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venerdì 28 febbraio 2014

Come una scia di fiume

 

ELIZABETH JENNINGS

A VOLTE, LA POESIA

Sussulti nella mente -
ti cercano, ti afferrano,
ti attaccano - è un assalto -
d’un tratto ecco si placa
l’eccitazione - e trovi
la parola - risplende -
come una scia si fiume
che resta luminosa
benché sottratta all’acqua
e sulla terra ormai.
Si scrive su un rocchetto
di filo, su una spola.

(da Poesia, n. 290, febbraio 2014 - Traduzione di Silvio Raffo)

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“Poesia fortemente psicologica e riflessiva” dice Silvio Raffo riguardo alla poetessa inglese Elizabeth Jennings. Lo è, naturalmente, anche nel procedimento che origina i versi, nel lavorio interno con cui la poesia si manifesta, anzi, per meglio dire, si rivela. La parola è un dono per la Jennings, ma non è un dono che cade dal nulla, è il risultato di un’elucubrazione laboriosa: “Ma la Poesia soltanto può cambiare / Il mondo e ricrearlo in ogni tratto. / Costa molta fatica, e spezza il cuore. / Ma questo solo conta. Il verso è tutto”.

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YOLANDA MAZZONI, “RIVER WAKE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Sii grato per come la mente può danzare / in mezzo e attorno e sotto le parole e rallegrati / e sappi che questo non è un caso.
ELIZABETH JENNINGS




Elizabeth Joan Jennings (Skirbek, 18 luglio 1926 – Bampton, 26 ottobre 2001), poetessa inglese. Considerata tradizionalista piuttosto che innovatrice, è nota per la sua poesia lirica e la padronanza della forma. La sua opera mostra una semplicità di metro e rima condivisa con i poeti di The Movement: Philip Larkin, Kingsley Amis e Thom Gunn.


giovedì 27 febbraio 2014

Rubiamo amore

 

JOSEFA PARRA

A MANO ARMATA

Rubiamo amore all’amore
perché non c’è più amore di quello assegnato
la cifra invariabile che ti affibbiano
quando nasci, come i capelli o l’altezza.
Sposti mucchietti di sentimento,
manciate di desiderio, qualche bacio,
da un lato all’altro, fai la cresta,
sbocconcelli l’ammontare del tuo affetto.
Rubando all’amore, amore, è facile,

è anche inutile.
Al crepuscolo

bisognoso e triste e mendico
torni in una casa dove a mala pena

ti resta il covo
per far addormentare la tua anima
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Io la poesia di Josefa Parra  la metto perché lei è brava, ma comincio subito con il dire che sono in completo disaccordo con lei: l’amore non è una tessera a scalare, non è un ammontare che si dilapida poco alla volta, non è una cosa che si consuma con il tempo. L’amore è forse l’unica cosa che più si dona, più aumenta.

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MARK HANHAM, “LOVE ROBBER”

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LA FRASE DEL GIORNO
L'amore fra esseri umani è trascendente perché trascende l'individualità di chi ama in direzione di chi è amato.
JEAN LUC MARION, Avvenire, 5 maggio 2007




Josefa Parra Ramos, (Jerez de la Frontera, 7 febbraio 1965), poetessa spagnola: Laureata in Filologia, ha ricevuto il Premio Cernuda nel 2000. Il suo tema principale è l’amore, declinato nel fuoco vivo della passione e dell’erotismo, nelle braci dell’assenza e nelle ceneri della nostalgia.

mercoledì 26 febbraio 2014

Un’altra vista

 

EVGENIJ EVTUŠENKO

NO, L’ISTRUZIONE

No, l’istruzione
                       non è nella lettura dei giornali
e neppure nei libri
                            che hanno vinto il tempo.
È proprio degli occhi
                              fermarsi sui caratteri stampati,
ma un’altra vista c’è,
                                quella interiore.
E forse non vi spaventa
che,
        quale esperta puttana,
della falsa istruzione degli occhi vada fiero
l’analfabetismo sfrontato dello spirito?

(da Il vento del domani, 1978 - Traduzione di Evelina Pascucci)

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Risale agli Anni Settanta questa poesia di Evgenij Evtušenko, eppure il poeta russo sembra - con la visionarietà tipica dei poeti - avere precorso questa società dell’immagine e della notizia veicolata in tempo reale attraverso internet e i social media. È un invito, anche un po’ sentenzioso e moralistico, a considerare quello che si legge e si vede, a tenere sempre acceso e vigile quel sesto senso, quel terzo occhio che ci fa riconoscere la verità, a non lasciarci abbindolare dagli scritti travisati dal potere, che siano l’ultima bufala di Facebook o le parole con cui ci blandisce il politico di turno.

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A.G. VAUGHAN, “TROMPE L’OEIL OF NEWSPAPERS, BANKNOTES, PLAYNG CARDS, ENVELOPES AND PRINTS”

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LA FRASE DEL GIORNO
L’onestà senza il sapere è debole e inutile, mentre il sapere senza l’onestà è pericoloso e terribile.
SAMUEL JOHNSON, Rasselas




Evgenij Aleksandrovič Evtušenko, nato Gangnus (Zima, 18 luglio 1932) poeta e romanziere russo. Tra i poeti più significativi della generazione successiva alla morte di Stalin, ha unito nella sua opera la rivendicazione della libertà di espressione e la denuncia del perdurare, oltre la scomparsa del dittatore, dello stalinismo.


martedì 25 febbraio 2014

Davvero l’amore

 

ALBERTO BEVILACQUA

AMORE ANTILOPE CHE FUGGE

Amore antilope che fugge
per gioco la sua ombra,
amore che a tempo ci raggiunge
come può
farsi al largo una nave,
ma che sublime catastrofe davvero l’amore
che mentre ti strazia tiene della grazia
il rispetto di sé nell’altro.

