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lunedì 31 maggio 2021

L’isola della poesia


ADAM ZAGAJEWSKI

HOUSTON, SEI DEL POMERIGGIO

L’Europa già dorme sotto la ruvida coltre dei confini
e degli odi antichi: la Francia stretta
alla Germania, la Bosnia tra le braccia della Serbia,
la Sicilia solitaria nel mare turchino.

È quasi sera qui, la lampada è accesa
e presto si spegnerà il sole oscuro.
Sono solo, ora leggo, ora rifletto,
ora ascolto un poco di musica.

Sono là dov’è l’amicizia,
ma non gli amici, dove cresce
l’incanto, ma senza incantesimi,
là dove ridono i morti.

Sono solo perché l’Europa dorme, La mia amata
dorme in una casa altra nei pressi di Parigi.
A Cracovia e a Parigi i miei amici
guadano lo stesso fiume dell’oblio.

Leggo e rifletto; in una poesia
ho trovato: Accadono disgrazie così orribili…
‒ Non chiedere! Non chiedo. Nel silenzio della sera
irrompe un elicottero della polizia.

La poesia chiama a una vita più alta ‒
ma ciò che è basso ha la sua eloquenza ‒,
più sonora della lingua indoeuropea,
più forte dei miei libri e dei miei dischi.

Non ci sono usignoli o merli
dalla dolce, triste cantilena,
solo il tordo beffeggiatore che imita
e fa il verso a tutte le altre voci.

La poesia chiama alla vita, al coraggio
di fronte all’ombra che si espande.
Sai guardare con calma la Terra
‒ come un ideale cosmonauta?

Dall’indolenza innocente, dalla Grecia dei libri
e dalla Gerusalemme del ricordo d’un tratto emerge
l’isola della poesia, disabitata,
che un novello Cook un giorno scoprirà.

L’Europa dorme già. Gli animali notturni
rapaci e malinconici,
vanno a caccia, muovono alla morte.
Tra poco anche l’America si addormenterà.

(da Desiderio, 1999)

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L’esperienza del presente è una delle caratteristiche principali della poesia di Adam Zagajewski. Il poeta polacco, dopo aver firmato la “Lettera dei 59”, nel 1976 si vide bandire la stampa dal regime comunista. Nel 1980 firmò l’appello per gli operai di Solidarnosc in sciopero e due anni dopo scelse l’esilio a Parigi. Tornerà a Cracovia solo vent’anni dopo. Nel momento di questa poesia si trova in America, a Houston, per insegnare. Ed è un secondo esilio, oltre che dalla Polonia si sente esule anche dall’Europa: quella patria perduta – la natia Leopoli passata all’Ucraina, Cracovia, lo stesso sentire europeo – rimangono una ferita sempre viva che Zagajewski tenta di sanare elevandosi con la poesia.

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FOTOGRAFIA © TREY RATCLIFF/FLICKR

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LA FRASE DEL GIORNO
Le scienze positive stanno progredendo, mentre poesia e filosofia rimangono nello stesso stato di smarrimento. Uno smarrimento che a volte dà felicità e a volte può essere una vera tortura.
ADAM ZAGAJEWSKI, Sovrapposizioni, 19 gennaio 2021




Adam Zagajewski (Leopoli, Ucraina, 21 giugno 1945 – Cracovia, 21 marzo 2021), poeta, scrittore e saggista polacco. Esordì nel 1972 con Komunikat. Esponente della New Wave polacca, nel 1976 aderì al Comitato per la Difesa degli Operai e la dittatura comunista gli impedì di pubblicare. Cominciò allora il suo esilio a Houston e Parigi. Tornò a risiedere a Cracovia nel 2002.


domenica 30 maggio 2021

Che isola meravigliosa


MISUZU KANEKO

BENTEN-JIMA

“Che isola meravigliosa —
sembra un peccato che sia là fuori,

la aggancerò con una corda
e la porterò via”.

Così rise un marinaio del Nord.

Sta mentendo, sta mentendo – pensai.
Ma quando la notte si fece più buia, iniziai a preoccuparmi.

E il mattino, con il cuore a mille
corsi in spiaggia.

Benten-Jima era ancora lì
galleggiava sulle onde
avvolta da una luce dorata,

verde come sempre.

(da Sei un’eco? La poesia perduta di Misuzu Kaneko, 2016)

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Benten-jima è un santuario dedicato a Toyotamabime, la figlia di Wadazumi, il dio giapponese del mare. Arroccato sulla spiaggia di Inasa, si dice che protegga i marinai, ed è meta turistica per i fantastici tramonti che regala la combinazione del cielo con il tempio. Poco più di uno scoglio, però bellissimo protagonista di questo sogno-favola della poetessa giapponese Misuzu Kaneko, raccontato con la consueta delicatezza.

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FOTOGRAFIA © NIPPON

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LA FRASE DEL GIORNO
C’è un posto dove una volta / ho fatto qualcosa di buono / e ogni volta che passo / mi sento bene.
MISUZU KANEKO, Sei un’eco?




Misuzu Kaneko nata Teru Kaneko (Nagato, 11 aprile 1903 – Senzaki, 10 marzo 1930), poetessa giapponese. Esordì come scrittrice di poesie per bambini quando era impiegata in una libreria di Shimonoseki ottenendo un grande successo. Dimenticata per anni dopo il suicidio, fu riscoperta nel 1966 dal poeta Setsuo Yazaki che curò la riedizione dei suoi testi.


sabato 29 maggio 2021

Così sensibile


ALAÍDE FOPPA

LA PELLE

È così fragile la trama
che la lacera una spina,
così vulnerabile
che la brucia il sole,
così sensibile
che il freddo la fa rabbrividire.
Però la mia pelle sottile
percepisce
la dolce varietà
delle carezze,
e il mio corpo senza di essa
sarebbe una piaga nuda.

(da Elogio del mio corpo, 1970)

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La poetessa guatemalteca Alaíde Foppa, sull’onda dei Blasons du corps féminin dal sapore petrarchesco diffusi tra Medioevo e Rinascimento, pubblicò nel 1970 Elogio del mio corpo: tra le varie parti dell’anatomia ecco allora la pelle, con quella sua sensibilità che talora ferisce e talora invece dà piacere.

