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domenica 30 giugno 2019

Il riso degli dei


THANASSIS LAMBRU

MICENE

Ho visto Micene
che un tempo fu ricca d'oro
e oggi il vento entra ed esce
scavando le cicatrici sulle mura.
Ho salito le scale verso sera
il vento forte avvolgeva le pietre come un rogo
le stesse pietre che la porpora e il sangue rivestirono
e ora sono indissolubilmente unite nella stessa rete
(chi il carnefice? chi la vittima?)
con le grida ancora vive
che percuotono ancora con forza le rupi
e tornano indietro con gli uccelli.
Mi sono appoggiato all'ombra delle pietre erose
e chiudendo gli occhi
mi sono visto passare davanti danzando
l'addetto ai segnali di fuoco e il rogo
Agamennone Egisto Clitennestra
il riso degli dèi e i cicli del tempo
la terra nera il cielo il mare
e la difficile affermazione di ogni cosa
tutto unito
trascinato in alto da un'aquila reale
nella folgore che si avvolgeva come un serpente

frustando dall'alto la vetta del Profeta Elia.


(da Poesia, n. 327, Giugno 2017 - Traduzione di Nicola Crocetti)
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Ci sono luoghi dove la storia millenaria non è mai sparita del tutto, ma persiste nelle rocce, nei ruderi, penso a Roma, a Paestum, alla Sicilia. E naturalmente ciò vale ancora di più per la Grecia, culla della civiltà e del pensiero occidentale: così il poeta greco Thanassis Lambru ripercorre le pagine del mito calcando le strade di quello che resta di Micene, nel sito archeologico non lontano da Argo, che racchiude la testimonianza di una città che fu importante centro politico ed economico nel secondo millennio prima di Cristo.
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FOTOGRAFIA © ANDREAS TREPTE _ OPERA PROPRIA, CC BY-SA 2.5
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LA FRASE DEL GIORNO
Solo nelle poesie le parole non sono parole / ma vento condensato, terra, luce e aria.
THANASSIS LAMBRU, Percorsi





Thanassis Lambru (Lamia, 20 dicembre 1962), poeta greco. Laureato in giurisprudenza presso l'Università Aristotele di Salonicco. Ha continuato i suoi studi di filosofia, letteratura classica e storia dell’arte in Germania presso l'Università di Friburgo.


sabato 29 giugno 2019

Una pozzanghera


MARIA PAWLIKOWSKA

LA PRÉCIEUSE

Ti vedo avvolta nella pelliccia
incerta di fronte ad una pozzanghera
con il pechinese in braccio, l'ombrello e una rosa...
E come potrai mai fare un passo nell'infinito?

(da Baci, 1926 - Traduzione di Krystyna Jaworska)

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Una piccola scena, una miniatura poetica tra le tante che compongono Baci, raccolta della poetessa polacca Maria Pawlikowska edita nel 1926: una signora-bene, con tutti i tratti distintivi, dalla pelliccia al cagnolino, dall’ombrellino alla rosa: e quello che per la gente comune non è un ostacolo, ovvero una pozzanghera, diventa insormontabile. La Pawlikowska sposta allora il piano della sfida e la domanda si fa esistenziale: come è possibile per questa donna, frenata dalle convenzioni sociali e appesantita dagli orpelli terreni, affrontare la vita, il senso delle cose ultime?

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FOTOGRAFIA © MEITENG/RGBSTOCK

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LA FRASE DEL GIORNO
È facile ammirare i fiori, / ma essere un fiore…
MARIA PAWLIKOWSKA, Baci




Maria Pawlikowska-Jasnorzewska, nata Kossak (Cracovia, 24 novembre 1891 – Manchester, 9 luglio 1945), poetessa polacca. Autrice prolifica, denominata la “Saffo polacca”, fu la regina della scena poetica del suo paese durante il periodo tra le due guerre.


venerdì 28 giugno 2019

L’ultimo vestito che mi hai tolto


WU ZETIAN

CANTO D’AMORE DELL’IMPERATRICE WU

Da quando te ne sei andato
non riesco a pensare ad altro
che non sia tu. Non mi credi?
Da allora
non faccio altro che aprire il mio armadio
e guardare, accarezzare, annusare
l'ultimo vestito che hai tolto.

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Eros purissimo e modernissimo – rivaleggia ad esempio con i versi della poetessa messicana Lucía Rivadeneyra: “L'attaccapanni soffre con me / se stacchi i tuoi indumenti per andartene / a camminare senza grinze per le strade” – eppure questa poesia risale addirittura al VII secolo dopo Cristo. E non è tutto: a scriverla fu addirittura un’imperatrice, Wu Zetian, a dimostrare che di fronte all'amore non esistono ranghi, classi e neppure la saggezza.

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DIPINTO DI LI QINGZHAO

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LA FRASE DEL GIORNO
Sarai stanco amore, perché è tutto il giorno che cammini nella mia testa.
WILLIAM SHAKESPEARE, Romeo e Giulietta




Wu Zetian, conosciuta anche come Imperatrice Wu (Guangyan, 17 febbraio 624 – Luoyang, 16 dicembre 705), fu l'unica imperatrice cinese a fondare la propria dinastia, chiamata Zhou e regnò con il nome di “imperatore Shengshen” dal 690 al 705. La sua corte fu un centro di produzione letteraria e poetica e lei stessa scrisse numerose poesie.


giovedì 27 giugno 2019

Disarmato è il cuore


NELO RISI
SOTTO I COLPI

C’è gente che ci passa la vita
che smania di ferire:
dov'è il tallone gridano dov'è il tallone,
quasi con metodo
sordi applicati caparbi.


Sapessero
che disarmato è il cuore
dove più la corazza è alta
tutta borchie e lastre, e come sotto
è tenero l’istrice.


