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domenica 31 maggio 2020

Centenario di Giuliano Gramigna


Il 31 maggio del 1920 nasceva a Bologna Giuliano Gramigna. Laureatosi in Giurisprudenza a Milano, divenne giornalista, lavorando per Il Tempo, Settimo Giorno e Il Corriere d’Informazione prima di approdare definitivamente al Corriere della Sera, di cui fu redattore di punta nelle pagine culturali. Al suo attivo numerosi romanzi e quattordici raccolte di poesia, passate dall’Ermetismo alla Neoavanguardia attraverso un complicato intreccio di rimandi intellettuali e citazioni, di radici evocate e di psicanalisi freudiana e lacaniana, di semiologia e strutturalismo. Sullo sfondo, molto spesso, Milano assurge a protagonista, tanto che di lui Giovanni Raboni scrisse di: “una lombardità elettiva e, in un certo senso, intergenerazionale“, accostandolo a Vittorio Sereni, Luciano Erba, Giorgio Orelli e Antonio Porta. E a Milano Gramigna morì nel 2006.

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PICCOLO POEMA PER I TRAM (E I BUS) DI MILANO

In un abbaglio di meteora,
come il carro di Elia,
si sferra un tram dal niente –
fulgido (mai ci saliremo).
Una mano gentile e dura torce
dentro: ” Ma non volevi
vivere su questa terra?”

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SULLA PORTA DI CASA

Cupole d’azzurro saccheggiate
da strie di nuvole candide
o “un biplano fra sfatta nuvolaglia”-
lui lo scrisse una volta
e noi lo saccheggiammo.
Che altro ci resta da saccheggiare?
Non la sua nitidezza cinese
tanto meno il vuoto che rilega
tre cento mille cieli
dal Mlunzèl alla Funivia.
Sono morti, o stanno, quelli
che sapevano decrittare i nomi.
Bella langue pacificante
lingua di felicità.

*

La porta di casa fa resistenza
a rinchiudersi alle mie spalle
quasi non volesse
mettermi fuori.
Ma io confondo continuamente
il dentro e il fuori. Non riesco
più a decifrare
le letterine dell’inconscio.


(da Quello che resta, Mondadori, 2003)

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LA FRASE DEL GIORNO
Si può scommettere che nessuno di noi celebratori si è fermato un momento a pensare che cosa voglia dire avere cent’anni; anzi che cosa assolutamente non voglia dire avere cent’anni.
GIULIANO GRAMIGNA, Viaggio al termine del Novecento




Giuliano Gramigna (Bologna, 31 maggio 1920 – Milano, 15 aprile 2006), poeta, scrittore e critico letterario. La sua poesia, passata dallErmetismo alla Neoavanguardia, incrociò l’eticità civile della ‘linea lombarda’ con una visione sperimentale nutrita di cultura psicanalitica, strutturalismo e semiologia.


sabato 30 maggio 2020

Come sulla spalla di lei



FATOS ARAPI

SULLA SPALLA DEL MIO TEMPO

Sulla spalla del mio tempo
ho appoggiato la testa.
Non ho dormito, non ho sonnecchiato.
Sulla spalla del mio tempo,
come sulla spalla di lei,
              ho pensato.


(da Poesie e versi, 1966)

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Il poeta albanese Fatos Arapi era uomo di mare: possiamo immaginarlo seduto in riva all’amatissimo Ionio ad osservare il frangersi delle onde sulla battigia: lì, con la testa appoggiata al tempo come alla confortevole spalla dell’amata, “ascoltando il respiro pesante della sera / ascoltando il sussurro dell’attesa, / ascoltando il singhiozzare della solitudine”, può abbandonarsi alla riflessione introspettiva.

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PETER SEMINCK "ASPETTANDO ANCORA BONNIE"

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LA FRASE DEL GIORNO
La vita è una stazione di partenze e di arrivi. / Viaggiamo di continuo, / Tenendo nelle mani il nostro bagaglio inseparabile, / Una piccola valigia / Di sforzi, assalti e ricordi.
FATOS ARAPI, Poesie e versi




Fatos Arapi (Zvërnec, 19 luglio 1930 – Tirana, 11 ottobre 2018), poeta, romanziere, traduttore e giornalista albanese, considerato il più importante poeta del Novecento in patria. Dal 1973, dopo le critiche del regime al Dramma di un anonimo partigiano, non pubblicò più fino al 1989.


venerdì 29 maggio 2020

L’ombra di un ramo fiorito


CARLO BETOCCHI

DIARIETTO INVECCHIANDO, VII

Tu, poesia, come serpe in letargo
tardi a destarti, quando siamo vecchi,
e non si sa se son sogni le gemme
che invece ributtano dal cuore secco,
e non si sa se anche questo non sia
già come l’ombra di un ramo fiorito:
o tu che fai compagnia all’età
che s’attarda e s’arrotola
freddolosa e incredula,
e che in desiderio e spavento
sei sempre più sola, poesia e patimento.


(da L’estate di San Martino, Mondadori, 1961)

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La poesia di Carlo Betocchi sorge sovente dal contrasto tra il bene e il male, tra la contemplazione di un mondo ultraterreno in cui lo spirito si innalza e la realtà del vivere quotidiano. In questa lacerazione egli vive tendendo come un mistico a una sorta di armonia religiosa. Questa dunque è la poesia cui si appella invecchiando, in bilico tra una grazia sensibile e una dolorosa intensità.

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DIPINTO DI ISTVAN SÀNDORFI

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LA FRASE DEL GIORNO
La mia anima, dentro, è come / un nòcciolo di pesca, la mia vita / niente di più, senza polpa, rugosa.
CARLO BETOCCHI, L’estate di San Martino




Carlo Betocchi (Torino, 23 gennaio 1899 – Bordighera, 25 maggio 1986, poeta e scrittore italiano. Fra i poeti ermetici è considerato una sorta di guida morale. Tuttavia, contrariamente a loro, fondava le sue poesie non su procedimenti analogici che evocano significati, ma su un linguaggio diretto, sul realismo e sulla tensione morale.


giovedì 28 maggio 2020

La lumaca


GEORGI GOSPODINOV

PICCOLO CRIMINE MATTUTINO

Ha piovuto fuori
esci lento dal sonno e
(sulla strada per il bagno)
ciak
la lumaca sotto i piedi

Omicidio involontario
questo non riduce la colpa
ti guardi intorno
visto che è mattino non ci sono testimoni
sospingi il cadavere nell’erba
appesantita dalle gocce
questo non esime dal senso di colpa
un omicidio così piccolo
che per dimenticarlo
ci vuole tutto il giorno.

