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lunedì 28 febbraio 2022

Mai fermi


LILIANA MARESCA

SENZA PENSARE CI UNIAMO

Senza pensare ci uniamo
senza pensare ci allontaniamo
Siamo vivi
andando
venendo
da noi stessi
agli altri
mai fermi

(da El amor Lo sagrado El arte, 2006)

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L’artista argentina Liliana Maresca definisce in questa sua poesia quella che in fondo è la vita: un continuo movimento che ci porta da una persona all’altra, che ci fa allacciare rapporti oppure interromperli. Questa vitalità è necessaria alla sopravvivenza: la stasi farebbe inaridire i sentimenti.

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LILIANA MARESCA IN UNA POESIA DI MARCOS LOPEZ, 1984

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LA FRASE DEL GIORNO
Il nostro caos è vitale.
LILIANA MARESCA




Liliana Maresca (Avellaneda, 8 maggio 1951 - Buenos Aires, 13 novembre 1994), artista argentina. La sua opera comprende sculture, dipinti, arte grafica, oggetti e installazioni, rappresentative dell’energia vitale e dell’esistenza borderline e creativa che conduceva.


domenica 27 febbraio 2022

Dopo la neve


OLAV H. HAUGE

POMERIGGIO DI NEVE

Getta via la tua oscurità e sarai ricco.
Come una sera dopo la neve.
Il campo è ricco, e la brughiera,
ovunque aghi di pino,
e le case sono ricche, sicure
per la vita e il calore.
La terra addormentata conosce
il proprio splendore.
Le sopracciglia brinate del cielo
sono piene di stelle

(da La terra azzurra, Crocetti, 2008 - Traduzione di Fulvio Ferrari)

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“L’oceano / in un mattino azzurro / può aprirsi / al cielo e alla solitudine. / Guarda, l’oceano scintilla, / anch’io ho stelle / e azzurre profondità”: c’è un invito all’elevazione talora nei versi del poeta norvegese Olav H. Hauge, probabilmente derivati dall’assidua lettura delle poesie cinesi e dalla natura frequentata quotidianamente – Hauge era giardiniere nel proprio frutteto. Così, esorta ad aprire l’animo davanti al bianco della neve.

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FOTOGRAFIA © WALLPAPERS4U

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LA FRASE DEL GIORNO
Costruisci una casa per la tua anima / e vaghi fiera / alla luce delle stelle / con la casa  sul dorso / come una chiocciola.
OLAV H. HAUGE, Sotto la rupe




Olav Håkonson Hauge (Ulvik, 18 agosto 1908 – 23 maggio 1994), traduttore e poeta norvegese. Giardiniere, uomo di grande cultura, tradusse in lingua nynorsk Blake, Brecht, Celan, Hölderlin e Sylvia Plath. La sua è poesia modernista, che invade il territorio della poesia concreta.


sabato 26 febbraio 2022

Rondini stanche


LEONARDO SCIASCIA

BALLERINE IN TRENO

Vestono gonne lunghe, hanno sciarpe
d’arcobaleno – e si abbandonano affrante,
allungano le gambe sui sedili.
Lamentano il conto dell’albergo,
l’affanno della partenza, il sonno
reciso all’alba.
I loro nomi – Monica, Marisa –
hanno la triste luce delle perle
che le ragazze comprano alle fiere.
Povere, loquaci rondini che migrano
da un deserto a un deserto,
rondini stanche senza primavera.

Chiudono gli occhi; un freddo
velo di sonno segna i loro volti,
un’infanzia di pena affiora: bianca,
appena viva del respiro
sull’iride squillante delle sciarpe.

(da La Sicilia, il suo cuore, Bardi, 1952)

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Un’immagine ormai lontana, in bianco e nero, da film neorealista o da commedia italiana degli Anni Cinquanta, raccontata da Leonardo Sciascia, molto più noto come scrittore che come poeta. La poesia, che fa trasparire quel tessuto sociale caro all’autore siciliano, affiora nei colori che appaiono come sogni sulla stanchezza del viaggio, sul prolungarsi della giornata d’inverno.

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SCENA DAL FILM "LUCI DEL VARIETÀ", 1950

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LA FRASE DEL GIORNO
La nostra giornata è fatta, come tutta la vita, di misteriose rispondenze, di sottili collegamenti.
LEONARDO SCIASCIA, Nero su nero




Leonardo Sciascia (Racalmuto, 8 gennaio 1921 – Palermo, 20 novembre 1989), scrittore e poeta italiano.  Spirito libero e anticonformista, lucidissimo e impietoso critico del nostro tempo, all'ansia di conoscere le contraddizioni della sua terra e dell'umanità, unì un senso di giustizia pessimistico e sempre deluso.


venerdì 25 febbraio 2022

La sua unica luce


CECILIA CASANOVA

LAMPIONI

Una farfalla vola per la mia stanza buia.
Pietosa
ho aperto la finestra
per mostrarle i lampioni
che illuminano la via.
Ma lei  insiste a volare qui
come se fosse la mia semplice gioia
la sua unica luce.

(da Di ogni giorno, 1958)

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Cecilia Casanova è stata definita “la Emily Dickinson cilena”: viene facile fare il confronto tra la sua stanza e quella di Amherst, simile è l’atteggiamento verso la natura intesa come messaggera del mondo, con la quale instaurare un rapporto vitale.

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STEPHEN MACKEY, "FARFALLA"

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LA FRASE DEL GIORNO
La mia poesia / non ha effetti speciali /in bianco e nero / come un vecchio film.
CECILIA CASANOVA, Poesie del vago e del simpatico




Cecilia Casanova (Santiago del Cile, 2 ottobre 1926 – 2 novembre 2014), poetessa cilena. Autrice di poesie spesso brevissime ma chiare e intense, è stata accostata ad Emily Dickinson per la sua sensibilità nei confronti della natura e per la ricerca dell’immenso nel quotidiano.


giovedì 24 febbraio 2022

Nessuna idea se non nelle cose


WILLIAM CARLOS WILLIAMS

UNA SPECIE DI CANTO

Attenda il serpe sotto
la gramigna
e la scrittura
sia di parole, lente e rapide, affilate
a colpire, quiete ad attendere,
insonni
a conciliare con metafore
le persone e le pietre.
Componi (nessuna idea
se non nelle cose) Inventa!
Sassifraga è il mio fiore che spacca
le rocce.