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FOTOGRAFIA DA TWITTER

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LA FRASE DEL GIORNO
Mi nascondo / nelle parole / per coprire / la mia nudità?
ALAÍDE FOPPA, Parole e tempo




Alaíde Foppa Falla (Barcellona, Spagna, 22 marzo 1914 – Città del Guatemala, 19 dicembre 1980),  poetessa, scrittrice e traduttrice guatemalteca. Esule in Messico, vi fondò la rivista femminista Fem. Tornata in Guatemala per rinnovare il passaporto dopo l’assassinio del figlio, guerrigliero nella EGP, fu rapita in pieno giorno dai corpi paramilitari e presumibilmente assassinata.


venerdì 28 maggio 2021

Nuvola lilla


MARIÁ MANENT

SO BENE

So bene che dovrò dirvi addio,
nuvola lilla di fuoco, neve di vitalba.
Il tempo dell’uomo è breve
e il tramonto si confonde con il chiarore dell’alba.

Ma spero un giorno di vedere
rinnovata e più fresca la Terra:
forse sarà ancora rosa il pesco
e il miele d’oro addormentato nella giara.

(da Canto nascosto, 1986)

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La finitudine umana e il rimpianto della bellezza: è questo il tema dei versi di Mariá Manent, poeta catalano: vi riecheggia il celeberrimo passo dalla Terra desolata di Eliot “Aprile è il mese più crudele, genera / lillà da terra morta, confondendo / Memoria e desiderio, risvegliando / Le radici sopite con la pioggia di primavera”, ma rinvigorito dalla speranza di un futuro più roseo.

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FOTOGRAFIA © ANDREI KORZUN

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LA FRASE DEL GIORNO
La Natura ci sussurra ma solo metà del segreto.
MARIÀ MANENT




manent_mariaMarià Manent i Cisa (Barcellona, 27 novembre 1898 – 24 novembre 1988), poeta, prosatore e critico letterario, memorialista, traduttore e attivista culturale. Figura chiave della cultura catalana del XX secolo, si formò nel Novecentismo spagnolo, virando poi verso il simbolismo e la poesia pura.


giovedì 27 maggio 2021

Di questi giorni rari


MICHELE PIERRI

È VERSO LA FINE DI MAGGIO

È verso la fine di maggio
che a volte sbigottisce
e si confonde il sole
tra colore e colore
come l'unico pane tra le spighe di altri;

dolcemente così vicino sfilano
i visi, congiunzione non prevista
di questi giorni rari
tra binari e binari
abbagliando lo scambio…
oh fuggitivi baci!

(da De consolatione, Schwarz, 1953)

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Che cos’hanno di tanto particolare i giorni verso la fine di maggio? Ma naturalmente quella dolcezza che ancora non è la collosa calura dell’estate e che non è più l’incertezza di primavera: il grano si fa maturo e assume il colore del sole. Di questa dorata dolcezza si nutre l’amore del poeta napoletano Michele Pierri.

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FOTOGRAFIA © CASTLEGUARD/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Maggio, eterno amor del mondo, / per guardarti, per goderti / si vorrebbe trattenerti / arrestando il giro tondo.
DIEGO VALERI, Il campanellino




Michele Pierri (Napoli, 1899 – Taranto, gennaio 1988), poeta italiano. Ragazzo del’99, prese parte alla Prima guerra mondiale; antifascista, conobbe il carcere a Bari. Medico, fu primario a Taranto. Nel 1984 sposò la poetessa Alda Merini. Carlo Bo definì la sua poesia “un modo profondo di partecipazione alla prima condizione dell’uomo”.


mercoledì 26 maggio 2021

L’amore è desiderio


BLAGA DIMITROVA

REBUS D'AMORE

In un certo ventoso crocevia
del caso e del probabile
un uomo con voce di serale chiarore
mi invitò all'interno del segreto.

Senza alcuna motivazione
di me stessa stupita
davanti a me stessa eretta
mi fermai sulla soglia.

E rimanemmo così
per sempre nell'inesplicabile
come due ombre di guardiani
davanti all'ingresso del desiderio.

Ora posso affacciarmi
nel profondo delle notti,
perché non sono più mie.

L'amore è desiderio
di provare il dolore fino in fondo
allo schiudersi degli occhi.
Poi, svelandosi,
si uccide da sé
ad occhi aperti.

L'ho salvato, mi chiedo,
quando l'ho costretto
alla cecità?

1982

(da Voce, 1985 – Traduzione di Valeria Salvini)

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Complicato è il rapporto della poetessa bulgara Blaga DImitrova con l’amore: “Ho perso i sentieri che mi attiravano, / la ribellione, e la libertà, / l'imprevisto, e il suono dei canti - ho perso tutto” dice in un’altra poesia, per quell’istante che sembra essersi fossilizzato nel tempo: “Così da allora siamo rimasti in due. / E sempre penso: se l'uno / dall'altra si staccasse appena, / nel grande mondo non ci troveremmo”. Eppure, ora che dopo tanti anni è l’assenza a regnare, rimane il dubbio: “Per questo soffro... Non per averti perso. / Altro ho perduto – il mondo intero”.

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ELMO HOOD, "UN SOLO BATTITO (RE E REGINA)”

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LA FRASE DEL GIORNO
In te rannicchiata con fiducia, /  sono sbocciata appieno… E quali / canti di uccelli d'oltremare ho udito!
BLAGA DIMITROVA, A domani




Blaga Nikolova Dimitrova (Bjala Slatina, 2 gennaio 1922 – Sofia, 2 maggio 2003), poetessa, scrittrice e politica bulgara, vicepresidente della Bulgaria dal gennaio 1992 al luglio 1993. Nel tempo la sua poetica passò da tematiche sentimentali che la portarono a scrivere prevalentemente liriche d'amore ad un maggiore impegno sociale e politico.


martedì 25 maggio 2021

Centenario di Giorgio Orelli


Giorgio Orelli, poeta svizzero di lingua italiana, nasceva il 25 maggio di cento anni fa ad Airolo, in alta Valle Leventina. Vicino a quella che fu definita la "linea lombarda", recuperò nei suoi versi la lezione della tradizione poetica italiana, da Dante a Manzoni, accostandosi, soprattutto agli inizi, a Pascoli e a Montale. Gianfranco Contini non a caso lo definì “un toscano nato in Ticino” per la sua padronanza della lingua. La sua poesia canta il piccolo mondo familiare, la quiete dei pascoli alpini, i giochi dei bimbi, gli incontri nelle stradine dei paesi della vallata: “Chi sa se la mia voce / trova giusti versanti. Forse basta / spirare, come faccio, sorpreso da nebbie / che arruffano ogni sponda dell’anima”.