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Molti hanno una sensibilità che li fa prendere carico di tutti gli essere viventi – gli adepti del giainismo, religione ai confini del brahmanesimo, per esempio, evitano di fare del male anche involontariamente a qualsiasi organismo. Non arriva a così rigorosi estremi il poeta bulgaro Georgi Gospodinov, ma permane quel sottile dispiacere di avere ucciso senza volerlo una lumaca capitata sotto i piedi.

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LA FRASE DEL GIORNO
Se non mi osserva nessuno dovrò osservarmi da solo.
GEORGI GOSPODINOV, Fisica della malinconia





Georgi Gospodinov (Yambol, 7 gennaio 1968), poeta e scrittore bulgaro. Innovativo e raffinato, è considerato lo scrittore più talentuoso della Bulgaria. Accostato allo stile di Milan Kundera, ha esordito con Lapidarium, raccolta poetica del 1992


mercoledì 27 maggio 2020

Canterò per lei


ADONIS

CENTO POESIE D’AMORE, 2

Canterò per noi canterò per lei
in suo nome, o compagno della mia esplosione lucente suo corpo,
insegnami il canto
di’ a questo tempo-muro che sono stato iniziato
e mi sono aperto al suo mistero,
in lui mi sono radicato
le mie poesie ne sono ricoperte,
ed io non voglio esistere soltanto per esistere.
non voglio che lasciar fluire il mio tempo tra le tue braccia
non voglio che estasiarmi di lei e estasiarmi per
lei,
cantare per noi e cantare per lei
in suo nome, o compagno della mia esplosione lucente suo corpo,
insegnami il canto.


(da Cento poesie d’amore, Guanda, 2003 – Traduzione di Fawzi Al Delmi)

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Adonis raccoglie qui i frutti della sua tradizione poetica e spirituale nel vedere corpo e anima, carne e spirito, umano e divino fondersi in una sintesi piena di energia creante” scrive Giuseppe Conte (il poeta ligure, non il premier). E dunque Adonis, poeta siriano, fa del suo amore, fa della sua donna poesia, incarna in lei e nel suo nome i versi fondendo tutto: vita, amore e poesia.

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KUAN YIN, "NATI DA UN RAGGIO DI SOLE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Quasi disgiungo i miei giorni e me stesso: / là è il mio sangue e qui il mio corpo – fogli / che le scintille trascinano tra le rovine del mondo.
ADONIS, Cento poesie d’amore




Adonis o Adunis, pseudonimo di Alī Ahmad Saʿīd Isbir (Al-Qassabīn, 1º gennaio 1930) è un poeta e saggista siriano. È attivo nella la volontà di una rinascita culturale araba, rileggendone il patrimonio in una chiave non nazionalistica o religiosa, ma di apertura alla modernità. È stato più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura.


martedì 26 maggio 2020

Un’auto


GREGORY CORSO

STANOTTE HO GUIDATO UN’AUTO

Stanotte ho guidato un’auto
       non sapendo guidare
       non possedendo un’auto
Ho guidato e ho investito
       persone che amavo
       …ho attraversato una città a 190.

Mi sono fermato a Hedgeville
       e ho dormito sul sedile di dietro
       …eccitato per la mia nuova vita.


(Last night I drove a car, da Gasoline, 1958)

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Guidare un’auto senza sapere come si fa: è l’immagine che il poeta statunitense della Beat Generation Gregory Corso usa come metafora per la vita. È un’esperienza che si impara facendola, e nel farla ci capita di ferire le persone che amiamo, di deluderle, di fare loro del male. E quando siamo ancora giovani, come nel caso di Corso, tutto risulta nuovo e spensierato, basta una notte di sonno per dimenticare gli errori.

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EDWARD FIELDING, "PINBK FORD EDSEL"
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LA FRASE DEL GIORNO
A volte anche l'inferno è un buon posto, se serve a dimostrare con la sua esistenza che deve esistere anche il suo contrario, cioè il paradiso. E cos'è questo paradiso? La poesia.
GREGORY CORSO




Gregory Nunzio Corso (New York, 26 marzo 1930 – Minneapolis, Minnesota, 17 gennaio 2001) è stato un poeta statunitense. Figlio di immigrati italiani, da ragazzo entrava e usciva dal riformatorio. Lì incontrò la poesia in un libro di Shelley. Giramondo, fu uno dei poeti di punta della Beat Generation. Visse a lungo a Parigi e a Roma, dove è sepolto.


lunedì 25 maggio 2020

Il mantello sulla testa


WALLACE STEVENS

DELLA SUPERFICIE DELLE COSE

I

Nella mia stanza, il mondo è oltre la mia comprensione;
ma quando cammino vedo che consiste
in tre o quattro colline e una nuvola.


II

Dal mio balcone, studio l'aria gialla,
leggendo dove ho scritto
«La primavera è come una bella donna che si spoglia».


III

L'albero d'oro è blu.
Il cantore si è messo il mantello sulla testa.
La luna è nelle pieghe del suo mantello.


(Of the Surface of Things, da Harmonium, 1923)

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Il poeta statunitense Wallace Stevens sin dalla sua prima raccolta Harmonium indaga  con raffinata eleganza il rapporto tra la realtà e l’immaginazione, tra il mondo oggettivo e la fantasia. E se la prima strofa appartiene appunto a quel mondo reale, a un panorama di colline e cielo, la seconda lo supera saltando nel territorio dell’immaginazione, della poesia, capace di vedere quello che è “oltre la mia comprensione”. La terza strofa è quindi una summa delle prime due: è il cantore, ovvero il poeta, che oscura il mondo reale con il mantello pieno di stelle della fantasia.

