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mercoledì 30 novembre 2016

Non importa che tu sia lontano

 

JULIA PRILUTZKY FARNY

TU DORMI, LO SO

Tu dormi, lo so.
Sono sveglia e ti guardo.
Non importa che tu sia lontano,
che non ascolti
il tuo respiro nell'ombra;
non importa che non possa
passare la mano sulla tua testa,
le tue tempie e le tue spalle.

Sono sveglia e ti guardo, sempre.
Non importa che non possa rannicchiarmi
perché tu mi avvolga senza saperlo,
perché tu mi abbracci senza sentirlo,
perché tu mi trattenga
mentre tremo e dico soltanto
parole che non ascolti.
Posso essere così lontana
eppure continuo a stare sveglia a guardarti dormire.

(da Antologia dell’amore, 1977)

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Un’altra poesia dell’assenza: la poetessa ucraina naturalizzata argentina Julia Prilutzky Farny riesce a superare in qualche modo la lontananza fisica sopperendo con la memoria e l’immaginazione.

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Zener

ERIC ZENER, “SONNO”

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LA FRASE DEL GIORNO
La lontananza che rimpicciolisce gli oggetti all'occhio li ingrandisce al pensiero..
ARTHUR SCHOPENHAUER, Parerga e Paralipomena




Julia Prilutzky Farny (Kiev, 1912 - Buenos Aires, 8 marzo 2002), poetessa e giornalista ucraina naturalizzata argentina. Trascorse l'infanzia a Salamanca prima di trasferirsi in Argentina e studiare pianoforte. Fu la fondatrice del gruppo Veinte Poemas Jóvenes, nel 1936, e nel 1937 iniziò a scrivere per il quotidiano La Nación. Diresse anche la rivista culturale Vértice.


martedì 29 novembre 2016

Un cuore di Möbius

 

ERICH FRIED

TOPOLOGIA

Ti amo
ma dove mai ti amo?
Qualcosa in me
si torce
perché è proprio
cosi com’è
(proprio
perché è così)

Sono fuori di me
quando mi calo in me
e fuori di te
forse anche
E allora
dov’è
il dove?
E dove va?

Mi sono
fatto cuore
con un cuore di Möbius
che
si sfrangia
in tante strisce
senza vie d’uscita

(da È quel che è, Einaudi, 1988 - Traduzione di Andrea Casalegno)

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La topologia è lo studio delle proprietà delle figure geometriche che non variano sottoponendo le figure stesse a deformazioni continue (che non provochino la rottura o la sovrapposizione di punti). Ad esempio, il nastro di Möbius che costituisce un’interessante analogia in questa poesia di Erich Fried (1921-1988): il dramma di un’esistenza (e di un amore) che si torce su se stessa e che non ha per questo alcuna via d’uscita.

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Möbius_strip

FOTOGRAFIA © DAVID BENBENNICK – LICENZA CREATIVE COMMONS 3.0

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LA FRASE DEL GIORNO
Quando si ama, non si ha alcun bisogno di capire che cosa accade all'esterno, perché tutto comincia ad accadere dentro di noi.
PAULO COELHO, L’anatomista




Erich Fried (Vienna, 6 maggio 1921 – Baden-Baden, 22 novembre 1988), poeta austriaco naturalizzato britannico. Ebreo, fu costretto ad abbandonare il suo paese nel 1938 dopo l'occupazione nazista. Emigrato a Londra, fu giornalista e commentatore del programma in lingua tedesca della BBC.


lunedì 28 novembre 2016

Chi sei tu, lettore?

 

RABINDRANATH TAGORE

IL GIARDINIERE, LXXXV

Chi sei tu, lettore, che leggerai le mie poesie
tra cento anni?
Non posso mandarti un solo fiore di questa ricca primavera,
né darti un solo raggio d'oro delle nuvole
che mi sovrastano.
Apri le tue porte, guardati intorno.
Nel tuo giardino in fiore cogli i fragranti ricordi
dei fiori sbocciati cento anni fa.
Nella gioia del tuo cuore che tu possa sentire
la vivente gioia che cantò, in un mattino di primavera,
mandando la sua voce lieta, attraverso cento anni.

(da Il giardiniere, 1913 - Traduzione di Brunilde Neroni)

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Chi sei tu, lettore? Be’, siamo noi ormai quelli che leggono le poesie di Rabindranath Tagore cent’anni dopo che furono scritte. Siamo noi i destinatari di questo messaggio in bottiglia o, se volete, di questa capsula del tempo che il poeta indiano ha lasciato in quel libro edito nel 1913. E, leggendo, facciamo rivivere il suo spirito, immaginando quei fiori di un antico giardino, quel cielo di cento anni fa, ma soprattutto facciamo nostro il suo sentire, il suo gioioso canto poetico secondo l’assioma di Octavio Paz che amo spesso ripetere: “Ogni lettore è un altro poeta; ogni testo poetico, un altro testo”.

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DIPINTO DI MIKE FLAN

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LA FRASE DEL GIORNO
Mio poeta, la tua gloria è vedere la tua creazione attraverso i miei occhi  e ascoltare / attraverso i miei orecchi la tua stessa armonia?.
RABINDRANATH TAGORE, Il giardiniere




Rabindranath Tagore, nome anglicizzato di Rabíndranáth Thákhur (Calcutta, 7 maggio 1861 – Santiniketan, 7 agosto 1941), poeta, drammaturgo, scrittore e filosofo bengalese. Insignito del Nobel nel 1913 “per la profonda sensibilità, la freschezza e la bellezza dei versi con i quali, con consumata capacità, ha reso il proprio pensiero poetico, espresso in inglese con parole proprie, parte della letteratura occidentale”.


domenica 27 novembre 2016

Uno che ti guardava

 

LIBERO DE LIBERO

DA NULLA CHE ERO

Da nulla che ero mi facesti dono
d’essere uno che ti guardava:
e te guardando nella mente me ammiro
e tanto mi piace essere te
che il distacco poco mi duole.

(da Romanzo, Scheiwiller, 1965)

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Questa poesia viene da una mia vecchia agenda di adolescente, ed è chiaro perché ricopiai il testo: questi versi di Libero De Libero parlano al cuore del ragazzo o della ragazza che è in noi, ci rammentano dei primi rossori, delle prime cotte, ci dicono di quel principiare dell’amore in cui si entra nelle grazie di una dea (o di un dio) e si vive in un mondo come di sogno.