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FOTOGRAFIA © RSI

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DUE RAGNI

Da quando? se da giorni
e giorni, mesi ormai,
mentre riposo li osservo
e scordo e non senza stupore
riscopro: ombre d’acheni,
più piccoli di mezza formichetta
smarrita nell’acquaio: sempre lì,
lontano quanto basta dalla lampada
che ha bruciato l’incauto calabrone,
diafani a furia di guardarli, quasi
trascoloranti in rosa:
chi sa mai se lo sanno
d’essere l’uno a una spanna dall’altro
come due nèi su una spalla,
inquilini abusivi del soffitto,
strani compagni della mia vecchiaia:
sempre lì, sempre soli, senza preda;
una volta soltanto
è arrivato dal Nord
un ragno d’altro rango,
quasi robusto, nerastro,
è passato col fare inquisitorio
d’un commissario
tra i due come se fossero
sorvegliati speciali,
senza distrarli è sparito
in fretta nel gran bianco
e dunque non li ha visti
calarsi a un tratto
sincronici, sostare penzolando
nel vuoto, dove nemmeno si sognano
di cercare un appiglio
per una tela: intenti alle filiere
troppo presto esaurite? saggiando
il peso d’essere, il mistero?
Un attimo, già stanno
per risalire divorando filo
e distanza: per fingersi di nuovo
due disperse crisalidi,
due punti nei dintorni
di me.

(da Tutte le poesie, Mondadori, 2015)

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NEBELZONE

Al ritorno la patria
non odorava più
di letame, la strada luccicava
di mica e nella nebbia eri tu
che ci passasti accanto
con un lepido camion
di giocattoli gialli, rossi, blu.
 

(da Spiracoli, Mondadori, 1989)

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Altre poesie di Giorgio Orelli sul Canto delle Sirene:

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LA FRASE DEL GIORNO
Bisogna vivere per poetare, bisogna tenere ancora un capo.
GIORGIO ORELLI




Giorgio Orelli (Airolo, 25 maggio 1921 – Bellinzona, 10 novembre 2013), scrittore, poeta e traduttore svizzero di lingua italiana. La sua poesia, in parte appartenente al filone post-ermetico, a tratti avvicinata a quella Linea Lombarda, è ricca di grazia musicale e si caratterizza per una sua ironica ambiguità.


lunedì 24 maggio 2021

Nel sacro fluire dei versi


AURORA LUQUE

DEL DECIFRARE

Scorrere nel sacro fluire dei versi
da una notte all’altra
ed essere travolta, essere morsa
dalla scura bellezza che esplode nelle parole.
E che appagamento sentire l’aria
di altri mondi, la foglia tremolante
nella pioggia con il sole, le stelle affacciate
alla scrittura leggera,
un profumo d’infanzia dimenticato
o un piacere sommerso
nelle acque più profonde della vita:

carne che si intravede
– erotico luccichio rosato e denso –
sotto il pizzo scuro della poesia.

(da Problemi di doppiaggio, 1982)

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Intravedere: è questo il senso della poesia e dello scrivere versi secondo Aurora Luque: la poetessa spagnola usa un’analogia erotica per esprimere l’essenza di ciò che chiamiamo poesia, quel decifrare qualcosa di incomprensibile, che sia un’immagine colta dai nostri occhi nel fugace scorrere del tempo o un ricordo che tratteniamo inconsapevoli in noi.

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ILLUSTRAZIONE DI CHRISTIAN SCHLOE

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia carica di senso la parola e la rende adatta e luminosa per contribuire alla vocazione alla pienezza di ogni vita.

AURORA LUQUE




Aurora Luque (Almería, 20 settembre 1962), poetessa e traduttrice spagnola dal francese, dal latino e dal greco. Insegnate di greco antico a Malaga, nei suoi versi coniuga la tradizione con la modernità, realizzando una simbiosi tra il linguaggio classico e il discorso colloquiale.


domenica 23 maggio 2021

La cantatrice


FAUSTO MARIA MARTINI

ELEGIA DEL CAFFÈ-CONCERTO

Fausto, povero Fausto, solo solo!
stai rannicchiato come un usignolo,

ma si vede che il tuo nido è di spine!
Che guardi? guardi agli ori, alle stelline

di quella ch'ora canta in palcoscenico?
o guardi, forse, al tremolar dei seni,

dei seni tondi come doppia pesca?
O speri ancora che sul fondo cresca

la luna gialla (che malinconia!)
la luna che da due ore s'avvìa

pel cielo e ancora dietro il monte sta,
rassegnata nell'immobilità…

Sta il Vesuvio, dipinto, sopra il mare,
stanno le vele senza navigare,

Posillipo odoroso non odora,
e tutto è falso, e indarno, ecco, si sfiora

il ritornello d'una canzonetta,
poiché nessuna bella amante aspetta

quel canto, né dal sonno si ridesta:
«A Marechiaro ce sta 'na fenesta!…».

Che pensi? il palcoscenico dipinto
è triste e gaio. Triste d'oro stinto,

gaio di fiori: e fiori e oro, come
son dentro la tua chiesa, dal bel nome,

Santa Prudenzia; e quella ch'ha la gonna
gemmata e canta è come la Madonna,

piena di stelle, piena di gioielli
col diadema sopra i suoi capelli…

Tu pensi, Fausto, che la cantatrice,
a chi sia dato udir quello che dice

quando non finge, e starle sempre accanto
per ritrovare in lei la via del pianto,

pensi che anch' ella, nel cuore, se cade
il velo, mostra le sue sette spade!

È come la Madonna! E tu vorresti
vestire delle più succinte vesti

lei, ch' ora è quasi ignuda: un fior di carne
socchiuso e senza desiderio, farne

la rassegnata amante provinciale,
perché t'amasse, senza farti male!

E s'ella un giorno si risovvenisse
del breve palcoscenico, ove visse,

la condurresti (oh un poco di maretta!)
a navigare sopra una barchetta,

pel mare vero, a piè d'un monte vero,
sorgendo, ora, la luna per davvero…

E certo, a dissipar la nostalgia
di questa dolce tua malinconia,

che forse allora si trasmuterebbe
in un rimpianto, ella t'accennerebbe

triste e lieta, piegando un po' la testa:
«A Marechiaro ce sta 'na fenesta!».