(da Pensieri elementari, Mondadori, 1961)

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Quanto sono attuali questi versi del poeta Nelo Risi, scritti quasi sessant’anni fa: cambiano i tempi, cambiano le società e i mezzi di comunicazione ma l’uomo rimane lo stesso. L’inutile sadismo continua ad affiorare, la violenza che fa sì - parafrasando Quasimodo - che l’uomo del mio tempo sia “ancora quello della pietra e della fionda” usando il più delle volte un social media per riversare il suo odio ignorando spesso quanto possa essere debole l’essere umano.
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IMMAGINE DA TUMBLR
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LA FRASE DEL GIORNO
Noi ci muoviamo, quasi eretti / acclimatati un po’ frenetici / in giungle di vetro o in un campo / magnetico e la bestia, se non salta, / la si avverte meno.
NELO RISI, Pensieri elementari





Nelo Risi (Milano, 21 aprile 1920 - Roma. 17 settembre 2015), poeta e regista italiano. Laureato in Medicina, non praticò mai la professione. Partito da una lezione montaliana, si staccò dall’ermetismo trovando il suo spazio espressivo in uno spirito critico, spesso ideologico, capace di indagare con una precisione nitida e scrupolosa gli aspetti psicologici e sociali del vivere.


mercoledì 26 giugno 2019

Ballare con Ulisse



MARÍA MERCEDES CARRANZA

VOGLIO BALLARE CON ULISSE

“Heureux qui comme Ulysse
   a fait un beau voyage”.
   Joachim du Bellay

Voglio invitare a ballare Ulisse,
voglio bere con lui e che mi racconti
di che colore erano gli occhi del giovane Achille.
Voglio che mi canti il canto delle sirene
e che mi parli delle sue notti insonni
sulle acque del Mediterraneo.
Voglio sapere della sua complicità con Circe
sull’isola di Ea e delle sue strane
cerimonie e degli incantesimi.
Voglio che Ulisse faccia l’amore con me
e che a letto mi dica
come erano i vestiti di Elena
e se Paride era come lo dipinge Rubens.
Voglio sapere che cosa vide nel paese dei Lotofagi,
di che colore erano le montagne in Eolide.
Voglio che mi dica perché ritornò a Itaca.


(da Ho paura, 1983)

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“Nessun libro finisce; i libri non sono lunghi, sono larghi” scrisse Giorgio Manganelli. Così, quando i grandi libri sono – diciamo – “terminati”, restano dentro di noi, continuano a ribollire, a fermentare come buoni vini nelle botti. E spesso, una volta chiusa l’ultima pagina, fantastichiamo sul destino dei personaggi, su quello che succederà dopo che la storia raccontata dall’autore si conclude. Oppure torniamo a frequentare i personaggi, come se non li avessimo mai lasciati su quelle pagine. Così fa con Ulisse la poetessa colombiana María Mercedes Carranza.

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N.C. WYETH, "ODISSEO E PENELOPE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira.
J.D. SALINGER




CarranzaMaría Mercedes Carranza (Bogotá, 24 maggio 1945 – 11 luglio 2003), poetessa e giornalista colombiana. La sua opera poetica, secondo James J. Alstrum, è “demolitoria, ma sana e necessaria per indirizzare la poesia su percorsi insoliti”.


martedì 25 giugno 2019

Dove sono dunque?


QEYSAR AMINPOUR

APPUNTI PERSI

Dove sono dunque?
Ho messo sottosopra
più volte le mie carte:
documenti d’ufficio, il conto degli straordinari e dei recuperi,
le carte di credito,
gli inviti ai matrimoni e le partecipazioni ai lutti,
bollette di acqua, luce ed altre,
buste paga, l’assicurazione, multe e buoni pasto,
lettere circolari,
lettere ufficiali e di circostanza,
lettere personali e confidenziali di referenza,
ricevute di rate di mutuo,
rate mai terminate, infinite…
Dove sono allora?
Ho messo sottosopra
più volte le tasche sgualcite:
alcuni biglietti piegati,
vecchie banconote stropicciate,
monete annerite,
scontrini della spesa,
acquisti per la casa…
Ma dove sono dunque,
gli appunti persi, utili per l’immortalità.


(da Poesia, n. 273, Luglio-Agosto 2012 - Traduzione di Chiara Riccarand)

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Un elenco di carte e documenti che si possono trovare nelle case di ognuno di noi e che rappresentano la nostra vita, i rapporti con il mondo del lavoro, con la società, con la burocrazia, con i consumi. E un elenco di cose che possiamo trovare nelle tasche: denaro, ricevute, scontrini che testimoniano il nostro rapportarci con il mondo. Eppure, quello che davvero ci serve, dice il poeta iraniano Qeysar Aminpour, lo abbiamo smarrito.

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PATTON WILSON, "AUTORITRATTO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Necessariamente / con un suono dal silenzio / e per sempre sospeso / tra due precipizi / cammino; / il mio destino è scrivere.
QEYSAR AMINPOUR




Qeysar Aminpour (Gotvand, 2 aprile 1959 - Teheran, 30 ottobre 2007), poeta iraniano, considerato come uno dei fondatori della poesia persiana dopo la Rivoluzione islamica del 1979. Fu redattore di Soruš e docente alle università di al-Zahra e di Teheran.

lunedì 24 giugno 2019

Passa la mano tra i miei capelli



JOSEP PALAU I FABRE

OMBRA D’ANNA

a Blanca

Passa la mano tra i miei capelli, Anna,
        passa la mano.
Sarò un bambino per i tuoi consigli, Anna
        - un vecchio.

Guarda la neve sulla mia fronte, Anna,
        e i disinganni.
Mi pesa vivere in questo mondo, Anna:
        ho già mille anni

La viva fiamma che mi consuma, Anna,
        non ha riposo,
e non vedo niente perché sono luce, Anna,
         vivo senza corpo.

Passa la mano tra i miei capelli, Anna,
        passa la mano.
Senza dire niente dammi un consiglio, ora,
        che sono stanco.