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EDWARD HOPPER, "COLLINE, SOUTH TRURO, 1930"

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LA FRASE DEL GIORNO
Il poeta guarda il mondo come un uomo guarda una donna.
WALLACE STEVENS




Wallace Stevens (Reading, Pennsylvania, 2 ottobre 1879 – Hartford, Connecticut, 2 agosto 1955) è stato un poeta statunitense. Laureato ad Harvard, avvocato dal 1904, lavorò per una compagnia di assicurazioni. Espressione tra le più alte del Modernismo, nei suoi versi risaltano  l'immaginazione e lo spessore metaforico del linguaggio.

domenica 24 maggio 2020

Ascolta i passi del tempo


OCTAVIO PAZ

COME CHI ASCOLTA PIOVERE

Ascoltami come chi ascolta piovere,
né attenta né distratta,
passi lievi, pioviggine,
acqua che è aria, aria che è tempo,
il giorno non finisce di andarsene,
la notte non arriva ancora,
figure della nebbia
al voltare l’angolo,
figure del tempo
nell’ansa di questa pausa,
ascoltami come chi ascolta piovere,
senza ascoltarmi, ascoltando ciò che dico
con gli occhi aperti verso dentro,
addormentata con i cinque sensi svegli,
piove, passi lievi, rumore di sillabe,
aria e acqua, parole che non pesano:
ciò che fummo e siamo,
i giorni e gli anni, questo istante,
tempo senza peso, pesantezza enorme,
ascoltami come chi ascolta piovere,
lampeggia l’asfalto umido,
il vapore si alza e cammina,
la notte si apre e mi guarda,
sei tu e il tuo sembiante di vapore,
tu e il tuo volto di notte,
tu e i tuoi capelli, lento lampo,
attraversi la strada ed entri nella mia fronte,
passi d’acqua sopra le mie palpebre,
ascoltami come chi ascolta piovere,
l’asfalto lampeggia, tu attraversi la strada,
è la nebbia errante nella notte,
è la notte addormentata nel tuo letto,
è l’ondeggiare del tuo respiro,
le tue dita d’acqua bagnano la mia fronte,
le tue dita di fiamma bruciano i miei occhi,
le tue dita d’aria aprono le palpebre del tempo,
sgorgare di apparizioni e resurrezioni,
ascoltami come chi ascolta piovere,
passano gli anni, ritornano gli istanti,
senti i tuoi passi nella stanza vicina?
non qui né là: li senti
in un altro tempo che è proprio ora,
ascolta i passi del tempo
inventore di spazi senza peso né luogo,
ascolta la pioggia scorrere per la terrazza,
la notte è ormai più notte fra gli alberi,
fra le foglie si è annidato il fulmine,
vago giardino alla deriva
– entra, la tua ombra copre questa pagina.


(da Albero interiore, 1987 - Traduzione di Ernesto Franco)

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Octavio Paz ricrea un’atmosfera di pioggia che raccoglie sogno e memoria – il tentativo di ascoltare lo scorrere del tempo permea gran parte della poesia del Premio Nobel messicano, tesa alla ricerca delle origini attraverso la parola. La donna cui è rivolta la poesia diventa Musa ma è anche Mnemosine, dea della memoria, quella che deve ascoltare senza ascoltare rivolgendo gli occhi dentro di sé, addormentata, ma con i sensi ben aperti, in un tempo che supera ogni tempo.

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FOTOGRAFIA © NBC NEWS

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LA FRASE DEL GIORNO
Il mondo / non è ancora reale, / il tempo è dubbio: / solo il calore della tua pelle / è vero.
OCTAVIO PAZ, Pietra di sole




Octavio Irineo Paz Lozano (Città del Messico, 31 marzo 1914 – 20 aprile 1998),  poeta, scrittore, saggista e diplomatico messicano, premio Nobel per la letteratura nel 1990. La sua poesia è fatta di sperimentazione e anticonformismo, un continuo mettersi in discussione del linguaggio, “lotta continua contro la significazione”.


sabato 23 maggio 2020

L’angolo deserto


ALFONSO GATTO

LE COSE

Un giorno busseranno ad ogni casa,
chi vive è già colpevole d’avere
la sua vita segreta. Scende il buio
della notte, si resta dietro ai vetri
ad aspettare come giunge il vasto
assurdo della quiete. È nelle cose
di sempre ferme al loro posto il nuovo
sguardo impietrito: l’angolo deserto
mette in salvo il fuggiasco o per lo scarto
gli affaccia la sua muta. Sembra un vano
delirio questo credere alle cose.


(da Giornale di due inverni, poi in La storia delle vittime, Mondadori, 1966)

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È naturalmente un tempo di guerra quello di questa poesia di Alfonso Gatto, il periodo dell’occupazione nazifascista di Milano, precisamente l’inverno del 1943-44: quel senso di essere braccati, quell’angoscia buzzatiana pervadono gli undici endecasillabi. Lo straniamento particolare di quella situazione porta a dubitare di tutto, persino delle cose, che possono nascondere la salvezza o l’essere perduti.

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MILANO, APRILE 1944 - L'HOTEL REGINA, SEDE DEL COMANDO NAZISTA – FOTOGRAFIA © CORRIERE

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LA FRASE DEL GIORNO
Chi vive è leggero, /  è stanco in tutto il mondo. / Chi vive è senza gloria.
ALFONSO GATTO, La storia delle vittime




Alfonso Gatto (Salerno, 17 luglio 1909 – Orbetello, 8 marzo 1976), poeta e scrittore italiano. Ermetico, ma di confine, giornalista e pittore, insegnante di Letteratura all'Accademia di Belle Arti, collaboratore di “Campo di Marte”, la sua poesia è caratterizzata da un senso di morte che si intreccia al vivere.

venerdì 22 maggio 2020

Rosa rosae


MARINO MORETTI

ELOGIO DI UNA ROSA

Rosa della grammatica latina
che forse odori ancor del mio pensiero,
tu sei come l'immagine del vero
alterata dal vetro che s'incrina.

