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martedì 31 marzo 2020

Se si versassero risate



MISUZU KANEKO

SONO DI UN PREZIOSO ROSA

Sono di un prezioso rosa,
più piccoli, forse, di semi di papavero.
Quando cadono a terra
i grandi fiori si aprono,
come se esplodessero dei fuochi d'artificio.
Che bello, che bello sarebbe,
se si versassero risate,
come si versano lacrime.


(da Sei un’eco? La poesia perduta di Misuzu Kaneko, 2016)

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La delicatezza poetica di Misuzu Kaneko, autrice di profonda empatia, si espande come questi grandi fiori primaverili che si aprono come dei fuochi d’artificio: ne nasce un pensiero sull’allegria, sulla necessità di comprenderci in questa vita a volte chiara a volte scura, della quale tutti quanti siamo protagonisti (e in questi tempi di coronavirus lo abbiamo forse compreso meglio).

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ILLUSTRAZIONE ©  SATORI

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LA FRASE DEL GIORNO
Il mondo è dentro Dio / e via dicendo / Dio è in una piccola ape.
MISUZU KANEKO, Sei un’eco?




Misuzu Kaneko nata Teru Kaneko (Nagato, 11 aprile 1903 – Senzaki, 10 marzo 1930), poetessa giapponese. Esordì come scrittrice di poesie per bambini quando era impiegata in una libreria di Shimonoseki ottenendo un grande successo. Dimenticata per anni dopo il suicidio, fu riscoperta nel 1966 dal poeta Setsuo Yazaki che curò la riedizione dei suoi testi.


lunedì 30 marzo 2020

Informo la primavera


WU ZETIAN

UNA GITA AL PARCO DI SHANGLIN

Domani mattina farò una gita al parco Shanglin,
Con urgenza informo la primavera:
I fiori devono aprire i loro petali durante la notte,
Non aspettare che soffi il vento mattutino!

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La primavera è avvisata: deve risplendere in tutta la sua magnificenza, deve allargare tutti i suoi petali, far sbocciare tutti i suoi fiori, mettere in campo tutta la sua bellezza: ad ammirarla non sarà soltanto una poetessa, Wu Zetian, ma nientemeno che l’imperatrice Wu.
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FOTOGRAFIA DA PINTEREST

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LA FRASE DEL GIORNO
Voglio fare con te / ciò che la primavera fa con i ciliegi.
PABLO NERUDA, Venti poesie d’amore e una canzone disperata




Wu Zetian, conosciuta anche come Imperatrice Wu (Guangyan, 17 febbraio 624 – Luoyang, 16 dicembre 705), fu l'unica imperatrice cinese a fondare la propria dinastia, chiamata Zhou e regnò con il nome di “imperatore Shengshen” dal 690 al 705. La sua corte fu un centro di produzione letteraria e poetica e lei stessa scrisse numerose poesie.

domenica 29 marzo 2020

Torneremo sull’acqua allegra


JAN SKÁCEL

UN VENTO DI NOME JAROMIR

Un giorno
andremo insieme, lo promettemmo un tempo
sul tarassaco negli occhi gialli di un merlo.
lasceremo a casa le buone mogli
e ce ne andremo a pescare il verso,
quello che il fiume impreca sulle pietre
quando inciampa nella notte scura.

E forse in tutta notte non prenderemo nulla.
Ma gocce d’acqua cadranno nell’erba
come lacrime di principesse
dal bosco uscite scalze.

E forse in strada ti domanderanno
Maestro, a quando un libro nuovo?
E tu gli dirai dopo il diluvio
se ci sarà un bel fango.

E forse i cieli si impietosiranno
e ci scroscerà nella poesia e nelle scarpe,
nubi fredde come trote maculate
ci sorvoleranno le teste.
E daremo al vento il nome di Jaromír
e  torneremo sull’acqua allegra.


(da Un vento di nome Jaromir, 1966 – Traduzione di Annalisa Cosentino)

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Un giorno torneremo, passata questa emergenza straordinaria e inimmaginabile che ha stravolto le nostre vite, che ci ha privato delle libertà elementari imponendoci degli arresti domiciliari da innocenti. Un giorno torneremo dunque, magari anche a passeggiare per i boschi dove la primavera avrà spiegato tutti i suoi colori, in riva ai fiumi come sogna il poeta ceco Jan Skácel. Se saremo cambiati, se saremo migliori e avremo fatto lezione di questa esperienza, allora non sarà trascorso invano questo tempo di quarantena.


JOHN SINGER SARGENT, "PESCATORE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Siamo come un punto scucito al buio / e quanto non sappiamo e che promesse.
JAN SKÁCEL, Il colore del
silenzio




Jan Skácel (Vnorovy, Moravia, 1922- Brno,1989), poeta ceco, fu costretto dal regime comunista a lasciare il giornale di cui era redattore. Dopo la Primavera di Praga, smise di pubblicare in Cecoslovacchia: la censura sovietica proibì i suoi libri, che apparvero sotto forma di samizdat.


sabato 28 marzo 2020

L’autobus della Greyhound


ERNESTO CARDENAL

VIDI MOLTI ANNI FA

Molti anni fa da un autobus in Virginia o Alabama vidi
una ragazza bianca, con i blue jeans,
seduta su una scala ad affettare mele
(la madre chiamava da dentro) e
un’altra ragazza con i blue jeans
dipingeva di bianco la veranda della casa
- E guardarono verso l’autobus che passava e accelerava.
Il tempo è passato come l’autobus della Greyhound
ma sono rimasti, a dispetto degli anni, la vernice
fresca nella veranda
                                 il pennello gocciolante
la mano sulla mela, gli sguardi
di anni fa, una mattina, Virginia o Alabama
lo stato l’ho dimenticato.


(da Antologia poetica, 2005)

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La forza di un ricordo che si imprime nella memoria senza motivo, così, per cromatismo o luce, per la forza di un momento – come successe a Luciano Erba in India (“Era un sari di un verde più acceso / dell’erba dei campi e delle risaie / passavo in fretta, ma proprio per questo / sentii la pena di quanto ci sfugge / sia pure se in un raggio di verde / l’istante sembra avvicinarsi all’eterno”), anche per il poeta nicaraguense Ernesto Cardenal l’attimo si dilata, diventa ricordo indelebile che dura nel tempo.