(da Poesie dell’Alchimista, 1943)

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La fatica di esistere, il peso del “mestiere di vivere” di Pavese, pervade i versi del poeta catalano Josep Palau i Fabre. Ma, come un controcanto, si erge la speranza, sotto forma di una donna, Anna, quasi una divinità materna capace di imporre la sua mano consolatrice.

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SCENA DAL FILM "LA CONSOLATION" DI CYRIL MENNEGUN © UNITÉ DE PRODUCTION
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LA FRASE DEL GIORNO
Verso: tu sei identico a me. / Mi vedo in te e tu mi vedi. / Siamo due voci in  contemporanea? / Ma quale è di chi? Quale?
JOSEP PALAU I FABRE, Poesie epigrammatiche




Josep Palau i Fabre (Barcellona, 21 aprile 1917 – 23 febbraio 2008), narratore, drammaturgo, saggista, massimo esperto di Picasso. Fu il principale esponente della letteratura in lingua catalana del dopoguerra. Ammaliato dall’alchimia, la applica alla poesia, intesa non “come fine a se stessa, ma come mezzo d’esplorazione, o di sperimentazione”.


domenica 23 giugno 2019

Un magnifico detto


TOMMASO LANDOLFI

ADDIO, MONTI SORGENTI

«Addio, monti sorgenti...»
Un magnifico detto ( non servono commenti)
Che ci serba la mente che non erra.
Ma non sempre però tornano i conti:
Da nessun’acqua a noi sorgono monti
E non abbiamo terra.


(da Des mois, Vallecchi, 1967)

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Lo scrittore Tommaso Landolfi dissemina questa sestina in Des mois, opera diaristico- meditativa nella quale, con asciutta essenzialità moralistica, analizza la vita tentando invano di dipanare una matassa di inquietudini e di dubbi, di lacerazioni esistenziali, della consapevolezza che la realtà sia inconoscibile: ne nasce questa parodia del passo probabilmente più celebre, a parte l’incipit, dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni.

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LUIGI BIANCHI, “ADDIO, MONTI SORGENTI”

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LA FRASE DEL GIORNO
Ma, santo Dio, si rifletta che un vero conforto non può venirci se non da un verso solo: lasciamogli spiegare il canto, al poeta, e ci avvedremo di non aver nulla in comune con lui e che egli non può giovarci in alcun modo.
TOMMASO LANDOLFI, Des mois





Tommaso Landolfi (Pico, 9 agosto 1908 – Ronciglione, 8 luglio 1979), scrittore, poeta e traduttore italiano. Anche se poco noto al grande pubblico, complice la lingua estremamente ricercata e la poetica per certi versi assimilabile al Surrealismo, e una certa distanza dalle tendenze letterarie italiane, è considerato uno degli scrittori italiani di maggior rilievo del Novecento.

sabato 22 giugno 2019

La neve nuda come una donna


MARC PATIN

I POETI E I PROFETI


Ho visto il cielo in una stella e il fuoco nero nel cuore dell’albero
La neve nuda come una donna
E il sangue sdraiato sulla sabbia

Ho visto il giorno l’orecchio contro il vetro
La barca di guardia affondare nella notte
Ho visto due occhi più forti
Più selvatici dei frutti

Ho visto uomini nella pianura
Coperti di polvere di rami secchi di riflessi
Uomini di carne una notte
Tenevano per mano una luna spenta una mano di donna un ferro di cavallo

Avevano sul volto
Il respiro acre degli stretti


17 dicembre 1943


(da L’ebano ha annegato l’avorio delle nostre notti, 1943)

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Surrealismo allo stato puro in questi versi del poeta francese Marc Patin, scritti durante il terribile periodo del lavoro obbligatorio a Berlino presso l’oppressore nazista – morirà di polmonite nemmeno tre mesi dopo. Eppure ha ancora l’occasione di essere visionario, di sottolineare il legame inconscio tra profeti e poeti, come se questi stessi ricevessero in sogno il loro messaggio.

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VLADIMIR KUSH, "ATLAS OF WANDER"

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LA FRASE DEL GIORNO
Ci sarà un amante un giorno sulla strada verso l’amata / Immobile ai piedi del passato / / Ci sarà un giorno un amante che verrà con le mani / nude e avide a domare le forme irrequiete della terra / appassionata.
MARC PATIN, L’ebano ha annegato l’avorio delle nostre notti




Marc Patin (Nogent-sur-Marne, 4 ottobre 1919 – Berlino 13 marzo 1944), scrittore e poeta surrealista francese. Partito dal Group du Luxembourg, si unisce ai neodadaisti di Les Réverbères. Costretto al lavoro obbligatorio in Germania, è deportato a Berlino e impiegato come tornitore in condizioni di vita dure e precarie alla Argus Motoren. Ammalatosi di polmonite, muore a 24 anni.


venerdì 21 giugno 2019

Lunga furente estate


VITTORIO SERENI

UN’ALTRA ESTATE

Lunga furente estate.
La solca ora un brivido sottile
alle foci del Tresa
sì che alcuno ne trema
dei volti già ridenti,
ora presaghi.
Ma tutto quanto non soggiacque all'afa
s'appunta al volo
degli uccelli lentissimi del largo
avventurati negli oscuri golfi
di un'Italia infinita.


(da Frontiera, Edizioni di Corrente, 1941)

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Alle 17.54 i il sole raggiunge, nel suo moto apparente lungo l'eclittica, il punto di declinazione massima: ciò segna l’inizio dell’estate boreale. Ecco la calda stagione raccontata allora dal poeta luinese Vittorio Sereni che sfoggia un incipit virgiliano (Furit aestus) per sottolineare l’arsura estiva, quelle che un tempo venivano chiamate “vampe d’estate” e che ora vengono definite “bolle di calore”, appena mitigate dalla brezza che soffia dove il fiume Tresa confluisce nel Lago Maggiore.