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Atroshenko

DIPINTO DI ANDREW ATROSHENKO

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LA FRASE DEL GIORNO
Mille anni e poi mille / Non possono bastare / Per dire / La microeternità / Di quando m'hai baciato / Di quando t'ho baciata / Un mattino nella luce  / dell'inverno / Al Parc Montsouris a Parigi / A Parigi / Sulla terra / Sulla terra che è un astro.
JACQUES PRÉVERT




Libero De Libero (Fondi, 10 settembre 1903 – Roma, 4 luglio 1981), poeta, critico d'arte e narratore italiano. Gli Anni ‘30 lo videro al Caffè Aragno di Roma con Vincenzo Cardarelli, partecipe della  scuola pittorica di via Cavour. La sua poesia si inserisce in un ermetismo legato alla terra, al vigore del reale.


sabato 26 novembre 2016

Stanza di fantasmi

 

PIERO BIGONGIARI

PIÙ UNO, MENO UNO

La poesia che nasce nella tua stanza
è come il frutto delizioso del melarancio,
odo nel ticchettio delle parole
il carosello perduto e melanconico
un notturno riassorbirsi d'aconito,
nel tuo slancio d'amore, queste sere.
Non mancan le parole per godere,
mancan le parole per non soffrire.
La farfalla di luce sul candeliere
sugge l'ultima cera, la più calda,
la più molle e volatile, sul fondo.
Come in miasmi di luce, anch'io m'effondo,
non mancan le parole per soffrire
in questa mia stanza di fantasmi.

(da Rogo, Edizioni della Meridiana, 1952)

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È una poesia molto montaliana questa di Piero Bigongiari: lo è naturalmente per quella sorta di “teologia negativa”, per quella coscienza del dolore di vivere che assegna alla poesia – come scrisse Giancarlo Quiriconi “la funzione di istanza totalizzante come luogo dell’espressione, della manifestazione coscienziale del dolore”. Se non è possibile la liberazione, si può comunque indagare attraverso la poesia sul senso del vivere: “Il tuo dolore sorvegliato / quasi fosse una speranza, / eccotelo negli occhi”.

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WILLIAM T. HOWELL ALLCHIN, “NATURA MORTA CON LIBRO E OCCHIALI”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il poeta non è mai fermo, non tocca mai lo stesso oggetto, non immerge, come l’uomo che è proprietario del poeta, mai la mano nella stessa acqua.
PIERO BIGONGIARI, Autoritratto poetico




Piero Bigongiari (Navacchio, 15 ottobre 1914 – Firenze, 7 ottobre 1997), poeta e critico letterario italiano. Insegnò storia della letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Firenze. È considerato esponente di un ermetismo purista in cui dominano metafisicamente il tema dell’assenza, un forte anelito religioso e la trasfigurazione simbolica della realtà.

venerdì 25 novembre 2016

Un piccolo Dio

 

VICENTE HUIDOBRO

ARTE POETICA

Che il verso sia come una chiave
Che apre mille porte
Cade una foglia; qualcosa passa in volo;
Quanto guardano gli occhi sia creato,
E l’anima di chi ascolta resti a tremare.
Inventa nuovi mondi e cura la parola;
L’aggettivo, quando non dà vita, uccide.
Siamo nel ciclo dei nervi.
Il muscolo pende,
Come un ricordo, nei musei;
Ma non per questo abbiamo meno forza:
Il vero vigore
Risiede nella testa.
Perché cantate la rosa, o Poeti!
Fatela fiorire nella poesia;
Solo per noi
Vivono tutte le cose sotto il Sole,
Il poeta è un piccolo Dio.

(da Lo specchio d’acqua, 1916)

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Il poeta cileno Vicente Huidobro fu con il francese Pierre Reverdy l’iniziatore del Creazionismo, movimento di avanguardia del primo terzo del secolo scorso: il movimento estetico intende fare della poesia stessa uno strumento di creazione assoluto, un nuovo oggetto, distinto da tutto il resto, astraendo cioè dalla funzione referenziale del linguaggio. Per ottenere questo scopo si avvale di alcuni accorgimenti tecnici: evitare aneddoti e descrizioni, enfatizzare gli effetti visuali, anche con innovazioni tipografiche. Lo scopo sarebbe quello, teorizzato nel verso finale da Huidobro, di permettere al poeta una libertà assoluta dalla realtà diventando un creatore, quindi una sorta di dio.

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abstract-rose

MARK WEBSTER, “ROSE NEBULA”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il poeta deve dire quelle cose che mai si direbbero senza di lui.
VICENTE HUIDOBRO, Poemi artici




Vicente García-Huidobro Fernández (Santiago del Cile, 10 gennaio 1893 – Cartagena, 2 gennaio 1948), poeta cileno. Elaborò una nuova concezione della poesia denominata creazionismo, che prevede il completo distacco dell'artista da ogni forma di imitazione e descrizione e il ricorso alle facoltà inventive. 

giovedì 24 novembre 2016

Potrei

 

DARÍO JARAMILLO AGUDELO

POESIE D’AMORE, 2

Potrei eliminarti perfettamente dalla mia vita,

non rispondere alle tue telefonate, non aprirti la porta di casa,
non pensarti, non desiderarti,
non cercarti nei posti a noi comuni e non rivederti,
andare per le strade dove so che non passi,
eliminare dalla memoria ogni istante che abbiamo condiviso,
ogni ricordo del tuo ricordo,
dimenticare il tuo volto fino ad essere in grado di non riconoscerti,
rispondere evasivo quando mi domandano di te
e fare come se non fossi mai esistita.
Però ti amo.

(da Poesie d'amore, 1986)

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L’amore che vince tutto (Virgilio), che “move ‘l mondo e l’altre stelle” (Dante) è una forza che soverchia anche la ragione: così se questa, come teorizza il poeta colombiano Darío Jaramillo Agudelo, fosse pure in grado di eliminarlo con la sua logica, non così il cuore – l’essenza amorosa continuerà a vivere in noi per quanto ignorata, tanto che la poesia successiva a questa, quella contrassegnata con il numero 3, comincia così: “Io odoro di te. / Mi perseguita il tuo odore, mi insegue e mi possiede…”.

