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sabato 31 maggio 2014

Come i ciottoli

 

EUGENIO MONTALE

AVREI VOLUTO SENTIRMI SCABRO ED ESSENZIALE

Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale
siccome i ciottoli che tu volvi,
mangiati dalla salsedine;
scheggia fuori del tempo, testimone
di una volontà fredda che non passa.
Altro fui: uomo intento che riguarda
in sé, in altrui, il bollore
della vita fugace — uomo che tarda
all’atto, che nessuno, poi, distrugge.
Volli cercare il male
che tarla il mondo, la piccola stortura
d’una leva che arresta
l’ordegno universale; e tutti vidi
gli eventi del minuto
come pronti a disgiungersi in un crollo.
Seguìto il solco d’un sentiero m’ebbi
l’opposto in cuore, col suo invito; e forse
m’occorreva il coltello che recide,
la mente che decide e si determina.
Altri libri occorrevano
a me, non la tua pagina rombante.
Ma nulla so rimpiangere: tu sciogli
ancora i groppi interni col tuo canto.
Il tuo delirio sale agli astri ormai.

(da Ossi di seppia, 1928)

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Essere come il mare, essenziale nella sua variabilità, un flusso continuo di onde che nella loro piccolezza però con la costanza levigano i sassi del fondale, apprenderne la lezione di invincibilità, di impermeabilità allo scorrere del tempo. Questo è il desiderio di Eugenio Montale (1896-1981), anzi, per meglio dire, del Montale fanciullo di fronte al mare. Ne è invece uscito un uomo che si tormenta per l’impossibilità di trovare un senso all’esistere, che si barcamena tra la speranza di trovare la chiave che consenta di risolvere il mistero e la negativa risposta della ragione. Eppure, è proprio il canto del mare infine a cullare come una nenia l’anima del poeta.

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FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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LA FRASE DEL GIORNO
Vorrei prima di cedere segnarti / codesta via di fuga / labile come nei sommossi campi / del mare spuma o ruga.
EUGENIO MONTALE, Ossi di seppia




Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981), poeta e scrittore italiano, Gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1975 “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”, ovvero la “teologia negativa” in cui il "male di vivere"  si esprime attraverso la corrosione dell'Io lirico tradizionale e del suo linguaggio.

venerdì 30 maggio 2014

Un altro Noè

 

SINAN ANTOON

IL POETA

Il poeta è un altro Noè
Passa la vita
a costruire un’arca di parole
che riempie di metafore e nuvole
la sua solitudine un albero maestro
ma si assicura
ci sia abbastanza silenzio
nello scheletro
così che l’acqua si infiltri nella sua poesia
e affondi piano piano
finché non riposa
sul fondo del mare.

(da Una notte in tutte le città, 2010 - Traduzione di Elena Bellina)

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Il poeta è un altro Noè. Il suo compito è quello di “combinare la brutalità della realtà con il bisogno di speranza”, come spiegò il poeta iracheno-americano Sinan Antoon in un’intervista alla rivista Poesia nell’ottobre 2011. Il poeta dunque è colui che è scelto per costruire l’arca, come il biblico Noè, ma non è detto che il suo compito riesca: lo saprà soltanto quando si troverà a navigare.

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Tomic

TOMISLAV TOMIC, “NOAH’S ARK”

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia non salva, ma è una struttura che dà senso a un mondo senza senso.
SINAN ANTOON, Poesia, n. 264, ottobre 2011




Sinan Antoon (Bagdad, 1967), poeta, romanziere, studioso e traduttore letterario iracheno. Lasciò l'Iraq nel 1991 dopo lo scoppio della Guerra del Golfo e si trasferì negli Stati Uniti, dove insgena alla New York University. È stato definito "uno degli autori più acclamati del mondo arabo". 


giovedì 29 maggio 2014

Il ricordo del tuo corpo

 

EFRAÍN BARTOLOMÉ

CICATRICE DELL’ARIA

Spalanco le tende della notte
ed entra il rumore di Tuxtla nella camera d’hotel
dove
      come una cicatrice dell’aria
arde il ricordo del tuo corpo

La precisione perfetta dello specchio
mi rimanda un’immagine incompleta
                                                  confusa
Sei in viaggio in questo istante che si allunga
e so che hai sonno
e so che anche tu guardi l’oscurità
il tuo sguardo penetra gli occhi della notte
e viaggia per incontrare
                                 come in fondo a un pozzo
un altro sguardo ardente

Sono chi ti vede dalla notte aperta dietro il vetro

È la notte di Tuxtla
Il rumore stemperato dalla distanza
La nebbia dell’angoscia come un muro di immagini

E l’aleggiare lentissimo del sonno.

(da Musica solare, 1984)

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Ancora una poesia sull’assenza della persona amata: è del poeta messicano Efraín Bartolomé. La scena stavolta è una stanza d’albergo di Tuxtla, capitale dello stato del Chiapas: ed è lì che va in scena il ricordo – appare come una cicatrice nell’aria della notte, una volta spalancate le tendine e aperto la vista alle luci della città notturna. Il pensiero vola lontano, partendo lì, raggiunge l’amata che forse nello stesso istante vive un identico stato d’animo, lontano, in un’altra città.

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Dyke

HART DYKE, “ASPETTANDO NELLA CAMERA DELL'HOTEL, 2010”

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LA FRASE DEL GIORNO
L'assenza attenua le passioni mediocri e aumenta le grandi, come il vento spegne le candele e ravviva il fuoco.
FRANÇOIS DE LA ROCHEFOUCAULD, Massime




Efraín Bartolomé (Ocosingo, 15 dicembre 1950), poeta messicano.  La sua opera, dalla spiccata intonazione elegiaca, ha una grande carica religiosa, molto evidente nei Quaderni contro l'angelo, ma anche in un'idea molto incline alla concezione della Natura come manifestazione divina o come Dea primordiale.


mercoledì 28 maggio 2014

Le donai una stella

 

KARMELO C. IRIBARREN

ROMANTICISMO

Dice che le donai una stella,
dice che accadde al porto,
una domenica sera,
quando cominciavamo a uscire insieme.
Io non ricordo niente, a dire il vero,
è passata mezza vita da allora. Però,
vallo a sapere! Tutto sommato, può
anche essere vero: vent’anni,
innamorato perso,
e senza un soldo in tasca…
Che cos’altro le potevo regalare?

