ALFONSO GATTO
LE COSE
Un giorno busseranno ad ogni casa,
chi vive è già colpevole d’avere
la sua vita segreta. Scende il buio
della notte, si resta dietro ai vetri
ad aspettare come giunge il vasto
assurdo della quiete. È nelle cose
di sempre ferme al loro posto il nuovo
sguardo impietrito: l’angolo deserto
mette in salvo il fuggiasco o per lo scarto
gli affaccia la sua muta. Sembra un vano
delirio questo credere alle cose.
(da Giornale di due inverni, poi in La storia delle vittime, Mondadori, 1966)
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È naturalmente un tempo di guerra quello di questa poesia di Alfonso Gatto, il periodo dell’occupazione nazifascista di Milano, precisamente l’inverno del 1943-44: quel senso di essere braccati, quell’angoscia buzzatiana pervadono gli undici endecasillabi. Lo straniamento particolare di quella situazione porta a dubitare di tutto, persino delle cose, che possono nascondere la salvezza o l’essere perduti.
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MILANO, APRILE 1944 - L'HOTEL REGINA, SEDE DEL COMANDO NAZISTA – FOTOGRAFIA © CORRIERE
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LA FRASE DEL GIORNO
Chi vive è leggero, / è stanco in tutto il mondo. / Chi vive è senza gloria.
ALFONSO GATTO, La storia delle vittime
"...o per lo scarto
RispondiEliminagli affaccia la sua muta..."
non lo capisco, puoi per favore spiegarmi?
Certamente: o se, a seguito di una improvvisa deviazione, ritorna visibile ai suoi inseguitori (la muta di cani)
RispondiEliminaGrazie.
EliminaChe angoscia...