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FOTOGRAFIA © TOPFLIGHT

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LA FRASE DEL GIORNO
Vorrei che fosse sempre estate e che nessuna anomalia atmosferica venisse a turbarla. Essere in disaccordo con le stagioni significa essere in disaccordo con l’esistenza a cominciare da se stessi.
VITTORIO SERENI, Gli immediati dintorni primi e secondi




Vittorio Sereni (Luino, 27 luglio 1913 – Milano, 10 febbraio 1983), poeta italiano, è il capostipite della variante lombarda del novecentismo poetico, detto “Linea lombarda”. Ufficiale di fanteria, viene fatto prigioniero dopo l’8 settembre 1943. Nel dopoguerra è direttore letterario di Mondadori e cura la prima edizione dei Meridiani.


giovedì 20 giugno 2019

Sorpreso e raddolcito


GIUSEPPE UNGARETTI

RISVEGLI

Mariano, il 29 giugno 1916

Ogni mio momento
io l’ho vissuto
un’altra volta
in un’epoca fonda
fuori di me

Sono lontano colla mia memoria
dietro a quelle vite perse

Mi desto in un bagno
di care cose consuete
sorpreso
e raddolcito

Rincorro le nuvole
che si sciolgono dolcemente
cogli occhi attenti
e mi rammento
di qualche amico
morto

Ma Dio cos’è?

E la creatura
atterrita
sbarra gli occhi
e accoglie
gocciole di stelle
e la pianura muta

E si sente
riavere


(da II porto sepolto, Stabilimento tipografico friulano, dicembre 1916)

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“Il porto sepolto è ciò che di segreto rimane in noi indecifrabile” scrisse Giuseppe Ungaretti a proposito di questa raccolta di guerra, edita da Ettore Serra nel 1916 e confluita poi nell’Allegria. “Risvegli” è la traccia poetica scelta dal Ministero per la prova d’italiano alla maturità 2019: un testo che giocoforza rientra in quella definizione, che presenta un uomo catapultato dentro la guerra in una natura a lui estranea e che prende coscienza di quella situazione e si interroga sulla condizione umana. Quei risvegli non sono soltanto il ridestarsi dal sonno ma sono anche un risveglio interiore, un riportare alla luce le proprie emozioni come gli archeologi riportarono alla luce il porto sepolto di Alessandria d’Egitto, città natale del poeta.

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FOTOGRAFIA © ZAVAN

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LA FRASE DEL GIORNO
Chiuso fra cose mortali / (Anche il cielo stellato finirà) / Perché bramo Dio?
GIUSEPPE UNGARETTI, L’Allegria




Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) è uno dei tre grandi poeti dell’Ermetismo italiano. Trasferitosi a Parigi nel 1912, prese parte alla Prima guerra mondiale nelle trincee del Carso e poi in Champagne. Dal 1935 al 1942 insegnò in Brasile e dal 1947 al 1965 fu professore di letteratura moderna alla Sapienza.


mercoledì 19 giugno 2019

Fumo


ÁNGEL GONZÁLEZ

INVANO

Ho lavorato l’aria
l’ho affidata al vento:
volò, si dissolse,
ritornò silenzio.

Per il vasto mare,
negli alti cieli,
ho lavorato il nulla,
ho compiuto la fatica,
ho perforato la luce
ho penetrato il mistero.

Invano, ora,
invano, quindi;
fumo sono le mie opere,
cenere i miei fatti.

…e il mio cuore
rimane in loro.


(da Senza speranza, con convinzione, 1961)

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“Canta il dolore o la disperazione, il grigio annullarsi nella frustrazione o nella tristezza irrimediabile del fallimento dei sogni” scriveva già nel 1968 Guillermo Díaz-Plaja della poesia di Ángel González. Una descrizione che calza a pennello per questi versi che sono una specie di amaro bilancio – lo stesso Ángel si definì “un uomo con astio per tutto” – e che perdono in tale occasione quella sottile vena ironica che di solito nelle sue poesie pennella con un tocco di colore la consueta malinconia dello scorrere del tempo.

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MIHAI CRISTE, “DIARIO DELLE MAREE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Dicono che l'acqua passata non macina più. Ma il fiume della vita che è passato continua a macinarmi vivo, fatto polvere nell'amore dell'acqua, quell'acqua, il cui lontano mormorio sente ancora il mio cuore.
ÁNGEL GONZÁLEZ, Nulla di grave




Ángel González Muñiz (Oviedo, 6 settembre 1925 – Madrid, 12  gennaio 2008), poeta spagnolo della Generazione del ‘50. Premio Principe delle Asturie nel 1985 e Premio Regina Sofia nel 1996. La sua opera mescola intimismo e poesia sociale con un tocco ironico. Il passare del tempo, l’amore e la civilizzazione sono i suoi temi ricorrenti, giocati su toni di un’ottimistica malinconia.

martedì 18 giugno 2019

Fioriscono i tigli


ADAM ZAGAJEWSKI

I TIGLI


Quanta dolcezza –
la città è sotto anestesia:
il ragazzo scarno che quasi
non occupa spazio sulla terra,
e il cane,
e io, soldato in una guerra invisibile,
e il fiume che amo.
Fioriscono i tigli.


(da Dalla vita degli oggetti, a cura di Krystyna Jaworska, Adelphi, 2012)

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Il profumo dei tigli in fiore in questi giorni, ma soprattutto in queste sere di giugno, è inebriante, stordisce come un vino dolce – davvero “la città è sotto anestesia” come rileva il poeta polacco Adam Zagajewski – anzi, vive in una sorta di incantesimo che trasforma ogni viale alberato in un mondo di fiaba.