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Chi non si è identificato in questi versi? Chi non ha donato alla ragazza di turno una stella – magari Sirio, la più luminosa? Chi non si è lasciato andare all’ingenuità dei primi amori? Il consueto minimalismo di Karmelo C. Iribarren si lascia qui venare di romanticismo, indulge un momento alla dolcezza del ricordo, alla tenerezza di questa lontana memoria di ragazzo. Solo un momento, poi vira sulla abituale ironia.

 

Wish upon a star

CAOHIME-AISLING, “WISH UPON A STAR”

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LA FRASE DEL GIORNO
Oggigiorno ogni uomo, la cui statura morale e il cui valore intellettuale non siano di un pigmeo o di una persona rozza, ama, quando ama, di un amore romantico.
FERNANDO PESSOA, La divina irrealtà delle cose




Karmelo C. Iribarren (San Sebastián,  19 settembre 1959), è un poeta spagnolo, autodidatta. Associata al “realismo sporco” di Bukowski e Carver, in realtà la sua è una poesia più minimale, molto spesso frutto di osservazione della strada e dei bar, che l’ha fatta definire “realismo pulito” e “poesia di esperienza”.


martedì 27 maggio 2014

Anima che brilla

 

JOSÉ HIERRO

COLUI CHE DÀ LA GIOIA

Sii come il fumo: sali,
pensa che nell'evadere
nessuno dirà «ti ebbi
e ho potuto misurarti».

Sii come il sonno: canta,
incanta l'essere addormentato.
Ci schiude la tua gola
il cuore in fiore.

Sii il vino che inebria
e per vizio piace;
non il sandalo che profuma
l'ascia che lo recide.

Anima che brilla e continua
a risuonare nell'uomo.
Ma che nessuno possa
indovinare il suo nome.

(da Alegría, 1947 – Traduzione di Oreste Macrì)

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Una serie di metafore che inneggiano alla libertà, che sia quella del fumo o quella illusoria del sogno o ancora quella menzognera dell’ebbrezza: così vorrebbe che fosse la sua anima il poeta spagnolo José Hierro. E, a significare quanto si somiglino le vie della poesia, questa ne ricorda da vicino un’altra, scritta da Antonia Pozzi: “Anima, sii come la montagna: / che quando tutta la valle / è un grande lago di viola / e i tocchi delle campane vi affiorano / come bianche ninfee di suono, / lei sola, in alto, si tende / ad un muto colloquio col sole”.

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Chimney

FOTOGRAFIA © WALLPAPERWEB

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LA FRASE DEL GIORNO
Non è vero che ti pesa l’anima. / L’anima è aria e fumo e seta.
JOSÉ HIERRO




José Hierro del Real (Madrid, 3 aprile 1922 – 21 dicembre 2002), poeta spagnolo della generazione detta “sradicata” influenzato dalla poesia di Gerardo Diego. Incarcerato per quattro anni dopo la guerra civile, divenne araldo della “poesia testimoniale”, passando nel tempo a temi esistenziali.


lunedì 26 maggio 2014

Chi s’attende

 

FLORBELA ESPANCA

PRINCE CHARMANT

a Raoul Proença

Nel languido svenire dei teneri
pomeriggi che muoiono voluttuosamente
l’ho cercato in mezzo a tutta la gente.
L’ho cercato nelle ore silenziose

Delle notti della mia anima tenebrose!
Bocca che sanguina baci, fiore che sente…
occhi assorti in un sogno, umilmente…
mani piene di violette e rose…

E mai l’ho incontrato!… Prince Charmant
come cavaliere audace di racconti vecchi
forse nelle nuvole della mattina verrà.

Ah! Tutta la nostra vita va come una chimera
Tessendo in fragili dita fragili merletti…
- Chi s’attende non si incontra mai…

(da Livro de Sóror Saudade, 1923)

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Un languidissimo sonetto questo di Florbela Espanca, poetessa portoghese dalla vita breve ma tumultuosa, inquieta e profondamente femminile: eppure, se anche è vero che questo “prince charmant”, il principe azzurro delle favole sempre atteso forse non arriverà mai, non per questo bisogna rinunciare alla speranza, al sogno. Non è detto che al di là dell’ultima illusione non compaia la sua piuma – o il vestito frusciante di una principessa.

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Sonrel

ELISABETH SONREL, “LA JEUNE FILLE DE FONTAINEBLEAU”

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LA FRASE DEL GIORNO
Regole fondamentali: nessuna donna si sveglia al mattino dicendo: «Dio, spero tanto di non essere rapita dal principe azzurro oggi».
KEVIN BISCH, “Hitch”, sceneggiatura




Florbela Espanca, pseudonimo di Flor Bela de Alma da Conceição (Vila Viçosa, 8 dicembre 1894 – Matosinhos, 8 dicembre 1930), scrittrice e poetessa portoghese. La sua vita, che durò solamente trentasei anni, fu tumultuosa, inquieta e ricolma di sofferenze intime che l'autrice ha saputo trasformare in poesia di alta qualità, carica di erotismo, femminilità e panteismo.


domenica 25 maggio 2014

Abitiamo nella nostalgia

 

ADAM ZAGAJEWSKI

KIERKEGAARD SU HEGEL

Kierkegaard diceva di Hegel: ricorda qualcuno
che erige un enorme castello, ma vive
in una semplice capanna, lì nei pressi.
Così l'intelligenza abita in una modesta
stanza del cranio, e quegli stati meravigliosi
che ci furono promessi sono ricoperti
di ragnatele, per ora dobbiamo accontentarci
di un'angusta cella, del canto del carcerato,
del buonumore del doganiere, del pugno del poliziotto.
Abitiamo nella nostalgia, nei sogni si aprono
serrature e chiavistelli. Chi non ha trovato rifugio
in ciò che è vasto, cerca il piccolo. Dio è il seme
di papavero più piccolo al mondo.
Scoppia di grandezza.