Fosti la prima tu che al mio furtivo
tempo insegnasti la tua lingua morta
e mi fioristi gracile e contorta
per un dativo o un accusativo.

Eri un principio tu: ma che ti valse
lungo il cammino il tuo mesto richiamo?
Or ti rivedo e ti ricordo e t'amo
perché hai la grazia delle cose false.

Anche un fior falso odora, anche il bel fiore
di seta o cera o di carta velina,
rosa della grammatica latina:
odora d'ombra, di fede, d'amore.

Tu sei più vecchia, e sei più falsa e odori
d'adolescenza e sembri viva e fresca,
tanto che detta e quasi pedantesca
sai perché t'amo e non mi sprezzi o fori.

Passaron gli anni: un tempo di mia vita.
Avvizzirono i fiori del mio giardino.
Ma tu, sempre fedele al tuo latino,
tu sola - o rosa - non sei più sfiorita.

Nel libro la tua pagina è strappata, strappato
il libro e chiusa la mia scuola,
ma tu rivivi nella mia parola
come nel giorno in cui t'ho "declinata".

E vedo e ascolto: il precettore in posa,
la vecchia Europa appesa alla parete
e la mia stessa voce che ripete
sul desiderio di non so che cosa:

Rosa, la rosa Rosae, della rosa…

(da Poesie scritte col lapis, 1910)

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Chi ha frequentato il liceo classico o lo scientifico, ha avuto a che fare, sin dalle prime lezioni con l’apprendimento della prima declinazione latina, esemplificata dal vocabolo “rosa”. E dunque Rosa rosae rosae rosam rosa rosa… Il poeta Marino Moretti ritorna con nostalgia a quei tempi dell’adolescenza in cui si cominciava ad assaporare la vita non più bambina. Molto tempo è passato ma resta vivida quella rosa sbocciata in un’aula di ginnasio, mentre molti altri fiori sono appassiti, nel tipico gusto crepuscolare di questi versi.

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LA FRASE DEL GIORNO
Quando l'anima è stanca e troppo sola / il cuor non basta a farle compagnia, / si tornerebbe discoli per via, / si tornerebbe scolaretti a scuola.
MARINO MORETTI, Poesie scritte col lapis




Marino Moretti (Cesenatico, 18 luglio 1885 – 6 luglio 1979), poeta, romanziere e drammaturgo italiano. Nell’ambito del crepuscolarismo descrive vicende semplici ambientate nella provincia romagnola, con personaggi dimessi come il suo stile, che talvolta lascia balenare vene di umorismo.


giovedì 21 maggio 2020

Le maledizioni e le preghiere



ROCCO SCOTELLARO

HO CAPITO FIN TROPPO

Ho capito fin troppo gli anni e i giorni e le ore
gl'intrecci degli uomini, chi ride e chi urla
giura che Cristo poteva morire a vent'anni
le gru sono passate, le rondini ritorneranno.
Sole d'oro, luna piena, le nevi dell'inverno
le mattine degli uccelli a primavera
le maledizioni e le preghiere.


(da Margherite e rosolacci, Mondadori, 1978)

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Un universo contadino, sempre uguale e sempre diverso nel ciclo delle stagioni, nei dolori degli uomini e delle donne, nei soprusi patiti. Si fa in fretta a rendersi conto di quale sia la vita in questo lembo di Mezzogiorno a ridosso del Basento, dice il poeta lucano Rocco Scotellaro. Ma anche chi ha trovato il coraggio o la disperazione per andarsene, come lui, apparterrà sempre a questo mondo: “Il paese continua la sua storia / «sotto il cielo stellato foglia a foglia» / per chi paese se vuol ritornare”.

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CLAUDIO DA FIRENZE, "LAVORO NEI CAMPI"

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LA FRASE DEL GIORNO
L'umanità ci sta a farsi i complimenti fino a quando non viene uno a dire della loro inutilità. Allora si arrossisce, perché l'amor proprio viene stuzzicato
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ROCCO SCOTELLARO, Giovani soli




Rocco Scotellaro (Tricarico, 19 aprile 1923 – Portici, 15 dicembre 1953), scrittore, poeta e politico italiano impegnato nella lotta per miglioramento delle condizioni economiche e sociali dei contadini. La sua poesia è caratterizzata da da un'ambientazione pastorale serena, da un'armonia di immagini e visioni che esaltano la vita bucolica.


mercoledì 20 maggio 2020

La musica di una stella


JOSÉ GOROSTIZA

PAUSE II

Il grillo non canta. Ritma
la musica
di una stella.

Misura
le pause luminose
con la sua clessidra.

Traccia
le sue orbite dorate
nell’eterea desolazione.

La brava gente pensa
- tuttavia -
che nell’erba
suoni un carillon.


(da Canzoni da cantare in barca, 1925)

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Bastano poche pennellate al poeta messicano José Gorostiza per descrivere il canto notturno di un grillo: un’ode alle stelle del cielo, allo scorrere lento del tempo, all’infinita grandezza dell’universo, che solo le anime sensibili sanno cogliere – per gli altri resta solo quel canto monocorde nella notte.

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FOTOGRAFIA © WALLHERE

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia non è diversa, in sostanza, da un gioco a nascondino in cui il poeta la scopre e la denuncia, e tra essa e lui, come in amore, tutto ciò che esiste è l’allegria di questo gioco.
JOSÉ GOROSTIZA,  Note sulla poesia




José Gorostiza Alcalá (San Juan Bautista, oggi Villahermosa, 10 novembre 1901 – Città del Messico, 16 marzo 1973), poeta e diplomatico messicano. Pubblicò solo due libri: Canzoni da cantare in barca (1925) e Poesie (1964) in cui cercò la purezza e la semplicità con uno spirito sottile e profondo.


martedì 19 maggio 2020

Un ordine segreto


MARIE LUISE KASCHNITZ

RESURREZIONE

Talvolta ci alziamo
ci alziamo per la resurrezione
nel bel mezzo del giorno
coi nostri capelli vivi
con la nostra pelle che respira.