(da Il cuneo, 1944 - Traduzione di Cristina Campo)

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L’arma del poeta è la metafora” scrisse William Carlos Williams: qui teorizza con una doppia immagine poetica, quella del serpente che attende tra le rocce di colpire e quella della forza della sassifraga – etimologicamente, “che rompe i sassi”, intendendo una sua presunta efficacia contro i calcoli renali – in grado di aprirsi una strada tra le rocce. Pone le basi a quello che sarà il suo poema Paterson, pubblicato in cinque volumi tra il 1946 e il 1958: "l'inevitabile flusso dell'occhio che misura se stesso in base al mondo in cui abita può solo provocare di per sé un'umiliazione schiacciante a meno che l'individuo non si elevi a una qualche approssimativa co-estensione con l'universo”.

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FOTOGRAFIA © STUART ANTHONY/FLICKR

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LA FRASE DEL GIORNO
Una poesia è questo: / una sfumatura di suono /che agisce con delicatezza / su una cataratta di sensi / i dettagli  / di un canto che si sveglia / su un letto di suoni.
WILLIAM CARLOS WILLIAMS




WilliamsWilliam Carlos Williams (Rutherford, New Jersey, 17 settembre 1883 – 4 marzo 1963), poeta, scrittore e medico statunitense. Fece parte degli “Altri” con Man Ray e Duchamp, divenendo uno dei principali esponenti del Modernismo americano. Per “Quadri da Bruegel e altre poesie” ottenne nel 1963 un Premio Pulitzer postumo.


mercoledì 23 febbraio 2022

Uno di quei poveri santi


VINCENZO CARDARELLI

HOMO SUM

Io pago tutto.
Non c’è peccato
ch’io non abbia finora
debitamente scontato.
Ho un organismo vitale
che vuole, contrariamente
al Diavolo di Goethe,
vuole il Bene e fa il Male.
Pensate quale puntualità
e che liste di conti da saldare.
Ai messi del Signore
l’uscio della mia casa è sempre aperto.
E spesso delle loro intimazioni,
prevenendole,
io stesso senz’attenderli
mi faccio esecutore.
Sì che quand’essi giungono
ritto sull’uscio lo fermo
e li rimando dicendo:
Amici, sono anch’io
cursore e complice di Dio.
Che dunque venite a fare
se il debito è già pagato ?
Forse è perciò che una donna cattiva
suole dire celiando
ch’io sono un santo e innanzi di morire
farò miracoli.
Talvolta infatti io mi vedo come uno
di quei poveri santi
che sulle tele delle sacrestie
stanno in adorazione della Vergine,
inutilmente aspettando
un suo sguardo.
Ma vi dico, in verità,
che volentieri darei, se pur l’avessi,
una tanto gloriosa vocazione
per un poco d’allegra umanità.

(da Poesie, Mondadori, 1960)

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“Io sono un cinico che ha fede in quel che fa” scrisse Vincenzo Cardarelli. Quello che “vuole il Bene e fa il Male”, si direbbe da questa poesia nuda in cui con echi decadenti e una disposizione d’animo malinconica fa emergere la profondità dei sentimenti e il dualismo tra realtà e pensiero traendo un bilancio analitico della propria vita e riconoscendosi   nell’inquietudine di quella umanità che fece dire a Terenzio nell’Heautontimorumenos, commedia rappresentata nel 163 avanti Cristo: “Homo sum, humani nihil mihi alienum puto” - Sono un uomo - niente di ciò che è umano ritengo a me estraneo.

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LEONARDO DA VINCI, "UOMO VITRUVIANO"

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LA FRASE DEL GIORNO.
La vita io l’ho castigata vivendola.
VINCENZO CARDARELLI, Poesie




Vincenzo Cardarelli, nato Nazareno Caldarelli (Corneto Tarquinia, 1º maggio 1887 – Roma, 18 giugno 1959), poeta, scrittore e giornalista italiano. Sorta dall’Avanguardia degli Anni Dieci, la sua poetica rivela influssi dell’espressionismo linguistico e del frammentismo, ad esprimere  temi come lo sradicamento, il viaggio, l'adolescenza, la perdita di identità.


martedì 22 febbraio 2022

Una goccia di pioggia


WISŁAWA SZYMBORSKA

ACQUA

Sulla mano mi è caduta una goccia di pioggia,
attinta dal Gange e dal Nilo,

dalla brina ascesa in cielo sui baffi d'una foca,
dalle brocche rotte nelle città di Ys e Tiro.

Sul mio dito indice
il mar Caspio è un mare aperto,

e il Pacifico affluisce docile nella Rudawa,
la stessa che svolazzava come nuvoletta su Parigi

nell'anno settecentosessantaquattro
il sette maggio alle tre del mattino.

Non bastano le bocche per pronunciare
tutti i tuoi fuggevoli nomi, acqua.

Dovrei darti un nome in tutte le lingue
pronunciando tutte le vocali insieme

e al tempo stesso tacere - per il lago
che non è riuscito ad avere un nome

e non esiste in terra - come in cielo
non esiste la stella che si rifletta in esso.

Qualcuno annegava, qualcuno ti invocava morendo.
E' accaduto tanto tempo fa, ed è accaduto ieri.

Spegnevi case in fiamme, trascinavi via case
come alberi, foreste come città.

Eri in battisteri e in vasche di cortigiane.
Nei baci, nei sudari.

A scavar pietre, a nutrire arcobaleni.
Nel sudore e nella rugiada di piramidi e lillà.

Quanto è leggero tutto questo in una goccia di pioggia.
Con che delicatezza il mondo mi tocca.

Qualunque cosa ogniqualvolta ovunque sia accaduta,
è scritta sull'acqua di babele.

(da Vista con granello di sabbia, Adelphi, 1998 – Traduzione di Pietro Marchesani)


C’è una vasta speculazione sulla presunta “memoria dell’acqua”, proprietà che essa avrebbe di mantenere "ricordo" delle sostanze con cui è entrata in contatto. Nessuna prova è stata portata a favore di questa teoria di Jacques Benveniste alla base dell’omeopatia. È invece più facile per la poesia, in questo caso per la poetessa polacca Wisława Szymborska, Premio Nobel 1996, immaginare una memoria “storica” o “geografica” dell’acqua.


FOTOGRAFIA © PEXELS

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LA FRASE DEL GIORNO
Le nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai, / poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.
WISŁAWA SZYMBORSKA, Due punti




Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012), poetessa e saggista polacca, insignita del Premio Nobel per la Letteratura nel 1996 “per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d'umana realtà”.


lunedì 21 febbraio 2022

Guardatemi almeno


GUTIERRE DE CETINA

OCCHI CHIARI, SERENI

Occhi chiari, sereni,
se da un dolce sguardo siete lodati,
perché se mi guardate, mi guardate adirati?
Se quanto più amorosi
più belli sembrate a chi vi ammira,
non mi guardate con ira
per non sembrare meno fascinosi.
Oh, tormenti furiosi!
Occhi chiari, sereni,
se così mi guardate, guardatemi almeno
!

