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giovedì 31 ottobre 2019

Quando sarai ben vecchia


PIERRE DE RONSARD

SONETTI PER ELENA, XLIII

Quando sarai ben vecchia, la sera, accanto al fuoco,
dipanando e filando seduta a un lume fioco,
ripetendo i miei versi dirai, meravigliata:
“Nel tempo che ero bella Ronsard mi ha celebrata”.

Sentendo le parole tu non avrai fantesca,
già mezzo sonnacchiosa dopo la sua fatica,
che al nome di Ronsard non si scuota, ormai desta,
e con eterna lode il tuo nome benedica.

Io sarò sottoterra, fantasma disossato,
e tra le ombre e i mirti troverò la mia quiete.
Tu presso il focolare, vegliarda rattrappita,

rimpiangerai l’amore che fiera hai disdegnato.
Non credere al domani e vivi ore liete;
e fin d’ora raccogli le rose della vita.


(Quand vous serez bien vieille, da Sonetti per Elena, 1578 - Traduzione di Maria Luisa Spaziani)

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Ricorre il tema del De rosis nascentibus, anonimo componimento latino del I secolo dopo Cristo: “Cogli le rose, o vergine, finché fresco è il fiore e fresca è la giovinezza, / e ricordati che allo stesso modo s'affretta la tua vita”. È lo stesso consiglio che dà il poeta francese Pierre de Ronsard alla bella Hélene de Fonséque, figlia del barone de Surgéres e dama di corte di Caterina de Medici. I sonetti, scritti da Ronsard per corteggiare Elena, sono espressione di un amore platonico per una bella donna che rimane però indifferente.

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DANTE GABRIEL ROSSETTI, "MONNA ROSA"

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LA FRASE DEL GIORNO
Se ne va il tempo, se ne va, mia Dama; /ahi, non il tempo, ma noi ce ne andiamo, / sotto la pietra ben presto saremo. // E degli amori dei quali parliamo, / quando morremo, non si avrà novella: / amami dunque adesso che sei bella.
PIERRE DE RONSARD, Amori




Pierre de Ronsard (Couture-sur-Loir, 11 settembre 1524 – Prieuré de Saint-Cosme, 27 dicembre 1585), poeta francese. Conosciuto come Il principe dei poeti, è celebre anche per la partecipazione al movimento poetico la Pléiade. Rinnovò il linguaggio poetico del Cinquecento, attraverso l'imitazione dei classici.


mercoledì 30 ottobre 2019

Dietro il finestrino


MISUZU KANEKO

LA LUCE DELLA LAMPADINA

La nostra gita scolastica in treno, quel giorno.
qualcuno cantava
il maestro rideva.

Al tramonto, dietro il finestrino,
qualcosa sfavillava,
come un bengala che si spegne.
Era la luce di una lampadina.

L’ho fissata a lungo e, sotto,
ho visto il viso di mia madre.

In treno di ritorno dalle colline,
qualcuno cantava.


(da Sei un’eco? La poesia perduta di Misuzu Kaneko, 2016)

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In questi versi della poetessa Misuzu Kaneko si respira quell’atmosfera tipicamente giapponese che si può trovare nei film di animazione di Hayao Miyazaki o di Makoto Shinkai. La luce della lampadina nel tramonto è come una rivelazione improvvisa, un piccolo bagliore che apre la scatola della memoria.

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FOTOGRAMMA DA “LE VOCI DI UNA STELLA LONTANA” DI MAKOTO SHINKAI

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LA FRASE DEL GIORNO
Che bello sarebbe / se si versassero risate / come si versano le lacrime.
MISUZU KANEKO, Sei un’eco?




Misuzu Kaneko nata Teru Kaneko (Nagato, 11 aprile 1903 – Senzaki, 10 marzo 1930), poetessa giapponese. Esordì come scrittrice di poesie per bambini quando era impiegata in una libreria di Shimonoseki ottenendo un grande successo. Dimenticata per anni dopo il suicidio, fu riscoperta nel 1966 dal poeta Setsuo Yazaki che curò la riedizione dei suoi testi.


martedì 29 ottobre 2019

Una cosa neutra


EDITH SÖDERGRAN

VIERGE MODERNE

Io non sono una donna. Sono una cosa neutra.
Sono un bimbo, un paggio e una decisione ardita,
sono un raggio ridente di sole scarlatto…
Io sono una rete per tutti i pesci voraci,
sono un calice a onore di tutte le donne,
sono un passo verso il caso e la rovina,
sono un salto nella libertà e nel sé…
Io sono il sussurro del sangue nell’orecchio dell’uomo,
sono una febbre dell’anima, della carne voglia e rifiuto,
sono una targa d’ingresso a nuovi paradisi.
Io sono una fiamma, che cerca vivace,
sono un’acqua, fonda, ma audace fino al ginocchio,
sono fuoco e acqua in rapporto leale, e senza condizioni…


(da La luna e altre poesie, Via del Vento Edizioni, 1995 - Traduzione di Daniela Marcheschi)

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La poetessa finlandese di lingua svedese Edith Södergran, iniziatrice del Modernismo nella penisola scandinava, fu inizialmente influenzata dalla filosofia di NIetzsche, dall’antropocentrismo e dal cristianesimo. Il suo io poetico è forte, conscio però della dimensione androgina del suo corpo. Questa poesia, una delle sue più celebri, non poteva essere accolta positivamente dalla critica del tempo, anzi ricevette critiche dure e astiose. Fu una donna, la critica Hagar Olsson, a comprenderne appieno la potenza: dal gennaio 1919 ne nacque un’amicizia, dapprima solo epistolare, che si trasformò in “sorellanza” nonostante le due donne si incontrassero solo sei volte.

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EDITH SÖDERGRAN _ FOTOGRAFIA © KULTURKOLLO

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LA FRASE DEL GIORNO
Oh, tienimi chiusa fra le tue braccia, così forte ch'io non abbia bisogno di nulla.
EDITH SÖDERGRAN




Edith Södergran (San Pietroburgo, 4 aprile 1892 – Roščino, 24 giugno 1923) poetessa finlandese di lingua svedese. Navigando tra Simbolismo ed Espressionismo con influssi nietzschiani, diede il via al Modernismo in salsa scandinava. Esordì nel 1916 con la raccolta Poesie, cui seguirono Lira di settembre, L'altare delle rose, L’ombra del futuro e Il paese che non esiste. Morì di tisi a 31 anni.



lunedì 28 ottobre 2019

Perché è così


HENRIK NORDBRANDT

L’AMORE È COSÌ LOGICO

L’amore è così logico:
Tutte le contraddizioni diventano condizioni
e le proposizioni vengono prima
della logica: Ti amo, perché é così
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(da Ode alla piovra e altre poesie, 1975)

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L’amore ha una sua logica – come scrisse Blaise Pascal “Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce”. Non ci deve meravigliare allora il suo dogma, qui proposto dal poeta danese Henrik Nordbrandt: dobbiamo abbandonarci ad esso come a una corrente e non sindacarne di continuo le contraddizioni.