Intorno a noi c'è solo il consueto.
Niente miraggi con palme
con leoni pascolanti
e mansueti lupi.

Le sveglie non cessano di ticchettare
le loro lancette luminose non si spengono.
Il consueto però è leggero
però è invulnerabile
ordinato in un ordine segreto
anticipato in una casa di luce.


(da Il tuo silenzio, la mia voce, 1962 - Traduzione di Nino Muzzi)

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Le opere del dopoguerra della poetessa tedesca Marie Luise Kaschnitz si fanno più elegiache, tendono alla ricerca di un futuro di speranza. Nel 1958 suo marito, l’archeologo austriaco Guido Freiherr Von Kaschnitz-Weinberg, morì dopo una dolorosa malattia; Marie Luise si ritirò per molti anni isolandosi nella sua casa: questa Resurrezione è certo quella personale ma anche quella di molti tedeschi che presero coscienza di quello che successe nel loro paese durante il Terzo Reich.

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FOTOGRAFIA DA TWITTER

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LA FRASE DEL GIORNO
Scrivendo, volevo / salvarmi l’anima.
MARIE LUISE KASCHNITZ




Marie Luise Kaschnitz, nata Marie Luise von Holzing-Berslett (Karlsruhe, 31 gennaio 1901 – Roma, 10 ottobre 1974), scrittrice, poetessa e saggista tedesca. Libraia a Roma, sposò l’archeologo Guido Freiherr Von Kaschnitz-Weinberg, seguendolo in giro per il mondo. Le sue poesie trattano l’ansia e l’angoscia dell’uomo moderno con aperture alla speranza.


lunedì 18 maggio 2020

La città nella finestra


ARUNDHATHI SUBRAMANIAM

NO

Mi sveglio la mattina
per ritrovare la città nella finestra,
una bocca gigante
che ho dimenticato come chiudere.

Suona il telefono,
ogni squillo un promemoria
che sono stata individuata,
che sono Quella
le cui email si accumulano senza risposta,
le cui liste di controllo crescono
aggrovigliate,
arruffate,
sfrenate.

Quella che non è mai sulla piattaforma giusta.
Quella che si allontana
da mani inopportune
nei finestrini della macchina.
Quella che sorride quando non lo vuole.
Quella che non ha votato in tre elezioni.

Ma quello che nessuno immagina
è che sono Quella che dopo il tramonto
si aggira per i vicoli bui,
con la fame di annientare chiunque
cerchi di domarla
con tentacoli umidi e malarici
di colpa.

E nelle notti di luna piena
osa ancora
guardare il mondo
in pieno viso
e dire
no.


(da Dove vivo, 2009)

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La poetessa indiana Arundhathi Subramaniam rivendica la sua indipendenza di donna e di essere umano: quel NO gridato al mondo è un No allo sfruttamento, alla violenza, al tracciamento continuo della nostra persona. È un no gridato agli uomini che non la comprendono e anzi tentano di addomesticarla, è un no di liberazione, di estraniamento da una società che non riesce a riconoscere.

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FOTOGRAFIA © PXFUEL

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LA FRASE DEL GIORNO
E noi / corrotti come chiunque altro / da un mondo assuefatto / ai carboidrati / e alle parole, // brancoliamo /ancora / fra tramonti, metrica e / schegge di speranza / / per un istante / liberi / dal terribile contagio / dell’abitudine.
ARUNDHATHI SUBRAMANIAM




SubramaniamArundhathi Subramaniam (Mumbai, 1967), poetessa, artista e scrittrice su temi di spiritualità e cultura. Ha lavorato negli anni come editrice e curatrice di poesia e giornalista culturale. Vive tra Mumbai e il centro Yoga di Coimbatore. Tra le sue opere Dove vivo (2009), Quando Dio è un viaggiatore (2014), e Amore senza una storia (2019).


domenica 17 maggio 2020

Non so, dove…



JOSEPH ROTH

DOVE?

Un tempo ero un piccolo bambino,
che tormentato dalla paura si rifugiava dalla madre,
se attraverso il camino spirava il vento…
Non so, dove…

Un tempo ho udito un canto,
che risuonava così delicato e stanco,
quando io mi separai dalla mia patria…
Non so, dove…

Una volta il mio cuore era vivo…
Fiori di papavero erano in fiamme…
Un tempo ho conosciuto la felicità…
Non so, dove…


(da Poesie, Moby Dick, 1990 – Traduzione di Claudia Sartoni)

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C’è la nostalgia per il tempo che fu in questi versi del romanziere austriaco Joseph Roth – allora ventunenne: vi compare quello che sarà uno dei temi principali della sua opera, la constatazione della dissoluzione di un Impero: “Io l'ho amata, questa patria, che mi ha permesso di essere contemporaneamente un patriota e un cittadino del mondo, un austriaco e un tedesco fra tutti i popoli austriaci. Ho amato le virtù e i pregi di questa patria, e amo oggi, che è morta e perduta, anche i suoi errori e le sue debolezze. Ne aveva molti. Li ha espiati con la sua morte. È passata quasi immediatamente da una rappresentazione da operetta all'orrendo teatro della guerra mondiale”. Roth si sente un esule, non solo dalla patria, anche dall’infanzia, dalla vita, dalla felicità.

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FOTOGRAFIA DA PINTEREST

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LA FRASE DEL GIORNO
La vita sta nei concetti come un bambino cresciuto negli abiti troppo corti.
JOSEPH ROTH, Il profeta muto




Joseph Roth (Brody, Ucraina, 2 settembre 1894 – Parigi, 27 maggio 1939), scrittore e giornalista austriaco. Grande cantore della finis Austriae, della dissoluzione dell'impero austro-ungarico, è noto per i suoi romanzi (La cripta dei cappuccini, La leggenda del santo bevitore, La marcia di Radetzky). Le sue raccolte poetiche risalgono al biennio 1915-1916.


sabato 16 maggio 2020

La forza degli alberi


RAFAEL CADENAS

SOLA, INCERTA, PRESSANTE PAROLA

Sola,
incerta,
pressante
parola,
casa senza orpelli.