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Le poesie di Alberto Bevilacqua hanno sovente una visone dell’amore come stupore dei sensi, come il manifestarsi di un gioco di sguardi e di eros, di approcci e di abbracci. Questo amore così sfuggente e giocoso, così leggero ed esile sa però esprimere la poesia del mondo e tutta la sua grazia, sa fare in modo che ogni amante riconosca se stesso nell’altro: “d’improvviso, d’improvviso sei stata / quel me / che avrei felicemente voluto”.

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FOTOGRAFIA © NATIONAL GEOGRAPHIC / ROY TOFT

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LA FRASE DEL GIORNO
L’amore / è il mancato appuntamento e insieme / il momento azzeccato.
ALBERTO BEVILACQUA




Alberto Bevilacqua (Parma, 27 giugno 1934 - Roma, 9 settembre 2013), scrittore e regista italiano, celebre per i romanzi “La Califfa”, “Questa specie d’amore” e “Il curioso delle donne”, è stato anche sceneggiatore, giornalista e poeta. Sensualità, nostalgia e disillusione sono tra i suoi temi prediletti.


lunedì 24 febbraio 2014

Accetti d’esser poeta

 

ANTONIA POZZI

UN DESTINO

Lumi e capanne
ai bivi
chiamarono i compagni.

A te resta
questa che il vento ti disvela
pallida strada nella notte:
alla tua sete
la precipite acqua dei torrenti,
alla persona stanca
l'erba dei pascoli che si rinnova
nello spazio di un sonno.

In un suo fuoco assorto
ciascuno degli umani
ad un'unica vita si abbandona.

Ma sul lento
tuo andar di fiume che non trova foce,
l'argenteo lume di infinite
vite – delle libere stelle
ora trema:
e se nessuna porta
s'apre alla tua fatica,
se ridato
t'è ad ogni passo il peso del tuo volto,
se è tua
questa che è più di un dolore
gioia di continuare sola
nel limpido deserto dei tuoi monti

ora accetti
d'esser poeta.

13 febbraio 1935

(da Parole, 1939)

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La poesia / venne a cercarmi. Non so da dove / sia uscita, da inverno o fiume. / Non so come né quando, / no, non erano voci, non erano / parole né silenzio, / ma da una strada mi chiamava, / dai rami della notte, / bruscamente fra gli altri, / fra violente fiamme / o ritornando solo, / era lì senza volto / e mi toccava”: così Pablo Neruda. Ma tutti i poeti capiscono un giorno della loro gioventù che c’è un destino che li aspetta, che sono chiamati a raccontare il mondo e la vita attraverso gli occhi della poesia. È una vocazione, un’illuminazione che si presenta improvvisa: successe anche alla tormentata Antonia Pozzi, che altrove così precisa il compito della poesia: “Vorrei che la mia anima ti fosse / leggera, / che la mia poesia ti fosse un ponte, / sottile e saldo, / bianco – / sulle oscure voragini / della terra”.

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DIPINTO DI LEONID AFREMOV

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LA FRASE DEL GIORNO
Poesia che ti doni soltanto / a chi con occhi di pianto / si cerca – / oh rifammi tu degna di te, / poesia che mi guardi.
ANTONIA POZZI, Parole




Antonia Pozzi (Milano, 13 febbraio 1912 – 3 dicembre 1938), poetessa italiana. Laureatasi in Filologia con una tesi su Flaubert, si tolse la vita dopo una contrastata storia d’amore. Il suo diario poetico Parole fu pubblicato postumo, nel 1939: composto a partire dai diciassette anni, riflette un'amara e inquieta sensibilità in cui si avverte l'influsso della lirica di Rilke.


domenica 23 febbraio 2014

Che cos’è l’inferno?

 

AHMED AL-SHAHAWI

CHE COS’È L’INFERNO?

Che cos’è l’inferno? - chiesi.

Amare
Senza eco,

Chiedere
Senza una risposta,

Scrivere
Senza avere lettori,

Dormire
Senza che nessuno riempia i tuoi sogni,

Fare voti
Senza che ci siano dei,

Avere una chiave
E non avere casa,

Aprire la mano
E non trovare una donna che la legga.


E dunque, leggendo questi versi del poeta egiziano Ahmed Al-Shahawi, che cos’è l’inferno? È il vuoto, è l’assenza, è l’aridità dei sentimenti, è la mancanza di qualcosa che inibisce i nostri sogni e i nostri desideri, è il nulla in risposta alle nostre domande. Altro che le fiamme e i contrappassi danteschi, altro che il ghiaccio della poesia di Robert Frost: l’inferno, qualche volta, è il vivere.

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FOTOGRAFIA DAL WEB

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LA FRASE DEL GIORNO
L'inferno è lo stato di chi ha cessato di sperare.
ARCHIBALD CRONIN, Le chiavi del regno




Ahmed Al Shahawi (Damietta, 1960),  poeta e scrittore egiziano. Autore di molte raccolte di poesie, libri e romanzi sull'amore e la filosofia sufi, ha vinto il Premio UNESCO per la Letteratura nel 1995 e il Premio Kavafis per la Poesia nel 1998. Le sue opere sono state tradotte in molte lingue tra cui inglese, olandese, francese, spagnolo e turco.



sabato 22 febbraio 2014

Un tramonto mostruoso

 

JORGE LUIS BORGES

ULTIMO SOLE ROSSO

Le case a mezz’asta
quasi rasenti la strada
e un tramonto mostruoso
con tutte le ali aperte

(dolente e nuda
si dissangua improvvisa una chitarra)

Ritto come un Arcangelo il tramonto
tiranneggia la strada

Solo quando l’occaso
è ormai leggenda
s’impone l’armonia del paesaggio.