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FOTOGRAFIA © FREESTOCKS

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LA FRASE DEL GIORNO
È soltanto nelle misteriose equazioni dell'amore che si può trovare ogni ragione logica.
AKIVA GOLDSMAN, A beautiful mind




Henrik Nordbrandt (Fredericksberg, 21 marzo 1945), poeta, scrittore e saggista danese, debuttò nel 1966 con Poesie. La sua lirica raffinata riflette i temi del Mediterraneo (Italia, Grecia e Turchia) dove soggiorna a lungo assorbendone colori, suoni e paesaggi, sulla passione erotica e l’assenza dell’amata.


domenica 27 ottobre 2019

Il tempo sul tuo nome


MARIA DO ROSARIO PEDREIRA

LASCIAI CADERE IL TEMPO SUL TUO NOME

Lasciai cadere il tempo sul tuo nome,
come si adagia il marmo sulla terra e
l’acqua si sparge sulle braci. Mi vestii
di lutto come le donne che disfano

le culle vuote da tanto le guardano; e vidi
il sangue scendere finalmente sulla ferita,
come la cera che si rapprende sul palmo della mano
prima di perdersi nelle dita in polvere. Se

ti dimenticai, fu perché volli qualcuno che mi
chiamasse, un corpo che fosse un altro sul mio
corpo, una voce offerta per la mattina. Ma
niente, ma nessuno. Se il tempo non si

fosse abbattuto sul tuo nome, avrei potuto
almeno ora ricordarti – poiché non c’è
lapide senza corpo né cenere che non abbia
arso. E la casa è oggi più fredda che

mai: lasciai passare il tempo sul tuo
nome, e non c’è focolare, non c’è nido, non ci sono
figli che si possano perdere da me, né
candele per riempire di memoria questo silenzio.

(da Nessun nome dopo, 2004 - Traduzione di Mirella Abriani)

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Non c'è più nessun nome. Dopo di te / mi destinarono solo nomi che non amai, / volti sui quali non volli posare gli occhi per paura / di fissarli, mani che erano sempre l'ombra / delle tue mani sotto le lenzuola”. Quella della poetessa portoghese Maria do Rosário Pedreira è una elaborazione del lutto per un amore dolorosamente finito ma rimasto a dolere come un arto fantasma: “Dopo di te, dopo gli altri uomini, / è ancora il tuo nome che dico, e nessun altro”.

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FELICE CASORATI, “SENZA TITOLO”

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LA FRASE DEL GIORNO
So chi sei, ma mi manca il tuo nome – né / sempre le parole arrivano agli occhi.
MARIA DO ROSÁRIO PEDREIRA, Nessun nome dopo




m-r-pedreiraMaria do Rosário Pedreira (Lisbona, 1959) è una scrittrice portoghese. Laureata in lingue e letterature moderne, responsabile editoriale del gruppo Leya, è autrice di una serie di avventure poliziesche per ragazzi e di un romanzo, ma è conosciuta soprattutto per la sua attività poetica.

sabato 26 ottobre 2019

Immenso e grigio


OLAV H. HAUGE

OCEANO

Questo è l’oceano.
Immenso e grigio,
la gravita stessa.
Come la mente
che nei momenti di solitudine
apre all’improvviso
i suoi volubili pensieri
alle segrete profondità -
così l’oceano
in un mattino azzurro
può aprirsi
al cielo e alla solitudine.
Guarda, l’oceano scintilla,
anch’io ho stelle
e azzurre profondità
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(da Sotto la rupe, 1951)

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L’oceano come la mente umana: una bella analogia scelta dal poeta modernista norvegese Olav H. Hauge per esprimere le volubilità dell’animo umano, che talora scintilla di riflessi come la superficie di quelle acque marine e talora si trova immerso nelle buie profondità.

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PETER SEMINCK, "WAITING FOR BONNIE"


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LA FRASE DEL GIORNO
Non portare l’oceano se ho sete, né il paradiso se chiedo luce. Porta un consiglio, un po’ di rugiada, una particella, come gli uccelli portano solo qualche goccia d’acqua e il vento un granello di sale.
OLAV H. HAUGE




Olav Håkonson Hauge (Ulvik, 18 agosto 1908 – 23 maggio 1994), traduttore e poeta norvegese. Giardiniere, uomo di grande cultura, tradusse in lingua nynorsk Blake, Brecht, Celan, Hölderlin e Sylvia Plath. La sua è poesia modernista, che invade il territorio della poesia concreta.


venerdì 25 ottobre 2019

Stelle lassù


EDITH SÖDERGRAN

SCHERZO

Stelle lassù, inequivocabilmente chiare
il mio cuore sulla terra, inequivocabilmente chiaro.
Magnifica notte di stelle, noi siamo una cosa sola.
Non siedo, tremando, su una fune di stelle che potrebbero spezzarla?
Tempo, sei tu, abisso sonnolento, che mi provochi sbadigliando?
Pericolo per i piedi stanchi della danzatrice,
pericolo per le braccia dello scalatore, che allentano la presa,
pericolo per il nastro di perle, temerariamente teso.
Tempo ‑ perisci!
Ogni stella mi fa l'occhiolino: io sono te!
Ogni stella mi bacia sulla bocca: resta da me!
Le stelle chiudono un cerchio intorno a me sempre più vicino, più vicino,
tutto il mio busto dentro, in un vapore di stelle.
Cosa faccio là dentro? Piango?
La sera dorme. Il re del mare beve dalla conchiglia.
Nessuno si muoverà. Ma la danzatrice avanzi
sulle punte di mezzanotte,
e cada in ginocchio e tenda il braccio
e baci il bello.


(da L’altare delle rose, 1919)

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Uno scherzo, o meglio un sogno ad occhi aperti, in cui la poetessa modernista finlandese Edith Södergran si eleva diventando una funambolica acrobata, almeno con la fantasia – su una corda tesa tra le stelle per far entrare in affinità l’universo e il cuore.