(da Poesie provinciali, Ricciardi, 1910)

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Dovrebbe essere luogo di divertimento e di allegria il caffè concerto, locale di moda negli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo dove si susseguivano spettacoli di varietà alternati a canzoni. Dovrebbe esserlo anche questo, un caffè-concerto romano, forse proprio il Salone Margherita inaugurato nel 1898 in Via dei Due Macelli. Invece anche in quel luogo di ballerine discinte e di “sciantose” scollate vestite di lustrini, il poeta Fausto Maria Martini incontra la sua tristezza crepuscolare, che fa risaltare la solitudine, la malinconia e la nostalgia.

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ÉDOUARD MANET, "LA CHANTEUSE DU CAFÉ-CONCERT"

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LA FRASE DEL GIORNO
Non so d'amore: solo / so di languori musicali, d'aride / ebbrezze dentro il suono chiuse.
FAUSTO MARIA MARTINI




Fausto Maria Martini (Roma, 14 aprile 1886 – 12 aprile 1931), poeta, drammaturgo e critico letterario italiano. Nato poeta crepuscolare nella cerchia di Corazzini, si trasformò in autore di teatro intimista prediligendo sempre il mondo provinciale e borghese e una contemporanea ansia di evasione, pur nella consapevolezza della sua impossibilità.


sabato 22 maggio 2021

Francisco Brines


Se ne è andato anche il poeta spagnolo Franciso Brines. Ricoverato per un’ernia all’ospedale di Gandía, si è spento nella serata del 20 maggio per complicazioni. Brines, nato vicino a Valencia nel 1932, apparteneva alla Generazione dei ‘50 e aveva ottenuto il Premio Cervantes del 2020, consegnatogli dal re Felipe VI e dalla regina Letizia il giorno prima del ricovero.

Lontano dalla poesia sociale che caratterizzava i poeti della sua generazione, Brines scriveva una poesia elegiaca a suo agio tra la celebrazione della bellezza e la malinconia originata dal trascorrere del tempo e dalla caducità della vita.

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FOTOGRAFIA © EFE

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CAUSA DELL'AMORE

A Detlef Klugkist

Quando mi hanno chiesto la causa del mio amore
non ho mai risposto: conosci già la sua grande bellezza.
(ed è comunque possibile che ci siano volti più belli).
Né ho descritto le vere qualità del suo spirito
che mi ha sempre mostrato nelle sue abitudini,
o nella disponibilità al silenzio o al sorriso
come richiesto dalla mia riservatezza.
Erano cose dell'anima e non dissi nulla di lei.
(E dovrei anche aggiungere che ho incontrato anime superiori).

La verità del mio amore ora la so:
la sua presenza superava l'imperfezione dell'uomo,
perciò è ​​atroce pensare
che in noi i corpi non corrispondono alle anime,
e così i corpi accecano la grazia dello spirito,
la sua chiarezza, il fiore doloroso dell'esperienza,
la bontà stessa.
Fatti importanti che non abbiamo mai scoperto,
o abbiamo scoperto tardi.
I corpi mentono, altre volte, un caldo arioso,
una luce mutevole, una  freschezza profonda;
e il danno ci rivela la sua arida falsità.

Conosci la verità del mio amore ora:
materia e respiro si unirono nella sua vita
come la luce che cade sullo specchio
(era una piccola luce, un minuscolo specchio);
è stata una perfetta creazione casuale.
Un essere in ordine è cresciuto accanto a me,
e il mio disordine era sereno.
Ho amato la sua perfezione limitata.

(da Parole al buio, 1966)

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QUANDO SONO ANCORA IN VITA

a Justo Jorge Padrón

La vita mi circonda, come in quegli anni
perduti, con lo stesso splendore
di un mondo eterno. La rosa sfregiata
dal mare, le luci cadute
dai giardini, il fragore delle colombe
nell'aria, la vita intorno a me,
quando sono ancora in vita.
Con lo stesso splendore e gli occhi invecchiati,
e un amore stanco.

Quale sarà la speranza? Vivere ancora;
e amare, mentre il cuore è sfinito,
un mondo fedele, sebbene perituro.
Amare il sogno infranto della vita
e, sebbene non possa essere, non imprecare
quell'antica illusione dell'eterno.
E il petto si consola, perché sa
che il mondo potrebbe essere una magnifica verità.

(da Ancora no, 1971)




Altre poesie di Francisco Brines sul Canto delle Sirene:

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia è un dono meraviglioso. La necessità di scrivere poesia, eccellente o mediocre, per trasformare la vita in parole, è ancora straordinaria.
FRANCISCO BRINES




Francisco Brines Bañó (Oliva, 22 gennaio 1932 - Gandía, 20 maggio 2021),​ poeta spagnolo. Inquadrato nel gruppo della Generazione dei ‘50, se ne distaccava per la sua poesia elegiaca attenta alla bellezza, al malinconico scorrere del tempo e alla caducità del vivere. Ê stato insignito del Premio Cervantes per il 2020.


venerdì 21 maggio 2021

Le Nubi di Magellano


KENNETH REXROTH

LA FAMIGLIA

A notte fonda
tornando da Melbourne
da una festa a Kangaroo Plains,
fermiamo la macchina vicino a uno stagno scuro.
L’aria è immobile, cristallina.
Scendo, accendo un fiammifero,
e studio la mappa delle stelle.
Spengo il fiammifero,
e sopra e davanti e sotto di me,
doppie nell’acqua ferma,
appaiono milioni di stelle
che non avevo mai visto prima
e che non rivedrò mai più.
E ci sono le due
figlie universali del mio universo,
le Nubi di Magellano –
due amebe fosforescenti in alto,
e due nell’acqua senza fondo.

(da Nuove poesie, 1974)

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Il poeta Kenneth Rexroth è statunitense, abituato quindi al cielo boreale. In viaggio in auto in Australia di notte, durante una sosta  viene letteralmente sorpreso da un cielo pieno di stelle e dalle Nubi di Magellano le due piccole galassie irregolari orbitanti introno alla Via Lattea e visibili ad occhio nudo nell’emisfero australe.