Per essa vorrei
la forza
degli alberi.


(da Un’isola, 1958)

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“Cerco quello che non si può trovare, / e si fa sera”: si conclude così la raccolta Un’isola del poeta venezuelano Rafael Cadenas. Eccola lì allora quella parola, quello strumento per varcare la soglia della coscienza e svolgere un’indagine interminabile, per seguire un percorso dove qua e là si intravedono le incrinature nella maglia del mistero.

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DIPINTO DI VLADIMIR KUSH

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LA FRASE DEL GIORNO
Vengo da un regno straniero / vengo da un’isola luminosa, / vengo dagli occhi di una donna.
RAFAEL CADENAS, Un’isola




Rafael Cadenas (Barquisimeto, 8 aprile 1930), poeta, saggista e docente universitario venezuelano. Fece parte del gruppo «Tavola Rotonda». Dotato di una raffinata sensibilità poetica, ha creato un’opera vincolata al pensiero filosofico.

venerdì 15 maggio 2020

Parole senza rumore



EUGENIO MONTALE

NOI NON SAPPIAMO QUALE SORTIREMO

Noi non sappiamo quale sortiremo
domani, oscuro o lieto;
forse il nostro cammino
a non tòcche radure ci addurrà
dove mormori eterna l’acqua di giovinezza;
o sarà forse un discendere
fino al vallo estremo,
nel buio, perso il ricordo del mattino.
Ancora terre straniere
forse ci accoglieranno; smarriremo
la memoria del sole, dalla mente
ci cadrà il tintinnare delle rime.
Oh la favola onde s’esprime
la nostra vita, repente
si cangerà nella cupa storia che non si racconta!
Pur di una cosa ci affidi,
padre, e questa è: che un poco del tuo dono
sia passato per sempre nelle sillabe
che rechiamo con noi, api ronzanti.
Lontani andremo e serberemo un’eco
della tua voce, come si ricorda
del sole l’erba grigia
nelle corti scurite, tra le case.
E un giorno queste parole senza rumore
che teco educammo nutrite
di stanchezze e di silenzi,
parranno a un fraterno cuore
sapide di sale greco.


(da Ossi di seppia, 1925)

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La precarietà dell’esistenza, l’ambiguità del futuro venano la prima metà di questa poesia di Eugenio Montale tratta dalla sezione “Mediterraneo” di Ossi di seppia: ma quel male di vivere, quella discesa in terre nelle quali restiamo straniati, alienati, in un buio nel quale, consapevoli del fallimento cui siamo destinati, dimentichiamo persino la luce del mattino, possono tuttavia placarsi, trovare pace nei versi, nelle parole, che il lettore sensibile ai problemi che angosciano il poeta saprà cogliere bene.

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LEONID AFREMOV, "LIGURIA BELLA"

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LA FRASE DEL GIORNO
Mia vita è questo secco pendio, / mezzo non fine, strada aperta a sbocchi di rigagnoli, lento franamento.
EUGENIO MONTALE, Ossi di seppia




Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981), poeta e scrittore italiano, Gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1975 “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”, ovvero la “teologia negativa” in cui il "male di vivere"  si esprime attraverso la corrosione dell'Io lirico tradizionale e del suo linguaggio.


giovedì 14 maggio 2020

Un trepidare di libellule


OSIP EMIL’EVIČ MANDEL’ŠTAM

È PIÙ LENTO L’ALVEARE NEVOSO

È più lento l'alveare nevoso,
più terso del vetro il cristallo,
e il velo turchese è gettato
sulla sedia con negligenza.

La stoffa, inebriata di se stessa,
languida per le carezze della luce,
percepisce in sé l'estate,
come non sfiorata dall'inverno;

se nei diamanti di ghiaccio
fluisce il gelo dell'eterno,
qui v'è un trepidare di libellule
occhicerulee, rattoviventi.


1910

(da La pietra, 1913 - Traduzione di Gario Zappi)

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Il poeta russo Osip Ėmil'evič Mandel'štam mette a confronto inverno ed estate: se nel primo vi è il turbinare dei fiocchi di neve e il brillio cristallino del ghiaccio, nella bella stagione anche le cose sembrano illanguidire nella luce dorata del sole, nella quale, come quei fiocchi di neve, ma più vigorose, volteggiano azzurre libellule.

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HENRI MATISSE, "LA STANZA ROSSA"

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LA FRASE DEL GIORNO
E sotto il cielo dimentichiamo spesso / - sotto un purgatoriale cielo effimero – / che il felice deposito celeste / è una mobile casa della vita.
OSIP EMIL’EVIČ MANDEL’ŠTAM, Cinquanta poesie




Osip Ėmil'evič Mandel'štam (Varsavia, 15 gennaio 1891 – Vladivostok, 27 dicembre 1938), poeta, letterato e saggista russo. Prosatore e saggista, esponente di spicco dell'acmeismo e vittima delle Grandi purghe staliniane: arrestato per una critica a Stalin e condannato ai lavori forzati in Siberia, morì nel campo di transito di Vladivostok.


mercoledì 13 maggio 2020

Come un’amarena


BLAGA DIMITROVA

AMARENA

"Hai freddo?" - mi hai chiesto
e mi hai stretto in un abbraccio.
In te rannicchiata con fiducia,
sono sbocciata appieno… E quali
canti di uccelli d'oltremare ho udito!
Venti del sud iniziavano a soffiare.
E come un'amarena, ancora intimidita
Ho dato via i miei colori.

Dove sei, libero, oggi,
dopo avermi lasciata sola nella neve?
Incurante, non mi chiedi più:
Hai freddo? … Adesso
Quell'inverno è intorno a me,
col gelo e un bianco deserto.
Ed io, amarena matura innanzi tempo,
tremo con le mie foglie bruciate.