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EDWARD HOPPER, "SOLE A BROOKLYN"

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LA FRASE DEL GIORNO
Ragazze che un giorno / leggerete l’emozione di questi versi / e sognerete un poeta. / Sappiate che li ho fatti io / per quelle come voi / ed è stato vano.
ERNESTO CARDENAL, Epigrammi




Ernesto Cardenal Martínez (Granada, Nicaragua, 20 gennaio 1925 – Managua, 1° marzo 2020) poeta, presbitero e teologo nicaraguense. Protagonista della rivoluzione in Nicaragua del 1979, fu tra i massimi esponenti della teologia della liberazione: è stato il fondatore della comunità religiosa di Solentiname.


venerdì 27 marzo 2020

Quando ci amavamo


JORG FAUSER

POESIA D’AMORE

Quando ci amavamo l’un l’altra
non amavamo noi stessi.

Quando ci dichiarammo guerra
già partivamo per sconfitti.

Quando siamo stati sconfitti
abbiamo dato colpa alla storia.

Quando provavamo solitudine,
la annegavamo nella musica.

Quando ci separammo
rimanemmo nello stesso luogo.

E finivamo subito l’uno nelle braccia dell’altra
e lo chiamavamo una poesia d’amore,

ma nessuna poesia d’amore ci spiega
la paure di amare

né perché il cielo era così azzurro
quando ci incontrammo,

né perché continuerà ad essere così azzurro
quando moriremo

tu da sola
io da solo.


(da Trotzkij, Goethe e la fortuna, 1979)

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C’è la Beat Generation, ma soprattutto l’influenza di Charles Bukowski in questi versi dello scrittore tedesco Jörg Fauser: il poeta viene demitologizzato, parla con stile colloquiale e si dedica alla dialettica del Sé. Poesia d’amore dunque, contrastato, che sembra finire e non finisce mai, che a volte vive di solitudine ma che trattiene la bellezza dell’incontro.

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EDWARD HOPPER; “STANZA A NEW YORK”

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LA FRASE DEL GIORNO
È un fatto constatato che l'amore o cresce o diminuisce, mai rimane uguale.
CODICE D’AMORE PROVENZALE




Jörg Fauser (Bad Schwalbach, 16 luglio 1944 – Monaco di Baviera, 17 luglio 1987), poeta, scrittore, giornalista e traduttore tedesco. Le sue opere sono marcate dall’influenza della Beat Generation americana, prima del passaggio alla letteratura hard-boiled. Morì in circostanze poco chiare, investito da un camion in autostrada la notte del suo 43° compleanno.


giovedì 26 marzo 2020

Un cielo azzurro


EDITH SÖDERGRAN

PRIMAVERA NORDICA

Tutti i miei castelli d’aria si sono sciolti come neve,
tutti i miei sogni defluiti come acqua,
di tutto ciò che ho amato mi rimane
un cielo azzurro e qualche pallida stella.
Il vento si muove piano tra gli alberi.
Il vuoto riposa. L’acqua è silenziosa.
Il vecchio abete sta sveglio e pensa
alla nuvola bianca baciata in sogno.


(da Poesia, Aprile 1997, N. 105, Crocetti Editore - Traduzione di Piero Pollesello)

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La primavera nei paesi nordici significa principalmente il disgelo: la neve e il ghiaccio si trasformano in acqua liberando un paesaggio di fiori e erbe. La poetessa finlandese di lingua svedese Edith Södergran paragona questo risveglio della natura a quello dell’anima che si desta da un’illusione.

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FOTOGRAFIA © NEEDPIX

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LA FRASE DEL GIORNO
Tempo, sei tu, abisso sonnolento, che mi provochi sbadigliando?
EDITH SÖDERGRAN




Edith Södergran (San Pietroburgo, 4 aprile 1892 – Roščino, 24 giugno 1923) poetessa finlandese di lingua svedese. Navigando tra Simbolismo ed Espressionismo con influssi nietzschiani, diede il via al Modernismo in salsa scandinava. Esordì nel 1916 con la raccolta Poesie, cui seguirono Lira di settembre, L'altare delle rose, L’ombra del futuro e Il paese che non esiste. Morì di tisi a 31 anni.


mercoledì 25 marzo 2020

Nell’anno della pandemia



PATRICIO RASCÓN

ISOLAMENTO

Per Miriam Tessore

Nell’anno della pandemia – il giorno che finì
la carta igienica al Mercadona ― io e te
eravamo già esperti di voli cancellati
e prenotazioni di hotel, rinviare baci
e abbracci e imporre la quarantena
a noi stessi. I fallimenti
dell’autosufficienza.

Come è stato facile per noi isolarci, amore;
anche se il dolore ci ha infettato
come sempre.


(dal blog Emma Gunst, 20 marzo 2020)

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Sul blog Emma Gunst trovo questa poesia diciamo così “di cronaca” del poeta spagnolo Patricio Rascón, in un momento in cui la Spagna sembra purtroppo seguire la curva italiana di contagi e di decessi. Una testimonianza di questo evento storico che stiamo vivendo, così come certe fotografie che passeranno alla storia, dall’infermiera stremata che si riposa al papa che cammina per una Roma deserta, dai camion militari che trasportano decine di bare a Bergamo alle file di gente davanti ai supermercati. Come una guerra.

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EDWARD HOPPER, "IL SOLE DEL MATTINO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Le infezioni sono come mostri dormienti: non li puoi vedere, non li puoi sentire, ma devi fare tutto quanto è in tuo potere per contenerli, perché quando i mostri si svegliano non li controlli più.
BRONWYN GARRITY, Grey’s Anatomy, Stagione 9, Episodio 21





Patricio Rascón Fernández (Linares, Jaén, España, 1961). Primo di nove figli, ha svolto vari lavori sin dall’età di 14 anni, dedicando il tempo libero all’apprendimento. Ha pubblicato Cronache del sottoproletariato (2002) e Dimenticare l’oblio (2012).


martedì 24 marzo 2020

Alberto Arbasino


“Fare oggi un romanzo tradizionale ha lo stesso senso che conquistare oggi l'Eritrea o fondare oggi la Fiat” scriveva in Fratelli d’Italia, romanzo del 1963, lo scrittore e poeta Alberto Arbasino, morto novantenne a Voghera il 22 marzo dopo una lunga malattia. E questo assioma praticò nella sua carriera letteraria, eclettica, capace di leggere l’Italia e la sua società, soprattutto quella degli Anni Sessanta e Settanta, con una scrittura caustica e impietosa: sua intuizione è la “casalinga di Voghera” che è diventata un modo di dire per indicare lo stereotipo di una popolazione piccolo-borghese. Anche la poesia, con cui si è cimentato poco, rende comunque questa sua idea, mescolando parola e cronaca, invenzioni e citazioni, “alto” e “basso” in un divertimento accostabile per certi versi a Palazzeschi.