(da Della vita degli oggetti – Poesie 1983-2005, Adelphi, 2012)

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È notoria l’avversione di Kierkegaard per Hegel: il filosofo danese, che originò l’esistenzialismo, criticò il sistema hegeliano, considerando che l’esistenza è sempre del singolo e non parte di un sistema: “Dove Hegel finisce, lì press'a poco comincia il Cristianesimo; l'errore è semplicemente che Hegel pensa di avere a questo punto liquidato il Cristianesimo: anzi di essere andato molto più in là!”. Non ci addentriamo nelle tesi filosofiche, ma partiamo dalla considerazione di Kierkegaard su Hegel citata dal poeta polacco Adam Zagajewski: è da lì che prende vita questa poesia, edificando un’architettura di immagini che si concludono con un sorprendente ossimoro.

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kierkegaard

KIERKEGAARD IN UN FRANCOBOLLO DANESE, PART.

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LA FRASE DEL GIORNO
La grandezza non consiste nell'essere questo o quello, ma nell'essere se stesso, e questo ciascuno lo può se lo vuole.
SØREN KIERKEGAARD, Aut-Aut




Adam Zagajewski (Leopoli, Ucraina, 21 giugno 1945), poeta, scrittore e saggista polacco. Esordì nel 1972 con Komunikat. Esponente della New Wave polacca, nel 1976 aderì al Comitato per la Difesa degli Operai e la dittatura comunista gli impedì di pubblicare. Cominciò allora il suo esilio a Houston e Parigi. Tornò a risiedere a Cracovia nel 2002.


sabato 24 maggio 2014

La mia pena di non vederti

 

PIEDAD BONNETT

CANZONI DELL’ASSENZA, 2

Né i sogni, dove il tuo viso ha tutte le forme della felicità,
né il sole che tanto amo sul mio corpo nudo,
né la gradevole canzone dell’antico trovatore innamorato,
né il verso di Darío né il verso di Quevedo,
né questa luna che brilla con splendore di salvadanaio,
né il tuo nome pronunciato da altri,
né l’eco dei miei passi nella immensa cattedrale deserta,
né il rosaio che pianto con le mie mani e mi fa sanguinare le dita,
né le notti insonni,
né il tuo dolce ritratto menzognero,
né il tempo – questo falsario dai mille volti -
possono calmare la mia pena di non vederti.

(da Círculo y Ceniza, 1989)

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L’assenza genera molte poesie – basta digitare il termine nella casella di ricerca di questo blog per averne pagine e pagine. E ora si aggiunge la poetessa colombiana Piedad Bonnett con questa sua dichiarazione di doloroso desiderio: niente può surrogare la mancanza dell’amato, non c’è alcuna illusione che la possa in qualche modo lenire.

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MAYA N, “LONELY WOMAN”

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LA FRASE DEL GIORNO
Non c’è cicatrice, per quanto brutale paia, che non racchiuda bellezza.
PIEDAD BONNETT, Explicaciones no pedidas




Piedad Bonnett (Amalfi, Antioquia, 1951), poetessa, scrittrice, drammaturga e critica letteraria colombiana. La sua poesia, il suo teatro e la sua narrativa sono profondamente radicati nella sua esperienza di vita ed esprimono la visione delle donne della classe media in un paese lacerato da molteplici violenze, disuguaglianze e conflitti.


venerdì 23 maggio 2014

L’attore principale

 

LAMIAE EL AMRANI

LUI

Lui continua a credere
di essere l’attore principale.

Invece, io ho cambiato
copione tante volte,
e il protagonista
adesso è un mare verde senza ali.

 

C’è gente così, come l’uomo presentato dalla poetessa marocchina di lingua spagnola Lamiae El Amrani: sicuri di sé, egocentrici, certi che sia il mondo a girare intorno a loro. Ma Lamiae, come tanti, vive di dubbi e di domande, sale sul palcoscenico del vivere per capire, non per recitare una parte fasulla.

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PABLO PICASSO, “L’ATTORE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Ho vissuto per anni come un paese invaso, un po' ribellandomi, un po' venendo a patti.
GESUALDO BUFALINO, Il malpensante




Lamiae El Amrani (Tetuán, 1980), poetessa marocchina di lingua spagnola. Fonde le influenze dei grandi poeti arabi contemporanei - Nizar Qabbani, Adonis e Nazik al-Malaika con quelle dei poeti spagnoli, Lorca, Miguel Hernández e Juan Ramón Jiménez. 


giovedì 22 maggio 2014

Sera dolce di Siena

 

LUIGI FIORENTINO

SERA DI SIENA

Sera dolce di Siena, accesa perla
nel mantello spiegato di Salvani.
Lanciato nel falcetto della luna
immenso stelo è il Mangia nella piena
fuggente delle trifore, ed occhio
sui castelli dispersi tra gli ulivi.

Sera di Siena: vàga una preghiera
e all'abbaglio del néon sbandierano
le gonne calde musiche di carni.

Quando la luna ride, e illividisce
le strade scese d'alto, tu: mio cuore
o quando neve infabula le chiese
o il vento d'Arbia porta a scroscio pioggia
e nell'aria di guerra dopo il Palio.

(da Basalto, Siena, Maia, 1953)

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I critici mettono in risalto la classicità dei versi di Luigi Fiorentino, poeta nato in Sicilia ma senese d’adozione: traspare anche in questa elegia dedicata alla città tanto amata, la sua classicità così moderna, aggiornata nel trascorrere delle immagini quasi che la poesia fosse un trailer cinematografico o un corto che mette in fila le meraviglie di Siena. Si può immaginare la macchina da presa restringere il campo fino alla celebre piazza, focalizzarsi sulla torre, poi scendere nelle luci dei locali da ballo e ancora riprendere dall’alto la città, presentarne i volti diversi nel corso delle stagioni. Una amorosa dedica, non c’è dubbio.