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FOTOGRAFIA © EUROPEAN SOUTHERN OBSERVATORY

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LA FRASE DEL GIORNO
Amore mio amore mio amore mio / Il futuro è troppo lontano / E il passato non accadrà mai più / Abbiamo solo questo / Nostro per sempre / Così piccolo così infinito / Così breve così vasto.
KENNETH REXROTH, Poesie brevi raccolte




Kenneth Charles Marion Rexroth (South Bend, Indiana, 22 dicembre 1905 – Santa Barbara, California, 6 giugno 1982), poeta statunitense. Figura centrale nella poesia di San Francisco dal 1930 al 1970, visse attivamente la Beat Generation, verso cui fu critico. Gran parte della sua poesia è d’amore o erotica, influenzata dai lirici greci antichi e da Tu Fu, poeta cinese dell’VIII secolo.


giovedì 20 maggio 2021

Joaquín Benito de Lucas


Il poeta spagnolo Joaquín Benito de Lucas è morto il 18 maggio. Nato nel 1934 a Talavera de la Reina, si laureò in Filosofia e Lettere all’Università Complutense di Madrid. Negli Anni ‘60 viaggiò per lavoro nei paesi arabi, particolarmente in Siria, per poi dividersi come docente tra le università di Madrid e di Berlino. La sindaca di Talavera ricorda così il concittadino  illustre: “Oggi piange la sua diletta Talavera: piange il fiume Tago che lo vide nascere e che era sempre presente nelle sue poesie; e piange il mondo della poesia per la perdita di un grande autore”. La sua poetica è un’indagine sulle ragioni ultime del vivere e si nutre di memoria, cercando di strappare all’oblio le persone, i luoghi e gli eventi che contribuirono a formare la sua personalità.

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FOTOGRAFIA DA TWITTER

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A VOCE ALTA

Non sono io a chiamare, mi chiamano a voce alta
in tutti gli angoli del mio corpo
quelli che mi amano più di chi mi sta accanto.
So bene che il tempo non è ancora arrivato,
ma giungerà prima o poi.
E quel giorno – o quella notte?–,
mentre gli altri cantano, ballano o si ubriacano,
abbraccerò i loro corpi di silenzio e cenere.

(da Album di famiglia, 2000)

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IL FURTO

Tornammo a casa tardi,
all’ora di cena, e non c’era nessuno
e niente in cucina. Non sapevamo
che fare di tanta assenza.
Mio fratello che era pratico,
soprattutto nelle cose materiali,
- e dire che aveva solo diciotto
mesi più di me - mi disse: Aspetta.
So dove andare; vieni con me.
Lasciammo la città, andammo in campagna,
dove la terra dà i suoi frutti migliori.
Tornati a casa,
nostra madre aspettava
seduta e silenziosa, alla tavola deserta.
E con le unghie sporche di terra le offrimmo
come un dono i prodotti della piana del Tago
Da dove vengono? disse rattristata.
Erano gli anni solo della cenere.

(da Lo sguardo innocente, 2003)

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LA FRASE DEL GIORNO
Ricordare è lo stesso che bruciarsi / toccando una stella fuggitiva.
JOAQUÍN BENITO DE LUCAS




Joaquín Benito de Lucas (Talavera de la Reina, 1934 – Madrid, 18 maggio 2021), poeta spagnolo. Laureatosi in Lettere e Filosofia, viaggiò nei paesi arabi prima di diventare docente universitario a Madrid e Berlino. La sua è poesia di memoria che cerca di strappare all’oblio, persone, luoghi ed eventi.


mercoledì 19 maggio 2021

Un fermento marinaro


MALCOLM LOWRY

JOSEPH CONRAD

Questa battaglia, come di marinai con la burrasca
che vola sottovento mentre loro, uniti
in quel caos, si voltano, ognuno sull’annottata
cuccetta, per sognare nuovamente del caos, o di casa
il poeta stesso, in lotta con la forma
della sua opera in spire, conosce; avendo scambiato
il monotono mare col proposito, invitando
a irrompergli nella stanza alberi da carico.
Eppure nel suo sangue un fermento marinaro
benché il cuore girovago senta sforzare il ferro
e il canto delle navi declinanti la rotta di levante
lo sorregge a domare o essere domato.
Nel sonno tutta notte si arraffia a una vela!
Ma al di là della vita delle navi continuano a sognare le parole.

(da Poesie scelte di Malcolm Lowry, 1962)

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Malcolm Lowry, scrittore inglese celebre per Sotto il vulcano, opera del 1947 da cui John Huston trasse nel 1984 l’omonimo film, era molto affine a Joseph Conrad, cui dedicò questi versi: nel maggio del 1927 convinse i suoi genitori a lasciarlo partire per l’Estremo Oriente abbandonando l’università. Lowry si imbarcò a Liverpool sul cargo S.S. Pyrrhus e per cinque mesi vi lavorò come marinaio. E quella lotta con il mare ricorda al poeta la battaglia con le parole per dare vita a una nuova opera.

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DIPINTO DI HOLGER HANSEN

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LA FRASE DEL GIORNO
Non ho casa, solo un'ombra. Ma ogni volta che hai bisogno di un'ombra, la mia ombra è tua.
MALCOLM LOWRY, Sotto il vulcano




Malcolm Lowry (Birkenhead, 28 luglio 1909 – Ripe, 27 giugno 1957), scrittore e poeta inglese, noto per il romanzo Sotto il vulcano. Scrittore prezioso. fu un perenne revisore delle proprie opere, nelle quali usava inserire brani di articoli, manifesti, conversazioni udite o registrate, pur mantenendo sempre una struttura di grande dignità formale.


martedì 18 maggio 2021

Tutto ciò che hai sognato


ASTRID TOLLEFSEN

IL SOGNO

Se ancora desideri incontrare
chi non hai mai conosciuto
puoi aspettare un’ora qui
al confine.

La sera è fredda
E la notte si fa buia.
Di qui passano tutti,
e se anche camminano
con il capo piegato,
devono alzarlo alla luce violenta
delle lanterne delle guardie di frontiera.

E quando lo sconosciuto giunge,
tu vuoi riconoscerne il volto
dalla sua stanchezza e dalla sua forza,
tu vuoi riconoscerne le mani
dal modo in cui esse si congiungono l’una nell’altra
dal modo in cui esse si modellano ad una coppa
al fine di porgerti ciò
di cui tu sei assetato.

Tu non vuoi poter gridare,
tu non vuoi poter bere,
ma soltanto sapere
che tutto ciò che hai sognato è vero.

(da L’altro sguardo - Antologia delle poetesse del ‘900, Mondadori, 1996 – Traduzione di Renzo Pavese)

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Una scena che per ambientazione ricorda L’urlo di Edvard Munch: una sera fredda, un territorio di confine, il buio che scende dopo il tramonto. La poetessa Astrid Tollefsen, norvegese come il pittore, è all’interno di questa atmosfera, in un sogno dove passa molta gente, in attesa che infine giunga lo sconosciuto che possa cambiarle la vita.

