EUGENIO MONTALE
SUL MURO GRAFITO
Sul muro grafito
che adombra i sedili rari
l'arco del cielo appare
finito.
Chi si ricorda più del fuoco ch’arse
impetuoso
nelle vene del mondo; in un riposo
freddo le forme, opache, sono sparse.
Rivedrò domani le banchine
se la muraglia e l’usata strada
nel futuro che s’apre le mattine
sono ancorate come barche in rada.
(da Ossi di seppia, 1925)
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Il muro è un tema importante nella poetica di Eugenio Montale: in Meriggiare pallido e assorto il Premio Nobel genovese scrive di “sentire con triste meraviglia/ com’è tutta la vita e il suo travaglio / in questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”. Qualche poesia più in là, qualche passo più avanti negli Ossi di seppia c’è ancora questo muro grafito a limitare il cielo – un’altra immagine per quell’«oltre» che è impedito al poeta e che rimane al di là come “il palpitare lontano di scaglie di mare” della poesia citata. La consolazione – o la condanna, dipende dai punti di vista – è nella quartina finale, in quel futuro di mattine ancorate come barche.
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JAY JOHNSON, “PLEIN AIR HARBOR”
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LA FRASE DEL GIORNO
Forse la cosa migliore del futuro è che arriva solo un giorno alla volta.
DEAN ACHESON
E un giorno alla volta va bene...
RispondiEliminaCiao :)
carpe diem :-)
RispondiElimina..direi anche..metaforicamente...matite grigie e colorate da consumare.:)
RispondiEliminaciaoo Vania:)
matite che si consumano, bella metafora... naturalmente per artisti o per chi ha bambini
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