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Traviata

RAFAL OLBINSKI, “LA TRAVIATA”

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LA FRASE DEL GIORNO
L’amore è un regalo che un giorno arriva da solo.
DARÍO JARAMILLO AGUDELO, Poesie d’amore




Darío Jaramillo Agudelo (Santa Rosa de Osos, 28 luglio 1947) è un poeta, romanziere e saggista colombiano, considerato il principale innovatore della poesia amorosa in Colombia, e uno dei migliori poeti della "generazione disincantata".


mercoledì 23 novembre 2016

Centenario di P.K. Page

 

P.K. Page, poetessa canadese nacque a Swanage, nel Dorset, in Inghilterra, il 23 novembre 1916, ma emigrò in Canada già a tre anni al seguito dei genitori che la fecero vivere nel mondo non conformista dell’arte. Sposò un giornalista, che seguì poi in Brasile, Messico, Australia e Guatemala quando  intraprese la carriera diplomatica. P.K. Page, anche pittrice e scrittrice di libri per bambini, morì all’inizio del 2010 nella Columbia Britannica. Le sue poesie sono vestite di una consapevole eleganza e, come notarono i giudici che le conferirono nel 2003 il Premio Griffin, “vivono di intelligenza, saggezza, insolenza, suspense e di una dizione muscolare ma aggraziata. Sono audaci nello scopo, meticolose nella realizzazione, e sfacciatamente morali, con un sapore delizioso di brio amorale”.

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STEFAN

Stefan
undici anni
guardò il neonato e disse
"Quando pensa, dev'essere puro pensiero
perché ancora non ha parole"
e noi
genitori orgogliosi
ammirando gli amici
che avevano guardato il neonato

guardammo di nuovo il neonato.

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ASTRONOMO

Le stelle stesse sono giustificate.
La galassia
è in corsivo

Ho letto
e riletto
la bella scrittura.

Non ci sono
errori.

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QUESTO DURO MESTIERE

La cera si è sciolta
ma il sogno di volare
continua.
Io, Icaro, sebbene trattenuto
nella mia carne
ho una parte luminosa in me
dove un uccello
notte dopo notte di stelle
mentre dormo
spiega le sue ali fantasma
e si allena.

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POESIA D’AMORE

Ricordandoti e rivedendo
il nostro amore strutturale
il passato risorge
dalla sua polvere soffocante.

Per la memoria, che è solo decadente
nelle mani come l'amore per le cose
dell'avaro per la loro cosalità,
o nello sguardo dei collezionisti che valutano
la vastità, l'incredibile vastità, delle loro collezioni,
è possibile, nella mente profonda, creare e fare
nuovo il talvolta spaventoso antico presente
e pungolare la cosa addormentata
perché veda all'improvviso.

E come un albero che ha perduto tutte le foglie
può tremare alla memoria del vento
o le acque tranquille di uno stagno rammentano
la loro sorgente e salgono e scendono
ad un tratto sulla riva del bacino che le cinge —
così io, ricordando da adesso a ieri,
posso sapere e vedere e sentire di nuovo, come i gioielli
quando li colpisce un vivido raggio di sole.

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LA FRASE DEL GIORNO
Quando scrivo qualcosa che è accettabile trovo difficile credere che proviene direttamente da me. Sembra che sia venuto per così dire obliquamente – da dove io non lo so.
P.K. PAGE




Patricia Kathleen Page (Swanage, Regno Unito, 23 novembre 1916 – Oak Bay, 14 gennaio 2010),  poetessa canadese. La sua poesia passa da immagini suggestive e  dettagliate che descrivono preoccupazioni sociali e temi trascendentali a testi più austeri e asciutti che suggeriscono un percorso di liberazione per l'individuo isolato e alienato.


martedì 22 novembre 2016

Centenario di David Maria Turoldo

 

David Maria Turoldo, poeta e religioso, collaboratore della Resistenza, anima inquieta della Chiesa e teorizzatore del rinnovamento postconciliare, nasceva a Coderno, frazione di Sedigliano, in Friuli, il 22 novembre 1916. La sua poetica si nutre di quella spiritualità che respirava ogni momento, riflettendo i dubbi umani, le aporie esistenziali: la tensione mistica si scontra con il quotidiano, soprattutto nell’ultima raccolta, dove il poeta stesso, malato di un tumore al pancreas, si confronta con la morte, trasformandosi in un secondo Giobbe. Padre Turoldo morì a Milano il 6 febbraio 1992.

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Turoldo

FOTOGRAFIA DA FRIULIONLINE

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da Io non ho mani, 1948

SOLA CETRA

Sento che forse i miei occhi
sono estinti dalla troppa luce
e dal troppo fissare il sole,
il cielo alto. Sento
d’essere divenuto un cieco
che si muove per istinto
lungo deserte strade.
E il cuore, sola cetra
capace d’illudermi ancora.

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da Udii una voce, 1952

SEMAFORO ROSSO

Un passaggio a livello, un semaforo
rosso è il simbolo di me
più scontato: pieno di sbarre
e di segnali d'allarme
su una via che pare
la più piana e solare.

I giorni, la memoria, una siepe;
una selva di fili spinati
il cammino. E il sangue
un torrente cieco.

Quanto desiderai, o Signore,
di buttarmi nel Tuo mare,
di finire dentro l'elemento
informe e semplice,
dentro l'infinito Tuo palpito!
Ché se dalla carne è visibile
il segno di questi reticolati,
Tu, onnisciente, non la dirai
ribellione, marchio
di una insignificante anarchia.
Forse è ricordo del primo
tempo libero, irrimediabile, amore
d'essere come Te, immutabile.

E voi, non presentate figura alcuna
di questa creazione: schemi,
diaframmi isolanti; tutti
oggetti, tombe del desiderio.
(Una stupenda misconoscenza
la nostra che non s'avvede
come la «cosa» si obnubila
sotto il velo delle nostre concupiscenze.)

Meglio sarebbe non desiderare
per non rompere la consuetudine
con l'Eterno. La mia è un'avanzata
ove ogni giorno erigo una lapide
a ricordo di un combattimento,
di qualcuno lasciato alle spalle.
E poi, a sera, questi sepolti
che risorgono a migliaia
a ridarmi battaglia.
Ed io alla fine rimasto solo
con la squallida gioia
simile a uno sconfinato deserto.

Non del cielo, non della terra siamo.
Egli ancora, dopo tanto
iconoclasta furore e lo scempio
di tanta rinuncia, ancora
in Immagine: ancora
separati ed ignoti.

A quando, Iddio, per me
un passaggio libero
e l'immediato raggiungimento?

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da Ultime poesie, 1999

SIBILANO FRECCE

Sibilano frecce da invisibili arcieri:
inutile che mi dicano: «emigra,
come un passero fuggi al monte»:

io so dove fare il mio nido...