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LA VITA DI TUTTI I GIORNI

I

Basta, ormai è finita
e non voglio più gente in casa mia.
Quello che è stato è stato
– una gran birberia –
ma chi ha avuto ha avuto
e chi ha dato ha dato
dal Cardinale all’Innominato.

Cara la mia Lucia
non sarò più tanto snello
ma il cielo di Lombardia
è rimasto sempre quello.
Tu sai bene che non moraleggio,
però la poteva andare anche peggio:
in fondo, ce la caviamo con poco
anche se tu… sì, proprio tu
sembravi fare apposta a scherzare col fuoco…

Ma adesso il romanzo è finito,
e una volta scampati alla peste
com’è vero che almeno una cosa ho capito:
facciamo meglio – i capponi – a mangiarceli noi per le feste.

Va bene, va bene, Lucia,
te l’ho detto, è proprio finito.
E allora, cosa fai lì con le mani in mano?
Non hai mica – per caso – nostalgia?
Con tutto quello che abbiamo da fare…
Appena adesso, si cominciava a parlare…
… O ripensi magari a Milano?…

Io, francamente, non voglio pensarci mai più.
Se è per me, li perdono
tutti quanti, e ci faccio una croce su.
Proprio, da buon cristiano.
Ma è finito – hai capito? –  è finito!
Su, su,
prendi, l’anello ti dono,
senza tante parole.

Andiamo, su, hai sentito?
D’ora in poi ci si alza col sole
e si va a letto – al più tardi – alle dieci.
… Mica come in lazzaretto…

A proposito… sai che era saporito
quel giambonetto
e il tuo minestrone di ceci…


II.

Lucia… rimembri ancora
l’invasione… e non saper dove andare…
e la persecuzione… e sempre scappare…

Dormivi?… Ma io ci ho ripensato.
Forse era quel minestrone squisito,
ma io stanotte non ho proprio dormito.
Mi sono alzato,
ho bevuto – ma niente – non ci sono riuscito.
E tu dormivi – tu –
Ma appena mettevo la testa giù
era come se mi sentissi – io! – sul viso
ancora quell’orribile alito del Griso.

Eppure… vedi… sento che dimenticheremo…
Cosa vuoi… l’abitudine di ogni giorno…
Gli oggetti familiari tutti intorno…
... E domani sera, forse, «per tenermi leggero»,
tu mi farai soltanto un paio di mele al forno.
... Com'è vero! Com'è vero...
E fra meno di un anno, io stesso dirò: che scemo...

Così sarà stato inutile
tutto, come se fossero
vecchie storie, altrui e noiose...
Vedrai... «in un domani», ai nostri figli
che ci verranno a domandare
se Don Abbondio era proprio così fifone,
se (tutto sommato) Don Ferrante fosse
o non fosse un minchione,
o se la sventurata rispose o non rispose...
Noi non sapremo dare
che un po' di ricordi generici, e i soliti buoni consigli.

Non è che mi lamenti...
... Ma allora sarà stato tutto vano,
se per recuperare
momenti meno spenti
Ss episodi famosi
non avremo più niente
di prima mano,
e dovremo rileggerci - come tutti gli altri – «I Promessi Sposi»?
Perciò
promettimi: lo so
che c'è tanto da fare, in tutte le case,
e che una moglie non ha mai un attimo per riposare
né per commuoversi davanti alle albe e ai tramonti;
ma quando ti càpita d'alzar gli occhi su quei monti
sorgenti dall'acque, non dimenticare
che almeno una volta
sei stata capace di una celebre frase.


(da Matinée, Mondadori, 1983)

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BYZANTHIUM VERSUS

Ricordi quando si andò a Patmos,
apposta, per ascoltare
a un giubileo plurisecolare
del celebre monastero
le musiche bizantine più autentiche?
E le Messe erano quasi identiche
alle funzioni pre-conciliari
della nostra infanzia più rustica…
E poi si acquistarono i compact
di “musica bizantina secolare”,
nelle versioni più filologiche,
in poco o nulla si distinguevano
dai ‘bouzoukia’ di Mikonos, in piroscafo…


(da Rap 2, Feltrinelli, 2002)

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LA FRASE DEL GIORNO
In Italia c'è un momento stregato in cui si passa dalla categoria di brillante promessa a quella di solito stronzo. Soltanto a pochi fortunati l'età concede poi di accedere alla dignità di venerato maestro.
ALBERTO ARBASINO, Il Fatto Quotidiano, 23 giugno 2013




Nino Alberto Arbasino (Voghera, 22 gennaio 1930 – 22 marzo 2020), scrittore, giornalista, poeta, critico teatrale e politico italiano. Appartenente al Gruppo 63, ha scritto per Repubblica ed è stato deputato del PRI per una legislatura. Romanziere sofisticato e sperimentale, ha pubblicato anche tre raccolte poetiche: Matinée (1983), Rap! (2000) e Rap 2 (2002).


lunedì 23 marzo 2020

La rosa porporina


LIBERO DE LIBERO

SCEMPIO E LUSINGA

I giorni che non tornano tu chiami
e quella che mi scopri è una sembianza
ricopiata da ieri, una speranza
che stagioni promette inesistenti,
e appena spunta già non vedi l’oggi,
scaglia pietre il futuro alle tue spalle.

Se primavera frizza una mattina
sulla tua guancia illusa dalla brina,
non dire che la rosa porporina
ormai figura la nostra passione,
tu non ignori il vento che la brucia,
la livida spoglia che essa contiene.

E lo sterile inganno d’un’aurora
che la tua brace finge nel mio sguardo:
la stella dedicata alla tua sorte,
scempio e lusinga, è Venere demente
e tu Sirio la credi, arpa divina,
ma è il tuo colpo di frusta che fa lampo.

Tu del rimpianto sorseggi gli aceti
e la mano ti stringe l’altra mano,
ogni notte è il congedo da te stessa.
e il fischio che fa l’eco al tuo risveglio
fosse d’un treno tornato dagli addii,
è l’amen che ricorre e non conclude.

Tu sprechi il mare per salvare la goccia,
l’ancora getti dove basta l’amo,
chiedi un delirio a chi da te l’implora:
Tu mi aggiri con vezzi di ventaglio
e fatua scatti in carezze di lama,
resti tu sola trappola del giuoco.