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FOTOGRAFIA DA PINTEREST

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LA FRASE DEL GIORNO
Il profumo intenso del tiglio sul far della sera è un rapimento estatico che si imprime in noi in modo indelebile e, nel cuore della gioia di vivere, traccia un solco di felicità che nemmeno tutta la dolcezza di una sera di luglio potrebbe spiegare.
MURIEL BARBERY, Estasi culinarie





Adam Zagajewski (Leopoli, Ucraina, 21 giugno 1945) è un poeta, scrittore e saggista polacco. Esordì nel 1972 con Komunikat. Nel 1976 aderì al Comitato per la Difesa degli Operai e la dittatura comunista gli impedì di pubblicare. Cominciò allora il suo esilio a Houston e Parigi. Tornò a risiedere a Cracovia nel 2002.


lunedì 17 giugno 2019

Goccia nella pioggia


ERIKA BURKART

LO SCRIBA DI HAIKU

                         per M.

Aver occhio
per quell’una
goccia nella pioggia:
specchio al cosmo,
breve un batter di ciglia,
lungo un’età della terra.


(da Lettera segreta, 2009 - Tradizione di Remo Fasani)

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Individuare una goccia nella pioggia e trarne l’intera lezione del cosmo: questo fa lo scrittore di haiku nella bella immagine della poetessa svizzera Erika Burkart, condensa l’universo in un solo punto, il tempo in un attimo: “La parola / ti viene data, / al volo devi prenderla, / non imprigionarla, / tenerla come un uccello: libera, / ché la parola vuol volare, / toccar terra, / radicarsi e germogliare”.

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KATSHUSIKA HOKUSAI, “CONTADINI CHE ATTRAVERSANO UN PONTE SOSPESO”

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LA FRASE DEL GIORNO
La parola sta profonda / per trovarla devi scavare, / coi denti si fa un varco, essa, / l’unica, la portante.
ERIKA BURKART, Lettera segreta




Erika Burkart (Aarau, 8 febbraio 1922 – Muri, 14 aprile 2010), scrittrice  epoetessa svizzera. Attenta osservatrice della natura, dal suo eremo di Haus Kapf a Murimoos: coglieva gli elementi naturali per filarli in un tessuto di pensieri e visioni metafisiche.

domenica 16 giugno 2019

E io qui sto Elena


ELIO PAGLIARANI

LEZIONE DI FISICA

a Elena

Cominciò studiando il corpo nero
Max Planck all’inizio del secolo (dispute se era il principio o la fine
del secolo), le radiazioni del corpo nero nella memoria
del 14 dicembre 1900
                        bisognava supporre che quanti d’azione fossero alla base
dell’energia moltiplicata per il tempo
                        Elena oh le sudate carte la luce
è una gragnuola di quanti, provo a dirti che esiste opposizione
fra macrofisica e microfisica che il mondo atomico delle particelle elementari
è studiato dalla meccanica quantistica – scuola di Copenaghen
e da quella ondulatoria del principe di Broglie che ben presto i fisici
si accorsero come le nuove meccaniche benché basate su algoritmi differenti
siano in sostanza equivalenti: entrambe negano
negano che possano esistere precisi rapporti di causa e effetto
affermano che non si può aver studio di un oggetto
senza modificarlo
                         la luce che piomba sull’elettrone per illuminarlo
E io qui sto
e io qui sto Elena in gabbia e aspetto
il suono di un oggetto la comunicazione dell’effetto
su te, delle modifiche
               Non sono io
che ti tradisco, chi ti prende alla gola è la tua amica
la vita
          Io cosa vuoi se tiene duro il muscolo cardiaco
è ormai provato che sono una pellaccia, mi tingerò i capelli Einstein piuttosto
e la sua chioma, te lo immagini quando dovette prendere la penna
scrivendo a Roosevelt «Caro presidente, facciamola
l’atomica sennò i nazi» l’azione dell’energia
dell’energia moltiplicata per il tempo l’epistassi
anzi il sangue dal naso, diceva Pasquina alla tua età, il sangue dal naso che ti libera
Se si vuol sapere se A è causa dell’effetto di B
se il microggetto in sé è in conoscibile
se l’onda di Broglie per i fisici di Copenaghen
non è altro che l’espressione fisica della probabilità posseduta
dalla particella di trovarsi in un luogo piuttosto che in un altro onda cioè generata
dalla mancanza di un rigoroso nesso causale in microfisica
Perciò l’atomica
per la legge dei grandi numeri la probabilità tende alla
certezza
                         Perciò l’atomica
Poi la teoria dell’onda pilota e quella, così cara al nostro tempo
della doppia soluzione, e se esiste il microggetto in sé, se la materia
può risponderci con un comportamento statistico
Dio gioca ai dadi
con l’universo? E se la terra
ne dimostrasse il terrore?
Non gridare non gridare che ti sentono non è niente mentre graffio una poltrona
Herman Kahn ha già fatto la tabella
delle possibili condizioni postbelliche, sicché i 160 milioni di decessi in casa sua
non sarebbero la fine della civiltà, il periodo necessario per la ripresa economica
sarebbero 100 anni; va da sé che esiste, egli scrive, un ulteriore problema
quello cioè se i sopravvissuti avranno buone ragioni
per invidiare i morti
                         Quanta gioia mi dai quando ti stufi
di me, quando mi dici se scriverai di me dirai di gioia
e che sia gioia attiva, trionfante, che sia una barzelletta
spinta, magari
              L’odore delle erbe di campagna nel piatto da Cesaretto ruchetta
pimpinella un’insalata d’erbe della terra tenere espansive degli umori
il cielo di qui che interviene sulla gente compresente orizzontale
e tu e tu ognuno cui ti inviti a ballare ti accende
gli occhi e si fa bello e cresce
                 vino rosso
                         capriole con lancio di cuscini
nella mia stanza
                         Ma cosa credi che non sia stufo anch’io di coabitare
con me la mia faccia la mia pancia
                         anche in noi c’è dentro la voglia
di riassuefarci alla gioia, affermare la vita col canto
e invece non ci basta nemmeno dire no che salva solo l’anima
ci tocca vivere il no misurarlo coinvolgerlo in azione e tentazione
perché l’opposizione agisca da opposizione e abbia i suoi testimoni.