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TU E LUI

Tu e lui,
null' altro.

                         Lui:
il Tu senza risposte.

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LA FRASE DEL GIORNO
Sempre sul ciglio di due abissi dobbiamo camminare, senza sapere quale seduzione, se del tutto o del nulla, ci abbatterà.
DAVID MARIA TUROLDO, Piccola antologia




David Maria Turoldo, al secolo Giuseppe Turoldo (Coderno, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992), presbitero, teologo, filosofo, scrittore e poeta italiano, membro dell'Ordine dei servi di Maria. Fu sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale e religioso della Chiesa, di ispirazione conciliare.


lunedì 21 novembre 2016

Un profumo fragile e preciso

 

KATE CLANCHY

POESIA PER UN UOMO SENZA OLFATTO

Ti scrivo solo per informarti:

che la linea più spessa nelle pieghe della mia mano
ha quell’odore che hanno i vecchi banchi di scuola,
coi nomi incisi in profondità, logori e lucidi di sudore;

che sotto lo spruzzo del mio costoso profumo
le mie ascelle danno una nota bassa forte
come un colpo di palmo sul tamburo di una pentola;

che lo sciacquone umido della mia paura è acuto
come il gusto di un tubo in ferro, a mezzo inverno,
sulla lingua di un bambino; e che talvolta,

per la brezza, i capelli delicati sulla mia nuca
dietro il collo, proprio dove tu dovresti chinare
la testa, esitare e strofinare le labbra,

trattengono un profumo fragile e preciso come
una flotta di navicelle di carta, che salpa verso il mare.

(Poem for a Man with no Sense of Smell, da Slattern, 1996)

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Anosmia, o disosmia: è il termine medico per la perdita permanente o transitoria del senso dell’olfatto. La descrizione che la poetessa scozzese Kate Clanchy fa del suo corpo in termini sinestetici è il tentativo di spiegare ciò che chi non può sentire non riesce a intendere che per parafrasi e analogie. Ed è la stessa cosa che in fondo fa ogni poesia: provate a sostituire al soggetto anosmico il lettore e agli odori la poesia…

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Profumo

FOTOGRAFIA © GORGE.NET

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LA FRASE DEL GIORNO
Il profumo è il fratello del respiro.
YVES SAINT LAURENT




Kate Clanchy (Glasgow, 6 novembre 1965,) scrittrice e poetessa scozzese. Dopo aver insegnato per alcuni anni a Londra, si è trasferita nell'Oxfordshire e insegna letteratura inglese all'Università di Reading. Il suo esordio in letteratura è avvenuto nel 1996 con la raccolta di liriche Slattern grazie alla quale ha vinto un Forward Poetry Prize.



domenica 20 novembre 2016

Un aspro nemico

 

JOSEFA PARRA

IL RICORDO E IL SUO CATTIVO GIOCO

Il ricordo non mi lascia abbandonare il tuo viso
bellissimo, e la tua bocca dove il mondo si spalanca
come un calice profano.
Se la memoria non fosse così ostinata,
io ti avrei vinto.
Invece il ricordo è un aspro nemico:
è forte come è forte l'infelicità,
come è forte l'amore. E ancora nelle mie mani
la traccia delle tue si disegna
con dolcezza caparbia,
se per qualche istante il vino o la nostalgia
mi fanno pensare a te.

(da Alcova dell'acqua, 2002)

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A proposito della poesia di Josefa Parra Elisa Costanza Zamora Pérez parla di una “stilistica dell’esistenza e, in particolare, dell’esistenza amorosa”, di un amore dominato dall’erotismo e dalla sensualità. Appare chiaro anche in questi versi dove il ricordo si trasforma quasi in un dolce carceriere ed è evidentemente fisico (il viso bellissimo, il calice della bocca, la traccia delle mani) al punto da fare male ma da essere altresì desiderato.

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Garmash

DIPINTO DI MICHAEL E INESSA GARMASCH

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LA FRASE DEL GIORNO
Posso vivere di quello che ti ho rubato, / della rendita d’amore che / abbandonasti nel mio letto, / come una triste conchiglia.
JOSEFA PARRA




Josefa Parra Ramos, (Jerez de la Frontera, 7 febbraio 1965), poetessa spagnola: Laureata in Filologia, ha ricevuto il Premio Cernuda nel 2000. Il suo tema principale è l’amore, declinato nel fuoco vivo della passione e dell’erotismo, nelle braci dell’assenza e nelle ceneri della nostalgia.

sabato 19 novembre 2016

Centenario di Albino Pierro

 

Il 19 novembre 1916 nasceva a Tursi Albino Pierro, poeta più volte candidato al Nobel, una delle voci più amate della Lucania, con Rocco Scotellaro e Leonardo Sinisgalli. La sua attività poetica nasce in italiano con raccolte quali Mia madre passava (1956) e Il transito del vento (1957) ma la “singolare arcaicità di struttura ed eccentricità di fisionomia” come nota Mengaldo, lo portano a virare sul dialetto natio già da ‘A terra d’u ricorde (1960) prima a fianco della produzione in italiano, e poi esclusivamente da Nu belle fatte (1975), fino a Nun c’è pizze di munne (1992), ultima raccolta prima della morte, avvenuta a Roma nel 1995.

C’è naturalmente una diretta relazione tra la poetica e la realtà storica lucana, la sua civiltà contadina e l’egemonica civilizzazione italiana: la Lucania resterà per Pierro, trasferitosi a Roma nel 1939 la "terra del ricordo" protagonista della sua poesia. Tra l’altro, la decisione di scrivere nel dialetto di Tursi, per quanto logica conseguenza del suo percorso poetico, fu un’operazione non facile perché quell’idioma di derivazione neolatina non aveva una preesistente struttura fonetica e grafica.

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Pierro

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da Il mio villaggio, 1959

MORIRE AL CANTO DEI GRILLI

Rivedo il torrente asciutto del mio paese
con quelle pietre così bianche e così grandi
con quelle colline così scarne
più del dolore odiato dagli uomini,
e quelle canne una qua una là
sotto i ponti diruti
sorpresi dalla luna che sbucava da un crepaccio,
cuore della terra divenuta cadavere.

Oh, morire al canto dei grilli in una sera d’estate
Impercettibile filo di luna
fra le colline azzurre del mio paese.

