo sciame meteorico delle Perseidi, le cosiddette “stelle cadenti”. L’autore di questo concentrato di romanticismo, riflessione sulla caducità della vita dettata dal fugace volo di una di quelle “lacrime di San Lorenzo”, è David Herbert Lawrence, lo scrittore inglese noto soprattutto per L’amante di Lady Chatterley, il celebre romanzo che narra una storia di sesso e tradimento.

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IMMAGINE © STARS, GALAXIES AND THE UNIVERSE

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LA FRASE DEL GIORNO
L'anima è piena di stelle cadenti.

VICTOR HUGO, L’uomo che ride




David Herbert Richards Lawrence (Eastwood, 11 settembre 1885 – Vence, Francia, 2 marzo 1930), scrittore, poeta, drammaturgo, saggista e pittore inglese, considerato tra le figure più emblematiche del XX secolo. Insieme a diversi scrittori dell'epoca, fu tra i più grandi innovatori della letteratura anglosassone, soprattutto per le tematiche affrontate.


venerdì 9 agosto 2013

Un uomo e una donna


ROSARIO MURILLO

ANGELO NEL DILUVIO


Oggi piove su tutto il mondo e siamo in due
tu e io
un uomo e una donna
come tutti gli uomini e tutte le donne
cercando l’arca per reggere alla tempesta.
Siamo in due nella notte e i nostri corpi
sono raggi che assediano le ombre.
Oggi piove su tutto il mondo
e tu e io siamo uccelli
che immaginano la sicurezza del nido
il guanciale sotto la testa
il rametto di basilico alla finestra.
Oggi piove su tutto il mondo
e tu e io siamo il mondo intero
i ricchi in una scatola musicale
il mondo in un sorriso
il mondo in una bottiglia
il mondo quando io tremo d’amore
quando mi arrendo al tuo abbraccio
quando mi avvicino, quando mi vedo nei tuoi occhi
il mondo quando mi trasformo in terra.
Oggi piove, mio cuore, sta piovendo
e a me, la vita fa male.


(da City Lights Pocket Poets Anthology - Traduzione di Massimo Bocchiola)

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Cerca l’arca la poetessa e rivoluzionaria sandinista nicaraguense – ora first lady del suo paese - Rosario Murillo, cerca la salvezza nell’amore mentre tutto intorno si svolge il diluvio del vivere. C’è un’eco di Éluard, di quel “Non verremo alla meta ad uno ad uno”,  la condivisione per resistere, per esistere, per essere angeli luminosi nel buio, anche se questo può essere difficile e doloroso.


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FOTOGRAFIA © VREAUSAAJUNGLASTELE
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LA FRASE DEL GIORNO

L'amore non ha mezzi termini; o perde, o salva.
VICTOR HUGO, I miserabili




Rosario María Murillo Zambrana (Managua, 22 giugno 1951), politica, attivista e scrittrice nicaraguense. Dal 2017 Vicepresidente della Repubblica del Nicaragua e dal 2007 First Lady ,divenne una "guerrigliera" nel settore delle lettere; denunciando la dittatura, e chiedendo sostegno alla letteratura alla lotta armata.



giovedì 8 agosto 2013

Dove sono gli anni?

 

VITTORIO BODINI

CONOSCO APPENA LE MANI

Conosco appena le mani,
le scarpe che metto ai piedi.
Conosco il giorno e la notte
e i terrori del vento.
Ma gli anni? Dove son gli anni,
e tutti i libri che ho letto?
I volti amati si sfrondano
delle loro vicende,
non restano che i nomi.
Tutto nella memoria
cade a pezzi, sprofonda
senza rumore
nelle botole dei morti.
Ah, dove sono le acute presenze
del passato, le sue calde forme,
la cera su cui incidevano
i miei sentimenti?
Dove si nasconde il senso
delle cose che ho vissuto,
e i brividi lucenti
e i cieli dell'avventura?

(da Metamor, Scheiwiller, 1967)

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Vittorio Bodini, poeta pugliese, riscrive qui con il suo sentire e il suo dire, la meditazione che già fu di François Villon nel Quattrocento francese: “Mais où sont les neiges d’antan?” Ma dove sono le nevi di un tempo? Che ne è delle nostre memorie, dei nostri affetti, delle nostre letture, delle nostre emozioni? Che ne è? Che ne è stato? E soprattutto qual è il senso di tutta questa strada percorsa, di tutta questa vita vissuta?

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FOTOGRAFIA © JACK VETTRIANO

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LA FRASE DEL GIORNO
L'uomo dimentica. Si dice che ciò sia opera del tempo; ma troppe cose buone, e troppe ardue opere, si sogliono attribuire al tempo, cioè a un essere che non esiste. No: quella dimenticanza non è opera del tempo; è opera nostra, che vogliamo dimenticare e dimentichiamo.
BENEDETTO CROCE, Frammenti di etica