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lunedì 30 giugno 2014

Tutto ti prendi tu, tutto

 

PABLO NERUDA

PERCHÉ TU POSSA ASCOLTARMI…

Perché tu possa ascoltarmi le mie parole
si fanno sottili, a volte,
come impronte di gabbiani sulla spiaggia.

Collana, sonaglio ebbro
per le tue mani dolci come l'uva.

E le vedo ormai lontane le mie parole.
Più che mie sono tue.
Come edera crescono aggrappate al mio dolore antico.

Così si aggrappano alle pareti umide.
È tua la colpa di questo gioco cruento.

Stanno fuggendo dalla mia buia tana.
Tutto lo riempi tu, tutto lo riempi.

Prima di te hanno popolato la solitudine che occupi,
e più di te sono abituate alla mia tristezza.

Ora voglio che dicano ciò che io voglio dirti
perché tu le ascolti come voglio essere ascoltato.

Il vento dell'angoscia può ancora travolgerle.
Tempeste di sogni possono talora abbatterle.
Puoi sentire altre voci nella mia voce dolente.
Pianto di antiche bocche, sangue di antiche suppliche.
Amami, compagna. Non mi lasciare. Seguimi.
Seguimi, compagna, su quest'onda di angoscia.

Ma del tuo amore si vanno tingendo le mie parole.
Tutto ti prendi tu, tutto.

E io le intreccio tutte in una collana infinita
per le tue mani bianche, dolci come l'uva.

(da Venti poesie d'amore e una canzone disperata, 1924)

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L’amore che vince tutto e tutto riempie, come un liquido che intride di sé la spugna della poesia di Pablo Neruda e ne trae parole che, più che narrare quell’amore, sono quell’amore. Ed è un amore universale perché non rivolto ad una sola donna, ma risultato della summa di ogni amore, così le parole del Premio Nobel cileno sono parole che ogni innamorato può rivolgere alla sua amata.

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JACK VETTRIANO, “NO SAFETY IN SUNSHINE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il mio amore ha due vite per amarti. / Per questo t'amo quando non t'amo / e per questo t'amo quando t'amo.
PABLO NERUDA, Venti poesie d’amore e una canzone disperata




Pablo Neruda, pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto (Parral, 12 luglio 1904 – Santiago del Cile, 23 settembre 1973), poeta, diplomatico e politico cileno, è considerato una delle più importanti figure della letteratura latino-americana del Novecento. Fu insignito del Premio Nobel nel 1971.

domenica 29 giugno 2014

Fra baci e parole

 

PAUL ÉLUARD

LA PRECISIONE DEL CUORE UMANO

La precisione del cuore umano

Colori di bellezza
Forme rigorose
E poco altro
Per andare diritto

La precisione
Fra baci e parole
Dispensati a casaccio

Le piattaforme solide
Dell’uomo e della donna

E le stranissime nubi
Che solo nubi scompigliano.

(da Corso naturale, 1938 - Traduzione di Silvano Del Missier)

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L'amore, per il poeta francese Paul Éluard, è il fulcro su cui fa leva l’umanità: la corrispondenza di due anime, la loro intima comunione - di senso e di vita - è l’unico modo di superare la solitudine e la sua angoscia, di tenere accesa la fiamma della speranza. La precisione del cuore sa sopperire al caos delle nostre azioni, sa andare al di là della loro immanenza per raggiungere la trascendenza dell’amore e attingere alle sue forme di bellezza.

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JOHNO PRASCAK, “TWO HEARTS”

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LA FRASE DEL GIORNO
L’amore non è fatto di misteri / Noi siamo l’evidenza stessa / Credono d’essere a casa nostra / Tutti gli innamorati.
PAUL ÉLUARD




Paul ÉluardPaul Éluard, pseudonimo di Eugène Émile Paul Grindel (Saint-Denis, 14 dicembre 1895 – Charenton-le-Pont, 18 novembre 1952), poeta francese, è stato tra i maggiori esponenti del movimento surrealista. La sua poesia evolve da tematiche individualiste, di lirismo amoroso, a contenuti di forte ispirazione sociale.


sabato 28 giugno 2014

Il 28 giugno 1914

 

Nel bel mezzo della Belle Époque, mentre l’Europa si fingeva spensierata e si affidava al modernismo del Liberty e dell’Art Nouveau, alle meraviglie della tecnologia che avrebbero cambiato la vita del XX secolo - dal cinema all’automobile, dall’elettricità all’aeroplano - scoppiò improvvisa la Prima Guerra Mondiale: il 28 giugno 1914 a Sarajevo lo studente bosniaco Gavrilo Princip assassinava l’arciduca ereditario d’Austria Francesco Ferdinando e la moglie. Fu solo la scintilla, la miccia che diede il via a un’escalation forse sottovalutata dall’Austria, che già dal 1912 temeva un’espansione dell’egemonia serba nei Balcani, e alimentata dai contrasti di interessi determinatisi tra le potenze europee dopo la vittoria tedesca sulla Francia nel 1870.