(da Sono uno di voi, 1969)

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Calza a pennello per questa poesia di Libero De Libero la definizione che diede di lui Dario Bellezza: “Ermetico fino  in fondo – con tutte le derivazioni più lusinghiere da Quasimodo e da Montale (…) niente nevrosi, niente eros: solo grazia, eleganza, amori puliti, epigrammi sentimentalmente funerari”. De Libero in cinque sestine delinea il ritratto di una donna e di un amore ormai finito.

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FELICE CASORATI, "RITRATTO DI CESARINA GUALINO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Trabocca la vita dal suo calice / e in ogni sembianza una goccia brucia.
LIBERO DE LIBERO, Sono uno di voi




Libero De Libero (Fondi, 10 settembre 1903 – Roma, 4 luglio 1981), poeta, critico d'arte e narratore italiano. Gli Anni ‘30 lo videro al Caffè Aragno di Roma con Vincenzo Cardarelli, partecipe della  scuola pittorica di via Cavour. La sua poesia si inserisce in un ermetismo legato alla terra, al vigore del reale.


domenica 22 marzo 2020

Il mio desiderio


ULLA HAHN

PRUDENZA

Il mio desiderio ha di nuovo
un nome che mi colma
di felicità e dolore.
Ma nulla è cambiato
Percorro i giorni sorridendo
come lui che mi percorre
con il suo profumo e la sua voce
la sua figura che modella il mio desiderio
il suo corpo che copre tutto il mio
Provo con tutte le mie forze
a non dire
Vieni o Vai o Resta


(da Incredibile vicinanza, 1988)

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Un carpe diem amoroso quello della poetessa tedesca Ulla Hahn: vorrebbe persistere in questo rapporto che le dà contemporaneamente felicità e dolore, vorrebbe vivere in questo perenne stato di desiderio, resistere in esso come un soldato nelle trincee di un campo di battaglia temendo di rovinare tutto uscendo allo scoperto.

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DIPINTO DI FRANCINE VAN HOVE

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LA FRASE DEL GIORNO
I desideri stavano strappandomi l'anima. Potevo viverli, ma non ci sono riuscito. Allora li ho incantati.
ALESSANDRO BARICCO, Novecento




Ulla Hahn (Brachthausen , oggi Kirchhundem im Sauerland, 30 aprile 1945), scrittrice e poetessa tedesca. Giornalista per Radio Brema, pubblicò la sua raccolta d’esordio, Herz über Kopf, nel 1981.  Il suo stile, lirico, tradizionale ed elegante, è stato definito "rococò post-rivoluzionario".


sabato 21 marzo 2020

Perché sempre ci sia una poesia


TÀKIS SINÒPOULOS

TU E LA POESIA

Torni e ritorni in questo salone
tanto nuda che ti guardano tutti.
Tormenti le poltroncine come se tormentassi il colpevole.
Ti dico di soffocare dentro di te questi uccelli selvaggi
ma tu li rimetti in libertà.
Ti rabbuia la tua afflizione
e vieni qui.
Da tempo torni e ritorni.
Risplendono le tue ginocchia nel salone.
Con le mie lacrime ti lavo le mani e le ascelle.
Ti lavo i piedi fino alle montagne.
Per vestirti ti regalo la mia voce più calda.
Ma tu te ne vai
come sei venuta
nuda
perché sempre ci sia una poesia
che parli
di te.


(da La notte e il contrappunto, 1959)

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“Perché sempre ci sia una poesia”: utilizzo questo verso del poeta greco Tàkis Sinòpoulos per celebrare questa Giornata Mondiale della Poesia, istituita dall’UNESCO per promuoverne la lettura, la scrittura, la pubblicazione e l’insegnamento. E allora, in questo particolarissimo 2020, dalle nostre quarantene imposte dal CoVid-19, urliamo «Viva la Poesia!»

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LA FRASE DEL GIORNO
Compii lo sforzo volto a trovare la poesia – volto a trovare l’ineffabile conoscenza
concreta, singolare, intima di me stesso.
CARLES RIBA, Elegie di Bierville




Tàkis Sinòpoulos (Pyrgos, 17 marzo 1917 – Atene, 25 aprile 1981) poeta greco della cosiddetta “Generazione del dopoguerra”. Medico, fu anche un valente pittore. La sua opera subisce l’influenza del periodo storico vissuto dalla Grecia: la dittatura di Metaxas, l’occupazione, in cui fu prigioniero degli italiani, la guerra civile, la dittatura dei colonnelli.


venerdì 20 marzo 2020

Guardo e m’allegro


VIRGILIO GIOTTI

QUADRETTO DI PRIMAVERA

Un solco lungo e dritto, che la pioggia
molta ha ripieno, e ove si specchia il cielo
azzurro tra vivace ortaglia. In cima
un pezzetto di prato umido e fresco.
Dietro v'è una stradetta. Io non la vedo.
Me l'asconde la siepe con la bianca
sua fioritura. Questo vo guardando
dalla finestra: lo guardo e m'allegro.


(da Liriche e idillî, 1931)

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La primavera al tempo del coronavirus: siamo imprigionati nelle nostre case per decreto governativo, messia per così dire agli arresti domiciliari, ma possiamo fare come il poeta triestino Virgilio Giotti: guardare dalla nostra finestra il cielo azzurro, i fiori che popolano i giardini, le foglioline nuove che erompono dai rami, guardare e rallegrarci.

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FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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LA FRASE DEL GIORNO
La primavera, la dolce primavera, è la bella regina dell’anno.
THOMAS NASHE




Virgilio Giotti, pseudonimo di Virgilio Schönbeck (Trieste, 15 gennaio 1885 – 21 settembre 1957), poeta italiano. Le sue opere, molte delle quali in dialetto triestino, con toni pascoliani e crepuscolari dipingono con delicatezza ed eleganza un quadro di affetti e di persone.


giovedì 19 marzo 2020

Il padre e il bambino


KARMELO C. IRIBARREN

TEMPORALE ESTIVO

Si tengono per mano
in silenzio,
sotto i portici.

Il bambino guarda l’altalena,
molto triste,
sotto la pioggia,
e non capisce.

Il padre guarda il bambino:
è la vita, figlio mio
- vorrebbe potergli dire -,
ed è appena cominciata.


(da La frontiera e altre poesie, 2005)

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In questo tempo di quarantena e coronavirus passano in cavalleria anche le feste e le giornate dedicate. Ma un pensiero a tutti i padri – quelli magari lontani dai figli perché separati da questa contingenza – è doveroso: lo facciamo con questi versi del poeta basco Karmelo C. Iribarren.