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VINCENT VAN GOGH, "NOTTE STELLATA SUL RODANO"

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LA FRASE DEL GIORNO
L'anima ha sete. Ma ha bevuto, un giorno.
EDITH SÖDERGRAN




Edith Södergran (San Pietroburgo, 4 aprile 1892 – Roščino, 24 giugno 1923) poetessa finlandese di lingua svedese. Navigando tra Simbolismo ed Espressionismo con influssi nietzschiani, diede il via al Modernismo in salsa scandinava. Esordì nel 1916 con la raccolta Poesie, cui seguirono Lira di settembre, L'altare delle rose, L’ombra del futuro e Il paese che non esiste. Morì di tisi a 31 anni.



giovedì 24 ottobre 2019

Un fiocco di neve


MARK STRAND

FRAMMENTO DI TEMPESTA

Dall'ombra delle cupole nella città delle cupole,
un fiocco di neve, tormenta al singolare, impalpabile,
è entrato nella tua stanza e si è fatto strada
fino al bracciolo della poltrona dove tu, alzando lo sguardo
dal libro l'hai scorto nell'attimo in cui si posava. Tutto
qui. Null'altro che un solenne destarsi
alla brevità, al sollevarsi e al cadere dell'attenzione, rapido,
un tempo tra tempi, funerale senza fiori. Null'altro
tranne la sensazione che questo frammento di tempesta,
fattosi niente sotto i tuoi occhi, possa tornare,
che qualcuno negli anni a venire, seduta come adesso sei tu, possa dire:
"È ora. L'aria è pronta. C'è uno spiraglio nel cielo".

(A Piece of the Storm, da Tempesta di uno, 1998 - Traduzione di Damiano Abeni)

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Un fiocco di neve, un minuscolo fiocco di neve che entra dalla finestra e viene a dissolversi sul bracciolo di una poltrona. È un infinitesimo – un miliardesimo dei fiocchi di neve che compongono una tempesta - eppure è proprio lì in questa poesia di Mark Strand, è un simbolo di ciò che accadrà, è un monito, un invito, un segnale di cambiamento.

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EDWARD HOPPER, "INTERMISSION"

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia è un tipo di intrattenimento ma di un tipo diverso, meditativo.
MARK STRAND, Guernica, 15 aprile 2012




Mark Strand (Summerside, Canada, 11 aprile 1934 – Brooklyn, 29 novembre 2014), poeta statunitense di origini canadesi, fu saggista e traduttore, professore di Letteratura inglese e comparata alla Columbia University. Nel 1990 fu insignito della carica di Poeta Laureato della Biblioteca del Congresso.


mercoledì 23 ottobre 2019

Il berretto inclinato


FINA GARCÍA MARRUZ

TUTTA LA POESIA È LÌ

     (Il bambino)


Da quando,
caldo, tenero,
alla luce del fuoco
a un angolo di strada,
Jackie Coogan sta
seduto per sempre
senza mai
andarsene.

Da quando
tutta la poesia
è lì, in quello stargli
così dolcemente grande
il berretto inclinato.


(da Créditos de Charlot, 1990)

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Ci sono immagini che diventano iconiche per qualche motivo: spesso perché in un certo modo riescono a fermare in esse l’attimo poetico, come gli insetti imprigionati nell’ambra. È il caso della scena di un celeberrimo film muto, Il monello, ideato, diretto e interpretato da Charlie Chaplin nel 1921: la poetessa cubana Fina García Marruz è affascinata dalla dolcezza che promana quel bambino con un cappello troppo grande.

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FOTOGRAFIA DI SCENA DA "IL MONELLO"

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LA FRASE DEL GIORNO

Appena una fetta di realtà diventa immagine, diventa rappresentazione, noi la guardiamo con occhi diversi.
RUDOLPH ARNHEIM




Josefina García-Marruz Badía, nota artisticamente come Fina García Marruz (L’Avana, 28 aprile 1923), poetessa e ricercatrice letteraria cubana, è stata insignita del Premio Nazionale di Letteratura 1990, del Pablo Neruda 2007 e del Reina Sofia 2011. Con il marito Cintio Vitier prese parte al gruppo letterario della rivista Orígenes.


martedì 22 ottobre 2019

Viale coperto di foglie


HAN YU

UN VIALE COPERTO DI FOGLIE


Un viale coperto di foglie strappate dal vento dell'ovest,
una finestra seminascosta dai libri sotto il sole del tramonto.
Sono vecchio, temo di immischiarmi negli affari degli uomini.
Fa freddo, non esco di casa.

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L’autunno è arrivato, le foglie coprono i viali e il poeta cinese Han Yu, vissuto a cavallo tra l’ottavo e il nono secolo, durante la dinastia Tang, si isola nella sua casa, tra i suoi amati libri: inutile scendere per le strade, intromettersi negli affari umani. Molto meglio rimanere accanto al caldo buono del camino.

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FOTOGRAFIA DA PINTEREST

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LA FRASE DEL GIORNO
Stamattina è autunno / nel dire queste parole / sento come invecchio.
KOBAYASHI ISSA




Han Yu (Mengzhou, Jiaozuo; 768 – Chang'an, 25 dicembre 824), scrittore e poeta cinese della dinastia Tang, Ssviluppò in modo significativo il Neoconfucianesimo e si attenne a una visione ortodossa in tema culturale.


lunedì 21 ottobre 2019

La segreta formula


MARIA LUISA SPAZIANI

MI SCRIVE IL BARBANERA DA FOLIGNO

Mi scrive il Barbanera da Foligno
che ogni ferita in terra ha la sua pianta
capace di guarirla, e che ogni male
così rientra nella sinfonia
del dare e dell’avere, vita e morte
danzanti insieme come due libellule.
Io l’ho cercata la segreta formula,
la bacca, il succo, la mitica polvere.
Ma ora aspetto da te qualche ingrediente
che sciolga e catalizzi la mistura:
capello biondo, lacrima, parola
per quella musica che dura.


(da L'occhio del ciclone, Mondadori, 1970)
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Il Barbanera è un celebre almanacco che si stampa a Foligno fin dal 1769 e che oggi è tirato in ben 2.500.000 copie. È un calendario ricco di aneddoti, curiosità, massime e proverbi. A uno di questi si riferisce evidentemente la poetessa torinese Maria Luisa Spaziani, che partendo da quell’arguto detto riflette sulla vita e sul suo senso, sulle gioie e dei dolori che essa ci propina come nelle colonne contabili del dare e dell’avere.
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FRANCOBOLLO EMESSO DALL’IPZS NEL 2012

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LA FRASE DEL GIORNO
Invecchiare non sarà niente se nel frattempo saremo rimasti giovani.
MARIA LUISA SPAZIANI, Aforismi




Maria Luisa Spaziani (Torino, 7 dicembre 1922 – Roma, 30 giugno 2014), poetessa italiana formatasi nel clima postermetico di chiara ascendenza montaliana. La sua poesia è venuta via via distendendosi dal mottetto o epigramma a forme narrativo-discorsive.


domenica 20 ottobre 2019

Questa città


MISUZU KANEKO

BELLA CITTÀ

All’improvviso ricordo questa città:
i tetti rossi lungo la riva del fiume.