1959


(da A domani, 1959 - Traduzione di Valeria Salvini)

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Due strofe che raccontano due tempi diversi compongono questa poesia di Blaga Dimitrova. Nella prima la poetessa bulgara racconta la meraviglia dell’innamoramento, ben espressa da quel senso di sicurezza nel trovarsi stretta tra le braccia dell’amato: è tutto un fiorire, un germogliare di primavera, l’amarena assume quel colore rosso scuro, è lucida e perfetta. La seconda strofa invece esprime il tempo della solitudine, l’amarezza dell’abbandono, il gelo dell’inverno che secca l’amarena, ormai vizza e ne brucia le foglie.
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GUILLAUME SEIGNAC, "LA RAGAZZA CON LE CILIEGIE"
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LA FRASE DEL GIORNO
E nel cerchio stretto di un abbraccio / ho rinchiuso l'infinito intero del mondo.
BLAGA DIMITROVA,  A domani




Blaga Nikolova Dimitrova (Bjala Slatina, 2 gennaio 1922 – Sofia, 2 maggio 2003), poetessa, scrittrice e politica bulgara, vicepresidente della Bulgaria dal gennaio 1992 al luglio 1993. Nel tempo la sua poetica passò da tematiche sentimentali che la portarono a scrivere prevalentemente liriche d'amore ad un maggiore impegno sociale e politico.

martedì 12 maggio 2020

La gonna


WU ZETIAN

PER LE MIE LACRIME D’AMORE

Per le mie lacrime d'amore
il rosso diventa verde
dal tanto pensarti
il mio corpo diventa tutt'ossa
ultimamente non mi stanco mai di piangere la mia solitudine
di aprire la valigia e guardare tutta sola
la gonna che ho cucito per farti piacere.

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Nell’antica Cina le donne innamorate conservavano una gonna che indossavano solamente alla presenza dell’amato. Quando questi era lontano, veniva conservata in un’apposita valigia, da cui era tolta per celebrare il suo ritorno. Anche l’imperatrice poetessa Wu Zetian ne aveva una e la usa per simboleggiare la nostalgia dell’amato lontano: “Da quando te ne sei andato / non riesco a pensare ad altro / che non sia tu. Non mi credi? / Da allora / non faccio altro che aprire il mio armadio / e guardare, accarezzare, annusare / l'ultimo vestito che hai tolto”.

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ILLUSTRAZIONE © CG

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LA FRASE DEL GIORNO
L'amore si fonda sulla nostalgia, nostalgia della persona amata.
MAX HORKHEIMER


 


Wu Zetian, conosciuta anche come Imperatrice Wu (Guangyan, 17 febbraio 624 – Luoyang, 16 dicembre 705), fu l'unica imperatrice cinese a fondare la propria dinastia, chiamata Zhou e regnò con il nome di “imperatore Shengshen” dal 690 al 705. La sua corte fu un centro di produzione letteraria e poetica e lei stessa scrisse numerose poesie.


lunedì 11 maggio 2020

Michael McClure


Il 4 maggio si è spento a Oakland, in California, il poeta statunitense Michael McClure. Nato in Kansas nel 1932, fu una delle figure di spicco della Beat Generation, uno dei cinque poeti che parteciparono al San Francisco Six Gallery Reading del 1955, immortalato da Jack Kerouac nel personaggio di PatMcLear in Big Sur. Mentore di Jim Morrison, che esortò a pubblicare i suoi versi, fu amico e estimatore di Bob Dylan. Nel 1967 divenne un’icona della controcultura hippie, venendo definito “Il principe della scena di San Francisco”. Si dedicò anche alla musica pubblicando alcuni album con il compositore minimalista Terry Riley: il suo brano più noto è Mercedes-Benz, portato al successo da Janis Joplin.

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MICHAEL McCLURE (a sinistra) CON BOB DYLAN E ALLEN GINSBERG

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FILOSOFIA COME AZIONE

IL MIGLIOR GOVERNO E’ QUELLO CHE GOVERNA MENO
Lasciate che sia libero da legamenti e tendenze
per trasformarmi in una forma
che sia meno che spirito.
LASCIATE CHE SIA UN LUPO,
un bruco, un salmone,
o
una
LONTRA
che naviga nell’acqua argentea
sotto il cielo rosato.
Fossi una falena o un condor
mi vedreste volare!
Amo questa carne di cui sono fatto!
Mi ci tuffo dentro per trovare la più semplice forma vitale!
AH! ECCO IL BAMBINO!!!
COS’E’ LA LIBERTA’ QUANDO UNA CLASSE AFFAMA L’ALTRA?

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POETICA

SÌ! NON C’È CHE UNA
POLITICA ED È
LA BIOLOGIA.
LA BIOLOGIA
È
POLITICA.
Ci tuffiamo
nel nero, nero arcobaleno
della fine
a meno che non trascorriamo
la nostra vita a costruire amore
nella creazione di ciò
che è organico.
Le vecchie opinioni
(logore e appassite)
sono una struttura
di morte.
Il nostro respiro
È
SERVIRE
LA SUPREMA
bellezza
di noi stessi.


(Le traduzioni sono di Raffaella Marzano)

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LA FRASE DEL GIORNO

Siamo gli ostacoli che saltiamo per essere noi stessi.
MICHAEL McCLURE




Michael McClure (Marysville, Kansas, 20 ottobre 1932 – Oakland, California, 4 maggio 2020), poeta, drammaturgo e saggista statunitense. Fu uno dei cinque poeti che diedero il via alla Beat Generation nella San Francisco del 1955, divenendo un’icona hippie nel 1967. Fu giornalista e pubblicò anche alcuni album con Janis Joplin e la band di Roy Manzarek.


domenica 10 maggio 2020

Nel dare avevi tante mani


RAFFAELE CARRIERI

MARIA MIA BUONA GUARDIA

Maria, mia buona guardia
rimboccami il lenzuolo.
hai fatto tanti bucati:
lavare e stirare
e notti per il pane
notti per le malattie.
Non sapevi leggere le medicine
e i numeri del termometro:
ti bastava guardare per riconoscere
le code del solleone
ti bastava toccare.
Nel dare avevi tante mani
e nel correre più piedi del millepiedi.
Maria, mia buona guardia
rimboccami il lenzuolo:
non mi lasciare solo.