(Ojos claros, serenos, da Opere, 1895)

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Gutierre de Cetina, poeta cinquecentesco conosciuto ai suoi tempi come l’Anacreonte spagnolo, è conosciuto soprattutto per i dieci versi di questo madrigale, di cui è chiara l’influenza dei petrarchisti italiani. Gutierre fu soldato sotto Carlo V in Germania e in Italia, a Trento e a Vigevano, dove conobbe Laura Gonzaga, alla cui altera bellezza è dedicata la poesia.

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LAVINIA FONTANA, "LAURA GONZAGA IN VERDE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Veleno che con gli occhi si beve, / dura prigione gradita al pensiero / aspra corda d’oro, dolce tormento, / confusione di follia e piacere.
GUTIERRE DE CETINA, Opere




Gutierre de Cetina (Siviglia, 1520 – Puebla de Los Angeles, Messico, 1557), poeta spagnolo del Rinascimento. Soldato con Carlo V in Italia e Germania, approdò nei territori della Nuova Spagna, morendo in duello in Messico. Appartenente alla scuola italiana iniziata da Boscán, si dedicò a versi petrarchisti il cui soggetto principale è l’amore.


domenica 20 febbraio 2022

Due stelle ardenti


PABLO ANTONIO CUADRA

INTERIORITÀ DI DUE STELLE ARDENTI

                                 A Mario Cajina Vega

A chi ha combattuto per la Libertà
hanno dato una stella, vicino
alla luminosa madre morta di parto.
- È stato grande il tuo dolore? – domanda
il Guerriero.
      - Non tanto quanto la gioia
di dare un nuovo uomo al mondo.
-E la tua ferita – dice lei -
è stata profonda e straziante?
                      - Non tanto
quanto la gioia di dare all’uomo un mondo nuovo.
- E hai conosciuto tuo figlio?
                      - No!
- E hai conosciuto il frutto della tua lotta?
                                   - Sono morto prima.
- Dormi? –domanda il Guerriero.
- Sogno – risponde la madre.
 

(da Il giaguaro e la luna, 1959)

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Il Guerriero e la Madre: due protagonisti per questa moderna favola in versi del poeta nicaraguense Pablo Antonio Cuadra. Morti entrambi, l’uno in battaglia, l’altra di parto, riassumono però in sé i valori più alti: la libertà e la vita. E di quei valori brillano nel ricordo di chi resta: anche se non sono riusciti a vedere il frutto del loro sacrificio, esso non è stato inutile perché ha spalancato le porte al futuro e alla speranza.

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FOTOGRAFIA © ALCHETRON

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LA FRASE DEL GIORNO

Senza amore non grida il petto nell’universo, / senza amore non giunge agli altri la nostra voce.

PABLO ANTONIO CUADRA, Canto temporale




Pablo Antonio Cuadra Cardenal (Managua, 4 novembre 1912 – 2 gennaio 2002), poeta, saggista, drammaturgo e critico letterario nicaraguense. Fondatore della rivista Vanguardia ed editore del quotidiano La Prensa, si oppose sia all’invasione statunitense sia alla dittatura di Somoza.


sabato 19 febbraio 2022

Come un cavallo vecchio


IBICO

MI GUARDA TRA LE PALPEBRE AZZURRINE

Mi guarda tra le palpebre azzurrine
Eros che strugge
con infinite malie
con le inafferrabili reti della Dea,
s’accosta e tremo,
come un cavallo vecchio provato
spinto col carro rapido
riottosamente, ancora, alla battaglia.

Ἔροϛ αὖτέ με κυανέοισιν ὑπό
βλεφάροις τακέῥ ὄμμασι δερκόμενος
κηλήμασι παντοδαποῖσ’ ἐς ἅπειρα
δίκτυα Κύπριδι βάλλει.
ἦ μὰν τρομέω νιν ἐπερχόμενον,
ὥστε φερέζυγος ἵππος ἀεθλοφόρος ποτί γήρᾳ
ἀέκων σὺν ὄχεσφι θοοῖσ’ ἐς ἅμιλλαν ἐβα.

(da La poesia d’amore antica, Bur, 2013 – Traduzione di Enzo Mandruzzato)

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"Bisogna obbedire, sebbene abbia l'impressione di trovarmi nella condizione del cavallo di Ibico. A questo cavallo da corsa, ormai anziano, che si accingeva a gareggiare con il cocchio e che per l'esperienza tremava dinanzi a ciò che l'aspettava, il poeta paragonò se stesso, e disse che anch'egli, contro la sua volontà, pur così vecchio, era stato costretto a muoversi verso l'amore”: giustificando la sua vecchiaia, Parmenide nell’omonimo dialogo di Platone cita questi versi di Ibico, poeta reggino del V secolo avanti Cristo. Anche avanti negli anni dunque l’amore viene a turbare chi credeva di non esserne più tentato.

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CANDY BARR, "RIPOSO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Ma a me Eros / in nessuna stagione dà riposo, / si spicca da Afrodite e m’aggredisce / come la tramontana della Tracia / incendiato di lampi, arido e folle.
IBICO




Ibico (Reggio, 570 a.C. circa – Corinto?, dopo il 522 a.C.), poeta greco antico di lirica corale. Restano solo frammenti pari a meno di 100 versi delle sue poesie: carmi lirici di contenuto eroico e poesie d'amore soprattutto in lode della bellezza degli efebi. Cicerone lo considerava poeta d'amore più ardente di tutti gli altri poeti greci.


venerdì 18 febbraio 2022

Michel Deguy


Il poeta e filosofo Michel Deguy è morto l’altro ieri a Parigi all’età di 91 anni. La fusione di poesia e filosofia è la sua caratteristica principale, tanto da avere parlato di “poesia-pensiero” e da affermare che “la conoscenza è per me poesia sbriciolata”: ne deriva perciò una poesia mai astratta, che si attacca a tutti i mezzi del linguaggio per rivelare un’esperienza concreta del mondo, per “ascoltare il precipizio, il pendio, la tempesta, la collina, araldi dell'essere, e che gli annunciano come vivere


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LA FINESTRA

La finestra spaziosa quanto basta per chiamare a raccolta le stagioni.
Uscieri in stracci il larice
e  l'acacia che in ritardo si spoglia
conducevano alla mia finestra il cielo;
sciabola sguainata i balconi del sole
e la terrazza militare
scortavano la primavera. In inverno
l'antico comignolo accelerava il vento
                                         da Beauvais

(da Frammenti dal catasto, 1960)