E nelle acque azzurre di questo grande fiume,
una vela bianca che si muoveva silenziosa.

Tra l'erba sulla riva del fiume
un giovane artista guardava
l'acqua, distratto.

E io? Io cosa facevo?
Quando ci penso, non posso ricordarlo,
mi rendo conto che era l’illustrazione  di un libro preso in prestito.


(da Sei un’eco? La poesia perduta di Misuzu Kaneko, 2016)

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La poetessa giapponese Misuzu Kaneko, paragonata per certi versi a Christina Rossetti, dipinge i suoi versi destinati ai bambini con una delicatezza di fondo tipicamente nipponica: da questa descrizione di uno scorcio di fiume esce un paesaggio onirico, fiabesco, rivelato soltanto nell’ultimo verso.

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HIROSHIGE UTAGAWA, "YUTA SETA"

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LA FRASE DEL GIORNO
Non puoi vederle, ma sono lì. / Le cose invisibili sono ancora lì.
MISUZU KANEKO, Sei un’eco?




Misuzu Kaneko nata Teru Kaneko (Nagato, 11 aprile 1903 – Senzaki, 10 marzo 1930), poetessa giapponese. Esordì come scrittrice di poesie per bambini quando era impiegata in una libreria di Shimonoseki ottenendo un grande successo. Dimenticata per anni dopo il suicidio, fu riscoperta nel 1966 dal poeta Setsuo Yazaki che curò la riedizione dei suoi testi.


sabato 19 ottobre 2019

Quella con le stelline


RAYMOND CARVER

IL MINUETTO

Splendide mattinate.
Giorni in cui mi manca tanto
che non mi manca niente.
Mi basta questa vita e non voglio altro.
Immobile, spero che nessuno arrivi.
Ma se arriva qualcuno, spero sia lei.
Quella con le stelline di brillanti
sulla punta delle scarpe.
La ragazza che ho visto danzare il minuetto.
Quell'antica danza.
Il minuetto.
Lo danzava
come doveva essere danzato.
E a modo suo.

(da Blu oltremare, Minimum fax, 2003 – Traduzione di R. Duranti e F. Durante)

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L’attesa è uno dei temi fondamentali di Raymond Carver: il tempo passato in uno spazio domestico dove nulla accade se non il ripetersi del quotidiano trantran. Eccolo lì allora lo scrittore statunitense assurto a padre del minimalismo: possiamo immaginarlo in poltrona, seduto senza fare nulla, in quell’attesa disperata in cui un ricordo lontano appare e riempie ogni cosa con la sua impossibilità.

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DIPINTO DI ANDREW ATROSHENKO
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LA FRASE DEL GIORNO
Bisogna essere stati innamorati per scrivere poesie.
RAYMOND CARVER, Voi non sapete che cos’è l’amore




Raymond Clevie Carver Jr. (Clatskanie, Oregon, 25 maggio 1938 - Port Angeles, Washington, 2 agosto 1988), scrittore, poeta e saggista statunitense. Maestro della narrativa breve, mette in scena gente comune, spesso disperata. La sua opera, concentrata sulla vita quotidiana, è espressa con un voluto linguaggio ordinario e minimale.

venerdì 18 ottobre 2019

A cup of tea


MARILYN CONTARDI

TAZZA DI TÈ


Mi piacerebbe poter dire:
“a cup of tea” come gli inglesi,
premendo “tea” tra i denti
come una vibrante scala d’aria,
ma non posso e la mia “taazzaa di tèe”
con le sue ampie vocali si posa
nel suo biancore di porcellana
sul tavolo scuro, come
una ninfea in uno specchio d’acqua
sotto l’infinito stellato.


(da In costante incostanza, 2018 - tratto da Otra iglesia es imposible)

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La poetessa argentina Marilyn Contardi trae poesia da una tazza di tè e dalle  parole che compongono la frase – lo spagnolo “taza de té” è praticamente identico all’italiano. Confronta la piana pronuncia della lingua neolatina con quella inglese ricavandone due immagini suggestive: la scala di questa e la ninfea di quella.

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DIPINTO DI FRANCINE VAN HOVE

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LA FRASE DEL GIORNO
L’arte di bere il tè è una poesia ritmata da movimenti armoniosi.
NITOBE INAZŌ




Marilyn Contardi (Zenón Pereyra, 18 settembre 1936), docente universitaria di Cinema, poetessa, regista e traduttrice argentina. I suoi versi, definiti “realismo intimo”, rivolgono uno sguardo al mondo circostante con un dire colloquiale solo apparentemente semplice che spesso si risolve in giochi linguistici o di sintassi.


giovedì 17 ottobre 2019

La prescienza del mattino


WALLACE STEVENS

IL DESIDERIO DI FARE L'AMORE IN UNA PAGODA

Fra gli io secondari, marinaio, osserva
il rivoltoso che appare quando le cose mutano,

affermandosi in un elemento che è libero,
nella libertà straniera che tali io degustano;

nel primo tratto della notte, lo stellato estivo,
di tre quarti passato, la prescienza del mattino,

come se, solo su un monte, esso vedesse di lontano
un'innocenza avvicinarsi alla sua cima.


(da Tutte le poesie, Mondadori, 2015 – Traduzione di Massimo Bacigalupo)

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In questa poesia di Wallace Stevens il titolo sembra appiccicato senza alcun legame con il contesto. In realtà la sua valenza criptica può indicare la chiave di lettura nel consueto intercalarsi di realtà e fantasia nelle opere del poeta statunitense: quel marinaio su una montagna è elemento fuori luogo, indica la necessità metafisica di elevarsi per meglio osservare, di allontanarsi per spaziare lo sguardo.

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ILLUSTRAZIONE DA PINTEREST

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LA FRASE DEL GIORNO
Lascia che i saggi costruiscano il mondo con la saggezza. / O i poeti con la loro santa magia.
WALLACE STEVENS, Geroglifica




Wallace Stevens (Reading, Pennsylvania, 2 ottobre 1879 – Hartford, Connecticut, 2 agosto 1955) è stato un poeta statunitense. Laureato ad Harvard, avvocato dal 1904, lavorò per una compagnia di assicurazioni. Espressione tra le più alte del Modernismo, nei suoi versi risaltano  l'immaginazione e lo spessore metaforico del linguaggio.


mercoledì 16 ottobre 2019

La settima mossa


FLORIDOR PÉREZ

LA PARTITA NON TERMINATA

Quiriquina, ottobre 1973

BIANCO:  Danilo González, Sindaco di Lota
NERO: Floridor Pérez, Maestro di campagna di Mortandad

1. P4R P3AD
2. P4D P4D
3. CD3A PXP
4. CXP A4A
5. C3C A3C
6. C3A C2D
7. .........

Mentre rifletteva sulla sua settima mossa
un caporale gridò il suo nome dalla guardiola.
– Vado!– disse
passandomi la piccola scacchiera magnetica.
Poiché non ritornava in un ragionevole lasso di tempo
annotai, per scherzo: Abbandona.