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CRISTOPHER THOMPSON, "FUMATORE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Gli attimi segreti / ci profumano accanto / sia presto che tardi / nel giorno, / gli attimi segreti / alzano i loro visi verso noi / sia presto che tardi /nella vita.
ASTRID TOLLEFSEN, Ogni giorno è con noi




Astrid Wictoria Tollefsen (Horten, 11 dicembre 1897 – 9 ottobre 1973), poetessa norvegese. Debuttò con i suoi versi modernisti nel 1947 con la raccolta Ritratto allo specchio. Nel 1967 fu insignita del Premio della Critica Norvegese per la raccolta Eventi.


lunedì 17 maggio 2021

Sotto i ciliegi in fiore


GARY SNYDER

UNA NOTTE DI PRIMAVERA A SHŌKOKU-JI

A maggio saranno otto anni
che camminammo sotto i ciliegi in fiore
di notte in un frutteto in Oregon.
Tutto quello che allora volevo
adesso è dimenticato, tranne te.
Qui stanotte
in un giardino della vecchia capitale
sento tremare il fantasma di Yugao
Ricordo il tuo bel corpo
nudo sotto un vestito estivo di cotone.

(da L’entroterra, 1968)


Shōkoku-Ji è un tempio buddhista del XIV secolo che si trova a nord di Kyoto. Lì si trova il poeta statunitense Gary Snyder, affascinato dallo Zen e da quel mondo così lontano: nel 1955 è assistente personale e insegnante d’inglese dell’abate Miura Isshu. La poesia, che fa parte di un gruppo di quattro scritte nel 1957 e dedicate a Robin, è chiaramente una poesia della memoria e sovrappone due piani narrativi diversi per spazio e tempo ma accomunati dalla medesima atmosfera di un giardino di ciliegi in fiore dove come spettri appaiono appunto il ricordo di Robin e il fantasma di Yugao, personaggio femminile del racconto di Genji, capolavoro della letteratura giapponese di mille anni fa.

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FOTOGRAFIA © SHŌKOKU-JI

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LA FRASE DEL GIORNO
Quando la mente è stanca di immagini, inventa le proprie
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GARY SNYDER




Gary Snyder (San Francisco, California, 8 maggio 1930), poeta, ambientalista e  saggista statunitense. Associato alla Beat Generation, è il "poeta dell'ecologia profonda". La sua “eco-poesia” riflette la natura e l’immersione nella spiritualità buddhista. Vinse il Pulitzer nel 1975 con Turtle Island.


domenica 16 maggio 2021

Nel tessuto dell’erba


HARRY MARTINSON

SERA ALL’INTERNO DELLE TERRE

Silente l’enigma si riflette. E fila
la sera nei giunchi quieti.
Qui c’è una trasparenza che nessuno osserva
nel tessuto dell’erba.

Silente la mandria mira con occhi verdi.
Discende verso le acque in serotina calma.
E il lago porta a tutte le bocche
il suo gigantesco cucchiaio.

(da Venti alisei, 1945 – Traduzione di Giacomo Oreglia)

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Harry Martinson, poeta svedese insignito del Premio Nobel nel 1974, praticava un surrealismo molto particolare, affondato nella natura e limitato alla sua terra, a quella regione di foreste e laghi, di mari freddi e ghiacci. Quel surrealismo appare qui nelle due immagini che rispettivamente usa per descrivere il prato – tessuto – e il lago – cucchiaio.

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GIOVANNI SEGANTINI, "ALLA STANGA"

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LA FRASE DEL GIORNO
Ricorda sempre, o fratello, queste parole: / Dài profumo al fiore.
HARRY MARTINSON, Nomade




Harry Martinson (Jämshög, 6 maggio 1904 – Stoccolma, 11 febbraio 1978,) scrittore e poeta svedese. Nel 1949 venne eletto membro dell'Accademia Svedese. Nel 1974 gli venne conferito il Premio Nobel per la letteratura, insieme al connazionale Eyvind Johnson con la seguente motivazione: “per una scrittura che cattura le gocce di rugiada e riflette il cosmo”.


sabato 15 maggio 2021

Il male di vivere


EUGENIO MONTALE

SPESSO IL MALE DI VIVERE

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco levato.

(da Ossi di seppia, Gobetti, 1925)

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Il male di vivere di Eugenio Montale, la sua “teologia negativa”,  si manifesta in questa sorta di pianto delle cose - il ruscello bloccato da un ostacolo, la foglia seccata, il cavallo caduto perché stremato: sono aspetti in cui domina una sofferenza, uno scacco continuo cui gli uomini devono sottostare, costretti a essere “sballottati come l’osso di seppia dalle ondate”. Qual è la via di salvezza allora? Qual è la possibilità di scampare questa pena? Non c’è, può consistere soltanto in una estraneità, in un distacco - l’Indifferenza, non a caso citata con l’iniziale maiuscola: questa impotenza si trasforma allora in  superiorità sul male ed eleva l’uomo ad una condizione quasi divina.

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FOTOGRAFIA DI PUBBLICO DOMINIO

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LA FRASE DEL GIORNO
Com’è tutta la vita e il suo travaglio / in questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
EUGENIO MONTALE, Ossi di seppia




Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981), poeta e scrittore italiano, Gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1975 “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”, ovvero la “teologia negativa” in cui il "male di vivere"  si esprime attraverso la corrosione dell'Io lirico tradizionale e del suo linguaggio.


venerdì 14 maggio 2021

Davanti a Rishikesh


OCTAVIO PAZ

LA CHIAVE D’ACQUA

Davanti a Rishikesh
il Gange è ancora verde.
L’orizzonte di vetro
si rompe tra le cime.
Camminiamo sui frantumi.
Sopra e sotto
grandi golfi di quiete.
Negli spazi azzurri
rose bianche, nuvole nere.
Hai detto:
               
Le pays est plein de sources.
Quella notte bagnai le mie mani nei tuoi seni.

(da Versante est, 1969)

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Octavio Paz, poeta messicano Premio Nobel nel 1990, fu diplomatico e poi ambasciatore in India negli Anni ‘50 e ‘60. La sua poesia che molto deve agli spazi non poteva che essere affascinata dalla vastità del paese: il fiume Gange scorre in un tripudio di colori e la sua acqua sacra è fonte di vita: “La sete si sveglia e costruisce  / le sue grandi gabbie di vetro  / dove la tua nudità è incatenata / acqua che canta e scatena acqua”. È Rishikesh, la città sacra degli indù, dove i fedeli vanno a meditare alla ricerca di una conoscenza superiore e si bagnano nelle acque ancora pure per lavare via i peccati.