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ACQUARELLO DI CLAUDIA TREMBLAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Anche il più turbolento, il più violento, il più ribelle dei figli è tale solo con l'espressa autorizzazione del padre, ed è il padre che, per una ragione a lui ignota, ha bisogno di quel sobillatore, di quella spina piantata nel cuore della famiglia, e cioè di quel focolaio di opposizione grazie a cui vengono smentite tutte le categorie semplicistiche della volontà e del carattere.
MURIEL BARBERY, Estasi culinarie




IribarrenKarmelo C. Iribarren (San Sebastián,  19 settembre 1959), è un poeta spagnolo, autodidatta. Associata al “realismo sporco” di Bukowski e Carver, in realtà la sua è una poesia più minimale, molto spesso frutto di osservazione della strada e dei bar, che l’ha fatta definire “realismo pulito” e “poesia di esperienza”. Tra le sue raccolte poetiche Serie B, Dal fondo del bar, Ondata di gelo, Attraversando la notte, La pelle della vita.


mercoledì 18 marzo 2020

Un’ansietà d’attesa


PIERLUIGI CAPPELLO

IL CALABRONE

C’è un’ansietà d’attesa nella stanza:
il calabrone è un acino di rabbia.
Ha descritto da parete a parete
spigoli d’aria. Ha cabrato e picchiato.
Sfiorato sul tavolo frontespizi
e costole, cime di suppellettili
le rime di me trascritte sui fogli.
Ho spalancato tutte le finestre,
abbandonati i fogli. Fuori il sole
è fiorito sui rami, sorridente
fra me che scrivo e la parola niente.


(da Azzurro elementare, Rizzoli, 2013)

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“Nella loro apparente semplicità queste liriche aeree fanno leva su tutti i minuscoli segreti dell’arte poetica, dal mettere in posa un qualunque aspetto della vita per ritrarlo con delicatezza sotto un nuovo sguardo, fino alle musiche dei puri intrecci di suoni” scrive Alessandro Fo di Azzurro elementare, raccolta con cui Pierluigi Cappello riunì le sue poesie dal 1992 al 2010. È un momento in cui nulle accade se non il volo disperato di un calabrone dentro la stanza: il poeta apre le finestre per farlo uscire ed entra la bellezza del sole.

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IMMAGINE DA PINTEREST

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LA FRASE DEL GIORNO
Questa è forse la forza più grande della poesia, dare forma al tempo.
PIERLUIGI CAPPELLO, Lo spazio esposto, Luglio 2011




CappelloPierluigi Cappello (Gemona del Friuli, 8 agosto 1967 – Cassacco, 1º ottobre 2017), poeta italiano. La sua vita è stata gravemente segnata da un incidente stradale occorsogli quando aveva sedici anni: dallo schianto della moto di un amico contro la roccia uscì con il midollo spinale reciso e una perenne immobilità. Ha scritto numerose opere, anche in lingua friulana.

martedì 17 marzo 2020

L’ala nera



KATERINA ANGHELAKI-ROOKE

AMORE, LA CRUDELE DISPERAZIONE

Il mattino apre di nuovo
le fosse dei suoi doveri
sopra è appesa
ciascuna fine
strisce appiccicate
le mosche della nostra sensibilità
gli esilissimi insetti
del nostro decadimento.
Ma l'amore è
la più crudele disperazione
non contiene la sua fine
come tutte le cose consolanti
della natura.
Sopravvive prima della redenzione
come se non esistesse redenzione
come se la fine fosse solo
l'inizio della sofferenza...
Ah! Non faccio più niente
perché si levi di nuovo
la brezza della mia esistenza
solo ammirando la perfetta
geometria del tempo invisibile
che aspetta tu lo attraversi
io vengo a una morte impetuosa
vicino a te
e chiamo luce
l'ala nera che mi sfiora.


(da Poesia, 357, Marzo 2020 - Traduzione di Nicola Crocetti)

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La poesia di Katerina Anghelaki-Rooke è, come dice il traduttore Nicola Crocetti, “Un’angosciosa ricerca esistenziale e metafisica, non scevra a tratti di una forte drammaticità”. Un’angoscia che appare con evidenza anche in questa meditazione sull’amore: “Unica ricompensa, se alla fine /capirò cosa sia la presenza umana, / cosa sia l’assenza / o come funziona l’io / in tanta desolazione, in tanto tempo, / come nulla fermi il domani”, come la Anghelaki-Rooke fa dire alla sua Penelope.

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DIPINTO DI FRANCINE VAN HOVE

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LA FRASE DEL GIORNO
Si arrischi a sognare / l’antidoto dell’angoscia: / La Parola.
KATERINA ANGHELAKI-ROOKE, Poesie 1963-2011




Katerina Anghelaki-Rooke (Atene, 22 febbraio 1939 – 21 gennaio 2020), poetessa e traduttrice greca. Le sue poesie, con una costante meditazione sulla morte, trattano la relazione tra l’essere umano e la natura, la ricerca esistenziale femminile, l’esperienza di essere donna in una società tradizionale, con un linguaggio semplice e colloquiale.


lunedì 16 marzo 2020

Centenario di Tonino Guerra


Il 16 marzo di cento anni fa nasceva Tonino Guerra, sanguigno poeta romagnoli che deve fama alla misurata produzione nel dialetto di Santarcangelo di Romagna, dapprima segnalata da Gianni Rodari e Pier Paolo Pasolini e poi definitivamente consacrata da Gianfranco Contini. La sua è poesia scarna, che evita quanto più possibile l’aggettivo, e fa scattare immagini come trappole, funzionale ad un realismo che Pier Luigi Mengaldo definisce “fra crepuscolare e populista, tipicamente romagnolo”. Quello di Federico Fellini, certo, per il quale Guerra scrisse le sceneggiature di Amarcord e di E la nave va. E la Romagna – non poteva essere altrimenti vista la scelta di scrivere “in lingua” - risalta e diventa protagonista delle sue storie, illuminata dal flash dei suoi versi spesso epigrammatici.



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SÒURA UN CAFÉLATT


Andéma t'un cafè dla póra zénta
in do ch'i zènd i furminènt te méur
a fè do ciacri sòura un cafèlatt,
a déi ch'l'è chèld, ch'l'è bón, che fa par néun.

Géma ch'a s sém vést la préima vòlta in tranv
o t'un cantòun dl'America de' Sud,
che la tu gata mórta tònda e' còll
s'l'udòur ad péss de' póri Cantarèll,
l'éra una vòulpa nira da cuntèssa.