Solo quando il giornale EL SUR
la settimana seguente pubblicò a lettere cubitali
la notizia della sua fucilazione
nello Stadio Regionale di Concepción
compresi tutta la grandezza del suo abbandono.
Si era formato nelle miniere di carbone,
ma non era l’oscuro pedone che sembrava
condannato a essere, e sarà morto
con la signorilità di un re nel suo arrocco.

Anni dopo lo racconto a un poeta.

Mi dice soltanto:
e se fosse toccato a te il bianco?


(da Lettere del prigioniero, 1984)

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Una partita a scacchi tra due prigionieri viene interrotta dalla chiamata di un caporale. Non terminerà più perché l’avversario del poeta Floridor Pérez, uno dei due giocatori, non tornerà perché falciato dal plotone di esecuzione. Quella sua scomparsa, quello che in gergo scacchistico è l’abbandono, riesce però a delineare la figura dell’uomo, il sindaco Danilo González, che proprio per la dignità davanti a quella fucilazione assurge da pedone a re.

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FOTOGRAFIA © WALLPAPERCAVE

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia non vuole essere insegnata, la poesia vuole essere diffusa.
FLORIDOR PÉREZ, Proyecto Patrimonio, Anno 2010




Floridor Pérez Lavín (Yates, Cochamó; 13 ottobre 1937 - Santiago, 21 settembre 2019), poeta cileno della cosiddetta «generazione letteraria del 1960». Per molti anni maestro di campagna, esordì nel 1965 con Per sapere e cantare. Dopo il golpe del 1973 fu confinato sull’isola di Quiriquina. Da questa esperienza trasse Lettere del prigioniero nel 1984.



martedì 15 ottobre 2019

Centenario di Stefano D’Arrigo


Stefano d’Arrigo, che nasceva ad Alì Terme, nel Messinese, il 15 ottobre di cento anni fa, è conosciuto per il monumentale romanzo del 1975 Horcynus Orca, giudicato “capolavoro della letteratura mondiale” da George Steiner, un tentativo di riscrivere una summa della letteratura occidentale da Omero in poi, accostato talora all’Ulisse joyciano. I temi che vi appaiono – il nostos, il travagliato ritorno a casa dell’eroe – e il linguaggio, profondamente radicato nella natia Sicilia, erano presenti già nella sua unica raccolta di poesie del 1957, Codice siciliano, nella quale, trasferitosi a Roma, rievoca le figure e i paesaggi della sua terra, conosciuta durante l’infanzia e la gioventù.
..


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IN UNA LINGUA CHE NON SO PIÙ DIRE

Nessuno più mi chiama in una lingua
che mia madre fa bionda, azzurra e sveva,
dal Nord al seguito di Federico,
o ai miei occhi nera e appassita in pugno
come oliva che è reliquia e ruga.


O in una lingua dove avanza, oscilla
col suo passo di danza che si cuoce
al fuoco della gioventù per sfida,
sposata a forma d’anfora, a quartara.


O in una lingua che alla pece affida
l’orma sua, l’inoltra a sera nell’estate,
in un basso alitare la decanta:
è movenza d’Aragona e Castiglia,
sillaba è cannadindia, stormire.


O in una lingua che le pone in capo
una corona, un cercine di piume,
un nido di pensieri in cima in cima.


O in quella lingua che la mormora
sul fiume ventilato di papiri,
su una foglia o sul palmo della mano.


O in una lingua che risale in sonno
coi primi venti precoci d’Africa,
che nel suo cuore albeggia, in sabbia e sale,
nel verso tenebroso della quaglia.


O in una lingua che non so più dire.
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IN SICILIA, A MEMORIA DEGLI AMICI

Se mia madre è piena di grazie,
se con me, con la sua voce d’agnella,
discorre del sesso degli angeli,
vantandosi del mio come una ladra
che ha le ciglia lunghe, passionali;
se lei quella sua meraviglia a guardia
del mio sonno pone, se a palme aperte
arriccia e smorza sul nascere i coltelli
dell’invidia, se scongiurando fa
fuoco e fiamme, l’inferno nel dialetto,
nella sua bocca zecchino e nerofumo;
se ammansisce tigri e leoni, lusinghe
intorno intorno alla mia snella vita;
se sola intreccia a cometa parole
nel cielo dei suoi capelli a chiocciola,
uno col mio avvenire, col favore
di madre che va negli Inferi e viene,
nessuno in Sicilia lo tradisce,
nemmeno col pensiero, con la luna:
vive conteso al destino, di spalle,
nascosto in una nuvoletta di sale.
In Sicilia, a memoria degli amici,
nei versi oscuri della divozione,
uno simile sovente si cita,
con uno scorpione sul guanciale.


(da Codice siciliano, Scheiwiller 1957)
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LA FRASE DEL GIORNO

Non c'è lido più lontano di quello dove non si approda.
STEFANO D’ARRIGO, Horcynus Orca
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Fortunato Stefano D'Arrigo (Alì Terme, 15 ottobre 1919 – Roma, 2 maggio 1992), scrittore, poeta e critico d'arte italiano. È conosciuto soprattutto per il romanzo Horcynus Orca, caso letterario del 1975, cui seguì  nel 1985 Cima delle nobildonne. La sua unica raccolta di poesie è Codice siciliano, del 1975: in essa rievoca da Roma la Sicilia della sua infanzia e gioventù.

lunedì 14 ottobre 2019

Un solo pane


PABLO NERUDA

DUE AMANTI FELICI FANNO UN SOLO PANE


Due amanti felici fanno un solo pane,
una sola goccia di luna nell'erba,
lascian camminando due ombre che s'uniscono,
lasciano un solo sole vuoto in un letto.


Di tutte le verità scelsero il giorno:
non s'unirono con fili, ma con un aroma,
e non spezzarono la pace né le parole.
È la felicità una torre trasparente.


L'aria, il vino vanno coi due amanti,
gli regala la notte i suoi petali felici,
hanno diritto a tutti i garofani.


Due amanti felici non han fine né morte,
nascono e muoiono più volte vivendo,
hanno l'eternità della natura.