(da Fervore di Buenos Aires - Traduzione di Tommaso Scarano)

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Passa il tramonto a stravolgere con i suoi colori e le sue sensazioni la tranquillità della strada, distende quasi fosse un uccello mitologico le sue enormi ali multicolori. Lo scrittore argentino Jorge Luis Borges (1899-1986) ha un’idea precisa di quest’ora del giorno: “È il drammatico alterco e conflitto tra l’evidenza e l’ombra, è come un contrarsi e uscire di senno delle cose visibili. Ci fiacca, ci consuma e ci palpeggia”. È l’ora dunque in cui i sensi sono acuiti e la poesia e la memoria sono più facili.

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FOTOGRAFIA © JOE KENNEDY

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LA FRASE DEL GIORNO
Il tramonto implacabile di luci / ha infranto le distanze a fil di spada.
JORGE LUIS BORGES, Fervore di Buenos Aires




Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo (Buenos Aires, 24 agosto 1899 – Ginevra, 14 giugno 1986), scrittore, poeta, saggista, traduttore e accademico argentino. Creatore di un genere oggi designato “borgesiano”, a definire una concezione della vita come storia, come finzione, come opera contraffatta spacciata per veritiera, come fantasia o come reinvenzione della realtà.


venerdì 21 febbraio 2014

Sul pentagramma di febbraio

 

ANTONIO MACHADO

GALLERIE, I

Nell’azzurro lo stormo
di alcuni uccelli neri
che strillano aleggiando e poi si posano
sul pioppo irrigidito.
...Sul pioppo spoglio,
serie cornacchie quiete e taciturne,
gelide, nere note
scritte sul pentagramma di febbraio.

(da Poesia spagnola del ’900 - Traduzione di Oreste Macrì)

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Il sentire del poeta e il freddo delle cose, secondo Antonio Machado (1875-1939), trovano il loro equilibrio nei versi, molte volte attraversati dal ritmo delle canzoni popolari. Anche questo bozzetto malinconico incarna quella sua poetica, che ospita spesso alberi, campi e paesaggi: naturalmente il vero colpo di maestro è l’immagine finale, l’analogia che fa di un albero spoglio un rigo musicale e delle cornacchie una serie di note. È il canto del poeta che si interroga: “La terra è nuda, ulula / l’anima sull’orizzonte pallido / come lupa famelica. Che cerchi, / poeta, nel tramonto?”

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FOTOGRAFIA © GEORGE HADAN

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia pura, di cui sento parlare critici e poeti, potrà esistere, ma io non la conosco.
ANTONIO MACHADO




Antonio Cipriano José María y Francisco de Santa Ana Machado Ruiz (Siviglia, 26 luglio 1875 – Collioure, 22 febbraio 1939), poeta e scrittore spagnolo. Dall’iniziale modernismo caratterizzato da una propensione all'introspezione intimista, passò a lasciare maggiore spazio a temi legati alla terra e alla tradizione spagnola, con una sottile vena malinconica.



giovedì 20 febbraio 2014

Una scontrosa grazia

 

UMBERTO SABA

TRIESTE

Ho attraversato tutta la città.
Poi ho salita un'erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.

Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all'ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l'ultima, s'aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un'aria strana, un'aria tormentosa,
l'aria natia.

La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.

(da Trieste e una donna 1910-1912, Mondadori, 1950)

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Umberto Saba eleva il canto d’amore alla sua città, Trieste: come una donna bella e scostante, che qualche volta attrae e qualche volta respinge, con quell’aria dolcemente da dura. Guardarla dall’alto, come dall’ermo colle leopardiano, dà un punto di vista differente che permette di coglierne tutte le contraddizioni: così l’aria natia può essere talvolta tormentosa, la grazia può apparire scontrosa. È un amore conflittuale dunque, ma Trieste resta comunque alla fine il guscio in cui, seppure inquieti, rintanarsi.

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FOTOGRAFIA © PENSIERI A VELA

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LA FRASE DEL GIORNO
D'una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.
ITALO CALVINO, Le città invisibili




Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli (Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957), poeta italiano tra i massimi del ‘900. Di famiglia ebraica, fu avviato agli studî commerciali, e fu per lunghi anni direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. La sua poesia, quasi intimo diario e confessione, indaga le cose ultime, la donna, l’amore, il senso atavico del dolore. La sua opera è raccolta nel Canzoniere.

mercoledì 19 febbraio 2014

Più dolce di una Sirena

 

PAOLO SILENZIARIO

STAVO PER DIRTI «ADDIO»

Stavo per dirti «Addio», ma ho frenato
la voce e sono qui ancora con te.
Quanto l’odiosa notte d’Acheronte
io temo la tua amara lontananza.
Come la tua luce è simile al giorno!
Ma il giorno è muto
e tu invece mi porti la tua voce,
più dolce di quella delle Sirene.
Ad essa è legata ogni mia speranza.

(Traduzione di Salvatore Quasimodo)

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Un amore cui non si può rinunciare è quello che racconta il poeta tardo ellenistico Paolo Silenziario (VI secolo dopo Cristo), cerimoniere del consiglio imperiale. La donna amata è una di quelle della corte raffinata e gaudente di Giustiniano e Teodora, una donna dai molti amori. L’impero vive la sua fase di decadenza, vi regna un voluttuoso languore che Paolo rovescia a piene mani nei suoi versi, aggiornando il celebre epigramma di Marziale: “Non posso vivere con te né senza di te”.