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da I’nnamurete, 1963

 

AMORE

Amore,
amore duce e anniputente,
pure si mo le tegne u core amère,
te sente, amore, granne cchiù d’u mère,
te sente a ttutt’i bbanne com’e ll’arie
c’arravògghiete i cose e lle fè legge
e cchiù ’ucente assèi d’i ’ummenarie.

Amore,
amore bbelle com’u soue,
chille ca si’ nun sacce e nun le trove
cche të chiamè secure, na paroue,
ma sacce c’assemìgghiete a la rise
d’a Maronna cuntente mparavise,
e cca si me verise menze morte
m’accarezzàise duce cche nnu cante
ca lle fè molle i pétre e cca ne tòcchete
u core a li brijantë.

Amore,
amore funne cchiù d’u cehe,
ca me grapise ll’occhie nd’i matine,
stu munne mo me pàrete cechète
come na palla nivre de carvone,
e fùjetë nnaterne arrahugghiète
senze de se vutè com’a nu surde
e ié le curre appresse e fazzë i picce
d’i uagnenelle mahète.

Amore,
amore forte cchiù d’u vente
ca srarechite ll’àrbere e lle sciòllete
i chèse e cca lle lìmete i muntagne,
dannille sempe a tuttë quante i cose
ne picche de stu fiète de giaiantë
e ppo na ’uce aguèle com’u ’ampe
ca s’abbràzzete i spine mmenz’i rose.

Amore,
amore granne cchiù d’u mère;
amore,
amore forte cchiù d’u vente,
nun te scurdè ca pure nd’i turmente
ce agghie vruscjète e vrósce nda stu foche
come a ffrasca ntreccète all’ate frasche
pure cche chillë ca me guardàine storte
e purë mo me uèrene ggià mortë.

Amore,
amore duce e anniputente,
com’agghia fè cche nnu rengradziamente?

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AMORE

Amore,
amore dolce e onnipotente,
pure se adesso ho il cuore amaro,
ti sento, amore, grande più del mare,
ti sento da per tutto come l’aria
che avvolge le cose e le fa leggere
e più lucenti assai delle luminarie.

Amore,
amore bello più del sole,
ciò che tu sei non so e non la trovo
per chiamarti, sicuro, una parola,
ma so che rassomigli al sorriso
della Madonna contenta nel Paradiso
e che se mi vedevi mezzo morto
mi accarezzavi dolcemente con un canto
che intenerisce le pietre e tocca
il cuore ai briganti.

Amore,
amore profondo più del cielo,
che mi aprivi gli occhi nei mattini,
adesso questo mondo mi sembra cieco
come una palla nera di carbone
e fugge in eterno accartocciato,
senza voltarsi, come un sordo,
e io gli corro appresso e faccio le bizze
come i bambini malati.

Amore,
amore forte più del vento
che sradica gli alberi e fa crollare
le case e che leviga le montagne,
daglielo sempre a tutte quante le cose
un poco di questo respiro di gigante
e poi una luce uguale come il lampo
che abbraccia le spine fra le rose.

Amore,
amore grande più del mare;
amore forte più del vento,
non scordarti che pure fra i tormenti
io ci ho bruciato e brucio in questo fuoco,
come la frasca intrecciata alle altre frasche,
pure con quelli che mi guardavano ostili
e pure adesso mi vorrebbero già morto.

Amore,
amore dolce e onnipotente,
come posso ringraziarti?

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da Si pò nu jurne, 1983

 

SÙU NENTE

Sùu nente, nente
e vèv’ acchianne…

e ll’ate, ll’ate
cchigghi’è ca su’?

“Ma su’ tutte quante com’a tti”
amminàzzete u vente.

e accussì m’arricette
e nun ci penze cchiù
ca m’è scardète e scàrdete n’accette.

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SONO NIENTE

Sono niente, niente,
e vado cercando…

E gli altri, gli altri,
che cosa sono?

“Ma son tutti quanti come te””
minaccia il vento.

E così trovo pace
e non ci penso più
che mi ha scheggiato e scheggia un’accetta.

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tursi

TURSI © ITALIA & SAPORI

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia s'identifica con il linguaggio dell'infanzia, con la sua arcaicità. volto autentico di una terra.
ALBINO PIERRO



Albino Pierro (Tursi, 19 novembre 1916 – Roma, 23 marzo 1995),  poeta italiano. La sua poesia persegue un linguaggio teso tra forti asprezze e toni lievissimi, riscontrabile non tanto nella rievocazione di un microcosmo socio-antropologico, al quale pure l'autore è legato, quanto nella tenace ricerca della parola dialettale, intesa essa stessa come strumento di ricordo e di significato.


venerdì 18 novembre 2016

Un filo invisibile

 

LORENZO OLIVÁN

TESEO NEL LABIRINTO

Nell’apparente
insensatezza di strade
che aggrovigliano i miei passi incerti
resto legato
tuttavia alla realtà esteriore
da un filo invisibile, leggero e sottile.

O devo dire, meglio,
che la buia, sfuggente irrealtà
mi conduce a suo piacimento nella sua tana,
e avvolge il mio destino
con la sua finissima ragnatela?

Arianna, non obbligarmi
a uccidere il mistero. Se lo faccio
e torno al tuo fianco, vittorioso,
che resterà di te?
che resterà di me?

(da Punti di fuga, 2001)

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Il poeta spagnolo Lorenzo Oliván trasporta il celeberrimo mito di Teseo e Arianna – l’uccisione del Minotauro e l’uscita dal labirinto grazie a una matassa di filo datagli dall’amata Arianna – su un piano metafisico: il labirinto è quello della mente, del sogno, del mistero intangibile e uccidere il mostro significherebbe sprofondare per sempre nella realtà.

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Teseo

EDWARD BURNE-JONES, “TESEO E IL MINOTAURO NEL LABIRINTO”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il mistero ha sempre accompagnato il cammino dell'uomo e l'avventura dell'esistenza non sarebbe così affascinante se ci fosse dato conoscere tutto quello che ci circonda.
ROMANO BATTAGLIA, Foglie




Lorenzo Oliván (Castro-Urdiales, 1968), poeta, traduttore e saggista spagnolo. Influenzato dalle generazioni poetiche del '27 e del '50 , e dalla moderna poesia anglosassone, nel 2000 ha vinto il premio Loewe con la sua raccolta di poesie Punti di fuga; nel 2003 la sua opera poetica è stata premiata anche con il premio Generazione del 27 per il suo Libro degli elementi.


giovedì 17 novembre 2016

Pubblicità di me stesso

 

ÓSCAR HAHN

TELESPETTATORE

Eccomi di nuovo
nel mio appartamento di Iowa City

sorbisco il mio piatto di zuppa Campbell
davanti al televisore spento

lo schermo riflette l'immagine
del cucchiaio che entra nella mia bocca

Sono la pubblicità di me stesso
che non annuncia niente a nessuno.