(da Cento sonetti d'amore, 1960 – Traduzione di Giuseppe Bellini)
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“Duo in corpore uno”, e saranno due in un solo corpo: così la Genesi sintetizza l’amore. Così anche gli amanti di Pablo Neruda, ovvero lui stesso e Matilde Urrutia: un rapporto amoroso felice arriva a eliminare la divisione in due esseri, riforma quell’unità che nel mito di Platone gli dei invidiosi separarono.
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FOTOGRAFIA © SRI MAYAVA RUSDEN


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LA FRASE DEL GIORNO
In un bacio, saprai tutto quello che è stato taciuto.
PABLO NERUDA, Crepuscolario




Pablo Neruda, pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto (Parral, 12 luglio 1904 – Santiago del Cile, 23 settembre 1973), poeta, diplomatico e politico cileno, è considerato una delle più importanti figure della letteratura latino-americana del Novecento. Fu insignito del Premio Nobel nel 1971.

domenica 13 ottobre 2019

La strada in cui abita Pound


CHARLES WRIGHT

OMAGGIO A EZRA POUND


Oltre San Sebastiano, oltre
Ognissanti e San Trovaso, lungo
Le Zattere e a sinistra
al di là del ponte scalinato fino a dove
— discosta sulla destra, seminascosta —
la Dogana Vecchia brucia al sole primaverile:
è così che ci si arriva.
Questa è la strada in cui abita Pound,
un vicolo cieco
di anfratti catarrosi e pietra sbrecciata,
al cui imbocco le acque
si radunano, i gabbiani stridono;
qui dentro — muto, immoto — lui aspetta,
cernendo gli affetti freddi del sangue.


(da Italia, 2017 - Trad. Damiano Abeni e Moira Egan)
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Seguiamo anche noi il poeta statunitense Charles Wright per le calli di Venezia, addentriamoci e costeggiamo i canali, smarriamoci nel labirinto, ponte dopo ponte, palazzo dopo palazzo, fino ad arrivare in Calle Queirni, alla piccola casa dove abitò Ezra Pound: un omaggio al poeta che scrisse: “Sorgono poteri antichi e a me ritornano / grazie al tuo dono, o sole veneziano”.

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FOTOGRAFIA © WALTER MORI
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LA FRASE DEL GIORNO
Le arti, comprese la poesia e la letteratura, dovrebbero essere insegnate dagli artisti che le praticano, non da sterili professori.
EZRA POUND, Aforismi e detti memorabili




Charles Wright (Pickwick Dam, Tennessee, 25 agosto 1935), poeta, accademico e traduttore statunitense, vincitore del Premio Pulitzer per la poesia nel 1998. Professore presso l'Università della Virginia, ha creato uno stile poetico che genera una sensazione di immediatezza e concretezza enfatizzando gli oggetti e la prospettiva personale.


sabato 12 ottobre 2019

In voce d’albero


UMBERTO BELLINTANI

O TU CHE VIVI AL MONDO CHE FU MIO

O tu che vivi al mondo che fu mio,
fanciullo sorridente oltre il fiume,
se un giorno per ventura dentro un bosco
udissi in voce d’albero richiedere
del bimbo che godeva in fra i suoi rami
rispondi che dal tempo fu rapito.


(da Forse un viso tra mille, Vallecchi, 1953)
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“Io cara mi espando nella grande pianura / ed estasiato l'ammiro, e questo vento… / che qui mi batte sopra il petto è tutto il vento / che quelle rupi d'alti monti ha valicato col suo fragore”: Umberto Bellintani è poeta radicato nella grande pianura, sulle rive del Po a San Benedetto, nel Mantovano. Ed è lì che rimane la sua anima, come egli stesso sancisce in questa sorta di epitaffio scritto in vita per il bambino che fu.

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FOTOGRAFIA © ANGELESES/PIXABAY
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LA FRASE DEL GIORNO

Fermiamoci un momento, amici. / Quest’albero era / quando ancora non erano / i nostri padri i nostri avi. / Ed ecco io sento che qualcosa gli devo, / ma non so cosa, amici, ma la mano / mia ecco lo accosta e lo carezza, /e tutta trema la mia mano, amici.
UMBERTO BELLINTANI, Forse un viso tra mille





Umberto Bellintani (Gorgo di San Benedetto Po, 10 maggio 1914 – San Benedetto Po, 7 ottobre 1999), poeta italiano. Diplomatosi in scultura, prese parte alla Seconda guerra mondiale in Grecia e Albania, finendo prigioniero dei tedeschi dal 1943 al 1945. Esordì nel 1953 con Forse un viso tra mille, cui seguì nel 1955 E tu che mi ascolti. Dopo un lungo periodo di silenzio pubblicò nel 1998 Nella grande pianura.

venerdì 11 ottobre 2019

Premio Nobel a Peter Handke


Il Premio Nobel per la Letteratura 2019 è stato assegnato allo scrittore austriaco Peter Handke (quello per il 2018 dopo la decisione assurda di rinviarlo a quest’anno è stato assegnato alla romanziera polacca Olga Tokarczuk).

La motivazione dell’assegnazione a Handke è la seguente: “per un lavoro influente che con ingegnosità linguistica ha esplorato la periferia e la specificità dell'esperienza umana”. Oltre a romanzi, saggi, raccolte di poesie e testi teatrali, Handke ha firmato la sceneggiatura di alcuni film di Wim Wenders, su tutti il cielo sopra Berlino. Cinque le sue raccolte di poesie: Poesie tedesche e Il mondo interiore del mondo esteriore del mondo interiore del 1969, La fine della passeggiata del 1977, Poesie del 1987, Vita senza poesia del 2007.

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FOTOGRAFIA © DIE LITERARISCHE WELT

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LA DONNA MANCINA

Lei saliva con altri da una stazione del metro
mangiava con altri a una tavola calda
aspettava con altri in una lavanderia
ma una volta l'ho vista da sola
davanti a un giornale murale

Usciva con altri da un grattacielo d'uffici
si pigiava con altri ad una bancarella
era seduta con altri presso un campo-giochi di sabbia
ma una volta l'ho vista dalla finestra
giocare a scacchi da sola

Era sdraiata con altri su un prato del parco
rideva con altri in un labirinto di specchi
gridava con altri sull'ottovolante
e poi sola la vidi soltanto
camminare nei miei desideri

Ma oggi nella mia casa aperta:
la cornetta era girata dall'altra parte
la matita era a sinistra dell'agenda
a sinistra la tazza del tè
e il manico pure a sinistra
e vicino la mela sbucciata in senso inverso
(e non finita di sbucciare)
le tende raccolte a sinistra
e la chiave della porta di casa
nella tasca sinistra della mia giacca
Ti sei tradita, o mancina!
O era per lasciarmi un messaggio?
Vederti IN UN CONTINENTE STRANIERO io vorrei
perché finalmente in mezzo agli altri ti vedrei sola
e tu fra mille altri vedresti ME
e finalmente ci verremmo incontro.