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DISEGNO © FABBRI EDITORE

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LA FRASE DEL GIORNO
Alla donna che si ama si possono perdonare anche le corna; a quella che non si ama più, non si perdona nemmeno una minestra salata.
VITTORIO BUTTAFAVA, La vita è bella nonostante




Paolo Silenziario (VI secolo – Costantinopoli, 580), dignitario imperiale e poeta epigrammista bizantino.Poeta bizantino. Amico di Agatia, che ne scrisse un elogio, compose, alla maniera alessandrina, otto epigrammi e due poemetti descrittivi sul tempio di Santa Sofia, importanti per la storia dell'arte.



martedì 18 febbraio 2014

Ricordare, dimenticare

 

ERICH FRIED

FORSE

Ricordare
è
forse
il modo più tormentoso
di dimenticare
e forse
il modo più gradevole
di lenire
questo tormento

(da Es ist was es ist, 1983  - Traduzione di Andrea Casalegno)

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Una delle classiche poesie di Erich Fried (1921-1988), dove il poeta austriaco naturalizzato britannico gioca con le contraddizioni, con gli ossimori, con i se. Gioca tutto sulla forza del ricordo, sulla sua dolorosa necessità che si trasforma sovente in una esperienza amara e dolce al contempo come la nostalgia. E se è vero, come scrisse Gesualdo Bufalino che  è “Pericoloso entrare senza frustino nella gabbia dei ricordi. Mordono”, è altrettanto vero che, una volta domati, “Nel ricordo il tumulto si placa”, come teorizzò Cesare Pavese nel Compagno.

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VAHID BABAEI, “MEMORY”

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LA FRASE DEL GIORNO
Ricordare e dimenticare sono parte dello stesso processo mentale. Scrivere un dettaglio di un evento è non scriverne un altro (a meno di continuare a scrivere all'infinito). Ricordare una cosa è lasciare scivolarne un'altra nell'oblio (a meno di continuare a rievocare all'infinito).
JONATHAN SAFRAN FOER, Se niente importa




Erich Fried (Vienna, 6 maggio 1921 – Baden-Baden, 22 novembre 1988), poeta austriaco naturalizzato britannico. Ebreo, fu costretto ad abbandonare il suo paese nel 1938 dopo l'occupazione nazista. Emigrato a Londra, fu giornalista e commentatore del programma in lingua tedesca della BBC.



lunedì 17 febbraio 2014

Che è restato?

 

JAROSLAV SEIFERT

CANZONE SUI RIFIUTI

Che è restato di quei bei momenti?
           Il brillio degli occhi,
           una goccia di profumo,
           qualche sospiro sul bavero,
           il respiro sul vetro,
           una briciola di lacrime
           e un’unghia di tristezza.

E poi, dovete credermi, quasi più nulla.
           Un pugno di fumo,
           qualche sorriso al volo
           e un po’ di parole
           che rotolano in un angolo
           come rifiuti
           sospinti dal vento.

E non vorrei dimenticare:
           tre fiocchi di neve.

           Questo è tutto.

(da Concerto sull’isola, 1965 – Traduzione di Sergio Corduas)

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Ma davvero tutto quello che rimane di un amore è catalogabile in così poco? Davvero lo si può ridurre a un inventario come quello che fa il Premio Nobel ceco Jaroslav Seifert? Be’, in fondo quel che sembra così poco è in fondo una raccolta di momenti, di emozioni, sono i ricordi che più a fondo si sono impressi nel cuore, sentimenti, meraviglie, discorsi, tenerezze.

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FOTOGRAFIA DAL WEB

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LA FRASE DEL GIORNO
Il bacio colpisce come la folgore, l'amore passa come un temporale, poi la vita torna a calmarsi come il cielo e ricomincia come prima. Si può ricordare una nuvola?
GUY DE MAUPASSANT, Pierre e Jean





Jaroslav Seifert (Praga, 23 settembre 1901 – 10 gennaio 1986), poeta e giornalista ceco. Nel 1984 fu insignito del Premio Nobel per la Letteratura, “per la sua opera poetica che, dotata di grande freschezza, di sensualità e di una ricca immaginazione, fornisce un’immagine liberatoria dello spirito indomabile e della versatilità umana”.

domenica 16 febbraio 2014

Scrivo soltanto per esaltarvi

 

GUILLAUME APOLLINAIRE

LEGAMI

Corde fatte di gridi

Suoni di campane attraverso l’Europa
Secoli impiccati

Rotaie che legate strette le nazioni
Noi siamo soltanto due o tre uomini
Liberi da ogni legame
Diamoci la mano

Violenta pioggia che pettini i fumi
Corde
Corde tessute
Cavi sottomarini
Torri di Babele cangiate in ponti
Ragni-Pontefici
Tutti gli innamorati che un solo vincolo ha legato

Altri legami più tenui
Bianchi raggi di luce
Corda e Concordia

Scrivo soltanto per esaltarvi
O sensi o sensi cari
Nemici del ricordo
Nemici del desiderio

Nemici del rimpianto
Nemici delle lacrime
Nemici di tutto ciò che amo ancora

(da Calligrammi, 1918 - Traduzione di Sergio Zoppi)

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”Legami” è la poesia posta da Guillaume Apollinaire all’inizio dei Calligrammi: il poeta francese ha voluto indicare in tal modo la chiave di lettura non solo della raccolta, la sua seconda e ultima, visto che morirà di influenza spagnola pochi mesi dopo la pubblicazione, ma anche della sua poetica. “I poeti sono creatori” scriveva infatti a Lou, che fu la sua amante per pochi mesi tra il dicembre 1914 e l’aprile 1915, “(poeta viene infatti dal greco e significa in effetti creatore, e poesia significa creazione). Nulla dunque viene dalla terra, appare agli occhi degli uomini se prima non è stato immaginato da un poeta. (...) So che coloro che si consacrano al lavoro della poesia fanno qualcosa di essenziale, di primordiale, di divino”. Cogliere quei legami, dunque…

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CAROLA DEKKER-ZUTT, “FLOWERS”

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LA FRASE DEL GIORNO
Un fazzoletto che cade può essere per il poeta la leva con la quale solleverà tutto l’universo.
GUILLAUME APOLLINAIRE, Lo Spirito nuovo e i poeti




Wilhelm Albert Włodzimierz Apollinaris de Wąż-Kostrowick (Roma, 26 agosto 1880 - Parigi, 9 novembre 1918), noto con lo pseudonimo di Guillaume Apollinaire, poeta francese sostenitore di una totale libertà formale e di nuovi contenuti frutto dell’indagine dell’inconscio, fu un precursore del Surrealismo. Combattente nella Prima guerra mondiale, fu vittima dell’epidemia di febbre spagnola.


sabato 15 febbraio 2014

Quell’anima riarsa

 

GUIDO GOZZANO

TOTÒ MERÙMENI

I

Col suo giardino incolto, le sale vaste, i bei
balconi secentisti guarniti di verzura,
la villa sembra tolta da certi versi miei,
sembra la villa-tipo, del Libro di Lettura...