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Siena

FOTOGRAFIA © ARTEIDE

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LA FRASE DEL GIORNO
Uno è di dove si sente meglio.
LUIS SEPÚLVEDA, La frontiera scomparsa




Luigi Fiorentino (Mazara del Vallo, 13 febbraio 1913 – Trieste, 2 agosto 1981), poeta e saggista italiano. La sua poesia, vocata al classicismo, risente qualche eco dei simbolisti francesi e di Mallarmé, di cui fu traduttore, in equilibrio tra la realtà e il mito, tra atmosfere surreali e motivi invece altamente reali: l’amore, la natia Sicilia, l’esperienza di guerra.


mercoledì 21 maggio 2014

Il limpido stupore dell’immensità

 

GIUSEPPE UNGARETTI

VANITÀ

Vallone il 19 agosto 1917

D’improvviso
è alto
sulle macerie
il limpido
stupore
dell’immensità

E l’uomo
curvato
sull’acqua
sorpresa
dal sole
si rinviene
un’ombra

Cullata e
piano
franta

(da L’Allegria, 1931)

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È sempre difficile penetrare nell’ermetismo dei primi testi di Giuseppe Ungaretti, ma in questo caso la chiave di lettura data dal titolo è chiarissima: la vanità, la condizione di caducità della vita umana, l’apparenza del suo valore, la fragilità, la sua piccolezza di fronte all’eterno, all’immensità dell’universo. E quest’uomo che all’improvviso si trova ad osservare la sua ombra riflessa in uno specchio d’acqua, si bilancia tra le macerie lasciate dalla guerra – un altro segno della precarietà del vivere – e il balenare della sua immagine riflessa nella pozza, mai ferma nel frangersi delle onde mosse dalla brezza.

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Riflessi

FOTOGRAFIA © FLICKR-MAN

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LA FRASE DEL GIORNO
Volti al travaglio / come una qualsiasi / fibra creata / perché ci lamentiamo noi?
GIUSEPPE UNGARETTI, L’Allegria




Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) è uno dei tre grandi poeti dell’Ermetismo italiano. Trasferitosi a Parigi nel 1912, prese parte alla Prima guerra mondiale nelle trincee del Carso e poi in Champagne. Dal 1935 al 1942 insegnò in Brasile e dal 1947 al 1965 fu professore di letteratura moderna alla Sapienza.


martedì 20 maggio 2014

La cornetta che sostengo

 

OSKAR PASTIOR

TELEFONATA

Mi hai chiamato
da una regione lontana.
Quando creammo il miracolo,
era tempo di nostalgia.
E con la tua bocca
hai sfiorato le valli
e i boschi fin nel profondo.

Chiarissima, vicino alla mia mente
è sgorgata una fonte
e mi ha fatto vibrare.
Quanto ti sono vicino.
Mi hai affidato
tutta la tua parola sommessa
e sei rimasta laggiù.

La cornetta che sostengo
fino a farmi male
risuona come la casa, fredda,
in cui vado origliando.
Pur attraverso l'ampia distesa
anche senza la tua mano
ti ho capito perfettamente.

(da Parole chiare, 1964 - Traduzione di Gio Batta Bucciol)

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La lontananza non è più un problema come poteva esserlo nei secoli scorsi: tutta la letteratura epistolare non avrebbe avuto modo di esistere se il telefono e li social network fossero stati inventati molto tempo prima. Così, se può mancare la presenza fisica dell’amata o dell’amato, il suo essere è invece ben presente con la voce o il pensiero o addirittura con l’immagine stessa. Ed è quello che sottolinea il poeta tedesco di origini rumene Oskar Pastior, unico rappresentante della Germania nell’Oulipo, il gruppo di “letteratura potenziale” di cui fecero parte Perec, Queneau e Calvino.

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Vettriano

JACK VETTRIANO, “HER SECRET LIFE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Come sarebbe stata diversa la storia di Romeo e Giulietta se avessero avuto un telefono!
ISABEL ALLENDE, Il mio paese inventato




Oskar Walter Pastior (Sibiu, Romania, 20 ottobre 1927 - Francoforte sul Meno, 4 ottobre 2006), poeta e traduttore rumeno-tedesco. Fu influenzato dalla poesia sonora del dadaismo e dagli autori del gruppo OULIPO. La sua poesia in lingua tedesca è caratterizzata da giochi linguistici e arte della parola ed è vicina alla poesia nonsense.



lunedì 19 maggio 2014

Spiaggia in solitudine

 

JOSÉ LUIS CANO

TEMPO DELLA TENEREZZA

Come la spiaggia in solitudine, più pura
splende la sua nudità, e come l'uccello
più melodioso vola se più solo,
così questo paradiso di tenerezza,
non chiede verso per esser cantato.
Il suo respirare, nel suo mondo di penombra
- tepido interno in solitudine amante -
lascia la sua fiamma, e incantato sogna
la sua luce, il suo volo tra carezze quiete.
Qui trova l'anima la sua ragione di vita,
la carne la sua estasi lentissima,
e l'incorporeo tatto bacia muto
la immobile rosa della pelle tranquilla.
Tenerezza ignorata. Gli amanti
fa più puri, quasi trasparenti.
Sono il sogno d'un Dio? Sono melodia
silenziosa dell'amore. Sono quieto lume
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(da Poesia spagnola del ‘900 - Traduzione di Oreste Macrì)

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Una spiaggia deserta è davvero un’avventura per l’anima, come canta il critico letterario  e poeta spagnolo José Luis Cano: trovarsi soli di fronte al mare, alla sua distesa di cui non si intravede la fine, ascoltare la sua voce che si mescola con il lamento del vento, innesca qualche cosa, origina un’emozione che è già poesia, senza dover aggiungere parole.