(da Lezione di fisica e Fecaloro, Feltrinelli, 1968)

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Dopo La ragazza Carla, Elio Pagliarani, poeta dell’avanguardia legata al Gruppo 63,  prosegue la sua rielaborazione dei generi poetici con Lezione di fisica, opera del 1964, che Adriano Spatola definisce “un «musical» assurdo, feroce, dove il linguaggio della scienza, introdotto violentemente in un contesto che a prima vista è dei più normali (un colloquio con Elena), provoca tutta una catena di azioni e reazioni linguistiche, in un'atmosfera da cerimoniale allucinato”.
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FOTOGRAFIA © STUDY

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LA FRASE DEL GIORNO
Ma dobbiamo continuare / come se / non avesse senso pensare / che s'appassisca il mare.
ELIO PAGLIARANI, La ballata di Rudi




Elio Pagliarani (Viserba, 25 maggio 1927 – Roma, 8 marzo 2012), poeta e critico teatrale italiano. Tra i principali esponenti della neoavanguardia, fu uno dei protagonisti del Gruppo '63, all'interno del quale occupò tuttavia una posizione autonoma e personale. La sua poesia nasce dalla cronaca e dalla vita quotidiana.


sabato 15 giugno 2019

Volando su una corda


CLARIBEL ALEGRÍA

MI PIACE ANCHE L’AMORE

Mi piace anche l'amore
a cui chiudono la porta
e che entra dalla finestra
volando su una corda.

(da Poesie, 2003)

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L’amore impossibile che però – come il calabrone che secondo una leggenda metropolitana non potrebbe volare in base alle leggi della fisica – non sa d esserlo, continua a inseguire il suo sogno o il suo desiderio: è quello che piace maggiormente alla poetessa nicaraguense Claribel Alegría, l’amore di Giulietta e Romeo, di Gatsby e Daisy o ancora quello tra Florentino Ariza e Fermina Daza nel bellissimo romanzo L’amore ai tempi del colera di Gabriel García Márquez. L’amore complicato, difficile, inverosimile, eppure capace di sormontare gli ostacoli.

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DIPINTO DI RAFAL OLBINSKI

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LA FRASE DEL GIORNO
Viviamo fino alla cima di questo amore / senza inganni, / senza timore / trasparenti.
CLARIBEL ALEGRÍA, Poesie




Claribel Isabel Alegría Vides (Estelí, 12 maggio 1924 – Managua, 25 gennaio 2018), poetessa, giornalista e scrittrice nicaraguense considerata con la connazionale Gioconda Belli la maggiore esponente della Letteratura del Centro America.

venerdì 14 giugno 2019

A bere da soli in un bar


JOSÉ MARÍA ÁLVAREZ

ARGENTO VIVO

“Che vita tranquilla faceva la mia famiglia"!
- pensò Gregorio.
                                    Franz Kafka 
                                                      
La volontà e gli appetiti…. ah!
                                     Edmund Burke

Ricordi? Tenevamo
la Luna sul palmo della mano.
Mai più la musica
di quella tettoia della spiaggia
tornerà a farci ballare,
né, senza che noi lo ascoltiamo,
tornerà a frusciare il mondo.
Tornerà tuo marito, non è una brutta persona,
nel suo giardino a cogliere la tua noia,
e il buon calore che arde tra le tue gambe
chi chiamerà?
Quali altre braccia e altri baci
sentirai nel profondo,
e tuo marito e io forse forse finiremo
a bere da soli in un bar,
diventando amici; come è logico
evocarti ci unirà.
Ma ricorda, come ti ho letto io Scott Fitzgerald
nessuno te lo leggerà.


(da Museo delle cere, 1970)

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Un ex amore che rimane nel cuore, che sopravvive ma che intanto continua la sua vita: si sposa, ha un marito e forse lo tradisce. E il poeta spagnolo José María Álvarez si immagina in un bar con il marito della donna che un tempo amò – e che probabilmente ama ancora – quasi come con un amico con cui condivide qualcosa.

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EDWARD HOPPER, “NIGHTHAWKS”

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LA FRASE DEL GIORNO
Contemplando la tua bellezza e il mio desiderio / accetto la vita.
JOSÉ MARÍA ÁLVAREZ, Museo delle cere





José María Álvarez, (Cartagena, 31 maggio 1942) poeta, saggista e narratore spagnolo. È traduttore di Kavafis, Holderlin, Stevenson, Shakespeare, Villon e T.S. Eliot. L'opera principale di Álvarez è Museo delle cere, un lavoro in corso da molti anni nel tentativo di completare un libro unico e onnicomprensivo.


giovedì 13 giugno 2019

Nel mezzo l’acqua


ADAM ZAGAJEWSKI

IL FIUME

Dalle poesie poesie, dai canti
canti, dai quadri quadri,
continua sempre l’amichevole
fecondazione. Sull’altra riva
del fiume, nel raggio dell’esistenza,
marciano i soldati. L’armata nera,
l’armata rossa, l’armata verde,
arcobaleno di ferro. Nel mezzo l’acqua
tranquilla, l’onda indifferente.

(da Dalla vita degli oggetti, Adelphi, 2012 – Tradzuione di Krystyna Jaworska)

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Come scrive Krystyna Jaworska della poesia di Adam Zagajewski, “osservando ciò che ci circonda possiamo cogliere quanto sta sotto la superficie tangibile. La dialettica tra soggetto e oggetto è centrale in qu sto processo conoscitivo”. Questa capacità di osservare, questa funzione del poeta che si è assunto Zagajewski è il perfetto “tentativo di cristallizzare per un attimo, un frammento di eternità e cogliere in modo condensato una percezione più intensa dell’esistente”. Come il fiume che resta nel suo alveo indifferente mentre tutto attorno scorre la storia.