Sòta di lóm ch'l'è mélarènzi ròssi
lòt lòt, lòt, lòt, cmè bés-ci da mazèll,
andéma a fe do ciacri t'un purtòun
e géma ch'a s vlém bén, ch'l'è bèll, ch'l'è tótt.



SU UN CAFFELLATTE

Andiamo in caffè della povera gente
dove accendono i fiammiferi sul muro
a far due chiacchiere sopra un caffelatte,
a dir che è caldo, che è buono, che fa per noi.

Diciamo che ci siamo visti la prima volta in tram
o in un angolo dell'America del Sud,
che la tua gatta morta attorno al collo
con l'odore di piscio del povero Cantarèl
era una volpe nera da contessa.

Sotto lampadine che sono arance rosse
pian piano, pian piano, come bestie da macello
andiamo a far due chiacchiere sotto un portone
e diciamo che ci vogliamo bene, che è bello, che è tutto.

(da La s-ciuptèda, Lega, 1950)
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L’AQUA


L’aqua te bicir
l’aqua te foss
l’aqua te fiom
e pu una volta a i ò tuchè sal spali
l’aqua de mèr.



L’ACQUA

L’acqua nel bicchiere
l’acqua nel fosso
l’acqua nel fiume
e poi una volta ho anche toccato sulla spalla
l’acqua del mare.

(da I bu, Rizzoli, 1972)

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Vedi anche:
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LA FRASE DEL GIORNO
Io sono tanto affezionato alla parola, perché io sono un poeta. Le immagini che sono dentro la parola sono infinite. La parola è piena di cinema.
TONINO GUERRA





Antonio Guerra, detto Tonino (Santarcangelo di Romagna, 16 marzo 1920 – 21 marzo 2012), narratore, poeta e sceneggiatore cinematografico italiano.Autore delle sceneggiature di Amarcord, Zabriskie Point, Deserto rosso, è noto per le sue poesie nel dialetto di Santarcangelo di Romagna.

domenica 15 marzo 2020

Quando i boccioli si rompono


KARIN BOYE

CERTO CHE FA MALE

Certo che fa male, quando i boccioli si rompono.
Perché dovrebbe altrimenti esitare la primavera?
Perché tutta la nostra bruciante nostalgia
dovrebbe rimanere avvinta nel gelido pallore amaro?
Involucro fu il bocciolo, tutto l’inverno.
Cosa di nuovo ora consuma e spinge?
Certo che fa male, quando i boccioli si rompono,
male a ciò che cresce
male a ciò che racchiude.

Certo che è difficile quando le gocce cadono.
Tremano d’inquietudine pesanti, stanno sospese
si aggrappano al piccolo ramo, si gonfiano, scivolano
il peso le trascina e provano ad aggrapparsi.
Difficile essere incerti, timorosi e divisi,
difficile sentire il profondo che trae, che chiama
e lì restare ancora e tremare soltanto
difficile voler stare
e volere cadere.

Allora, quando più niente aiuta
si rompono esultando i boccioli dell’albero,
allora, quando il timore non più trattiene,
cadono scintillando le gocce dal piccolo ramo,
dimenticano la vecchia paura del nuovo
dimenticano l’apprensione del viaggio –
conoscono in un attimo la più grande serenità
riposano in quella fiducia
che crea il mondo.


(da Poesie, Le Lettere, 1994 – Traduzione di Daniela Marcheschi)

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La poetessa svedese Karin Boye ci esorta ad essere noi stessi primavera, ad avere quella forza che permette alle gemme di erompere dai tronchi e poi di aprirsi, di trasformarsi in foglie e fiori: dimenticare la paura del nuovo e gettarci tra le sue braccia, camminare in quella terra ignota liberandoci della pelle del passato.

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FOTOGRAFIA © 1027738/PIXABAY
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LA FRASE DEL GIORNO
La primavera porta ovunque nuova vita. È il tempo della speranza.
HIDEO KOJIMA, Metal Gear Solid





Karin Maria Boye (Göteborg, 26 ottobre 1900 – Alingsås, 24 aprile 1941), scrittrice, poetessa e critica letteraria svedese. Conosciuta principalmente per i suoi componimenti poetici, sperimentò anche altri generi letterari, come il saggio e il romanzo. L'opera che la rese nota a livello internazionale è il romanzo distopico Kallocaina pubblicato nel 1940.


sabato 14 marzo 2020

L’amore nella speranza


PIERO BIGONGIARI

AMANDO, DOVE SEI?

Cosa insinua di incerto l’amore
nella speranza, il fiore quale scandalo
nella sua erta oltranza? Dove sei,
amando dove sei?

Nell’altra stanza
odi un canto, un passo strascicato
di danza, e non ci vai, resti dubbioso.
Sai che talvolta è meglio la distanza
che inoltrarti in un ritmo che ascolti
e che vuoi che rimanga nel suo enigma
in cui molti significati, troppi
forse, sono racchiusi nel suo stigma.


(da Dove finiscono le tracce, Le Lettere, 1996)

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Poesia ermetica quella di Piero Bigongiari, e dunque non facile da interpretare: ma da questi versi si dipartono come dei fili diversi spunti di riflessione: l’amore e la speranza, l’attesa e la lontananza, la scelta di non agire per rimanere in quel limbo amoroso, nel suo mistero che è ancora desiderio e possibilità.

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ELLIOTT ERWITT, "VALENCIA, SPAIN, 1952"


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LA FRASE DEL GIORNO
Il cerchio è nella squadra / e l’inimmaginabile al fondo delle immagini.
PIERO BIGONGIARI, Antimateria




Piero Bigongiari (Navacchio, 15 ottobre 1914 – Firenze, 7 ottobre 1997), poeta e critico letterario italiano. Insegnò storia della letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Firenze. È considerato esponente di un ermetismo purista in cui dominano metafisicamente il tema dell’assenza, un forte anelito religioso e la trasfigurazione simbolica della realtà.


venerdì 13 marzo 2020

Una nuova bellezza


JESÚS LÓPEZ PACHECO

CON GIOIA, DAVVERO

Poeta è colui che prende davvero su di sé
il dolore di tutti.
Chi del dolore e della vita
fa una nuova bellezza
che serva di speranza ai buoni.
Poeta è chi può con gioia
trarre dalla verità la bellezza necessaria.


(da Asilo poetico, 1992)

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L’opera del poeta spagnolo Jesús López Pacheco è sottesa a una poetica dell’utile: il testo letterario è dunque un mezzo che serve per raggiungere le necessità politiche (l’antifranchismo), e sociali e quelle prettamente percettive della poesia. Questo dunque è il ritratto che López Pacheco fa del poeta e della sua funzione.