(Traduzione di Anna Maria Carpi)

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da CANTO ALLA DURATA

È da tanto che voglio scrivere qualcosa sulla durata,
non un saggio, non un testo teatrale, non una storia –
la durata induce alla poesia.
Voglio interrogarmi con un canto,
voglio ricordare con un canto, dire e affidare a un canto
cos’è la durata.

Quante volte ho avvertito la durata
nei primi segni di primavera alla Fontaine Sainte-Marie,
nel vento notturno delle Porte d’Auteuil,
nel sole estivo del Carso,
nell’incamminarmi all’alba verso una casa dopo un’intesa.

Quel senso di durata, cos’era?
Era un periodo di tempo?
Qualcosa di misurabile? Una certezza?
No, la durata era una sensazione,
la più fugace di tutte le sensazioni,
spesso più veloce di un attimo,
non prevedibile, non controllabile,
inafferrabile, non misurabile.
Eppure con il suo aiuto
avrei potuto affrontare sorridendo ogni avversario
e disarmarlo
e se mi considerava un uomo malvagio
l’avrei convinto a pensare:
“Egli è buono!”
e se esistesse un Dio
sarei stato io la sua creatura
finché provavo quella sensazione della durata.

Proprio ieri nel Waagplatz a Salisburgo
nel frastuono della folla sempre intenta a far la spesa,
udendo una voce
come proveniente dall’altra parte della città
chiamare il mio nome,
mi sono accorto in quello stesso istante
di aver dimenticato su una bancarella
il testo della Ripetizione
che stavo portando alla posta
e nel tornare indietro di corsa ho sentito quell’altra voce
che un quarto di secolo prima
nel silenzio notturno di un sobborgo di Graz,
dall’altro capo di una lunga strada diritta e deserta,
si era rivolta a me con eguale premura e come dall’alto
e mi venne cosí di descrivere
la sensazione della durata
come il momento in cui ci si mette in ascolto,
il momento in cui ci si raccoglie in se stessi,
in cui ci si sente avvolgere,
il momento in cui ci si sente raggiungere
da cosa? Da un sole in piú,
da un vento fresco,
da un delicato accordo senza suono
in cui tutte le dissonanze si compongono e si fondono assieme.

«Ci vogliono giorni, passano anni»:
Goethe, mio eroe
e maestro del dire essenziale,
anche questa volta hai colto nel segno:
la durata ha a che fare con gli anni,
con i decenni, con il tempo della nostra vita:
ecco, la durata è la sensazione di vivere.

Inutile forse dire
che la durata non nasce
dalle catastrofi di ogni giorno,
dal ripetersi delle contrarietà,
dal riaccendersi di nuovi conflitti,
dal conteggio delle vittime.
Il treno in ritardo come al solito,
l’auto che di nuovo ti schizza addosso
lo sporco di una pozzanghera,
il vigile che col dito ti fa cenno
dall’altro lato della strada, uno con i baffi
(non quello ben rasato di ieri),
la morchella che ogni anno rispunta
in un angolo diverso nel folto del giardino,
il cane del vicino che ogni mattina ti ringhia contro,
i geloni dei bambini che ogni inverno
tornano a pizzicare,
quel sogno terrorizzante sempre uguale
di perdere la donna amata,
l’eterno nostro sentirci improvvisamente estranei
fra un respiro e l’altro,
lo squallore del ritorno nel tuo paese
dopo i tuoi viaggi di esplorazione del mondo,
quelle miriadi di morti anticipate
di notte prima del canto degli uccelli,
ogni giorno la radio che racconta un attentato,
ogni giorno uno scolaro investito,
ogni giorno gli sguardi cattivi dello sconosciuto:
è vero che tutto questo non passa
– non passerà mai, non finirà mai –,
ma non ha la forza della durata,
non emana il calore della durata,
non dà il conforto della durata.

Necessario invece distinguere:
neanche «i prodigi mirabili dell’attimo,
nemmeno loro sanno generare ciò che dura
e appaga con la forza della quiete».

(...)


(da Canto alla durata, Einaudi, 2016 – Traduzione di Hans Kitzmüller)

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LA FRASE DEL GIORNO
Il nesso è possibile. Ogni singolo istante della mia vita combacia con ogni altro – senza anelli di congiunzione. Un legame immediato esiste; basta che io lo liberi nella fantasia.
PETER HANDKE, Lento ritorno a casa




Peter Handke (Griffen, 6 dicembre 1942) è uno scrittore, drammaturgo, saggista, poeta, reporter di viaggio, sceneggiatore e regista austriaco. È stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura 2019 “per un lavoro influente che con ingegnosità linguistica ha esplorato la periferia e la specificità dell'esperienza umana”.


giovedì 10 ottobre 2019

Centenario di José Luis Hidalgo


Il 10 ottobre di cento anni fa nasceva il poeta spagnolo José Luis Hidalgo. Arruolato nel Genio dell’esercito franchista, dopo la guerra di Spagna terminò gli studi alla Scuola Superiore di Belle Arti di Valencia, dove conobbe i poeti della rivista Proel. Tra i primi surrealisti spagnoli con la raccolta Radice, passò poi nella sua brevissima vita – morì a soli 27 anni di tubercolosi – a un esistenzialismo dettato dalla malattia. Amore e morte dunque inevitabilmente furono i suoi temi – come un altro poeta morto giovane di tisi, Guido Gozzano.
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VIENIMI PIÙ VICINA

Vienimi più vicina
fino a toccarmi i sogni.
Non ancora, di più…
Sempre più, senza paura:
come l’acqua del mare
al suo fondo di sabbia,
o si avvicina a Dio
l’azzurrità del cielo.

Come a te mi avvicino
quando ti dico: ti amo.

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SOGNASTI UN GIORNO AZZURRO

Sognasti un giorno azzurro
un tremore,
una foglia,
una mano calma che ti sfiorava la fronte
e gli occhi purissimi del poeta raggiante
che guardava il tuo sguardo perso sulla riva.

E questa mia parola,
che mai fu mia,
disse ciò che non volevo
e che tu non capisti…

Ma io sono qui.
dall’altro lato,
aspettandoti lo stesso,
con gli occhi aperti
e la mia mano calma che ti sfiora la fronte.