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RE SOLE

Quando il re si alzava presto
camminava in fondo all’acqua del mattino
Lo scafandro dalle suole di seta
lungo i sottotetti pescosi
infesta i palazzi disalberati.
Nell’alba dorata senza corrente
brilla un banco di ardesie squamose

IL limo e il relitto il re sogna
di lasciarli così in alto da conoscere
dall’altra parte del giorno trasparente
il curvo pescatore rosso che versa
sul fondo i suoi ami di luce

(da Poesie della penisola, 1961)

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia sono le parole; la filosofia sono le idee. Le parole, se hai la fortuna di saperle usare, fanno di tutto… Creano anche le idee. Mentre le idee non creano le parole.
MICHEL DEGUY, La ragione poetica




Michel Deguy (Parigi, 23 maggio 1930 – 16 febbriao 2022),  scrittore, poeta e filosofo francese. Risolutamente classica ed allo stesso tempo moderna, la sua scrittura sonora di si caratterizza per un notevole lavoro sulla lingua, nella quale si uniscono e si mescolano pensieri filosofici e profonda cultura poetica e letteraria.


giovedì 17 febbraio 2022

Un bacio che non finisce


MARIA LUISA SPAZIANI

ASPETTO QUELLA SPOSA

Sono stata l’amante di quell’albero,
della cicogna altissima, della nuvola errabonda.
Ma soltanto ho sposato, con un bacio che non finisce,
la rugiada marina che fa amara la lingua.
Aspetto quella sposa sulla riva del mare
e non voglio più uomini, amiche né animali.
Ho aiutato il ragno a tessere la tela,
e finita la tela il ragno mi ha mangiata.

(da I fasti dell'ortica, Mondadori, 1996)

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La parola per me è il più alto punto sacrale della poesia.  Non può andare più alto di così, con la verità assoluta. La poesia è come la preghiera, è contemplazione perché si crea un senso di solitudine verso le cose che si guardano” dichiarava Maria Luisa Spaziani in un’intervista a Patria Letteratura nel febbraio 2014. E ancora “Senz’altro è un dono. Un grande dono che viene dall’alto. (…) Ogni poesia è, a suo modo, una preghiera, in grado di distogliere lo sguardo dall’orizzontalità del nostro vivere e guardare un po’ al di sopra”. E i poeti sanciscono questo loro legame con la poesia, instaurano un vincolo amoroso, un indissolubile matrimonio.

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PAUL BOND, "L'ARRIVO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Leggere la poesia significa, alla lunga, saperla, non impararla.
MARIA LUISA SPAZIANI, Gazzetta d’Asti, 25 novembre 2012




Maria Luisa Spaziani (Torino, 7 dicembre 1922 – Roma, 30 giugno 2014), poetessa italiana formatasi nel clima postermetico di chiara ascendenza montaliana. La sua poesia è venuta via via distendendosi dal mottetto o epigramma a forme narrativo-discorsive.


mercoledì 16 febbraio 2022

Quelli dell’arte greca


GHIANNIS RITSOS

AZZURRITÀ

Non scordiamoli mai – disse – i buoni insegnamenti, quelli
dell’arte greca. Sempre l’azzurro di fianco
al quotidiano. Di fianco all’uomo: l’animale e l’oggetto –
un braccialetto al braccio della dea nuda; un fiore
caduto al suolo. Ricordate le belle raffigurazioni
sui nostri vasi di terracotta – gli dèi con gli uccelli e gli animali,
e insieme la lira, un martello, un pomo, la cassa, le tenaglie;
ah, e quella poesia in cui il dio, finito il suo lavoro,
tira dal fuoco i mantici, raccoglie gli attrezzi uno per uno
nella sua cassa d’argento; poi, con una spugna, s’asciuga
il viso, le mani, il collo muscoloso e l’irsuto petto.
Così, pulito e ordinato, esce la sera, appoggiandosi
sulle spalle degli adolescenti d’oro – opera delle sue mani
dotate di forza, pensiero e voce; esce per strada,
più maestoso di tutti, il dio claudicante, il dio lavoratore.

(da Pietre, ripetizioni, sbarre, 1970 – Traduzione di Nicola Crocetti)

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“Sono qui, davanti ai pochi libri di suoi versi pubblicati in questo Paese, e attraverso i quali altri Paesi hanno saputo che c’è ancora in Grecia un canto nato per durare secoli… sono qui, davanti a questi pezzi di carta, a questi manoscritti, a queste lettere, come se non esistesse niente di più prezioso al mondo, come se la scrittura trasparente e pura, che sembra smentire sempre l’impassibilità del volto, la bellezza delle statue, non fosse velata dal gocciare delle lacrime. A una a una. Senza clamore. Come una lunga, ammirevole modulazione del silenzio…”: questo scriveva nel 1971 Louis Aragon presentando Pietre, ripetizioni, sbarre, l’opera di Ghiannis Ritsos arrivata clandestinamente dal carcere dell’isola di Ghiaros dove era recluso. È una nuova epopea a far rivivere quei miti che da sempre permeano la cultura ellenica e in cui eroi collettivi indossano oltre duemila anni dopo le vesti degli eroi classici.

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ALEXANDRE FASSIANOS, "SENZA TITOLO"
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LA FRASE DEL GIORNO
Ripetizioni – dice, – ripetizioni senza fine; – che stanchezza mio Dio; / tutto il mutamento è solo nelle sfumature – Giasone, Odisseo, Colchide, Troia, / Minotauro, Talo, – e proprio in queste sfumature / tutto l’inganno e la bellezza a un tempo – opera nostra.
GHIANNIS RITSOS, Pietre, ripetizioni sbarre




Ghiannis Ritsos (Monemvasia, 1º maggio 1909 – Atene, 11 novembre 1990), poeta greco tra i maggiori del XX secolo. Fu candidato nove volte al Premio Nobel. La sua vita fu animata da un'incrollabile fede negli ideali marxisti e nelle virtù catartiche della poesia.



martedì 15 febbraio 2022

La ragazza di carta


DULCE MARÍA LOYNAZ

LOURDES

Questa ragazza è dipinta
su carta di riso trasparente
alla luce; vola con il suo foglio
nell’aria… Vola con le foglie secche
e con i sospiri perduti.
È la ragazza di carta e di fuga;
è la ragazza leggera e senza peso
del foglio illuminato,
quella dei colori ad acqua…
Quella che nessuno oserebbe
baciare per timore di cancellarla…

(da Versi, 1950)

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Lourdes è la ragazza di carta, che nel corpus poetico di Dulce María Loynaz fa il paio con la donna di fumo (“Uomo che mi baci, / fumo hai sul tuo labbro. / Uomo che mi abbracci, / vento hai nel tuo braccio”). È una figura eterea e leggera che vive di questa sua evanescente bellezza.

