JOSÉ WATANABE
IL MIO SGUARDO HA LE SUE RAGIONI
Credo che il mio sguardo abbia un criterio di selezione arbitrario.
Ovviamente c’era molto più paesaggio intorno,
è impossibile che fossimo solo io e lei sul frangiflutti.
Ci ripenso, come tutti. Allora posso supporre che
se c’era nebbia
le dissi: le barche nella nebbia possono essere solo riflessi, miraggi,
e le citai un vecchio haiku di Harumi:
“Nella nebbia
sfioro la barca scomparsa.
E poi mi imbarco".
Se c’era il sole
le scattai fotografie con il cavo della mano e forse l’ho messa in imbarazzo
dicendole: posa con il seno al vento.
Se passavano gabbiani e lei li guardava, le rammentai
che sono uccelli crudeli e che solo il loro canto è sincero.
Il mio sguardo vedeva tutto, non tralasciava nulla.
Entrammo in mare dal frangiflutti di rocce tagliate.
Su uno scoglio sporgente raccolse la gonna
e mise i piedi nell’acqua.
Sistemò comodamente le gambe nude sul masso.
Era così strano
il contrasto delle sue gambe bianche sulla pietra grigia:
le sue gambe erano vive come un animale nel letargo invernale,
lo scoglio era troppo corporeo e definito.
Avrei voluto inserire la mia poesia nell’intero scenario,
ma il mio sguardo, arbitrariamente, lo ha escluso
e torna solo con ossessiva precisione
a quel bellissimo estremo problema di consistenze
le gambe
sullo scoglio.
(da Il fuso della parola, 1989)
.
Il ricordo è selettivo, spesso sceglie un dettaglio e cancella tutto lo sfondo, la memoria concentra il suo obiettivo su quello che riteniamo più importante per noi. Il poeta peruviano José Watanabe della giornata trascorsa con una ragazza sul frangiflutti di un molo ricorda solo il contrasto delle gambe nude di lei sulla pietra grigia della diga foranea, tutto il resto altro non può essere che ricostruzione arbitraria e provvisoria, compreso il bellissimo haiku del padre Harumi Watanabe.
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DIPINTO DI VLADIMIR VOLEGOV
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LA FRASE DEL GIORNO
I nostri ricordi sono schedari consultati e poi restituiti in disordine da autorità che noi non controlliamo.
CYRIL CONNOLLY
José Watanabe Varas (Trujillo, 17 marzo 1945 - Lima, 25 aprile 2007) poeta peruviano. Voce dei “poeti del ‘70”, al tipico colloquialismo e allo sperimentalismo della corrente mescolò lo zen, il taoismo, il buddhismo e la cultura degli haiku che gli derivavano dalle sue origini giapponesi.
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