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FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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LA FRASE DEL GIORNO
C'è un piacere nei boschi senza sentieri, / c'è un'estasi sulla spiaggia desolata, / c'è vita, laddove nessuno s'intromette, / accanto al mare profondo, e alla musica del suo sciabordare:/ non è ch'io ami di meno l'uomo, ma la Natura di più.
GEORGE GORDON BYRON, Il pellegrinaggio del giovane Aroldo




José Luis Cano (Algeciras , 28 dicembre 1911 – Madrid, 15 febbraio 1999), poeta,  scrittore e critico letterario spagnolo. Formatosi nel gruppo della rivista Litoral di Malaga, e trasferitosi a Madrid nel 1931, si è messo in luce, oltre che per la sua attività poetica, soprattutto per l'opera di critico, promuovendo i poeti della Generazione del'27  e quelli della Generazione del '36.


domenica 18 maggio 2014

Un disguido della mia ombra

 

JORGE MERETTA

LA CASA È DISORDINATA

La casa è disordinata.
Tutto gettato sulla tavola
Tutto lanciato sulle parole
Contro le pareti
Fluttuando nella bava delle ragnatele.
La casa è risolta
Abbandonandosi
Come un passero che vola per le sue ossa
E si posa.
Niente saprà che qui
La vita fu un disguido della mia ombra.

(da Ávese, 2003)

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La poesia dell’uruguaiano Jorge Meretta scava certezze e inquietudini, coniuga passato e presente. La casa si trasforma dunque in metafora: è l’espressione dello stato d’animo del poeta, il sintomo dei suoi vuoti e dei suoi rimorsi, dei rimpianti e delle illusioni.

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Cobweb

FOTOGRAFIA © FERNANDO GREGORY

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LA FRASE DEL GIORNO
La casa è il vostro corpo più grande. Vive nel sole e si addormenta nella quiete della notte; e non è senza sogni.
KAHLIL GIBRAN, Il Profeta




Jorge Meretta (Montevideo, 14 gennaio 1940 - Orujoy, 7 luglio 2012), poeta, musicista, fotografo e medico uruguaiano. Formatosi come chirurgo dentale, è meglio conosciuto per il suo lavoro creativo, in particolare per la sua poesia, per la quale ha vinto numerosi premi. Il suo lavoro è stato tradotto e antologizzato in Contemporary Uruguayan Poetry: A Bilingual Anthology.


sabato 17 maggio 2014

Se amore non è

 

SIBILLA ALERAMO

NOME NON HA

Nome non ha,
amore non voglio chiamarlo
questo che provo per te,
non voglio tu irrida al cuor mio
com’altri ’a miei canti,
ma, guarda,
se amore non è,
pur vero è
che di tutto quanto al mondo vive
nulla m’importa come di te,
de’ tuoi occhi de’ tuoi occhi
donde sì rado mi sorridi,
della tua sorte che non m’affidi,
del bene che mi vuoi e non dici,
oh poco e povero, sia,
ma nulla al mondo più caro m’è,
e anch’esso,
e anch’esso quel tuo bene
nome non ha...

(da Poesie, 1929)

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Non ha nome d’amore il sentimento di Sibilla Aleramo, poetessa la cui vita fu attraversata da relazioni appassionate e tempestose come quella famosa con il poeta Dino Campana. Non ha nome d’amore eppure, sfrondato dai timori e dai dubbi, dalle smentite e dalle mancate dichiarazioni, davvero lo è, se è vero che “di tutto quanto al mondo vive / nulla m’importa come di te”, segno inequivocabile di vero amore.

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Queen of Diamonds

JACK VETTRIANO, “QUEEN OF DIAMONDS”

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LA FRASE DEL GIORNO
In amore comanda di diritto chi ama di meno.
ÉLISABETH D’HOUDETOT, Dieci spine per un fiore




Sibilla Aleramo, pseudonimo di Marta Felicina Faccio detta Rina (Alessandria, 14 agosto 1876 – Roma, 13 gennaio 1960), scrittrice e poetessa italiana. Attiva nell’impegno femminista, esordì con il romanzo autobiografico Una donna. La relazione con il poeta Dino Campana generò un importante carteggio e numerose poesie.

venerdì 16 maggio 2014

Spiccio poema d’amore

 

DARIA MENICANTI

GENOVA P. P.

- Quanto tempo - dirai. E ci sarà
odore di treni, di fritto
e una piuma di vento marino
già all’Uscita. Sugli agri giardinetti
della Stazione tornerà la luna.
- Come va - chiederai. Da un indomato
vecchio spiccio poema d’amore
sorriderti sarà meraviglioso:
- Bene, quando ti vedo.

marzo-aprile 1965

(da Un nero d’ombra, 1969)

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Alla fine non è altro che il sogno di un incontro con l’amato alla stazione genovese di Porta Principe, con un trionfo di odori e profumi, ma questi versi di Daria Menicanti vanno a costituire un piccolo poema d’amore in tre sole frasi, un minimo episodio di felicità.

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Porta Principe

PORTA PRINCIPE IN UNA CARTOLINA DEL 1969

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LA FRASE DEL GIORNO
Se il cuore è innamorato, / il fracasso che fa.
DARIA MENICANTI, Ferragosto




Daria Menicanti (Piacenza, 1914 – Mozzate, 4 gennaio 1995), poetessa, insegnante e traduttrice italiana. In lei si mescolano il registro sarcastico e ironico e quello più sottile della malinconia. Per Lalla Romano la sua era “una voce nuova, moderna e classica, per niente alla moda, ma libera e anche audace”.


giovedì 15 maggio 2014

Il saltimbanco dell’anima mia

 

ALDO PALAZZESCHI

CHI SONO?

Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell’anima mia:
«follía».
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell’anima mia:
«malinconía».
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c’è che una nota
nella tastiera dell’anima mia:
«nostalgía».
Son dunque... che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia.

(da Poemi, 1909)

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Aldo Palazzeschi è poeta dello sberleffo, del divertimento quasi clownesco che talora assume toni grotteschi e in altre liriche invece si riveste di riflessi quasi da fiaba. Il crepuscolare viene a contatto con il futurista e guarda al reale con uno sguardo crudele da bambino cattivo. “Chi sono?” non è solo un autoritratto o un manifesto, è anche una presa in giro del compianto di Sergio Corazzini e della sua “Desolazione del povero poeta sentimentale”: non è un caso che quella cominci così: “Perché tu mi dici: poeta? / Io non sono un poeta. / Io non sono che un piccolo fanciullo che piange”. Palazzeschi rovescia il suo ruolo: il poeta è un saltimbanco che non si crogiola nella propria tristezza ma se ne libera con una capriola divertendo la gente.