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FOTOGRAFIA © FREE PHOTOS/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Siamo come palpebre, dicono le cose, / sfioriamo l'occhio e l'aria, l'oscurità / e la luce, l'India e l'Europa.
ADAM ZAGAJEWSKI, Della vita degli oggetti




Adam Zagajewski (Leopoli, Ucraina, 21 giugno 1945) è un poeta, scrittore e saggista polacco. Esordì nel 1972 con Komunikat. Nel 1976 aderì al Comitato per la Difesa degli Operai e la dittatura comunista gli impedì di pubblicare. Cominciò allora il suo esilio a Houston e Parigi. Tornò a risiedere a Cracovia nel 2002.

mercoledì 12 giugno 2019

Azzurre correnti di gioia


FATOS ARAPI

MI SONO TUFFATO NELLE ACQUE DEL MAR IONIO

Mi sono tuffato nelle acque del Mar Ionio,
Nei suoi riflessi e nelle sue luci.
Nuoto in un lampo di miraggi,
Le loro scintille mi affascinano,
Mi fanno fremere… E sento
Abbattersi attraverso la mia anima,
Come azzurre correnti di gioia,
Le luci e i riflessi più limpidi del Mar Ionio.

Come azzurre correnti di gioia.


(da Poesie e versi, 1966)

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Sono sempre stato affascinato, come il poeta albanese Fatos Arapi, dai riflessi sull’acqua. Essere immersi nel mare significa entrare in una specie di caleidoscopio in cui ogni colore e ogni luce viene catturato e frantumato, rimescolato in mutevoli forme continuamente cangianti.

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FOTOGRAFIA © HAYTHEM GATAA/UNSPLASH

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LA FRASE DEL GIORNO
Il mare è un amico dalle mille facce, mai monotono, mai ripetitivo, mai uguale.
SUSANNA AGNELLI, Addio, addio, mio ultimo amore




Fatos Arapi (Zvërnec, 19 luglio 1930 – Tirana, 11 ottobre 2018), poeta, romanziere, traduttore e giornalista albanese, considerato il più importante poeta del Novecento in patria. Dal 1973, dopo le critiche del regime al Dramma di un anonimo partigiano, non pubblicò più fino al 1989.

martedì 11 giugno 2019

Il nome amato


PIERLUIGI CAPPELLO

DA LONTANO


Qualche volta, piano piano, quando la notte
si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie di silenzio,
e non c’è più posto per le parole
e a poco a poco si raddensa una dolcezza intorno
come una perla intorno al singolo grano di sabbia,
una lettera alla volta pronunciamo un nome amato
per comporre la sua figura; allora la notte diventa cielo
nella nostra bocca, e il nome amato un pane caldo, spezzato.


(da Mandate a dire all’imperatore, Crocetti, 2010)

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Una splendida poesia di Pierluigi Cappello che ha per protagonista la distanza, la lontananza dalle persone che amiamo – che siano lontane solo fisicamente o che siano perdute per sempre. Ed è bellissimo quel nome che si viene lentamente formando e che ha l’amorosa fragranza del pane caldo appena spezzato.
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FOTOGRAFIA © WALLPAPERSCRAFT

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LA FRASE DEL GIORNO
Resta la carta mentre mi dileguo / specchio di me ma che non è me stesso / rimedio oppure tedio quando intesso / trame di me scrivendomi e m’inseguo.
PIERLUIGI CAPPELLO, Azzurro elementare




CappelloPierluigi Cappello (Gemona del Friuli, 8 agosto 1967 – Cassacco, 1º ottobre 2017), poeta italiano. La sua vita è stata gravemente segnata da un incidente stradale occorsogli quando aveva sedici anni: dallo schianto della sua moto contro la roccia uscì con il midollo spinale reciso e una perenne immobilità. Ha scritto numerose opere, anche in lingua friulana.


lunedì 10 giugno 2019

Quando il giorno finisce


RACHEL BLUWSTEIN

PIÙ DI UNA VOLTA, D’ESTATE

Più di una volta, d’estate, quando il giorno finisce,
alla fievole luce del tramonto,
venivo da te per lunghi periodi
e ascoltavo la voce del tuo canto:
"Piccola e povero è la mia casa
e in essa vivo solitario… "


Quel ricordo splende e vive in me,
quel silenzio, la tenerezza
e la triste dolcezza che il tuo canto
sapeva versare sull'anima.
"Piccola e povera è la mia casa
e in essa vivo solitario… "


E a volte mi sembra, quando il giorno finisce,
quando la malinconia delle ombre mi sovrasta,
che ancora come un tempo mi giunga all’orecchio
quell’ingenua melodia:
"Piccola e povera è la mia casa
e in essa vivo solitario…"


(da Poesie, 1935)

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La nostalgia, dolce e triste al contempo, che ci colpisce quando siamo più sensibili, nella luce arancione di un tramonto, nell’ultimo oro del crepuscolo: ne cade preda anche la poetessa russa naturalizzata israeliana Rachel Bluwstein, ed è un ricordo ormai perduto di un tempo quando bastava un canto udito, un’ingenua melodia, a sentirsi felici.

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FOTOGRAFIA © FREE PHOTOS/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Catturerò lo sguardo dei tuoi occhi, / lo catturerò e lo rinchiuderò in una poesia.
RACHEL BLUWSTEIN




Rachel Bluwstein (Saratov, Russia 2 ottobre 1890- Tel Aviv, 16 settembre 1931), poetessa russa naturalizzata israeliana. Conosciuta e venerata in Israele anche solo come Rachel o Poetessa Rachel: è stata uno dei primi autori a scrivere in ebraico, lingua di cui padroneggiò sia i registri più colloquiali, sia le più complesse sfaccettature del linguaggio biblico.


domenica 9 giugno 2019

Moneta falsa


GIORGIO CAPRONI

AH, GIOVINEZZA

Ah, giovinezza,
come fu fragile il vento,
fra i rami, della tua voce.
Le corse, le sassaiole
a picco sulla specchiera
in frantumi dell’acqua – le bocche
trafelate, le risse
per amore, i boschivi
sguardi quasi marini
lampeggianti fra il grano
già biondo. Oh, altezza
mai più raggiunta dal fuoco
del cuore. Ti penso
col mio linguaggio di allora,
ma a freddo, lo sento dal suono
– sul marmo – di moneta falsa.
Oh stanchezza, stanchezza


(da Poesie disperse postume, in L’opera in versi, Mondadori, 1998)

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La perdita della giovinezza fu ancora più traumatica per la generazione di Giorgio Caproni, in quanto coincise con gli anni della Seconda guerra mondiale. Il poeta livornese ne mette in risalto la fragilità usando l’immagine del vento e quella dell’acqua come uno specchio in frantumi. Ma ne fa spiccare anche l’altezza, la vitalità, le emozioni, che suonano giocoforza false nel ricordo dell’uomo maturo.