(da Mal d'amore, 1986)

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Il poeta cileno Óscar Hahn critica ancora, dopo Supermercato, la società dei consumi, e lo fa dal suo interno, da quegli Stati Uniti dove viveva esule dopo il golpe militare del 1973. Se in Supermercato lo sfregio era fare l’amore in una delle grandi cattedrali del consumo (“Esaminiamo il nuovo prodotto / pubblicizzato dalla televisione / E all’improvviso ci guardiamo negli occhi / e sprofondiamo l’uno nell’altra // e ci consumiamo”) qui il gesto di sfida è sì quello di un uomo che si ostina a resistere, ma anche quello di un uomo comunque vinto dal sistema, visto che “consuma” un barattolo di zuppa Campbell. La sua vendetta è tutta in quel televisore spento dove egli stesso diventa una vana réclame che nessuno vedrà.

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Campbell

FOTOGRAMMA DA UNO SPOT CAMPBELL

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LA FRASE DEL GIORNO
La pubblicità fa più danni della pornografia perché unisce l'inutile al dilettevole.
ENNIO FLAIANO, Il gioco e il massacro




Santiago, 05 de Mayo 2011 (UPI). El Consejo Nacional de la Cultura anuncia el ganador del Premio Iberoamericano de Poesía Pablo Neruda 2011, que recayó en Oscar Hahn. (Fotografías Sergio Gajardo)



Óscar Hahn (Iquique, 5 luglio 1938), poeta, critico e saggista cileno appartenente alla Generazione dei Sessanta nota anche come Generazione dispersa. Dopo il golpe del 1973 e l’arresto, scelse l’esilio negli Stati Uniti, dove insegnò letteratura spagnola all’Università del Maryland e in quella dello Iowa.

mercoledì 16 novembre 2016

Ti do me stessa

 

ANTONIA POZZI

BELLEZZA

Ti do me stessa,
le mie notti insonni,
i lunghi sorsi
di cielo e stelle – bevuti
sulle montagne,
la brezza dei mari percorsi
verso albe remote.

Ti do me stessa,
il sole vergine dei miei mattini
su favolose rive
tra superstiti colonne
e ulivi e spighe.

Ti do me stessa,
i meriggi
sul ciglio delle cascate,
i tramonti
ai piedi delle statue, sulle colline,
fra tronchi di cipressi animati
di nidi –

E tu accogli la mia meraviglia
di creatura,
il mio tremito di stelo
vivo nel cerchio
degli orizzonti,
piegato al vento
limpido – della bellezza:
e tu lascia ch'io guardi questi occhi
che Dio ti ha dati,
così densi di cielo –
profondi come secoli di luce
inabissati al di là
delle vette –

4 dicembre 1934

(da Parole, 1939)

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“Ti do me stessa” ripete Antonia Pozzi: l’anafora suddivide le tre parti della giornata, mattino, pomeriggio e notte a indicare un amore totale, capace di riversare intera tutta la sua meraviglia così come gli spettacoli naturali offerti all’emozione. L’invito è all’amato, perché accolga in sé questa esile creatura, perché la lasci fremere al vento dell’amore: “Nel cielo limpido infatti / sorgono a volte piccole nubi, / fili di lana / o piume - distanti – / e chi guarda di lì a pochi istanti / vede una nuvola sola / che si allontana.

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Bolscioi

ANONIMO DI SCUOLA RUSSA, “BALLERINA DEL BOLSCIOI”, PART.

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LA FRASE DEL GIORNO
Ma noi siamo come l’erba dei prati / che sente sopra sé passare il vento / e tutta canta nel vento / e sempre vive nel vento, / eppure non sa così crescere / da fermare quel volo supremo / né balzare su dalla terra / per annegarsi in lui.

ANTONIA POZZI, Parole




Antonia Pozzi (Milano, 13 febbraio 1912 – 3 dicembre 1938), poetessa italiana. Laureatasi in Filologia con una tesi su Flaubert, si tolse la vita dopo una contrastata storia d’amore. Il suo diario poetico Parole fu pubblicato postumo, nel 1939: composto a partire dai diciassette anni, riflette un'amara e inquieta sensibilità in cui si avverte l'influsso della lirica di Rilke.


martedì 15 novembre 2016

La dolce melodia

 

LI PO

ASCOLTANDO LA MANDOLA DI UN PRETE BUDDISTA

Ha una mandola il prete buddista di Chou:
Scende dalla montagna dei Sopraccigli
Verso Ponente, e la suona in onore mio.
I suoni vibranti somigliano al brusio
D’una foresta di pini mossa dal vento.
Come se uscisse lavato dall’acqua d’un fiume
Il mio cuore si sente purificato.
La dolce melodia
S’unisce ai rintocchi d’una campana lontana.
Insensibilmente scende attorno il crepuscolo,
E i monti si smussano nella nebbia leggera.

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Serenità e tranquillità: il poeta cinese Li Po sapeva vivere con spensieratezza – anche troppa se, come dice la leggenda, da ubriaco morì annegato mentre cercava di acchiappare i riflessi della luna in un lago. Da questi suoi versi appare chiara questa semplice aderenza all’universo, un’immedesimazione favorita anche dal dolce suono della mandola che si mescola con il rintoccare di una campana, come in certa musica rilassante o da meditazione che fonde i suoni con la voce del mare o del bosco.

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Soba

FOTOGRAFIA © OKINAWA SOBA/FLICKR – CREATIVE COMMONS LICENSE

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LA FRASE DEL GIORNO
Mi chiedi perché io viva nelle montagne azzurre. / Sorrido e non rispondo, il cuore tranquillo. / I fiori di pesco se ne vanno lontano, galleggiando leggeri sul torrente. / È un altro mondo, diverso da quello degli uomini.
LI PO




Li Bai, noto in Occidente anche come Li Po (Suyab, 19 maggio 701 – Contea di Dangtu, 30 novembre 762), poeta cinese, considerato tra i massimi della Dinastia Tang e dell'intera letteratura cinese. È celebre tanto per la carica suggestiva e l'originalità delle sue immagini, da cui fa capolino un'indole contemplativa in cui si possono riconoscere influenze taoiste, quanto per la sua capacità di mantenere i propri versi all'interno delle regole formali della poesia cinese.


lunedì 14 novembre 2016

Un’anima vergine

 

SOPHIA DE MELLO BREYNER ANDRESEN

LUNA

La luna colma la terra di miraggi
E le cose hanno oggi un'anima vergine,
Il vento ha svegliato tra i fogliami
Una vita segreta e fuggitiva
Fatta di ombre e luce, terrore e calma,
Che è il perfetto accordo della mia anima.