Pensa migliori giorni la villa triste, pensa
gaie brigate sotto gli alberi centenari,
banchetti illustri nella sala da pranzo immensa
e danze nel salone spoglio da gli antiquari.

Ma dove in altri tempi giungeva Casa Ansaldo,
Casa Rattazzi, Casa d’Azeglio, Casa Oddone,
s’arresta un’automobile fremendo e sobbalzando,
villosi forestieri picchiano la gorgòne.

S’ode un latrato e un passo, si schiude cautamente
la porta... In quel silenzio di chiostro e di caserma
vive Totò Merùmeni con una madre inferma,
una prozia canuta ed uno zio demente.

 

II

Totò ha venticinque anni, tempra sdegnosa,
molta cultura e gusto in opere d’inchiostro,
scarso cervello, scarsa morale, spaventosa
chiaroveggenza: è il vero figlio del tempo nostro.

Non ricco, giunta l’ora di “vender parolette”
(il suo Petrarca!...) e farsi baratto o gazzettiere,
Totò scelse l’esilio. E in libertà riflette
ai suoi trascorsi che sarà bello tacere.

Non è cattivo. Manda soccorso di danaro
al povero, all’amico un cesto di primizie;
non è cattivo. A lui ricorre lo scolaro
pel tema, l’emigrante per le commendatizie.

Gelido, consapevole di sé e dei suoi torti,
non è cattivo. È il buono che derideva il Nietzsche
“...in verità derido l’inetto che si dice
buono, perché non ha l’ugne abbastanza forti...”

Dopo lo studio grave, scende in giardino, gioca
coi suoi dolci compagni sull’erba che l’invita;
i suoi compagni sono: una ghiandaia rôca,
un micio, una bertuccia che ha nome Makakita...

 

III

La Vita si ritolse tutte le sue promesse.
Egli sognò per anni l’Amore che non venne,
sognò pel suo martirio attrici e principesse
ed oggi ha per amante la cuoca diciottenne.

Quando la casa dorme, la giovinetta scalza,
fresca come una prugna al gelo mattutino,
giunge nella sua stanza, lo bacia in bocca, balza
su lui che la possiede, beato e resupino...

 

IV

Totò non può sentire. Un lento male indomo
inaridì le fonti prime del sentimento;
l’analisi e il sofisma fecero di quest’uomo
ciò che le fiamme fanno d’un edificio al vento.

Ma come le ruine che già seppero il fuoco
esprimono i giaggioli dai bei vividi fiori,
quell’anima riarsa esprime a poco a poco
una fiorita d’ésili versi consolatori...


V

Così Totò Merùmeni, dopo tristi vicende,
quasi è felice. Alterna l’indagine e la rima.
Chiuso in se stesso, medita, s’accresce, esplora, intende
la vita dello Spirito che non intese prima.

Perché la voce è poca, e l’arte prediletta
Immensa, perché il Tempo —mentre ch’io parlo!— va,
Totò opra in disparte, sorride, e meglio aspetta.
E vive. Un giorno è nato. Un giorno morirà
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(da I colloqui, 1911)

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Heautontimorumenos è una celebre commedia di Terenzio: il titolo greco sta a significare “Il punitore di se stesso”, e l’opera è nota anche così. Il protagonista, Menedemo, si punisce lavorando duramente in attesa che il figlio Clinia, da lui convinto ad arruolarsi, torni dalla guerra; in realtà Clinia è nascosto dal figlio del vicino con la sua amante. Ne nasce una farsa, estranea alla poesia di Guido Gozzano, che ne mutua il titolo distorcendolo nel nome del protagonista, e che invece è centrata sulla figura di un giovane intellettuale dal gusto estetico e dai sentimenti inariditi nei quali probabilmente il poeta ha riversato un po’ della sua biografia – la madre inferma, la villa, la scimmietta. Infine, Totò Merùmeni è lo specchio di un fallimento, nel quale forse Gozzano si riflette, ritrovando in lui la sua impossibilità d’amare, la sua malinconica convinzione di essere un osservatore della vita.

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Boldini

GIOVANNI BOLDINI, “RITRATTO DI UN DANDY”

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LA FRASE DEL GIORNO
Solo, gelido, in disparte, / sorrido e guardo vivere me stesso.
GUIDO GOZZANO, I colloqui




Guido Gustavo Gozzano (Torino, 19 dicembre 1883 – 9 agosto 1916),   poeta italiano, fu il capostipite della corrente letteraria post-decadente del crepuscolarismo. Inizialmente si dedicò alla poesia nell'emulazione di D'Annunzio e del suo mito del dandy. Successivamente, la scoperta delle liriche di Giovanni Pascoli lo avvicinò alla cerchia di poeti intimisti, accomunati dall'attenzione per "le buone cose di pessimo gusto". Morì di tisi a 32 anni.


venerdì 14 febbraio 2014

Per tutti quelli che si amano

 