 

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Quella che ne derivò nei mesi successivi - l’Austria invase la Serbia il 28 luglio, nella settimana seguente si schierarono Germania, Russia, Francia e Gran Bretagna, l’Italia meditò fino al 24 maggio 1915, gli Stati Uniti attesero il 1917 - fu “un’inutile strage”, come la definì papa Benedetto XV, il “caldo bagno di sangue” di Giovanni Papini, un orrore che costò  oltre ventiquattro milioni di vite umane - basta entrare in uno dei tanti sacrari militari del Veneto per rendersi conto dell’immane carneficina che fu il conflitto che sconvolse il volto dell’Europa.

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La poesia - come per ogni vicenda umana - seppe descrivere le emozioni e le sofferenze: Apollinaire, Ungaretti, Rebora, Slataper, Jahier, Wilfred Owen, Hemingway, furono al fronte, inviati in diretta della Musa nelle trincee, a raccontare la crudeltà della guerra e la vita che nonostante tutto continuava.

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GUILLAUME APOLLINAIRE

CARTOLINA POSTALE

Ti scrivo da sotto la tenda
Sul finire di un giorno d’estate
Fioritura abbagliante
Nel pallore celeste
La vampa di una cannonata
Si sfa prima di essere stata.

(da Calligrammi, 1918 - Traduzione di Vittorio Sereni)

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GIUSEPPE UNGARETTI

VEGLIA

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.

(da Allegria di naufragi, 1919)

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PIERO JAHIER

ATTACCO E ABBANDONO DELLA POSIZIONE DI S. OSVALDO

Mio forte compagno Piero Mancini, è
perché non hai voluto arrenderti; è perché
anche per me hai voluto morire; come mio
padre.

La casa era serena e fedele come l'amavi;
e Gioietta ansiosa a interrogar tutto il giorno
colla vocina: ma dov'è, ma chi ha scritto
ch' è prigioniero e ferito?

Dicevi: sta fermo e non temere
ora io sto fermo; ma tu sei caduto…
nella gloria sei passato
o compagno che mi avevi creduto
o amato

E hai detto quando mi hai lasciato :
tu non dovevi venire
ma non temere, Piero, perché torniamo

Perché hai detto torniamo
se avevi il viso che non può tornare?

Ora, io che sono restato,
mi sento chiamare,
inginocchiato,
vicino alla chiesa...
solo della voce eri armato
colla voce ti sei battuto
o compagno, o amato!

Ma perché hai detto: torniamo
se avevi il viso che non può tornare?
Ora, io che sono restato,
mi sento tanto chiamare.

(da Con me e con gli alpini, 1920)

 

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CLEMENTE REBORA

VIATICO

O ferito laggiù nel valloncello
tanto invocasti
se tre compagni interi
cadder per te che quasi più non eri.
Tra melma e sangue
tronco senza gambe
e il tuo lamento ancora,
pietà di noi rimasti
a rantolarci e non ha fine l'ora,
affretta l'agonia,
tu puoi finire,
e conforto ti sia
nella demenza che non sa impazzire,
mentre sosta il momento
il sonno sul cervello,
lasciaci in silenzio
Grazie, fratello.

(da Canti anonimi, 1922)

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LA FRASE DEL GIORNO
La guerra in un primo momento è la speranza che a uno possa andar meglio, poi l'attesa che all'altro vada peggio, quindi la soddisfazione perché l'altro non sta per niente meglio e infine la sorpresa perché a tutti e due va peggio.
KARL KRAUS, Di notte




Wilhelm Albert Włodzimierz Apollinaris de Wąż-Kostrowick (Roma, 26 agosto 1880 - Parigi, 9 novembre 1918), noto con lo pseudonimo di Guillaume Apollinaire, poeta francese sostenitore di una totale libertà formale e di nuovi contenuti frutto dell’indagine dell’inconscio, fu un precursore del Surrealismo. Combattente nella Prima guerra mondiale, fu vittima dell’epidemia di febbre spagnola.

Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) è uno dei tre grandi poeti dell’Ermetismo italiano. Trasferitosi a Parigi nel 1912, prese parte alla Prima guerra mondiale nelle trincee del Carso e poi in Champagne. Dal 1935 al 1942 insegnò in Brasile e dal 1947 al 1965 fu professore di letteratura moderna alla Sapienza.


Piero Jahier (Genova, 11 aprile 1884 – Firenze, 19 novembre 1966), scrittore, poeta e traduttore italiano. La sua poesia possiede un tono biblico e profetico che egli assume sia dalla versione latina e italiana delle Sacre Scritture sia dalle cadenze di Walt Whitman e di Paul Claudel (che lo scrittore ebbe modo di tradurre) e ancora dal futurismo. Le immagini che propone sono di una forte moralità e si rifanno alla vita contadina e agli affetti domestici.