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MARC CHAGALL, “ACROBATA CON MAZZO DI FIORI”

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LA FRASE DEL GIORNO
Infine, / io ho pienamente ragione, / i tempi sono cambiati, / gli uomini non domandano più nulla / dai poeti: / e lasciatemi divertire!
ALDO PALAZZESCHI, L’incendiario




Aldo Palazzeschi, pseudonimo di Aldo Pietro Vincenzo Giurlani (Firenze, 2 febbraio 1885 – Roma, 17 agosto 1974), scrittore e poeta italiano, uno dei padri delle avanguardie storiche. Dall'esordio come crepuscolare e dalla breve adesione al Futurismo, attraversò il «ritorno all'ordine» degli anni Venti e la ripresa sperimentale delle avanguardie degli anni Sessanta con inconfondibile giocondità, enigmatica e inafferrabile.


mercoledì 14 maggio 2014

I fiori che profumano di donne

 

JEAN-PIERRE DUPREY

CANZONE NEL VENTO

Ho scoperto un grande sogno di ricordi
I fiori mi chiamano, i fiori che profumano di donne
Gli occhi dei fiori si tingono di lacrime

I pensieri vanno e vengono intorno a me

Il vento cambia spesso canzone
Il tempo cambia spesso cappotto
I fiori parlano sempre

La mia casa è in un angolo di cielo

Caddi malato in mezzo ai fiori
Quella sera, come la vita infinita
Io passeggio nella luna

(1946)

(da Premiers poèmes publiés et inédits, 1945-1947 - Traduzione di Pasquale Di Palmo)

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Il tormentatissimo poeta francese Jean-Pierre Duprey era un tardo epigono del Surrealismo: André Breton, che lo inserì nella sua Anthologie de l’humour noir, scrisse che “Il genio di Duprey consiste nell’offrirci, di questo nero, uno spettro non meno ricco di quello solare”. Occorre grattare via dunque quella patina di Surrealismo per andar al midollo di questi versi, per cogliere l’ebbrezza del ricordo e dell’amore nella canzone del vento tra i fiori.

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Little Flair

FOTOGRAFIA © LITTLE FLAIR

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LA FRASE DEL GIORNO
Cosa c’è di più triste al mondo che partire senza cantare?
JEAN-PIERRE DUPREY, Premiers poèmes publiés et inédits




Jean-Pierre Duprey (Rouen, 1° gennaio 1930 - Parigi, 2 ottobre 1959),  poeta, scultore e pittore francese. Partì per Parigi nel 1948 su invito di André Breton e partecipò al movimento surrealista. Personalità tragica e indipendente, abbandonò la poesia all'inizio degli anni Cinquanta per dedicarsi interamente alla scultura.



martedì 13 maggio 2014

Fiori d’amore

 

KATHERINE MANSFIELD

FIORI SEGRETI

È per me luce l’amore? Una luce tranquilla,
una lampada nel cui pallido cerchio io possa sognare
su vecchi libri d’amore? O è il suo splendore
un lume che vien verso me da lontano,
giù da una buia montagna? È il mio amore una stella?
Ahimè, così alta e remota, così freddamente lucente!

Il fuoco danza. È il mio amore una fiamma
che rossa e ardita passi attraverso il crepuscolo?
No, mi farebbe paura. Io son troppo fredda
per amare con impeto e furia. Una patina d’oro
brilla su questi petali che mollemente s’incurvano,
più veramente mia, più affine al mio desiderio.

S’incurvano i petali. Sono dal sole
dimenticati. Crescono nell’ombra d’un bosco
dove i cupi alberi vanno movendosi in folto
ondeggiamento. Chi li guarderà splendere
quand’io abbia tutto sognato il mio sogno? Ah, caro,
trovali, coglili ad uno ad uno per me.

(da Poesie, 1923 – Traduzione di Mara Fabietti)

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Fu molto burrascosa la vita amorosa di Katherine Mansfield, celebre scrittrice neozelandese: amò il violoncellista Arnold Trowell e poi la compagna di scuola Ida Baker, una giovane donna maori di nome Maata, e Edith Kathleen Bendall, poi Garrett, il fratello di Arnold. Incinta di lui, sposò George Bowden, insegnante di canto, ma non consumò le nozze. Si imbarcò allora in un’altra relazione omosessuale con Beatrice Hastings. Nel 1918 sposò il suo editore John Middleton Murry, dopo una burrascosa relazione durata sette anni. Tutto questo gossip solo per sottolineare il disperato bisogno d’amore di Katherine Mansfield: “Nella vita” scrisse nel Diario, pochi mesi dopo questa poesia, “qualunque cosa venga realmente accettata, subisce poi un mutamento. Così la sofferenza deve diventare Amore. Questo è il mistero. Questo io debbo fare. Io debbo, da un amore esclusivo, salire ad un amore più grande. Io debbo dare a tutta l’umanità ciò che diedi a lui solo”.

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EDWARD CUCUEL, “WOMAN RECLINING BY A LAKE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Forse è mancare di saggezza amare alla follia; ma non c'è mancanza di saggezza più grave che quella di non amare per niente?
KATHERINE MANSFIELD




Katherine Mansfield, pseudonimo di Katherine Beauchamp (Wellington, 14 ottobre 1888 – Fontainebleau, Francia, 9 gennaio 1923),  scrittrice neozelandese nota soprattutto per i suoi racconti, in cui un'arte evocativa trasfigura con grande delicatezza un materiale essenzialmente autobiografico, influenzato dall’opera di Čechov.


lunedì 12 maggio 2014

Sulla tangenziale

 

GIANCARLO CONSONNI

GIRASOLI

Eccola sulla tangenziale
la fame dei giorni.