(da Come un grido puro, Crocetti, 2013 - Traduzione di Federico Bertolazzi)

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La luce è una presenza costante nei versi della poetessa portoghese Sophia De Mello Breyner Andresen: è la luce della poesia che viene a illuminare il reale per renderlo comprensibile, è la luce che di riflesso consente di guardare dentro di sé, come in questa sestina in cui è la luna a inondare di luce ogni cosa riportandola alla sua primitiva essenza.

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Luna

FOTOGRAFIA © DMITRIY SHMELEV

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LA FRASE DEL GIORNO
Portami, notte, nei tuoi giardini pensili, / Nei tuoi cortili di luna e silenzio / nei tuoi atri di vento e di vuoto.
SOPHIA DE MELLO BREYNER ANDRESEN




Sophia de Mello Breyner Andresen (Porto, 6 novembre 1919 – Lisbona, 2 luglio 2004), poetessa portoghese, seconda donna a vincere il Premio Camões nel 1999. La sua opera consta di 15 libri di poesia, pubblicati tra il 1947 e il 1999, che riconoscono alla parola un valore intrinseco e per questo sono rigorosi, armonici ed equilibrati. Scrisse anche racconti, opere teatrali e libri per ragazzi


domenica 13 novembre 2016

Nell’ora in cui l’aria s’arancia

 

GIORGIO CAPRONI

RICORDO

Ricordo una chiesa antica,
romita,
nell’ora in cui l’aria s’arancia
e si scheggia ogni voce
sotto l’arcata del cielo.
Eri stanca,
e ci sedemmo sopra un gradino
come due mendicanti.
Invece il sangue ferveva
di meraviglia, a vedere
ogni uccello mutarsi in stella
nel cielo.

(da Come un’allegoria, 1936)

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La poesia sa sorprenderci così, con la bellezza meravigliosa di un cielo al tramonto per le strade di città nella sosta di un momento con la donna amata, come in questi versi del giovanissimo Giorgio Caproni: c’è in quell’atmosfera l’occasione di comprendere che qualcosa, come un’allegoria (e questo è il titolo della raccolta, in effetti), può trascendere il reale.

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Vacanze

FOTOGRAFIA DAL SET DI “VACANZE ROMANE” © PARAMOUNT PICTURES

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LA FRASE DEL GIORNO
Amiamo i tramonti perché svaniscono.
RAY BRADBURY, Ritornati dalla polvere




Giorgio Caproni (Livorno, 7 gennaio 1912 – Roma, 22 gennaio 1990), poeta, critico letterario e traduttore italiano. Partito come preermetico attirato da uno scabro espressionismo, approdò a un ermetismo rivestito di un impressionismo idillico. Nella sua poesia canta soprattutto temi ricorrenti (Genova, la madre e Livorno, il viaggio, il linguaggio), unendo raffinata perizia metrico-stilistica a immediatezza e chiarezza di sentimento.


sabato 12 novembre 2016

Se vivida è la luce

 

EMILY DICKINSON

ACCENDERE UNA LAMPADA

Accendere una lampada e sparire –
questo fanno i poeti –
ma le scintille che hanno ravvivato –
se vivida è la luce
 
durano come i soli –
ogni età una lente
che dissemina
la loro circonferenza –

(The Poets lights but Lamps, da Tutte le poesie, Mondadori, 1997 – Traduzione di Marisa Bulgheroni)

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Secondo la poetessa statunitense Emily Dickinson i poeti sono dei rivelatori, come i profeti intermediari tra il reale e il trascendente. Le loro poesie sono piccole cose raffrontate all’eternità, delle minuscole scintille, capaci però di propagare un enorme incendio, come lenti che allargano la forza del sole.

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Lampada

GEORGE ATSAMETAKIS, “FIORI E LAMPADA”

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LA FRASE DEL GIORNO
Se leggo un libro che mi gela tutta, così che nessun fuoco possa scaldarmi, so che è poesia. Se mi sento fisicamente come se mi scoperchiassero la testa, so che quella è poesia
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EMILY DICKINSON




Emily Elizabeth Dickinson (Amherst, 10 dicembre 1830 –15 maggio 1886), poetessa statunitense, è considerata tra i migliori lirici del XIX secolo. La sua vita fu priva di eventi esteriori: dopo i trent'anni scelse un volontario isolamento nella casa paterna. La sua poesia spazia dalle piccole cose della vita quotidiana – la natura, le stagioni – ai grandi temi dell’anima innestati sul tema della solitudine.


venerdì 11 novembre 2016

All’altra faccia del cuore


 

BARTOLO CATTAFI

UNA STANZA IN RUE DE SEINE

A Luciano Erba
A Deri Cappellin

La città; l’autunno
avanza sugli alberi, sui tetti,
muove lenta guerra
ai minuscoli uccelli,
abbasso un treno
percorre il panorama di sotterra.
Togli gli occhi, amico, dalla vita
che gli uccelli predicono nel cielo,
avvisi agli angoli aspettano le piogge
o l’improvviso, l’osceno
tratto di matita.

C’è freddo, è bene
bruciare arbusti
eleganti, rose antiquate, foglie persistenti
che raccolsi a Versailles
un tempo, un giorno
di giochi gentili e seriche
vesti nelle selve.

                       Il sole
tramontato in Europa,
fuochi, saluti, cenni
di silenzio sulle porte,
e poi un passaggio di squali e di gabbiani
come un forte stormire tra i perduti
vascelli, nelle acque
celesti.
Voglio un brindisi all’isola dipinta
volgermi altrove, c’è
un’estiva immagine stampata
sulle nostre bottiglie.
(Travestiti da indigeni sognare
nel fondo della stiva
la sete, il sesso, il mare,
le mosche posate sulla frutta
nella parte del mondo che eccita le idee.)
Rhum Rocroy
dell’Isola Riunione,
origine e purezza garantite,
partenza da una stanza, con un piede
in pericolo, già fuori
della brulla finestra.