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FOTOGRAFIA © VISHAL CHAND RAJWAR

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LA FRASE DEL GIORNO
Tra adesso e adesso / tra io sono e tu sei /la parola ponte.
OCTAVIO PAZ, Salamandra




Octavio Irineo Paz Lozano (Città del Messico, 31 marzo 1914 – 20 aprile 1998),  poeta, scrittore, saggista e diplomatico messicano, premio Nobel per la letteratura nel 1990. La sua poesia è fatta di sperimentazione e anticonformismo, un continuo mettersi in discussione del linguaggio, “lotta continua contro la significazione”.


giovedì 13 maggio 2021

Il Tempo senza cifre


ELIO FILIPPO ACCROCCA

L’INFINITO?

Dove vanno i segmenti, dove approdano
i tratti d'esistenza, quale «linea»
li calamita e forse ricongiunge?
L'involucro si sa come finisca,
ma il pensiero, il dolore, la memoria,
la fantasia, la parola, il segno?
La ragione - null'altro - mi consegna
un'unica risposta: l'universo
è continua presenza che ci assorbe.
Mistero, enigma, dubbio sono strati
negativi dell'essere, appartengono
al limite che noi chiamiamo vita.
Termina il tratto di segmento, il numero
dei giorni che l'involucro racchiude:
è il Tempo senza cifre l'infinito?

15 agosto 1975

(da Siamo non siamo, Rusconi, 1974)

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La morte del figlio pone una serie di interrogativi sul senso del vivere al poeta laziale Elio Filippo Accrocca, confluiti nella sezione Domande della sua raccolta più riuscita, Siamo non siamo: la disperazione e l’amarezza – “Non riesco ad abituarmi / a non vederti più, a non sentirti: / è forse la condanna per chi resta?” – portano a indagare sul tempo, sul mistero, sul significato del nostro passaggio. E la memoria, per quanto dolorosa, è l’unica cosa che resta: “Altro che un dono, la memoria è un peso. / Però se mi mancasse pure lei, / oltre che te, mi resterebbe il nulla: / la condanna sarebbe più straziante”. Lo spazio, l’infinito aprono allo sperare, lasciano intravedere uno spiraglio: “…Padre nostro, / non so dove tu sia: / ti chiedo solo un grammo di speranza…

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FOTOGRAFIA © ISTOCK
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LA FRASE DEL GIORNO
Vivere è una trappola / che racchiude una scorza di formaggio: / un'annusata, il tempo di vederla…
ELIO FILIPPO ACCROCCA, Siamo non siamo




Elio Filippo Accrocca (Cori, 17 aprile 1923 – Roma, 11 marzo 1996), poeta, scrittore e traduttore italiano. Allievo di Ungaretti, fece parte del “Gruppo di Portonaccio”. nelle sue liriche, improntate ora a una pensosa consapevolezza della realtà, ora a una vivace simbologia, ora a una volontà di sperimentazione, è costante la presenza di Roma.


mercoledì 12 maggio 2021

In un turbine


MARIO LUZI

NON SO COME

Nella nebbia di quella che tu fosti
dentro cieli improvvisi alta, friabile,
coronata di piogge, unta di lacrime,
risonante di echi, non so come…

Nel chiarore di quella che sei oggi,
o equanime, o discosta, non so come
le passioni desistono, precipita
il vento della mia vita in un turbine.

(da Un brindisi, Sansoni, 1944)

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Due tempi, due momenti da confrontare: il poeta Mario Luzi analizza la metamorfosi del rapporto con Elena, la donna che sposerà a Firenze nel 1942 (i versi risalgono all’anno prima). Dal confronto tra “nebbia” e “chiarore” esce anche il doppio confronto del poeta stesso, anch’egli mutato, che pure non riesce a interpretare le ragioni del cambiamento.

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JACK VETTRIANO, "COPPIA AL CAFFÈ"

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LA FRASE DEL GIORNO
La vita come deve si perpetua, / dirama in mille rivoli.
MARIO LUZI, Onore del vero




Mario Luzi (Castello di Firenze, 20 ottobre 1914 – Firenze, 28 febbraio 2005), poeta italiano, fu uno dei grandi rappresentanti dell’Ermetismo. Più volte candidato al Nobel, fu insignito della Legion d’Onore. Fu Accademico della Crusca e senatore a vita.


martedì 11 maggio 2021

José Manuel Caballero Bonald


Il poeta, saggista e memorialista spagnolo José Manuel Caballero Bonald è morto domenica a Madrid dopo una lunga malattia. Aveva 94 anni ed era l’ultimo esponente della Generazione del’50, gruppo poetico cui appartennero tra gli altri José Ángel Valente, Claudio Rodríguez, José Agustín Goytisolo e Jaime Gil de Biedma. Dallo stile ricercato, dai risvolti barocchi, riscriveva i suoi versi ogni volta che venivano pubblicati e riassumeva così la sua poetica: “In una poesia, le parole devono avere un significato più ricco di quello che hanno nel dizionario. A volte metti insieme due parole che non lo sono mai state e ti aprono un mondo, rompono un sigillo. E lo fanno per puro fascino fonetico. La poesia è un misto di musica e matematica: tonalità e rigore”.

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FOTOGRAFIA  EL CONFIDENCIAL

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A BATTAGLIE D’AMORE, CAMPO DI PIUME

Nessuna impronta è così inconsolabile
come quella che lascia un corpo
tra le lenzuola
                             soprattutto
quando la stanchezza della memoria
occupa uno spazio più ampio
di quello cui ragionevolmente corrisponde.

Sfiora l’alba con il cuscino
e qualcosa ansima vicino, forse l’ultimo
gemito rimasto attaccato
alla carne, l’altra volta avversaria
emanazione della noia appoggiata
tra gli oggetti della notte.

Sveglia, già è giorno, guarda
i relitti del naufragio
bruscamente sparsi
sul limite vetroso dell’insonnia.

È soltanto un patto a volte, una tregua
unta di sudore, l’estenuante
ricostruzione del luogo
dove era assediato il silenzioso
materiale del desiderio.