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ILLUSTRAZIONE DI BILLYS MULLET

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LA FRASE DEL GIORNO
Chi potrebbe, come il fiume, essere fugace ed eterno?
DULCE MARÍA LOYNAZ




Dulce María Loynaz (L'Avana, 10 dicembre 1902 – 27 aprile 1997), scrittrice e poetessa cubana. Il suo romanzo Giardino (1951) fu precursore del Realismo magico sudamericano. Figlia del generale Enrique Loynaz del Castillo, dopo la Rivoluzione cubana si isolò dalla vita sociale ma non volle abbandonare l’isola. Ottenne il Premio Cervantes nel 1992.


lunedì 14 febbraio 2022

Sono perché tu sei


PABLO NERUDA

FORSE NON ESSERE È ESSER SENZA CHE TU SIA

Forse non essere è esser senza che tu sia,
senza che tu vada tagliando il mezzogiorno
come un fiore azzurro, senza che tu cammini
più tardi per la nebbia e i mattoni,

senza quella luce che tu rechi in mano
che forse altri non vedran dorata,
che forse nessuno seppe che cresceva
come l'origine rossa della rosa,

senza che tu sia, infine, senza che venissi
brusca, eccitante, a conoscer la mia vita,
raffica di roseto, frumento del vento,

e da allora sono perché tu sei,
e da allora sei, sono e siamo,
e per amore sarò, sarai, saremo.

(da Cento sonetti d'amore, 1960 – Traduzione di Giuseppe Bellini)

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“Sono perché tu sei” dice Pablo Neruda in questo che è il sessantanovesimo dei suoi Cento sonetti d’amore: è in fondo il corollario del quarantottesimo: “Due amanti felici fanno un solo pane, / una sola goccia di luna nell'erba, / lascian camminando due ombre che s'uniscono, / lasciano un solo sole vuoto in un letto”. Ed è la riflessione poetica che ho scelto per questo giorno tradizionalmente dedicato agli innamorati.


JACK VETTRIANO, "PRIMO BACIO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Io dico amore, e si popola il mondo di colombe. / Ogni mia sillaba reca la primavera.
PABLO NERUDA, Cento sonetti d’amore




Pablo Neruda, pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto (Parral, 12 luglio 1904 – Santiago del Cile, 23 settembre 1973), poeta, diplomatico e politico cileno, è considerato una delle più importanti figure della letteratura latino-americana del Novecento. Fu insignito del Premio Nobel nel 1971.


domenica 13 febbraio 2022

Tenacia e volontà


HERMANN HESSE

QUERCIA POTATA

Ti abbiamo tagliato, albero!
Come sei spoglio e bizzarro.
Cento volte hai patito,
finché tutto in te fu solo tenacia e volontà!

Io sono come te. Non ho rotto
con la vita incisa, tormentata

e ogni giorno mi sollevo dalle sofferenze
e alzo la fronte alla luce.
Ciò che in me era tenero e delicato,
il mondo lo ha deriso a morte,

ma indistruttibile è il mio essere,
sono pago, conciliato.
Paziente genero nuove foglie
da rami cento volte sfrondati
e a dispetto di ogni pena
rimango innamorato del mondo folle.

(da Il coraggio di ogni giorno, Mondadori, 1991 – Traduzione di Adriana Apa)

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Per me gli alberi sono sempre stati i predicatori più persuasivi. Li venero quando vivono in popoli e famiglie, in selve e boschi. E li venero ancora di più quando se ne stanno isolati. Sono come uomini solitari. (…) Tra le loro fronde stormisce il mondo, le loro radici affondano nell’infinito”: Hermann Hesse provava sensibilità verso gli alberi e scriveva queste parole in un testo del 1919, un anno prima della poesia sulla quercia potata, che diventa un’esortazione alla resilienza, alla resistenza di fronte alle avversità.

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FOTOGRAFIA © THE ROAMING PICTURE TAKER/FLICKR

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LA FRASE DEL GIORNO
Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare, chi li sa ascoltare, conosce la verità.
HERMANN HESSE, Il canto degli alberi




Hermann Hesse (Calw, 2 luglio 1877 – Montagnola, 9 agosto 1962) scrittore, poeta, aforista, filosofo e pittore tedesco naturalizzato svizzero, è stato insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1946. Celebri i suoi romanzi Siddhartha, Peter Camenzind, Demian, Il lupo della steppa.


sabato 12 febbraio 2022

Lungo il filo del canto


SERGIO SOLMI

ASCOLTANDO MOZART

Perché queste discolpe non richieste,
queste belle querele, questi ànsiti
e sospiri intermessi che s’inseguono
lungo il filo del canto, se ben sai
che già procedi assolta, e da te stessa
fai domande e risposte in dilettevole
gioco d’echi? Mi dici che l’antica
pena è tutta vanita e fatta scherzo,
aria, fluir di rivi e nubi, vacuo
stormente labirinto entro cui marciano
grandi cavalli d’ombra. O meglio, forse,
ch’essa non può morire, ma le ingiungi,
solo, supremo esito concesso
agli umani, di trasformarsi in danza.

(1954)

(da Levania e altre poesie, 1956)

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La tematica musicale non è rara in poesia: i poeti provano ad evocare le immagini che le melodie portano con sé. Questi versi di Sergio Solmi, che hanno più di una vasta eco montaliana – i due furono commilitoni nella caserma della Pilotta a Parma nel 1917 – implicano un tentativo di superamento del dolore. Un altro poeta, Carlo Betocchi, ne rimase stregato, tanto che scrisse a Solmi, con il quale intavolò una fitta corrispondenza: “Quanta gente sente musica e non capisce che tutto sta lì (…) quante volte ho pensato a dirlo ma non sarei stato buono come lei col Mozart”.

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FOTOGRAFIA © PXHERE

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LA FRASE DEL GIORNO
La musica crea il mondo. È il corpo spirituale del mondo, l'idea (fluida) del mondo.
ALEKSANDR BLOK, Taccuini




Sergio Solmi (Rieti, 16 dicembre 1899 – Milano, 7 ottobre 1981),  scrittore, poeta, critico letterario e saggista italiano. È stato poeta tanto originale quanto radicato nella tradizione italiana nonché felice traduttore. Come critico, si occupò di letteratura francese (Alain, Montaigne, Rimbaud), di paraletteratura e di Giacomo Leopardi.


venerdì 11 febbraio 2022

Le gambe sullo scoglio


JOSÉ WATANABE

IL MIO SGUARDO HA LE SUE RAGIONI

Credo che il mio sguardo abbia un criterio di selezione arbitrario.
Ovviamente c’era molto più paesaggio intorno,
è impossibile che fossimo solo io e lei sul frangiflutti.