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ILLUSTRAZIONE DI CHRISTIAN SCHLOE

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LA FRASE DEL GIORNO
L’arte per l’arte: uguale zero.

JESÚS LÓPEZ PACHECO




Jesús López Pacheco (Madrid, 13 luglio 1930 – London, Canada, 6 aprile 1997), romanziere, traduttore, poeta e professore spagnolo. Partecipò alle proteste contro il regime di Franco e nel 1968 abbandonò la spagna per il Canada, dove si stabilì all’Università del Western Ontario a London. Rappresentò il “realismo critico” all’interno della Generazione del ‘50.


giovedì 12 marzo 2020

Esibizione di un momento


XUAN ZONG

LA MARIONETTA

Il legno intagliato e mosso da un filo,
Sembra, in realtà, un vecchio rugoso dai capelli bianchi.
Finita la sua esibizione di un momento,
Eccolo qui, immobile e muto,
Simile agli uomini la cui vita è sogno.

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Una marionetta giace inanimata dopo lo spettacolo al teatro di ombre: quello che agli occhi sembrava un vecchio non è che un ammasso di pezzi di legno intagliati: il poeta cinese dell’VIII secolo Xuan Zong, imperatore della dinastia Tang, riflette che così è la vita dei sognatori: in movimento mentre il sogno è vivo, inanimati quando l’illusione si è sgonfiata.

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IMMAGINE © CHINA PUPPET AND SHADOW ART SOCIETY

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LA FRASE DEL GIORNO
Dimmi Greg, perché ami le marionette?" "Sai Maxine, non lo so con certezza. Forse perché per un po' puoi diventare qualcun altro, puoi essere nei suoi panni, pensarla in modo diverso, muoverti in modo diverso, provare cose diverse.
CHARLIE KAUFMAN, Essere John Malkovich




Xuan Zong (8 settembre 685 – 3 maggio 762) nato col nome Li Longji, fu il sesto imperatore della dinastia Tang: regnò per 43 anni, fino a che la Ribellione di An Lushan pose fine al suo regno e lo costrinse all’esilio. Patrono delle arti e mecenate, compose egli stesso poesie.


mercoledì 11 marzo 2020

Adesso siamo a casa


MARIANGELA GUALTIERI

NOVE MARZO DUEMILAVENTI

Questo ti voglio dire
ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.

Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme.
Rallentare la corsa.
Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano
che ci potesse bloccare.

E poiché questo
era desiderio tacito comune
come un inconscio volere -
forse la specie nostra ha ubbidito
slacciato le catene che tengono blindato
il nostro seme. Aperto
le fessure più segrete
e fatto entrare.
Forse per questo dopo c’è stato un salto
di specie – dal pipistrello a noi.
Qualcosa in noi ha voluto spalancare.
Forse, non so.

Adesso siamo a casa.

È portentoso quello che succede.
E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.
Forse ci sono doni.
Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.
C’è un molto forte richiamo
della specie ora e come specie adesso
deve pensarsi ognuno. Un comune destino
ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.

O tutti quanti o nessuno.
È potente la terra. Viva per davvero.
Io la sento pensante d’un pensiero
che noi non conosciamo.
E quello che succede? Consideriamo
se non sia lei che muove.
Se la legge che tiene ben guidato
l’universo intero, se quanto accade mi chiedo
non sia piena espressione di quella legge
che governa anche noi – proprio come
ogni stella – ogni particella di cosmo.

Se la materia oscura fosse questo
tenersi insieme di tutto in un ardore
di vita, con la spazzina morte che viene
a equilibrare ogni specie.
Tenerla dentro la misura sua, al posto suo,
guidata. Non siamo noi
che abbiamo fatto il cielo.

Una voce imponente, senza parola
ci dice ora di stare a casa, come bambini
che l’hanno fatta grossa, senza sapere cosa,
e non avranno baci, non saranno abbracciati.
Ognuno dentro una frenata
che ci riporta indietro, forse nelle lentezze
delle antiche antenate, delle madri.

Guardare di più il cielo,
tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta
il pane. Guardare bene una faccia. Cantare
piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta
stringere con la mano un’altra mano
sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.
Un organismo solo. Tutta la specie
la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.

A quella stretta
di un palmo col palmo di qualcuno
a quel semplice atto che ci è interdetto ora -
noi torneremo con una comprensione dilatata.
Saremo qui, più attenti credo. Più delicata
la nostra mano starà dentro il fare della vita.
Adesso lo sappiamo quanto è triste
stare lontani un metro.


(da Doppiozero, 9 marzo 2020)

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La poesia sa anche essere cronaca – del resto non è avulsa dalla vita sociale, anzi sa raccontarla da un punto di vista differente. Ora siamo tutti reclusi nelle nostre case dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri volto ad arginare la diffusione del contagio da “nuovo coronavirus” o CoVid-19: questi sono i versi di una delle migliori poetesse italiane, Mariangela Gualtieri. Credo non servano altri commenti, a parte l’invito a proteggersi e a proteggere gli altri dal virus seguendo le indicazioni governative e soprattutto ad agire comunque con il buonsenso. 

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LA FRASE DEL GIORNO
Ma ciò che, lasciando intero il biasimo, scema la maraviglia di quella sua condotta, ciò che fa nascere un’altra e più forte maraviglia, è la condotta della popolazione medesima, di quella, voglio dire, che, non tocca ancora dal contagio, aveva tanta ragion di temerlo.
ALESSANDRO MANZONI, I promessi sposi




Mariangela Gualtieri (Cesena, 1951)  poetessa e scrittrice italiana. Nelle sue opere, sia poetiche che teatrali, ha spesso accentuato l'aspetto della "inadeguatezza della parola". Nel 1983 ha fondato, insieme a Cesare Ronconi, il Teatro Valdoca.


martedì 10 marzo 2020

Bello e indifeso


ANTONIO REQUENI

FUOCO TENEBROSO

Chi ha bisogno che io scriva?
Tuttavia è bello
vivere per la bellezza, avvicinarsi
al fuoco tenebroso in cui ardono
la festa e il mistero della vita.
Anche se non importa a nessuno.
Brilla nella notte il verso
bello e indifeso
come un corpo nudo.


(da Linea d’ombra, 1986)

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La poesia basta a se stessa, non ha bisogno neppure di lettori: è espressione dell’emozione, è un omaggio alla bellezza, un suo elogio necessario: il poeta argentino Antonio Requeni in questa sua lirica metapoetica rivendica questa necessità di scrivere, il suo vano splendore.