Passato Vimercate
nel cerchio blu delle montagne
un prato brilla di rugiada
superato ha ormai
l’irto delle stoppie.

Al margine
un girasole dimenticato
si gode il mondo.

(da Luì, Einaudi, 2003)

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Il minimalismo di Giancarlo Consonni è in realtà lo stupore del poeta che coglie il manifestarsi della poesia nel quotidiano, nell’inaspettato – la tangenziale Est che porta da Usmate a Milano passando di striscio per Vimercate, Monza, Cologno e Cinisello non è certo esente da squallore. Eppure anche lì, ecco la meraviglia improvvisa, quando, tornando dalla metropoli e dalla sua periferia, si apre uno slargo di cielo azzurro con le Prealpi ammassate proprio in fronte e in un campo un girasole sopravvissuto volge la sua corolla al sole.

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Girasole

FOTOGRAFIA © WALLPAPER ART

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LA FRASE DEL GIORNO
Per me la gioia iniziale è nella sorpresa di ricordare qualcosa che non sapevo di sapere. Sono in un posto, una situazione, come materializzato da una nuvola o sorto da terra. V’è un felice riconoscimento del lungamente perduto e il resto segue. Lo stupore per le riserve inaspettate seguita a crescere passo passo.
ROBERT FROST




Giancarlo Consonni (Merate, 14 gennaio 1943), poeta, urbanista e storico dell'architettura italiano. Ha pubblicato raccolte di poesie sia nel dialetto di Verderio (Lecco) – Lumbardia (1983), Viridarium (1987) e Vûs (1997) – sia in italiano: In breve volo (1994), Luì (2003), Filovia (2016). 


domenica 11 maggio 2014

Mia madre, mia eterna margherita

 

MARIO LUZI

SIESTA

È l’ora di lucidità spietata
quando non interrompe anima viva
il filo delle vie tagliate a squadra
per tutto l’entroterra fino ai moli
E un lampo come d’ali che saetta
nell’aria e scherza lungo le cornici
mette in croce chi regge a occhi sbarrati
nel tempo della siesta questo assedio
dell’acqua dalle darsene e i canali:
quei pochi che la vigilanza esige
lungo i muri della dogana o fermi
nelle garitte, privi anche del filo
di sonno sotto fogli di giornale
o sacchi di juta presso le gru e i ponti.

Da dietro queste sbarre di serranda
vivo tutta minuto per minuto
da sveglio questa esitazione atroce
tra il mio mattino e la mia notte; al più
fo come fa il ragazzo irriducibile
che va e viene nel suo andito buio,
smania, pilucca l’uva ancora verde
dalla pergola dietro casa, affretta
l’ora della sortita e del declino.

Mia madre, mia eterna margherita
che piangi e mi sorridi
viva ora più di prima,
lo so, lo so quel che dovrei, pazienza
di forte non è questa ostinazione
d’uomo che teme la sua resa. Forza
è pace. Il sopore che s’insinua
nell’ora giusta fra due giuste veglie
è forza anch’esso, non viltà. Ma ormai
che i tuoi occhi mi s’aprono
solamente nell’anima, due punti
tenaci al fondo del braciere
con cui guardare tutto il resto, o santa,
non è il taglio a fil di lama
che partisce ombra e sole in queste vie
puntate contro il fuoco
del mare all’orizzonte, è un altro il segno
a cui dovrò tener fronte, segno
che ferisce, passa da parte a parte
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(da Dal fondo delle campagne, Einaudi, 1965)

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Buona giornata della Festa della Mamma con una poesia di Mario Luzi. Perché, citando Enzo Biagi, “Le verità che contano, i grandi principi, alla fine, restano due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino”. E te ne rendi conto quando tua madre non c’è più ma le sei grato per tutto quello che ti ha dato.

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Maternità

GIOVANNI GIACOMETTI, “MATERNITÀ”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il bambino chiama la mamma e domanda: / "Da dove sono venuto? / Dove mi hai raccolto?" / La mamma piange e sorride, / stringe al petto il suo bambino e dice: / “Eri un desiderio dentro al cuore”.
RABINDRANATH TAGORE




Mario Luzi (Castello di Firenze, 20 ottobre 1914 – Firenze, 28 febbraio 2005), poeta italiano, fu uno dei grandi rappresentanti dell’Ermetismo. Più volte candidato al Nobel, fu insignito della Legion d’Onore. Fu Accademico della Crusca e senatore a vita.


sabato 10 maggio 2014

Centenario di Umberto Bellintani

 

Il 1914 fu un anno prolifico di poeti: dopo Bodini, Paz e Menicanti e in attesa di tre grandi come Luzi, Dylan Thomas e Parronchi, ecco il mantovano Umberto Bellintani, che nacque a Gorgo di San Benedetto Po il 10 maggio 1914 e lì morì nel 1999. Poeta legato alla sua terra e a quel mondo di campagna che segnò tutta la sua esistenza e nella quale si ritrovava parte della natura, così come il falco e la tortora: “Con parole d'aria, ho scritto poesie sulle ombre della sera, del silenzio e delle solitudini del ragazzo e del giovane che fui”. Di lui Eugenio Montale in una recensione sul Corriere della Sera scrisse nel 1954: “Bellintani, che vive in campagna, è un raffinato uomo di popolo, uno di quei poeti che sembrano essere saltati dalla Bibbia e da Omero ai più astrusi lirici stranieri conosciuti solo attraverso le traduzioni… spesso la poesia si rifugia in uomini come lui, non professionisti, senza le carte in regola”.

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umberto bellintani

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SONO UN TOPO DI CAMPAGNA

Forse un giorno partirò dai campi miei,
dal gorgheggio delle passere di luce
per la grigia città. Me ne andrò
alle pallide ombre dei vicoli,
nella folla dei monotoni passaggi
delle ore sui viali, alla muraglia
delle case contro il cielo delle lodole.
Non avvenga. Lasciatemi all'aperto
mattino, al cammino sulle orme del passato,
alla luna ch'è la Luna al mio paese,
alla casa ch'è la Casa.
Sono un topo di campagna, sono il grillo
che nel cuore mi ricanta ogni sera
se l'ascolto dal paterno focolare.