JACQUES PRÉVERT

QUESTO AMORE

Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
Cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
Questo amore così vero
Questo amore così bello
Così felice
Così gioioso
Così irrisorio
Tremante di paura come un bambino quando è buio
Così sicuro di sé
Come un uomo tranquillo nel cuore della notte
Questo amore che faceva paura
Agli altri
E li faceva parlare e impallidire
Questo amore tenuto d'occhio
Braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
Questo amore tutt'intero
Così vivo ancora
E baciato dal sole
È il tuo amore
È il mio amore
È quel che è stato
Questa cosa sempre nuova
Che non è mai cambiata
Vera come una pianta
Tremante come un uccello
Calda viva come l'estate
Sia tu che io possiamo
Andare e tornare possiamo
Dimenticare
E poi riaddormentarci
Svegliarci soffrire invecchiare
Addormentarci ancora
Sognarci della morte
Ringiovanire
E svegli sorridere ridere
Il nostro amore non si muove
Testardo come un mulo
Vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Stupido come i rimpianti
Tenero come il ricordo
Freddo come il marmo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino
Ci guarda sorridendo
Ci parla senza dire
E io l'ascolto tremando
E grido
Grido per te
Grido per me
Ti supplico
Per te per me per tutti quelli che si amano
E che si sono amati
Oh sì gli grido
Per te per me per tutti gli altri
Che non conosco
Resta dove sei
Non andartene via
Resta dov'eri un tempo
Resta dove sei
Non muoverti
Non te ne andare
Noi che siamo amati noi t'abbiamo
Dimenticato
Tu non dimenticarci
Non avevamo che te sulla terra
Non lasciarci morire assiderati
Lontano sempre più lontano
Dove tu vuoi
Dacci un segno di vita
Più tardi, più tardi, di notte
Nella foresta del ricordo
Sorgi improvviso
Tendici la mano
Portaci in salvo.

(da Paroles, 1946)

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Eccolo anche quest’anno il giorno del «Ti amo», il San Valentino festa degli innamorati. Fermo restando che si ama anche gli altri 364 giorni, pur senza rose o cioccolatini, celebriamolo con  una delle più belle poesie d’amore di Jacques Prévert. Sono  versi struggenti, un vero e proprio inno all’amore come ancora di salvezza, come mezzo per superare la condizione umana.

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JACK VETTRIANO, “BACK WHERE YOU BELONG”

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LA FRASE DEL GIORNO
L'amore è il fine ultimo della storia universale, l’amen dell’universo.
NOVALIS, Frammenti




Jacques Prévert (Neuilly-sur-Seine, 4 febbraio 1900 – Omonville-la-Petite, 11 aprile 1977), poeta e sceneggiatore francese. Surrealista, anarchico, polemico, umorista: molte sono le facce di Prévert, ma una la convinzione che sottende la sua poetica: l’amore è l’unica salvezza del mondo


giovedì 13 febbraio 2014

Più felici

 

EZRA POUND

SALUTO

O la generazione dei completamente soddisfatti
         e degli assolutamente scomodi,
Ho visto i pescatori fare merenda al sole,
Li ho visti con famiglie sciatte,
Li ho visti con sorrisi pieni di denti
         ed ho sentito il loro riso sgraziato.
Ed io sono più felice di voi,
E loro erano più felici di me.
E i pesci nuotano nell’acqua
         e non hanno neanche il vestito.

(da Lustra, 1916 - traduzione di G. Singh)

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Il saluto al mondo del poeta statunitense Ezra Pound ha qualcosa dell’ispiratore Walt Whitman, ma naturalmente declinato con la sua particolare poetica. Risalta l’idea di Pound che fare poesia sia in un certo senso fare didattica, educare la società con senso etico e critico.

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JOHN SOMA, “FISHERMEN”

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LA FRASE DEL GIORNO
Vieni, amica, e ricorda / che i ricchi hanno maggiordomi e non amici. / E noi abbiamo amici e non maggiordomi.
EZRA POUND, Lustra




Ezra Weston Loomis Pound (Hailey, Idaho, 30 ottobre 1885 – Venezia, 1º novembre 1972), poeta, saggista e traduttore statunitense. Visse per lo più in Europa – in Italia particolarmente - e fu uno dei protagonisti del modernismo e della poesia di inizio XX secolo: temi ricorrenti la nostalgia per il passato e la fusione tra culture diverse.


mercoledì 12 febbraio 2014

Scrivi e non vuoi ricordare

 

NIKOLA MADZIROV

COLUI CHE SCRIVE

Tu scrivi. Di cose che già esistono.
Mentre esse dicono che te le inventi.

Sei silenzioso. Come una rete lanciata
da pescatori clandestini. Come un angelo
che sa cosa porterà la notte.

E viaggi. Scordi
per potere ritornare.

Scrivi e non vuoi ricordare
la pietra, il mare, i fedeli
che dormono con le mani disgiunte.

(da Poesia, n. 290- Traduzione di Piero Salabè)

 


La rivista Poesia di febbraio, numero 290, propone una scelta di liriche di Nikola Madzirov, poeta macedone. Questi versi rappresentano bene la sua poetica, quella di un esule da se stesso, di un uomo che si interroga sul destino, sulla precarietà del vivere e del sentire, e alla fine il poeta è colui che cerca di interpretare quello che accade: “Molte cose sono cambiate nel mondo / da allora, molte cose il mondo ha cambiato in noi”.

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Painting-by-Daniel-Cacoua-001

DIPINTO DI DANIEL CACOUA

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LA FRASE DEL GIORNO
L’istante lontano mi chiede ogni giorno: / “È questa la finestra?”, “È questa la vita?” e io rispondo:  / “Sì”, ma in realtà, “non so”, non so se / parleranno gli uccelli senza dire “cielo”.
NIKOLA MADZIROV




Nikola Madzirov (Strumica, 27 maggio 1973), poeta, saggista e traduttore macedone. È coordinatore internazionale per Lyrikline, Haus für Poesie di Berlino. Ha vinto il premio Studentski Zbor per il miglior debutto in Macedonia e successivamente il premio DJS per il contributo alla poesia internazionale in Cina.


martedì 11 febbraio 2014

Ode alle piccole cose

 

PAOLA MALAVASI

COSE PICCOLE

Nel novero delle cose piccole
metterei la piantina che ho comprato al mercato.
Estati che valgono una vita e torte di compleanno tonde
come la solitudine.