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GUSTAVE CAILLEBOTTE, "RITRATTO DI UOMO CHE SCRIVE NEL SUO STUDIO"

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LA FRASE DEL GIORNO
(Poesia) Tremante, come un fiore nudo, / ti ho scoperta nell’infanzia. Un semplice / sussurro, un profumo per la fronte, / la tua luce nella mia parola cieca e muta.
ANTONIO REQUENI




Antonio Requeni (Buenos Aires, 8 settembre, 1930), scrittore, poeta e giornalista argentino. Redattore di La Prensa e critico letterario di La Nación, è Cavaliere Ufficiale della Repubblica Italiana e Accademico d’Argentina. Le sue poesie celebrano l’amore e la natura, lo scorrere del tempo, la nostalgia dell’infanzia e la bellezza.


lunedì 9 marzo 2020

Chi si ama senza dirselo


RAFAEL CADENAS

AMANTE, 6

SI credeva padrone
e lei lo obbligò a un’indagine approfondita,
a domandarsi che cosa in realtà era suo.
Tra le sue mani poi
formò il suo volto
con lo stesso materiale smarrito, senza scartare nulla,
e lo restituì alle braccia dell’origine
come chi si ama senza dirselo.


(da Amante, 1983)

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In una relazione amorosa ci si deve confrontare, ci si deve mettere in discussione: in questi versi del poeta venezuelano Rafael Cadenas è l’amata a “ricostruire” l’amato, a plasmarlo quasi; pezzo per pezzo lo riforma, lo ripulisce, lo fa nuovo, di quell’amore puro che appartiene a “chi si ama senza dirselo”.

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RENÉ MAGRITTE, "L'ILLUSIONISTA"

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LA FRASE DEL GIORNO
Insegnami / ricostruiscimi / a fondo / ravvivami / come chi accende un fuoco.
RAFAEL CADENAS, Amante




Rafael Cadenas (Barquisimeto, 8 aprile 1930), poeta, saggista e docente universitario venezuelano. Fece parte del gruppo «Tavola Rotonda. Dotato di una raffinata sensibilità poetica, ha creato un’opera vincolata al pensiero filosofico.


domenica 8 marzo 2020

Un fuoco bruciante


KARIN BOYE

CONFESSIONE

Non sono nata per fare la ribelle
Eppure sono costretta ad esserlo.
Perché il mio destino non è mio soltanto?
Perché mi abbarbico in esso?
Oppure, se ora devo battermi,
perché accade con dolore?
Perché non a suon di musica,
quando infine sono costretta ad osare?
Sangue del mio sangue,
voi che mi avete giudicato duramente
E mi avete ripudiato nella vergogna,
sapevo bene, quando sono stata respinta,
che avevo violato un tutto,
sentivo una comunione santa
dietro le parole di condanna,
sapevo con angoscia: voi siete io –
e m’inchinavo.
Ma dov’ero e mi credevo muta,
udivo gemere la tenebra.
Anime dal luogo delle stesse sofferenze
Respiravano al mio fianco.
Udivo il mio stesso grido d’aiuto
Alzarsi dai deserti più assoluti,
sapevo con angoscia: io sono voi –
e non potevo tacere.
Vile, vile, tre volte vile
Devo però combattere,
cadere a terra e rialzarmi
con tutti i miei nervi in pezzi,
devo sentire come ferro rovente
i giudizi di chi è inesorabile –
e seguire e seguire un fuoco bruciante,
che fiorisce nella tenebra.


(da Poesie, Le Lettere, 1994 – Traduzione di Daniela Marcheschi)

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Una donna per la giornata dedicata alle donne, una poetessa che riflette sulla sua vita e sulla sua ricerca di libertà, che analizza il suo animo in profondità: è la svedese Karin Boye, donna di grande passionalità e di intensi amori. Angosciata dalla propria bisessualità e spesso preda di crisi depressive, si tolse la vita il 24 aprile 1941.

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DIPINTO DI MILT KOBAYASHI

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LA FRASE DEL GIORNO
Certo che fa male quando i boccioli si rompono. / Perché dovrebbe altrimenti esitare la primavera?
KARIN BOYE, Poesie




Karin Maria Boye (Göteborg, 26 ottobre 1900 – Alingsås, 24 aprile 1941), scrittrice, poetessa e critica letteraria svedese. Conosciuta principalmente per i suoi componimenti poetici, sperimentò anche altri generi letterari, come il saggio e il romanzo. L'opera che la rese nota a livello internazionale è il romanzo distopico Kallocaina pubblicato nel 1940.


sabato 7 marzo 2020

Tacerti accanto


MARIA LUISA SPAZIANI

L'ELOQUENZA

Con timoroso stupore accedo alla tua nudità
(guizza il pesce di marzo alla luce),
inguini, anfratti, e già un corallo pallido
di vene traccia mappe d’eldorado.

Dormi, e silenzio è cembalo stregato
che ci percorre il sangue ricongiunto.
Scivola sul pendio di neve azzurra
la mano-luna in brividi e tepori.

Amarti… Ma il linguaggio è una gabbietta
di cornacchie assai rauche. La più saggia
eloquenza sarà tacerti accanto,
mio germoglio che dormi nella neve.


(da Geometria del disordine, Mondadori, 1981)

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il tema del dormiente e della dormiente accende la fantasia dei poeti: da Paul Valery a Juan Ramón Jiménez, da Jorge Luis Borges a Karmelo C. Iribarren. La  poetessa torinese Maria Luisa Spaziani vi aggiunge un velo d’erotismo, che si trasforma infine nella tenerezza di dormire assieme, quella che fece dire a Milan Kundera, nell’Insostenibile leggerezza dell’essere che “l'amore non si manifesta col desiderio di fare l'amore (desiderio che si applica a una quantità infinita di donne) ma col desiderio di dormire insieme (desiderio che si applica ad un'unica donna)”.

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DIPINTO DI IVAN KOULAKOV

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LA FRASE DEL GIORNO
Dormiente, mucchio dorato d’ombre e d’abbandoni, / il tuo spaventoso riposo è carico di tali doni.
PAUL VALÉRY, Charmes




Maria Luisa Spaziani (Torino, 7 dicembre 1922 – Roma, 30 giugno 2014), poetessa italiana formatasi nel clima postermetico di chiara ascendenza montaliana. La sua poesia è venuta via via distendendosi dal mottetto o epigramma a forme narrativo-discorsive.