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LA FRASE DEL GIORNO
Il mio corpo è fatto di ceneri invisibili.
JOSÉ LUIS HIDALGO

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José Luis Hidalgo Iglesias (Torres, 10 ottobre 1919 – Madrid, 3 febbraio 1947), poeta spagnolo. Collaboratore del Corcel di Valencia, esordì nel 1936 con Pseudopoesia, cui  nel1943 seguì la raccolta di poesia amorosa Radice, seguita nel 1944 da Gli animali. Il suo ultimo lavoro, I morti (1947), preannuncia la sua fine per tubercolosi.



mercoledì 9 ottobre 2019

Immersi nel mare d'amore


GUAN YUN SHIH
SCARPETTE ROSSE RICAMATE


Sdraiati uno accanto all’altro,
davanti alla finestra sotto le nuvole.
Letto illuminato dalla luna.
Immersi nel mare d’amore
cantiamo abbracciati,
una canzone dietro l’altra.
L’anima in un filo, ascoltiamo:
Già il temibile tamburo
annuncia l’alba.
Che poche sono state le ore
per tante parole d’amore!
E come scorre via rapida la notte!
Un fuso che corre su un telaio.
Mia cara! Se ci sono anni bisestili
perché non può esserci
una notte bisestile?


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“Perché non può esserci una notte bisestile?” si chiede il poeta cinese del XIV secolo Guan Yun Shih. Perché deve finire con l’alba la dolcezza della notte d’amore? Perché devono dissolversi le tenerezze degli amanti e i corpi separarsi nell’alba?
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.DIPINTO DI B.K. WHITE

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LA FRASE DEL GIORNO
Blu scuro, è il colore della notte dove si concentrano e si bloccano i nostri occhi, le orecchie, le parole, tutto quanto.
BANANA YOSHIMOTO, Sonno profondo




Guan Yuh Shih (Yung-chou, oggi Ling-Ling, 1286 – Hangchow, 1324), poeta cinese di origini uigure vissuto durante la dinastia Yüan. Scrisse in prosa e in versi con la nuova forma lirica detta san-ch’ü.

martedì 8 ottobre 2019

Questa coppia


MARGHERITA GUIDACCI

MADAME X

Io non sono il mio corpo.
Mi è straniero, nemico.
Ancora peggio è l’anima,
e neppure con essa m’identifico.

Osservo da lontano
le rozze acrobazie di questa coppia,
con distacco, ironia –
con disgusto talvolta.

E intanto penso che la loro assenza
sarebbe più guadagno che dolore:
questa e altre cose... Ma mentre le penso,
io chi sono, e dove?


(da Neurosuite, Neri Pozza, 1970)

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Il rifiuto del corpo è un tema non raro nella poesia soprattutto femminile – si pensi a Emily Dickinson: Margherita Guidacci, poetessa fiorentina che visse alcuni anni in clinica neurologica sente questa dicotomia tra anima e corpo e in un’equidistanza eterea cerca di superarla tentando di “recuperare il dolore in una dimensione positiva”, come spiegò in un’intervista del 1972.

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DIPINTO DI RAFAL OLBINSKI


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LA FRASE DEL GIORNO
Davanti a te la mia anima è aperta / come un atlante: puoi seguire con un dito / dal monte al mare azzurre vene di fiumi, / numerare città, / traversare deserti.
MARGHERITA GUIDACCI, Neurosuite




Margherita Guidacci (Firenze, 25 aprile 1921 – Roma, 19 giugno 1992), poetessa e traduttrice italiana. Dopo la crisi del suo matrimonio, negli Anni’60, superò un decennio di grave sofferenza psichica che culminò nel ricovero in una clinica neurologica. Tra i poeti da lei tradotti John Donne, Emily Dickinson, T.S. Eliot ed Elizabeth Bishop.

lunedì 7 ottobre 2019

Labile autunno


DIEGO VALERI

SENTIMENTI DELL’AUTUNNO


Labile autunno: la foglia sospesa
al ramo nudo, mortalmente pallida;
la nuvola distesa,
bianca sopra l’azzurro; i fiori gialli…
Appena mosso, il vento è come voce
d’acqua che lenta vada alla perduta
sua foce.
Labile autunno: la foglia è caduta.


(da Poesie, Mondadori, 1962)
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Colori tenui e movimenti quasi impercettibili: in pochi versi il poeta veneto Diego Valeri riesce a costruire un bozzetto al rallentatore in cui chi legge è uno spettatore in attesa del colpo di scena finale, lo staccarsi e il volare via di una foglia. Un tema consueto in poesia, svolto con il consueto stile nitido e levigato.
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FOTOGRAFIA © CATLEGUARD
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LA FRASE DEL GIORNO
Ora è la grande ombra d’autunno: / la fredda sera improvvisa calata / da tutto il cielo fumido oscuro / su l’acqua, la pietra malata.
DIEGO VALERI, Poesie




Diego Valeri (Piove di Sacco, 25 gennaio 1887 – Roma, 27 novembre 1976), poeta, traduttore e accademico italiano, fu ordinario di Letteratura Francese all’Università di Padova per oltre vent’anni, tranne nel periodo 1943-45 quando riparò in Svizzera come rifugiato politico.

domenica 6 ottobre 2019

Dura ancora, indugia


FËDOR TJUTČEV

L’ULTIMO AMORE

Come, noi declinando, il nostro amore
è più tenero e più superstizioso!...
Luce d'addio dell’ultima passione,
luce d’occaso, splendi, splendi!

Già l’ombra ha preso mezzo il cielo,
all’occidente solo era un chiarore:
giorno venuto a sera, indugia, indugia,
e dura, dura ancora, incanto.

Venga pur meno il sangue nelle vene,
la tenerezza non vien meno in cuore...
Ultimo amore, o tu! tu sei
felicità e disperazione.


1852-54


(da Poesie, Adelphi, 2011 - Traduzione di Tommaso Landolfi)

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Fëdor Tjutčev, poeta russo caro ai simbolisti, si esprime attraverso una profonda inquietudine, delineata grazie a atmosfere eteree, talora desolate come le lande della Russia, in bilico tra le due componenti della realtà: il caos e il cosmo. E tra due componenti opposte si barcamena anche l’ultimo amore, quello tardo, cui comunque non si può resistere e che ci si augura duri il più possibile, con tutto il suo incanto, come un lungo tramonto.

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FOTOGRAFIA © WALLPAPER FLARE

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LA FRASE DEL GIORNO
Ho dolcezza e piacere, / la pace è nel mio petto, / son di sopore involto: / o tempo, ferma il passo!
FËDOR TJUTČEV, Poesie




Fëdor Ivanovič Tjutčev (Ovstug, 5 dicembre 1803 - Carskoe Selo, 27 luglio 1873), poeta e scrittore russo. Fu diplomatico per 22 anni, anche a Torino, e a Monaco, dove conobbe Heine e Schelling. Non si curò dei propri versi, che furono scoperti dai simbolisti russi a inizio Novecento.