Nel novero dei minimi particolari
ci sono la foglia che è spuntata ieri e il momento in cui
dalle mie mani e dal forno elettrico
lievitarono un profumo di mollica e la crosta del pane.
Le radici rinnegate, gli orchestrali piumati
che danno la sveglia al mattino
e aumentano via via che cresce la quercia.
Poi l’albero delle albicocche, quando a giugno
si macchia di frutta e non sai perché.
La consolante disperazione, non l’indifferenza.
L’alfabeto del dolore, imparato con lezioni private memorabili.

Nel novero delle cose piccole
c’è questa vita di assolo, allegretti, foglie che si aprono sempre,
farina che resuscita senza miracolo, e polvere era.
Segni scompaginati dal vento.
Però con un senso del ritmo e forse anche del metro.

(da A questo servono le lacrime, Interlinea, 2006)

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La felicità delle piccole cose ci prende talvolta, immotivata, inattesa: Banana Yoshimoto nel Coperchio del mare scrive: “A differenza che nelle grandi difficoltà della vita, nelle piccole cose, nei momenti che passano in un lampo, risplende quella luce misteriosa che si vede quando si realizza un sogno”. E quel lampo coglie anche la poetessa Paola Malavasi: piccole cose che sono il sogno, la meraviglia, la poesia…

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little_things

SUSAN MEYER, “LITTLE THINGS”

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LA FRASE DEL GIORNO
Le piccole cose hanno l'aria di nulla, ma ci danno la pace.
GEORGES BERNANOS, Diario di un curato di campagna




Paola Malavasi (Viterbo, 1965 - Venezia, 18 settembre 2005), poetessa e traduttrice italiana. La sua poesia è una ricerca ontologica, a suo modo religiosa, e stilistica, che l’ha portata ad una capacità espressiva puntuale ma asciutta, ricca ma sobria, improntata sul rifiuto dei toni assordanti.


lunedì 10 febbraio 2014

Uno sguardo al cielo


ATTILA JÓZSEF

COSCIENZA, 7


Da quaggiù ho dato uno sguardo di sera
alle ruote dentate dei cieli -
dai casuali fili splendenti
il telaio del passato ha intessuto le sue leggi:
ho dato uno sguardo di nuovo al cielo
e sotto i miei sogni aeriformi
ho visto che il tessuto della legge
da qualche parte si lacera sempre.


(da Ballo d’orso, 1934 - Traduzione di Edith Bruck)

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La figura febbricitante di Attila József, inquieto poeta ungherese, si pone interrogativi sul senso del vivere, sulla connessione tra sogni e reale, su quello che va al di là del visibile e che in definitiva è l’essenza stessa della poesia. Così, se davvero “l’ordine è un mondo ferreo”, tuttavia la sua legge ammette eccezioni.

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Big-Painting-blue-sky
JACQUELINE LOH, “BIG BLUE SKY”

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LA FRASE DEL GIORNO
Da centomila anni sto guardando / quello che ora soltanto vedo. / Dunque è un attimo tutto il tempo / che centomila avi in me stanno guardando.
ATTILA JÓZSEF




Attila József (Budapest, 11 aprile, 1915 - Balatonszárszó, 3 dicembre 1937), poeta ungherese,  incompresa voce del proletariato. Studiò lettere e filosofia a Szeged, Parigi e Vienna; fu redattore della rivista letteraria Szép Szó Il tono della sua lirica è dato dalle amare esperienze dell'infanzia e della giovinezza e dalla sua adesione al socialismo.


domenica 9 febbraio 2014

Ai tempi di Troia

 

NIKIFÒROS VRETTÀKOS

ACHEO CONTEMPORANEO

Meglio aver vissuto ai tempi di Troia.
Potevo fare allora qualcosa di più, chissà,
invece di questa paralisi e incertezza
e questa paura ogni giorno, queste traversie
nell'ultima metà del ventesimo secolo.

Forse allora con una cetra, traversando di corsa
su e giù l'accampamento, avrei cantato
carmi epici, per infondere coraggio ai Greci,
forse avrei potuto dar consigli ad Achille,
far finire prima la guerra e certo
con esempi più nobili e generosi,
senza cavalli di legno, senza gli inganni
degradanti per gli eroi e soprattutto senza
quell'incendio e quella spada
che annientarono Ilio. Allora forse
non sarebbero periti Ettore e altri numerosi,
belli come i Greci.
                           Forse
poi avrebbe preso anche me Ulisse,
uno in più tra i suoi compagni,
per dieci anni o anche oltre, – che importa?
una mia Itaca io non l'avevo – e forse gli dèi
non adirati, ma benevoli ci avrebbero
mantenuto propizio il tempo per la nave.

Meglio aver vissuto ai tempi di Troia,
e non ora, quando fuggendo lontano dalla patria
(ma Troia non è caduta, le nostre bandiere
ormai lacere, ed Elena
abbandonata alle nostre spalle) vado errando
da trent'anni, di qua e di là nei paesi degli amici,
senza Itaca, senza fede, senza compagni.

1974

(Traduzione di Gilda Tentorio)

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Ci è capitato in sorte questo tempo e in esso ci tocca vivere. Il poeta greco Nikifòros Vrettàkos si domanda per pura ipotesi se l’epoca in cui vive è migliore di altre, in particolare – lui spartano di nascita – di un secolo remoto come quello della guerra di Troia, databile ormai a più di tre millenni fa. Vrettàkos, esule dal 1967 al 1974 in Svizzera e in Italia per sfuggire la dittatura militare nel suo paese, conclude amaro che tutto sommato era meglio allora: e vive in questo tempo come un Acheo estrapolato da quell’epoca.