(da Blu turco, Cavallino, 1956)

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È la seconda domenica di maggio e per tradizione si celebra la Festa della Mamma. Ho scelto una poesia di Raffaele Carrieri dedicata alla madre, l’amatissima Maria, che il poeta volle con sé nella sua casa milanese di Via Passarella e cui, dopo la sua scomparsa, dedicherà addirittura un’intera raccolta, La formica Maria del 1967. Una donna del Sud della prima metà del secolo scorso, forte e saggia nonostante la poca istruzione, della quale voglio sottolineare la caratteristica comune a tutte le madri: “Nel dare avevi tante mani / e nel correre più piedi del millepiedi”.

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MARY CASSATT, "EMMIE E SUO FIGLIO"

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LA FRASE DEL GIORNO

M'hai portato nel petto / come la spina trovatella / che può diventar fiore / ma pure chiodo o stella.
RAFFAELE CARRIERI, La formica Maria




Raffaele Carrieri (Taranto, 23 febbraio 1905 – Pietrasanta, 14 settembre 1984), scrittore e poeta italiano. A quattordici anni abbandonò la città natale e viaggiò imbarcandosi come marinaio su bastimenti mercantili. Tornato in Italia fu per due anni gabelliere a Palermo. ”La mia poesia è tutta autobiografica; ispirata a fatti realmente accaduti, a viaggi, a soggiorni in paesi stranieri” scrisse di sé.


sabato 9 maggio 2020

Tutto di sé


SILVIO RAMAT

DIRLE TUTTO DI SÉ

Dirle tutto di sé – lei non lo chiede
ma che importa? Non celarle gli azzardi,
le smanie di un amore se dispera.
Ma non coinvolgerla nel proprio buio,
nelle spire noiose di un declino.
Gli basta a volte pensarla che corre,
in un paesaggio da sempre a lei il più caro,
in un giorno di festa, la mattina,
affaticata e lieve. Amore, è tardi.


(da Poesia, 300, Gennaio 2015)
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Amare è condividere tutto? È denudare completamente la propria anima davanti all’altra o all’altro? Secondo il poeta e traduttore fiorentino Silvio Ramat c’è un limite cui fermarsi ed il punto in cui all’altra o all’altro toccherebbe portare il fardello della sofferenza.
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HARDLEY NORTHROP, "DONNA AL CAFFÈ"

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LA FRASE DEL GIORNO
Amare è condividere con una persona ciò che non si ha voglia di condividere con nessun altro
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JACQUES-BÉNIGNE BOSSUET




Silvio Ramat (Firenze, 2 ottobre 1939) critico letterario, traduttore, saggista e poeta italiano. Esordì nel 1959 con Le feste di una città. Autore di numerose saggi sulla poesia del Novecento, ha collaborato con molte riviste, tra le quali Poesia, e con il quotidiano Il Giornale.


venerdì 8 maggio 2020

Il sonno di un gatto


LUCA CANALI

DIVARIO

Nel mio continuo e doloroso impatto
con l'insensato,
nulla mi sembra avere
più senso e beato
motivo del
sonno d'un gatto.


(da Zapping, 1993)

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Il misterioso e tranquillo sonno di un gatto diventa pietra di paragone per il poeta Luca Canali: quella quiete, quella condizione di pace e tranquillità, sorniona e scevra dalle preoccupazioni, viene a cozzare con la nevrosi compulsiva, con la solitudine, con la depressione, con gli interrogativi senza risposta.

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FOTOGRAFIA © DAVID MARK/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Ogni mio verso è un furto / vitale alla mortale / quotidianità dell’agguato.
LUCA CANALI




Luca Canali (Roma, 3 settembre 1925 – Roma, 8 giugno 2014), poeta, scrittore e latinista italiano. Traduttore di Catullo, Lucrezio, Lucano e Virgilio, nei suoi versi sperimentò stili diversi spaziando dall’eros alla guerra, dalla solitudine alla nevrosi e alla depressione che caratterizzarono gran parte della sua vita.


giovedì 7 maggio 2020

Ti aspetto nel sogno


MARIO BENEDETTI

SIRENA

Sono convinto che tu non esista
e tuttavia ogni notte ti ascolto

t’invento a volte con la vanità
con la desolazione o la pigrizia

dall’infinito mare arriva il tuo stupore
l’ascolto come un salmo e ciò malgrado

son così certo che tu non esista
che ti aspetto nel sogno per domani.

(da Yesterday e domani, 1987)

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L’irrazionale, il trascendente, l’ideale: andiamo tutti in cerca di qualcosa che ci porti lontano dalla realtà, dall’immanenza delle cose. La sirena, la donna ideale del poeta uruguaiano Mario Benedetti, sembra non esistere, almeno sul piano materiale, ma questo non svia dalla sua ricerca, che si sposta in un altro livello, quello onirico: “La donna di quel sogno era un ostaggio / era sua almeno finché lui / non l'avesse venduta al suo risveglio / cosa che mai avrebbe fatto mai / ma all'improvviso il mai ebbe una fine / e quando aprì gli occhi lei non c'era”.

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AMEDEO MODIGLIANI, “NU COUCHÉ”

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LA FRASE DEL GIORNO
Perdere l’amore / è vedere il corpo come è e non come / lo sguardo dell’altro lo inventava / tornando più poveri al vecchio enigma / trovando la tristezza nello specchio.
MARIO BENEDETTI, La vita è questa parentesi




Mario Orlando Hamlet Hardy Brenno Benedetti-Farugia, noto come Mario Benedetti (Paso de los Toros, 14 settembre 1920 – Montevideo, 17 maggio 2009), poeta, saggista, scrittore e drammaturgo uruguaiano. Figlio di immigrati italiani, fece parte della Generazione del’45. Nel 1973 fu costretto all’esilio dal golpe militare. Rientrò nel 1983.