Ci ripenso, come tutti. Allora posso supporre che
se c’era nebbia
le dissi: le barche nella nebbia possono essere solo riflessi, miraggi,
e le citai un vecchio haiku di Harumi:
                                 “Nella nebbia
                                  sfioro la barca scomparsa.
                                  E poi mi imbarco".

Se c’era il sole
le scattai fotografie con il cavo della mano e forse l’ho messa in imbarazzo
dicendole: posa con il seno al vento.
Se passavano gabbiani e lei li guardava, le rammentai
che sono uccelli crudeli e che solo il loro canto è sincero.
Il mio sguardo vedeva tutto, non tralasciava nulla.
Entrammo in mare dal frangiflutti di rocce tagliate.
Su  uno scoglio sporgente raccolse la gonna
                            e mise i piedi nell’acqua.
Sistemò comodamente le gambe nude sul masso.
Era così strano
il contrasto delle sue gambe bianche sulla pietra grigia:
le sue gambe erano vive come un animale nel letargo invernale,
lo scoglio era troppo corporeo e definito.

Avrei voluto inserire la mia poesia nell’intero scenario,
ma il mio sguardo, arbitrariamente, lo ha escluso
e torna solo con ossessiva precisione
a quel bellissimo estremo problema di consistenze
                                                              le gambe
                                                              sullo scoglio.

(da Il fuso della parola, 1989)

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Il ricordo è selettivo, spesso sceglie un dettaglio e cancella tutto lo sfondo, la memoria concentra il suo obiettivo su quello che riteniamo più importante per noi. Il poeta peruviano José Watanabe della giornata trascorsa con una ragazza sul frangiflutti di un molo ricorda solo il contrasto delle gambe nude di lei sulla pietra grigia della diga foranea, tutto il resto altro non può essere che ricostruzione arbitraria e provvisoria, compreso il bellissimo haiku del padre Harumi Watanabe.

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DIPINTO DI VLADIMIR VOLEGOV

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LA FRASE DEL GIORNO
I nostri ricordi sono schedari consultati e poi restituiti in disordine da autorità che noi non controlliamo.
CYRIL CONNOLLY




José Watanabe Varas (Trujillo, 17 marzo 1945 - Lima, 25 aprile 2007) poeta peruviano. Voce dei “poeti del ‘70”, al tipico colloquialismo e allo sperimentalismo della corrente mescolò lo zen, il taoismo, il buddhismo e la cultura degli haiku che gli derivavano dalle sue origini giapponesi.


giovedì 10 febbraio 2022

Quella nostalgia


NÂZIM HIKMET
DURANTE TUTTO IL VIAGGIO

Varsavia, 1960

Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse come la mia ombra
mi stava accanto anche nel buio
non dico che fosse come le mie mani e i miei piedi
quando si dorme si perdono le mani e i piedi
e io non perdevo la nostalgia nemmeno durante il sonno

durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse fame o sete o desiderio
del fresco nell’afa o del caldo nel gelo
era qualcosa che non può giungere a sazietà
non era gioia o tristezza non era legata
alle città alle nuvole alle canzoni ai ricordi
era in me e fuori di me

durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
e del viaggio nulla mi resta se non quella nostalgia.

(da Poesie d’amore, Mondadori, 2002 – Traduzione di Joyce Lussu)

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"Adesso il tempo le appare in maniera del tutto diversa; non è più il presente vittorioso che s’impossessa del futuro; è il presente vinto, prigioniero, travolto dal passato":  questa frase da L'ignoranza di Milan Kundera fotografa bene il momento che vive il poeta turco Nâzım Hikmet, esule in viaggio per l'Europa del blocco comunista  dal 1950 al 1963, anno in cui morirà a Mosca.

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LIONEL WALDEN, "IL TRENO DELLA NOTTE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Di chi è questo cuore che batte / più forte delle voci e dell'ansito? / È tuo è della città è della notte / o forse è il mio cuore che batte forte?
NÂZIM HIKMET, Poesie




Nâzım Hikmet Ran (Salonicco, 15 gennaio 1902 – Mosca, 3 giugno 1963), poeta, drammaturgo e scrittore turco naturalizzato polacco. Definito "comunista romantico" o "rivoluzionario romantico, è considerato uno dei più importanti poeti turchi dell'epoca moderna. Considerato sovversivo dal regime, scontò 17 anni di carcere prima dell’esilio nei paesi dell’est europeo.


mercoledì 9 febbraio 2022

Riempirò la tua casa di libri


EUSEBIO RUVALCABA

LIBRI

Ti prometto una cosa: riempirò
la tua casa di libri
Che tu non possa camminare
che le persone che inviti dicano cosa
diavolo
succede,
- per te non esiste altro
che questi dannati libri? -
Ti si impiglieranno nei capelli, si incastreranno
nelle gambe.
Quando farai il bagno vedrai
che saranno lì,
tra l'acqua del doccino
e lo shampoo.
Allora riderai
riderai come mai prima d'ora.
E i libri usciranno dal bagno
e riempiranno il corridoio
e la cucina. E il letto.
Quello, il tuo letto.
Non ti permetteranno di fare l'amore.
Perché prima dovrai leggerli.
E ci vorrà tempo.
Soprattutto perché ci saranno
Dante e Petrarca.
Shakespeare e Tennessee Williams.
E tutti quelli che hanno scritto per amore.
E dell'amore - qualcuno separa una cosa
dall'altra?
E Leopardi, ovviamente. E Cernuda.
E José María Álvarez
— cento volte José María Álvarez.
E Jaime Gil de Biedma.
E, scusa se insisto, ripeto,
tutti coloro la cui lettura ti infiamma
il sangue.
Perché vorranno starti vicino.
Perché l'amore ti precede e ti segna.
E l'amore dice che lei mi ama. E a lei che io la amo.
Questo dice l’amore.
Così i libri satureranno
la tua vita
di gioia e dolore.
Perché non c’è modo
di cambiarlo.
E quando ti avvicini al letto
per riconciliare il sonno benedetto,
quando sollevi le lenzuola
e desideri, finalmente,
riposare,
noterai una grande protuberanza
che lo occupa già.
Sono i libri,
sono lì perché vogliono
accompagnarti
nei tuoi sogni.
Perché sono, i libri, come sei
tu: ansiosa
di essere amata,
ansiosa di sentire sulla pelle quelle
dita sopraffatte dal desiderio;
ma nella stessa misura
perché i libri sono come te:
esseri che rende focosi
il semplice desiderio di avere
un interlocutore.
Qualcuno che li legga e che faccia
domande.
Che parli con loro.
Che prometta di portarli
nella tomba.
Qualcuno che dia la vita per loro.
Qualcuno come te.
che io amo
Che amo perché anche l'amore è
aprire il libro
proprio come si apre il cuore.
Quando si ama.
Ma ti prometto anche un'altra cosa:
riempirò la tua casa di musica – ne parleremo
un altro giorno.