                              Tracce
ostili strisciano in un ammasso
di trofei e di scorie, attutiscono
l’assalto impotente dei corpi.
A battaglie d’amore, campo di piume.

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DIFETTOSA FORMAZIONE DEL PLURALE

                                 Maschera, persona unitiva
                                                    Lezama Lima

Quanti giorni sprecati
a farmi passare per quello che sono.

Maschera senza memoria, liberami
dall’assomigliare a colui che mi impersona.

Uno solo mi somiglierà.

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Di José Manuel Caballero Bonald sul Canto delle Sirene:

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LA FRASE DEL GIORNO
Tutta la letteratura nasce dalla posizione di un conflitto tra lo scrittore e la realtà.
JOSÉ MANUEL CABALLERO BONALD




José Manuel Caballero Bonald (Jerez de la Frontera, 11 novembre 1926 – Madrid, 9 maggio 2021), poeta e scrittore spagnolo. Di famiglia cubana, studiò Astronomia e poi Lettere e Filosofia. Militante antifranchista, appartenne a l gruppo poetico dei ‘50. Nel 2012 vinse il Premio Cervantes. È noto per il suo stile barocco e ampolloso.


lunedì 10 maggio 2021

Mirino e otturatore


RUTGER KOPLAND

FOTOGRAFO

Perché questo guardare è aspettare e non sapere
cosa io aspetti. Non c’è momento
in cui si ripeta questo momento.

È l’attesa e non sapere dove
io sia, un posto tra la gente
che non ritroverò.

Ah, strumento paziente, mirino e otturatore
pazienti, io aspetto. Sento
lo scatto, Dio, quell’innocente

posa, il gesto, quello sguardo in cui
sono colpiti e
sono rimasti.

(da Utensili pazienti, 1993 – Traduzione di Giorgio Faggin e Giovanni Nadiani)

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La poesia di Rutger Kopland scava nel tempo e nella memoria, individuando dei punti fissi, che siano un ricordo dell’infanzia o della maturità, la vita delle figlie, l’Olanda rurale con le sue dighe e i suoi canali. Non può che attrarlo dunque l’arte della fotografia: quel meticoloso scatto che strappa un istante al tempo per consegnarlo al futuro.


FOTOGRAFIA © PXHERE

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LA FRASE DEL GIORNO
Il fotografo ha una grande responsabilità che è quella di fermare una frazione del tempo, in base alla cultura e al suo gusto, e trasmettere il suo punto di vista.
GERARD RANCINAN, Sette, 3 novembre 2011




Rutger Kopland, pseudonimo di Rudi van den Hoofdakker (Goor, 4 agosto 1934, – Glimmen, 11 luglio 2012), poeta olandese. Ottenne grande popolarità per il suo stile accessibile, premuroso, la sua leggera ironia, il suo sentimentalismo.


domenica 9 maggio 2021

Cucivi così bene


VIVIAN LAMARQUE

CUCIVI

Cucivi così bene,
e saldamente, come
col fil di ferro.
I miei punti invece
tu andata, non tengono
niente, sbaglio spolette,
imbastiture, gli aghi
cadono i nodi si snodano
i bottoni appena attaccati
si staccano gli orli
ondeggiano,
come scuoteresti la testa.
Tu andata mi si è scucito
il guardaroba, il mondo.

(da Madre d’inverno, Mondadori, 2016)

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Nella giornata in cui si festeggiano le mamme, ho scelto questo sofferto testo di Viviane Lamarque: la poetessa trentina dedica tutta una raccolta, Madre d’inverno, pubblicata nel 2016 al dialogo con la figura materna – duplice nel suo caso, quella adottiva che l’ha cresciuta e quella biologica – in “un vasto disegno in cui la madre diventa una forma assoluta, diventa l'emblema di tutte le madri”, come nota l’editore nel risvolto di copertina.

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WILLIAM KAY BLACKLOCK, "LA LEZIONE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Chi onora il padre espia i peccati; chi riverisce la madre è come chi accumula tesori.
SIRACIDE




LamarqueVivian Comba Provera Pellegrinelli Lamarque (Tesero, 19 aprile 1946), scrittrice, poetessa e traduttrice italiana dal francese. Di origini valdesi, ha insegnato italiano agli stranieri e nei licei. Ha ottenuto il Premio Viareggio, il Premio Montale, il Pen Club e, per le fiabe, il Premio Rodari e il Premio Andersen.


sabato 8 maggio 2021

Una parola inattesa


AMELIA BIAGIONI

DIRE

1

Dove più dico meno dico.
E se insisto senza cambiare
elán
o polo o centro
mi avvito morbida cancello il già detto
Perché dire è un raggio e la sua ombra.


2

Ho una ferita sempreverde
che riconosce il margine
del nome nascosto nella nebbia
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3

Quando incontro una parola inattesa
la trattengo e controllo i suoi diversi futuri
finché ognuno di essi
all’improvviso si ricorda si incorpora
e non c’è più parola
ma un gran vento che mi spinge.


4

Vorrei provare
il passaggio d’iride
del fuoco che sale allo spirito.


5

Inseguendomi lungo i fiumi
spero di raggiungere il mare
e incontrare nella mia infanzia
un dio irresistibile
un suono che apra e chiuda gli altri
come una nave notturna che solchi un’arpa.


6

Vorrei dire la passione
terribile dell’universo di notte,
il suo abbraccio ardente che abbandona.

(da Le cacce, 1976)

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Archeologa che affonda in me, / ho scavato la mia fetta di ieri / Cerco nella mia tomba scoprendo / ciò che è stato o non è stato / Sono una predatrice dei miei resti”: quello della poetessa argentina Amelia Biagioni è un lavoro di indagine all’interno di sé e della sua parola – un po’ come la sua amica Alejandra Pizarnik con la quale intrattenne una lunga corrispondenza. È un inseguirsi e ricercarsi sperando un giorno di arrivare alla scoperta di sé, grazie alla parola.

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RAFAL OLBINSKI, “DANZANDO FINO ALLA FINE DEL MONDO”
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LA FRASE DEL GIORNO
Dipingi la musica incarnata / la musica veggente / la musica della verità.
AMELIA BIAGIONI




Amelia Biagioni (Gálvez, 1916 - Buenos Aires, 2000), poetessa argentina. Professoressa di Letteratura, pubblicò fino al 1944 con lo pseudonimo Ana María del Pinar.Fu insignita del Premio Alfonsina Storni nel 1999. La sua è una poesia che sonda lo spazio interiore.