Il pack il regno delle nubi può
rompersi nel cielo,
attento, amico, il piede
tasta un’esile crepa,
l’anima ancora folle ammira
i fuochi colorati, le musiche, i monili,
le feste della terra
e forse chiama un caldo
oscuro transito di renne
che ci schianti col nostro
livido fascio di licheni in braccio.
Travolti nell’inizio del disgelo,
affidati all’abisso, nel gelido tragitto,
e nord e sud due punti
senza luce in una stanza aperta
alla frusta del vento, ma solida,
ma appesa da gran tempo
sulla sua giusta strada.

Com’è duro, difficile arrivare
all’altra faccia del cuore,
leggerne il bigio, agevole disegno
mentre i fantasmi lasciano una traccia
di rischioso colore,
mentre l’insetto stordito guada il mare
il regno proibito
l’avventuroso fondo del bicchiere.

Parigi, 1954

(da Partenza da Greenwich, Edizioni della Meridiana, Milano, 1955)

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Il viaggio è tema fondamentale nella poetica di Bartolo Cattafi (1922-1979): “Si parte sempre da Greenwich / dallo zero segnato in ogni carta”, ma in realtà si parte sempre per ricominciare, per osservare la realtà con uno sguardo differente. Da questa stanza parigina, mentre fuori l’autunno ingrigisce la città e la avvolge in una pellicola fredda, il poeta siciliano affronta questo suo vuoto, cerca di porre rimedio alla labilità esistenziale, di arrivare “all’altra faccia del cuore”, forse quella segnata dalla fantasia sull’etichetta della bottiglia di rum che sta bevendo. Ma “Secco duro gessoso sovente è l’occhio, / le mani, lo scalpello lo assecondano, / foggiano cose a nostra somiglianza”.

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Doisneau

FOTOGRAFIA DI ROBERT DOISNEAU

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LA FRASE DEL GIORNO
Quella del poeta è secondo me una pura e semplice condizione umana, la poesia appartiene alla nostra più intima biologia, condiziona e sviluppa il nostro destino, è un modo come un altro di essere uomini.
BARTOLO CATTAFI




Bartolo Cattafi (Barcellona Pozzo di Gotto, 6 luglio 1922 – Milano, 13 marzo 1979),  poeta italiano. La sua poesia spazia sui dilemmi esistenziali con sensibilità di diarista, spesso con uno sguardo metafisico dove sono protagonisti il vuoto e la solitudine. Nei suoi versi il tema del viaggio è una costante metafora del vivere.


giovedì 10 novembre 2016

Come un dio in sogno

 

MIKLÓS RADNÓTI

TI HO NASCOSTO A LUNGO

Ti ho nascosto a lungo,
come il ramo tra le foglie
il frutto che tarda a maturare,
e ora fiorisci nei miei occhi
come sullo specchio della finestra d’inverno
il fiore giudizioso del ghiaccio.
E so già cosa significa
quando posi la mano sui capelli,
e custodisco già nel cuore
il movimento della caviglia,
e il bell’arco delle costole
che ammiro con distacco,
come chi s’è riposato
su tali meraviglie che respirano.
Eppure nei miei sogni
spesso ho cento braccia
e come un dio in sogno
ti stringo nelle mie cento braccia.

(da Mi capirebbero le scimmie, Donzelli, 2009, a cura di Edith Bruck)

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È un sogno d’amore del poeta ungherese Miklós Radnóti, perseguitato in quanto ebreo, processato per ingiuria religiosa e pornografia, cacciato dal suo posto di insegnante. Siamo nel 1942, quando è costretto ai lavori forzati in una fabbrica di zucchero, lontano dall’amata moglie Fanni. Ma il regime che può limitarne e controllarne la libertà, nulla può contro i sogni e i pensieri. Il 10 novembre 1944 Radnóti venne fucilato durante la massacrante marcia forzata di deportazione – secondo testimoni irritò un ufficiale ubriaco perché scarabocchiava un taccuino. Fu sepolto in una fossa comune ad Abda; finita la guerra, il suo corpo fu esumato: in tasca gli trovarono il quaderno con le sue ultime poesie.

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Sogno

IMMAGINE © HD WALLPAPERS

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LA FRASE DEL GIORNO
Così l'amore ti fa sfolgorante e la sua mano / vigile ti ripara da innumeri sventure.
MIKLÓS RADNÓTI




Miklós Radnóti (Budapest, 5 maggio 1909 – Abda, 10 novembre 1944), poeta ungherese. Essendo ebreo, non poté esercitare la professione d'insegnante;  perseguitato, rinchiuso in vari campi di concentramento in Ungheria e in Serbia, venne infine fucilato. Fu tra le voci nuove della corrente di ispirazione popolare, manifestatasi a partire dagli anni Trenta; la sua tematica è legata ai problemi e alle trasformazioni delle città.


mercoledì 9 novembre 2016

Quest’altro

 

DARÍO JARAMILLO AGUDELO

POESIE D’AMORE, 1

Quest’altro che anche lui mi abita
forse proprietario, forse invasore o esiliato in questo corpo estraneo o di entrambi,
quest’altro che temo e ignoro, felino o angelo,
quest’altro che sta sempre solo quando sono solo, uccello o demonio
quest’ombra di pietra che mi è cresciuta dentro e fuori,
eco o parola, questa voce che risponde quando mi domandano qualcosa,
il padrone del mio inganno, il pessimista, il malinconico,
                                                                      l’irragionevolmente allegro,
quest’altro,
anche lui ti ama.

(Da Poesie d’amore, 1986)

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Darío Jaramillo Agudelo è considerato l’innovatore della poesia d’amore colombiana: il presunto alter ego di questi versi fa pensare al Borges dell’Artefice, che dice “Suppongo che le parole essenziali / che mi esprimono stanno in quelle pagine / che mi ignorano, non in ciò che ho scritto”. Eppure, a risaltare in tutto ciò – tra l’uomo e il poeta – è sempre l’amore con la sua forza.

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Kidwell

FOTOGRAFIA © BRANDON KIDWELL

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LA FRASE DEL GIORNO
So che l’amore / non esiste / e so tuttavia / che ti amo.

DARÍO JARAMILLO AGUDELO, Poesie d’amore




Darío Jaramillo Agudelo (Santa Rosa de Osos, 28 luglio 1947) è un poeta, romanziere e saggista colombiano, considerato il principale innovatore della poesia amorosa in Colombia, e uno dei migliori poeti della "generazione disincantata".