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FOTOGRAMMA DAL FILM “ELENA DI TROIA”, 1956 © WARNER BROS

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LA FRASE DEL GIORNO
E sento / d'essere nato troppo tardi…  Meglio / vivere al tempo sacro del risveglio, / che al tempo nostro mite e sonnolento.
GUIDO GOZZANO, I colloqui




Nikifòros Vrettàkos (Krokeès, 1° gennaio 1912 – Plumitsa, 4 agosto 1991), scrittore e poeta greco. Partito per Atene alla scoperta del mondo, ne fu deluso. Prese parte in prima linea alla Seconda guerra mondiale e alla resistenza. Espulso dal Partito Comunista per il suo umanesimo di pace, visse in esilio la dittatura dei colonnelli.


sabato 8 febbraio 2014

Treno di notte

 

HANS SAHL

METROLINER

Stato crepuscolare di cose in dormiveglia
sul treno speciale attraverso la notte.
S’aprono e si chiudono impercettibilmente
le porte sulle ruote senza far rumore
come occhi sulla ninna nanna.
Braccia che ti sfiorano mentre passano,
compagni in marcia solitaria,
vacillanti che t’afferrano,
in fuga verso una terra di nessuno,
in fuga tra ieri e oggi
nel treno speciale attraverso la notte.

1981


(da La Talpa, 1991)

 

Hans Sahl, poeta tedesco che nel 1933 abbandonò il suo paese sommerso dal nazismo in cerca di libertà nell’esilio prima a Praga, poi a Zurigo e Parigi e infine negli Stati Uniti, per anni riuscì a scrivere solo dell’orrore degli anni di Hitler: “Se non tu, chi altro? Già, se non tu, chi altro è rimasto in vita che possa riferire come Brecht sputava e Thomas Mann si schiariva la voce? Se non tu, chi altro potrebbe vantarsi d'esser stato presente prima che Ninive sprofondasse e Berlino ancora non fosse un mito, bensì una città? Se non tu, chi altro sarebbe più adatto a narrare ai giovani come erano i loro padri?”. Finalmente pacificato, dopo molti anni trascorsi in America, cominciò a scrivere di New York e della sua vita. A questo filone appartiene la poesia di oggi: un viaggio in metropolitana, con tutta la varia umanità che si può incontrare nella “Subway”.

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Metro

FOTOGRAFIA © TWIG OF THE FUTURE / FLICKR

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LA FRASE DEL GIORNO
Questi volti apparsi nella folla; / petali su un ramo umido e nero.
EZRA POUND




Hans Sahl, nato Hans Salomon (Dresda, 20 maggio 1902 - Tubinga, 27 aprile 1993), poeta, critico e romanziere tedesco. Proveniente da un ambiente ebraico, fuggì dalla Germania a causa dei nazisti. La maggior parte della sua opera letteraria è stata creata in esilio a New York; ma importanti furono anche le sue traduzioni delle opere di autori americani.




venerdì 7 febbraio 2014

Unico e solo amore

 

RAINER MALKOWSKI

PARCO PUBBLICO

Sotto pini marittimi in stretto cerchio
otto panchine su spiazzo sabbioso
a Villa Borghese.

Su ogni panchina una coppietta.

Stessa positura delle gambe,
stessa posizione del capo,
simultanei abbracci
e baci.

Unico e solo
amore.

(da Ospite, 1983 – Traduzione di Gio Batta Bucciol)

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Un bozzetto, una miniatura di un poeta-osservatore: il berlinese Rainer Malkowski ritrova in Roma una seconda casa che ama più della prima e in un angolo del parco di Villa Borghese tratteggia questo inno dell’amore universale, identico nei gesti in ogni parte del mondo.

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STEVE McCURRY, “1994. LOVERS IN VILLA BORGHESE GARDENS”

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LA FRASE DEL GIORNO
L’amore è un gran maestro, insegna d’un sol colpo.
PIERRE CORNEILLE, Le Menteur




Rainer Malkowski (Berlino, 26 dicembre 1939 - Brannenburg, 1° settembre 2003), poeta tedesco. Con tono laconico, ha creato poesie in cui la natura gioca un ruolo importante e che mostrano una grande affinità con la Nuova Soggettività. Per lui si trattava soprattutto di osservare e della rassicurante consapevolezza di osservare.


giovedì 6 febbraio 2014

Nella memoria il tuo riso

 

NIKIFÒROS VRETTAKOS

LA PIOGGIA E IL GIGLIO

Le mie ultime parole sono diventate un nodo.
Quando farà sera, diventeranno pioggia.
Innaffierò un giglio.
                                  Tengo
nella memoria il tuo riso. Cucirò con questo
               una veste al giglio.

(da L’abisso del mondo, 1961 - traduzione di Gilda Tentorio)

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Poesia che diventa vita, che si trasforma in pioggia e nutre il ricordo, lo vivifica, lo orna, lo riveste di tutto lo stupore di cui essa è capace: il poeta greco Nikifòros Vrettakos affida il suo messaggio all’analogia, al potere che hanno le immagini di evocare altro, di spalancare altri mondi, di penetrare la cortina del visibile: “Il miracolo del mondo è un incendio che arde / nelle fibre più intime”.

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VLADIMIR KUSH, “MUSIC OF THE WOODS”

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LA FRASE DEL GIORNO
Tenevo / in mano la penna e dove / trovavo sole, immergevo la punta / e scrivevo versi.
NIKIFÒROS VRETTÀKOS, L’abisso del mondo




Nikifòros Vrettàkos (Krokeès, 1° gennaio 1912 – Plumitsa, 4 agosto 1991), scrittore e poeta greco. Partito per Atene alla scoperta del mondo, ne fu deluso. Prese parte in prima linea alla Seconda guerra mondiale e alla resistenza. Espulso dal Partito Comunista per il suo umanesimo di pace, visse in esilio la dittatura dei colonnelli.