(da Forse un viso tra mille, 1954)

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ALL’APERTO

L'uomo che sta accucciato nella vecchia latrina,
guarda il muro avanti a sé e vede
i piccoli grani di sabbia, sotto la mano di colore.
E dice l'uomo a se stesso che è ben vivo
poiché sa di guardar da uomo vivo quelle cose.
Così esce all'aperto, cosciente di sé e felice
entro una luce che poteva essere ben grigia un momento fa,
quand'egli ancora entrato non era
in quella vecchia latrina. Ben vivo
egli si sente, e nulla gli è più signore:
nessun uomo, nessuna cosa, nemmeno Dio.
Perciò cammina ed è padrone di tutto ciò che vede
e sente attorno a sé e lontano:
sia la distesa di campi, sia il bosco del barone
proprietario di pianure e di montagne;
sia la tana del topo, sia il gorgo impetuoso
del fiume che agguanta e annega un temerario
o sfortunato nuotatore;
e sia la nube del cielo e il sole e lo spazio
e tutto il passato e futuro giro del tempo.

(da E tu che m’ascolti, 1963)

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LE MIE PAROLE AMATE

a Sosi e Gino

Le mie parole sono capra
ed erano capra e pecora
le mie parole sono zappa
e asino vanga e pietra
per affilare la falce erba
medica farfalla e ragno
nella ragnatela al sole
nel granturco e mulo erano
e cavalla scrofa carretto
le mie parole amate.

(da Dalla grande pianura, 1998)

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LA FRASE DEL GIORNO
Dunque / forse soltanto un dolcissimo rapporto / fra noi e il tutto fa ponte e il tempo passa / lento e veloce.
UMBERTO BELLINTANI, E tu che m’ascolti




Umberto Bellintani (Gorgo di San Benedetto Po, 10 maggio 1914 – San Benedetto Po, 7 ottobre 1999), poeta italiano. Diplomatosi in scultura, prese parte alla Seconda guerra mondiale in Grecia e Albania, finendo prigioniero dei tedeschi dal 1943 al 1945. Esordì nel 1953 con Forse un viso tra mille, cui seguì nel 1955 E tu che mi ascolti. Dopo un lungo periodo di silenzio pubblicò nel 1998 Nella grande pianura.

venerdì 9 maggio 2014

Un pensiero di te

 

NIKOLAUS LENAU

SULLO STAGNO CHE NON SI MUOVE

Sullo stagno che non si muove
indugia il mite chiarore lunare,
intreccia le sue pallide rose
nella verde corona di canne.

Là sul colle errano i cervi
guardano nella notte, al cielo;
si agitano talora gli uccelli,
sognanti nel fitto canneto.

il mio sguardo si china piangendo
e un pensiero soave di te mi percorre
il fondo dell’anima, come in silenzio
una preghiera di notte.

(da Poesie, 1832 - Traduzione di Roberto Fertonani)

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Il poeta romantico tende a isolarsi, “imprigionandosi nel santuario della sua sensibilità personale” come nota Émile Faguet. E un santuario è questo scorcio naturale per il poeta austriaco Nikolaus Lenau: lo stagno, il canneto, le colline sanno infondergli quiete, gli consentono di staccarsi per qualche istante dalla società di cui è insoddisfatto, dai tormenti della sua inquietudine. Il rifugio nella natura è un tratto comune a tutti gli esponenti del Romanticismo: tutto vi trova una nuova lettura.

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CASPAR DAVID FRIEDRICH, “DER TRÄUMER”

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LA FRASE DEL GIORNO
Nulla della Natura mi è indifferente: la odio e l’adoro, esattamente come una donna.
JULES MICHELET




Nikolaus Lenau, pseudonimo di Nikolaus Franz Niembsch von Strehlenau (Csatàd, 13 agosto 1802 – Döbling, 22 agosto 1850),  poeta austriaco. Di indole passionale e malinconica, condusse una vita nomade sospinto da una permanente inquietudine. Considerato tra i maggiori interpreti tedeschi della cosiddetta «poesia del dolore», fu dotato di una profonda sensibilità arricchita da un incessante lavorio d'immaginazione. 


giovedì 8 maggio 2014

Non so cosa sia l’amore

 

ERICH FRIED

UN’INEZIA

a Catherine

Non so cosa sia l'amore
ma forse
è qualcosa come:

Se lei
ritorna a casa da un paese straniero
e mi dice con orgoglio: «Ho visto
un topo d'acqua»
e io mi ricordo di queste parole
quando la notte mi sveglio
e il giorno dopo al lavoro
e ho nostalgia
di ascoltarla
ripetere queste parole
e poi
che pronunciandole
mi appaia esattamente come quando
le pronunciò -

È forse questo, penso, l'amore
o qualcosa di non molto diverso.

(da È quel che è, Einaudi, 1988 – Traduzione di Andrea Casalegno)

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Spiegare che cosa sia l’amore è abbastanza difficile, sebbene ognuno sappia di preciso che cosa esso sia. Il poeta austriaco naturalizzato britannico Erich Fried ci riesce perfettamente con questo suo piccolo apologo in cui l’amore si esprime come un’impressione e una rivelazione. Banale forse, ma rende l’idea, con il suo stile apparentemente semplice.

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JACK VETTRIANO, “VALENTINE ROSE”

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LA FRASE DEL GIORNO
È ridicolo / dice l’orgoglio / è avventato / dice la prudenza / è impossibile / dice l’esperienza / è quel che è / dice l’amore.
ERICH FRIED, È quel che è




Erich Fried (Vienna, 6 maggio 1921 – Baden-Baden, 22 novembre 1988), poeta austriaco naturalizzato britannico. Ebreo, fu costretto ad abbandonare il suo paese nel 1938 dopo l'occupazione nazista. Emigrato a Londra, fu giornalista e commentatore del programma in lingua tedesca della BBC.