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EDWARD HOPPER, “CORRIDORE FRANCESE DI SEI GIORNI”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il lieve, / lieve trasporto di piume che il cuore / un tempo disse giovinezza.
GIORGIO CAPRONI, Il passaggio di Enea





Giorgio Caproni (Livorno, 7 gennaio 1912 – Roma, 22 gennaio 1990), poeta, critico letterario e traduttore italiano. Partito come preermetico attirato da uno scabro espressionismo, approdò a un ermetismo rivestito di un impressionismo idillico. Nella sua poesia canta soprattutto temi ricorrenti (Genova, la madre e Livorno, il viaggio, il linguaggio), unendo raffinata perizia metrico-stilistica a immediatezza e chiarezza di sentimento.

sabato 8 giugno 2019

Una ciocca di notte bionda


MARC PATIN

FOGLIO


Ho inseguito la ragazza immortale
e non ho saputo
raccogliere finora
in fondo alle braccia che una ciocca
di notte bionda.


5 marzo 1938

(da Les yeux très bleus d'une nuit pareille à un rire sans regret, 1938)

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Un amore giovane – Marc Patin non ha ancora 19 anni - e la donna inseguita con occhi innamorati si trasforma in una inafferrabile dea, una misteriosa creatura che svanisce nella notte parigina lasciando di sé soltanto un’impressione, una sottile magica illusione, come “la ragazza tenue” di Giuseppe Ungaretti.

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DIPINTO DI MARK SPAIN

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LA FRASE DEL GIORNO
Un uomo si circonda di carezze / per diventare invisibile / Un uomo si circonda di carezze / e tutto lo dimentica.
MARC PATIN, Condividere l’ombra




Marc Patin (Nogent-sur-Marne, 4 ottobre 1919 – Berlino 13 marzo 1944), scrittore e poeta surrealista francese. Partito dal Group du Luxembourg, si unisce ai neodadaisti di Les Réverbères. Costretto al lavoro obbligatorio in Germania, è deportato a Berlino e impiegato come tornitore in condizioni di vita dure e precarie alla Argus Motoren. Ammalatosi di polmonite, muore a 24 anni.


venerdì 7 giugno 2019

La luna


WERNER ASPENSTRÖM

LA LUNA


Alcuni dicono che la luna è un giovane pescatore
di aringhe che trascina le sue reti sull'acqua.
Altri dicono che è la vedova di un vecchio pescatore
che con ferri scintillanti si intreccia lo scialle della solitudine.
Non lo so. Sono stupito da tanta immobilità.
Mi turba che la notte si sia fermata.


(da Litania, 1952)

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Il tempo torna come un mantra nelle poesie di Werner Aspenström: come in un’antica leggenda nordica, simile a quelle descritte nei primi due distici, il giovane pescatore e la vedova di un vecchio pescatore, ecco la luna immobile nel cielo e con essa il tempo.

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FOTOGRAFIA © WALLPAPERFLARE

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LA FRASE DEL GIORNO
Esiste un tempo così? / Esiste un tempo così, un punto nel tempo.
WERNER ASPENSTRÖM




330px-Werner_AspenstromKarl Werner Aspenström (Norrbärke, 13 novembre 1918 – Stoccolma, 25 gennaio 1997), poeta svedese. Membro dell’Accademia Svedese che assegna il Nobel, esordì nel 1949 con Leggenda nevosa. Curiosamente, richiesto delle sue motivazioni per scrivere, rispose: “Scrivo per il mio gatto”.


giovedì 6 giugno 2019

La poesia tradotta


MENNA ELFYN

BACIO ATTRAVERSO IL FAZZOLETTO

“Una poesia tradotta è come un bacio attraverso un fazzoletto”
  R.S. THOMAS

Una carezza nel buio
quanto eravamo monotoni

con i nostri baci segreti di ieri
oggi è un saluto comune

e guardiamo sul teleschermo
i leader mondiali trattare la pace

con un gelido abbraccio
o un bacio di vipera. La poesia

tradotta è come baciare
attraverso un fazzoletto, ha detto il poeta

Ma io, io abbraccio quelle poesie tra le pagine
restituite agli amanti delle parole.

Lasciate che la poesia porti un fazzoletto
e lasci sulle mie labbra
il suo bacio velato.


(da Il bacio di un uomo cieco, 2001)

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Questa della poesia tradotta è un’antica questione. Io, e non può essere diversamente vista la natura di questo blog, concordo con la poetessa gallese Menna Elfyn: è meglio che la poesia in lingue a noi non note – il suo gallese, per esempio – ci venga restituita attraverso la traduzione piuttosto che negata per sempre.

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FRANCESCO HAYEZ, "IL BACIO"

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LA FRASE DEL GIORNO
La traduzione sposa il testo, lo tradisce di nascosto, ma, se è compiacente, lo arricchisce.
FRANÇOIS VAUCLUSE, L’arte di tradurre




Menna Elfyn (1952), poetessa, drammaturga, giornalista ed editrice gallese. Ha pubblicato quattro raccolte di poesie, tutte in gallese: nonostante la lingua minoritaria con cui scrive, è ampiamente tradotta.