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È una vera e propria dichiarazione d’amore – per una donna certo, ma soprattutto per i libri: un parallelismo condotto fino alla fine dal poeta messicano Eusebio Ruvalcaba: “Anche l’amore / è aprire il libro / proprio come si apre il cuore”.

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ILLUSTRAZIONE DI JONATHAN WOLSTENHOLME

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LA FRASE DEL GIORNO
Cerco nei libri delle righe scritte per me nella solitudine di un tavolo 90 x 90. Perché il bevitore dell’osteria ha bisogno di un interlocutore. E a volte la parola adempie a quel compito. Trovo molte cose.
EUSEBIO RUVALCABA




Eusebio Ruvalcaba Castillo (Guadalajara, 3 settembre 1951 –Città del Messico, 7 febbraio 2017), scrittore, giornalista, saggista e drammaturgo messicano. Il suo stile molto particolare di concepire e interpretare il mondo gli valse seguaci di generazioni molto diverse, e tra gli adolescenti ebbe i suoi seguaci più assidui.


martedì 8 febbraio 2022

Centenario di Erika Burkart


Erika Burkart, considerata la più grande poetessa svizzera di lingua tedesca del Novecento, nasceva l’8 febbraio di cento anni fa ad Aarau, nel cantone dell’Argovia. La sua poesia è una ricerca dell’armonia perduta dell’universo e infatti la natura con la sua forza cosmica vi occupa uno spazio rilevante, assurgendo a coprotagonista e inserendo nella tradizione tedesca della “Naturlyrik” il tema dello strappo, della frattura, che nega l’idillio del paradiso perduto.

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FOTOGRAFIA © ERNST HALTER

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GLI ALBERI DEI POETI

Amici leali,
compagni di strada, quando nessuno
più viene con noi; sono caduti:
il pioppo di Rilke, le querce di Hölderlin,
i noci del giovane Werther,
i salici di Joseph Roth nella palude.

Ma gli alberi di fumo di Celan,
non potranno cadere.
Si levano per ogni dove
sono cresciuti in cielo,
crescono -
Lui li ha visti, perché noi li vediamo.

(da Movimento lento, 2002 – Traduzione di Zweifel Azzone)

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PRESSO GLI ALBERI

Dove il tiglio e l’abete
ti erano fratelli,
la foglia cresceva in mano,
la foglia simile a un cuore,
Fratello Tiglio! – Aghi negli aghi
si specchiavano tiglio e abete.

Vagando su spighe e su neve
la campana trovava la via di casa,
le cui finestre erano occhi
sopra gli alberi, che mi
riconoscevano,
quando tornavo a casa da lontano.

Corone di rami
crescevano agli alberi;
nella loro ombra protettiva
la donna rimpiccioliva, piena di sensazioni,
poggiata contro il ceppo di un noce,
forma umana,
con il suo corpo sempre più minuto.

Dinanzi alla porta aperta,
che concede accesso agli smarriti e ai morti
della mia vita, spuntano in tardo autunno
nere foglie dalla penombra,
le parole vanno in cerca
del loro senso perduto,
senso e immagine si sovrappongono, trasformati,
in una parola ritrovata.

(da Turno di notte, 2011 – Traduzione di Nino Muzzi)

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Altre poesie di Erika Burkart sul Canto delle Sirene:

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LA FRASE DEL GIORNO
Tutte le parole / ciottoli levigati / sotto le nostre lingue. / Li lascio cadere / lungo il cammino / per ritrovare la strada / che mi riporta a casa.
ERIKA BURKART




Erika Burkart (Aarau, 8 febbraio 1922 – Muri, 14 aprile 2010), scrittrice  e poetessa svizzera. Attenta osservatrice della natura, dal suo eremo di Haus Kapf a Murimoos: coglieva gli elementi naturali per filarli in un tessuto di pensieri e visioni metafisiche.


lunedì 7 febbraio 2022

Centenario di Jan Skácel


Jan Skácel, nato in Moravia esattamente cento anni fa, il 7 febbraio del 1922, è noto come “il poeta del silenzio”. Giornalista, speaker radiofonico e addirittura operaio in una fabbrica di trattori, ebbe il suo nome nella lista nera del regime comunista dopo la Primavera di Praga del 1968: gli fu impedito di pubblicare per oltre un decennio e venne allontanato dalla direzione della rivista Host do domu, che reggeva dal 1963. La poesia di Skácel è segnata da un’atmosfera rarefatta e da un dire controllato, assimilabile a certa poesia cinese. I suoi versi, connessi alla natura e alle tradizioni della Bassa Moravia, assumono toni metafisici: “Sono solo  un poeta, un radar sotto i tigli. Non sta a me rispondere. Io domando”.

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FOTOGRAFIA © UNDG

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NOTTURNO

Sorvegliamo i lupi fino a tarda notte
Poi mangeremo la luna
Resteranno fosse piene di stelle
Il buio profuma dolce come segale

Abbiamo voglia soprattutto di dormire
e meditiamo come rivolgerci alla morte
Senza di lei non ci sarebbe l’infanzia
la regione della cava libertà dei fili d’erba

(da Il colore del silenzio, Metauro, 2004 - Traduzione di Annalisa Cosentino)

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CONTRATTO

Non voglio che nessun dio mi gratifichi.
Ho il mio da molto tempo
per me e per la mia rettitudine.
E per l'umiltà di cui ho bisogno.

A volte l'anima umana puzza
come un cane bagnato.
Non bestemmio. Voglio solo
che il dolore sia dolore
e che una lacrima sia una lacrima.

