Jan Skácel, nato in Moravia esattamente cento anni fa, il 7 febbraio del 1922, è noto come “il poeta del silenzio”. Giornalista, speaker radiofonico e addirittura operaio in una fabbrica di trattori, ebbe il suo nome nella lista nera del regime comunista dopo la Primavera di Praga del 1968: gli fu impedito di pubblicare per oltre un decennio e venne allontanato dalla direzione della rivista Host do domu, che reggeva dal 1963. La poesia di Skácel è segnata da un’atmosfera rarefatta e da un dire controllato, assimilabile a certa poesia cinese. I suoi versi, connessi alla natura e alle tradizioni della Bassa Moravia, assumono toni metafisici: “Sono solo un poeta, un radar sotto i tigli. Non sta a me rispondere. Io domando”.
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FOTOGRAFIA © UNDG
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NOTTURNO
Sorvegliamo i lupi fino a tarda notte
Poi mangeremo la luna
Resteranno fosse piene di stelle
Il buio profuma dolce come segale
Abbiamo voglia soprattutto di dormire
e meditiamo come rivolgerci alla morte
Senza di lei non ci sarebbe l’infanzia
la regione della cava libertà dei fili d’erba
(da Il colore del silenzio, Metauro, 2004 - Traduzione di Annalisa Cosentino)
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CONTRATTO
Non voglio che nessun dio mi gratifichi.
Ho il mio da molto tempo
per me e per la mia rettitudine.
E per l'umiltà di cui ho bisogno.
A volte l'anima umana puzza
come un cane bagnato.
Non bestemmio. Voglio solo
che il dolore sia dolore
e che una lacrima sia una lacrima.
(da Tristezza, 1965)
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Altre poesie di Jan Skácel sul Canto delle Sirene:
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LA FRASE DEL GIORNO
Nel profondo fin dove può arrivare / la mano vertiginosa del buio / le radici tacciono di parole cieche. / Al sonno perpendicolare risponde il silenzio.
JAN SKÁCEL, Il colore del silenzio
Jan Skácel (Vnorovy, Moravia, 7 febbraio 1922 - Brno, 7 novembre 1989), poeta ceco, fu costretto dal regime comunista a lasciare il giornale di cui era redattore. Dopo la Primavera di Praga, smise di pubblicare in Cecoslovacchia: la censura sovietica proibì i suoi libri, che apparvero sotto forma di samizdat.
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