(da Tristezza, 1965)

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Altre poesie di Jan Skácel sul Canto delle Sirene:

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LA FRASE DEL GIORNO
Nel profondo fin dove può arrivare / la mano vertiginosa del buio / le radici tacciono di parole cieche. / Al sonno perpendicolare risponde il silenzio.
JAN SKÁCEL, Il colore del silenzio




Jan Skácel (Vnorovy, Moravia, 7 febbraio 1922 - Brno, 7 novembre 1989), poeta ceco, fu costretto dal regime comunista a lasciare il giornale di cui era redattore. Dopo la Primavera di Praga, smise di pubblicare in Cecoslovacchia: la censura sovietica proibì i suoi libri, che apparvero sotto forma di samizdat.


domenica 6 febbraio 2022

Il passo illanguidito


DINO CAMPANA

VI AMAI NELLA CITTÀ DOVE PER SOLE

Vi amai nella città dove per sole
strade si posa il passo illanguidito
dove una pace tenera che piove
a sera il cuor non sazio e non pentito
volge a un’ambigua primavera in viole
lontane sopra il cielo impallidito.

(da Canti Orfici ed altre liriche, Vallecchi, 1928)

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Sei endecasillabi (“Brevi poesie, come gli impressionisti”) bastano a Dino Campana per descrivere compiutamente l’incontro a Firenze con Sibilla Aleramo: quello che rimane è sì un senso di amarezza, un gusto di rimpianto per quell’amore consumato dalla sua eccessiva intensità, ma spicca anche la dolcezza, la “folle ebbrezza” aiutata dalla primavera fiorentina.

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SCENA DAL FILM "UN VIAGGIO CHIMATO AMORE" © CATTLEYA

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LA FRASE DEL GIORNO
Fiorenza giglio di potenza virgulto primaverile. Le mattine di primavera sull'Arno. La grazia degli adolescenti (che non è grazia al mondo che vinca tua grazia d'Aprile), vivo vergine continuo alito, fresco che vivifica i marmi e fa nascere Venere Botticelliana?
DINO CAMPANA, Canti orfici




Dino Carlo Giuseppe Campana (Marradi, 20 agosto 1885 – Scandicci, 1º marzo 1932), poeta italiano. l’unico accostabile ai “maudits” del Decadentismo europeo quali Rimbaud. La sua poesia brucia le scorie della tradizione di Carducci e D’Annunzio con un atteggiamento visionario che va oltre le cose e i dati realisticamente intesi. Di lui è nota l’appassionata relazione con Sibilla Aleramo.


sabato 5 febbraio 2022

Una sera di nebbia


VITTORIO SERENI

L’ALIBI E IL BENEFICIO

Le portiere spalancate a vuoto sulla sera di nebbia
nessuno che salga o scenda se non
una folata di smog la voce dello strillone
– paradossale – il Tempo di Milano l’alibi
e il beneficio della nebbia cose occulte
camminano al coperto muovono verso di me
divergono da me passato come storia passato
come memoria: il venti il tredici il trentatre
anni come cifre tramviarie
o solo indizio ammiccante della radice perduta
una sera di nebbia agli incroci di ogni possibile sera
infatti
è sera qualunque traversata da tram semivuoti
mi vedi avanzare come sai nei quartieri senza ricordo
mai visto un quartiere così ricco in ricordi
come questi sedicenti «senza» nei versi del giovane Erba
tra due fonde barriere dentro un grigio acre tunnel
con che pena il trasporto buca la nebbia stasera
alibi ma beneficio della nebbia globalità del possibile
che si nasconde ma per fiorire
in alberi e fontane questa polvere d’anni di Milano.

(Da Gli strumenti umani, Einaudi, 1965)

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“È sera qualunque traversata da tram semivuoti / mi vedi avanzare come sai nei "quartieri senza ricordo”: Vittorio Sereni incastona questi suoi versi da Tabula rasa? di Luciano Erba nella sua poesia. È la stessa Milano dei primi Anni Sessanta, una nebbiosa e grigia città invernale e nell’atmosfera alienante della nebbia – che assume per metafora la funzione di alibi e di beneficio alla fuga dalla realtà - si perdono anche i ricordi e le riflessioni sulla posizione del poeta come individuo, sulla sua appartenenza alla storia, all’epoca in cui vive.

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PIAZZA DUOMO, MILANO, 1954 © ARCHIVI FARABOLA

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LA FRASE DEL GIORNO
Come nella grafica, mentre di solito si disegna in nero su uno sfondo bianco, può accadere il contrario, cioè disegnare in negativo, qualcosa di analogo ho fatto io. Sono cioè partito da una situazione che sapevo negativa, nonostante questo e, anzi, proprio per questo.
VITTORIO SERENI, Il grande amico




Vittorio Sereni (Luino, 27 luglio 1913 – Milano, 10 febbraio 1983), poeta italiano, è il capostipite della variante lombarda del novecentismo poetico, detto “Linea lombarda”. Ufficiale di fanteria, viene fatto prigioniero dopo l’8 settembre 1943. Nel dopoguerra è direttore letterario di Mondadori e cura la prima edizione dei Meridiani.


venerdì 4 febbraio 2022

Lo sguardo è dentro le cose


PIERO BIGONGIARI

NON SO

Nell'umido brillare dei tetti,
nel calare del sole tra le scogliere
di strade, non so cos'altro aspetti,
s'altro dichiari con parole rade
ai passanti, ai vetri ciechi dei tram,
e a un tratto molto so della speranza,
ma non so neppure cosa si perde
nell'ansimo dell'aria, quasi un battito
accelerato di motore,
quasi tacchi più fitti, una catena
che si tende, gli occhi un poco più desti.

Ma lo sguardo è dentro le cose
a cercarvi la buccia tra la polpa,
e non v'è colpa sufficiente per la nostra gioia,
nemmeno la speranza e la solitudine:
tu sai che non so, tu sai che puoi chiedere.

26 novembre 1945

(da Rogo, Edizioni della Meridiana, 1952)

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La poesia, per Piero Bigongiari, è un mezzo per provare ad attraversare la realtà e trovare la luce che la illumini, “punto di resistenza a una civiltà ormai in profonda crisi anoressica”, come scrisse Giancarlo Quiriconi. Lo sguardo umano, dice lo scrittore fiorentino, è già curioso dentro le cose, per quanto esse astraggano dalla sua intelligenza: “Forse è questa l’ora di non vedere / se tutto è chiaro, forse questa è l’ora / ch’è solo di sé paga, ed il tuo incanto / divaga nell’inverno della terra, / nell’inferno dei segni da capire”.

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MARIO SIRONI, "PAESAGGIO URBANO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Tutto, vedi, / ti aiuta a distaccarti un po’ per volta / dal crudo magma che t’avvolge e soffoca.
PIERO BIGONGIARI, Rogo




Piero Bigongiari (Navacchio, 15 ottobre 1914 – Firenze, 7 ottobre 1997), poeta e critico letterario italiano. Insegnò storia della letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Firenze. È considerato esponente di un ermetismo purista in cui dominano metafisicamente il tema dell’assenza, un forte anelito religioso e la trasfigurazione simbolica della realtà.