Clemente Luigi Antonio Rèbora (Milano, 6 gennaio 1885 – Stresa, 1º novembre 1957) poeta italiano. Dopo una giovinezza inquieta alla ricerca di una dimensione trascendente, prese parte alla Prima guerra mondiale rimanendo ferito sul Podgora. Nel 1928 una crisi religiosa lo avvicinò alla fede cattolica: nel 1936 fu ordinato sacerdote.


venerdì 27 giugno 2014

Centenario di Giulio Gianelli

 

Il 27 giugno 1914 moriva a Roma, stroncato dalla tubercolosi il poeta Giulio Gianelli. Discepolo di Arturo Graf e amico di Guido Gozzano, passava le giornate dando lezioni, spesso senza alcun compenso. Tipica figura crepuscolare, tisi compresa, Gianelli, nato  a Torino nel 1879, “guardava la natura con gli occhi di un fanciullo stupito del rosso, del giallo, del verde, del turchino, di tutte le sembianze multicolori" come rileva Carlo Calcaterra. Ma la sua poesia è crepuscolare dall’interno, è grigia non per un gusto letterario, quanto per un sentimento di tristezza vissuta, che trova nell’espressione poetica l’unico sfogo.


 

VAL SALICE

Autunno, sì gentil melanconia
ricevo dai tuoi ultimi tesori,
che questa valle che tu baci e indori
luogo d’eternità parmi che sia;

dove, a chi giunge dopo lunga via,
odo cantar da un angelo tra i fiori:
«Ecco alfine la patria, esuli cuori,
cessate il pianto della nostalgia».

Vedo, qua e là, delinearsi forme
dal non vivere fatte più leggiadre,
che senza suono avanzano e senz’orme,

ciascuna avvolta nel suo proprio nimbo
di moriente sol... Io, come un bimbo,
con immenso desìo cerco mia madre.

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A COLEI CHE MI SFUGGE

Sappilo, ancor io t’amo;
ma di serpenti imagino il tuo nome
scritto, con bel ricamo,
nel corusco baglior delle tue chiome

E nelle tue pupille,
cerule fonti d’amoroso affanno,
veggo serpi tranquille,
che, fedelmente, covano l’inganno.

T’amo, di te mi struggo;
lo sanno rupi e balze ove deliro;
dalle memorie sfuggo
la tua voce il tuo gesto il tuo respiro.

Ma, balenando il vero,
ergomi fosco e giuro il mio riscatto;
scaglio l’igneo pensiero
a blasfemar nei sogni il tuo ritratto.

Vedi se ti rinnego:
in un canoro spasimo, il disperso
amor dal tuo diniego;
va, brace e fiamma, a crepitar nel verso.

O bella creatura,
giglio che tralignasti a poco a poco,
se per buona ventura
fossi di cera tu com’io son foco,

disfatta in me, non più
riluttante, né ostile alla mia gioia,
contro voglia, anche tu,
impareresti se d’amor si muoia.

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STIGMATE

Questa ruga, che tristezza!
questa mia precoce ruga!
Par un segno di confine,
giovinezza!
Par l’aculeo d’un serto,
che s’annunzia, di spine.
Pare un taglio così fine,
ma s’addentra così forte!
È una stigmate di morte.
Morir? Presto!
tra le vampe del mio sogno:
cuore ed anima, inesausti,
dar, ma subito,
pura essenza d’olocausti.
Oltre gli uomini, oltre il fato,
questo invoco
mio precoce noviziato
nella bianca eternità!
poesia, baci di fuoco
dammi in fronte...
ch’io non arda a poco a poco!

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EDWARD MUNCH, “MALINCONIA”

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LA FRASE DEL GIORNO
Poesia, dove ti trovo! / Sempre fusa con l’amore. / Ah! sei tu tra gli uomini / la presenza del Signore.
GIULIO GIANELLI, Intimi vangeli




Giulio Gianelli (Torino, 7 ottobre 1879 – Roma, 27 giugno 1914), poeta e scrittore italiano. È ricordato per la sua personale visione del crepuscolarismo, che si discosta sia dall'ironia sofisticata di Guido Gozzano, sia dal patetismo effuso di Sergio Corazzini, caratterizzandosi per un intenso spirito religioso, per la carità verso il prossimo e per l'amore verso la natura.


giovedì 26 giugno 2014

Essere chi sognavo

 

EDUARDO GARCÍA

PARADOSSO DEL GIOCATORE D’AZZARDO

Desideravo essere quel che sono.
Ora vorrei essere chi sognavo.
Senza esitare darei queste righe
per riavere le vite che ho perduto.

(da Paradosso del giocatore d'azzardo, 1993)

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La vita è fatta di scelte. E tutte le volte che ne compiamo una crediamo di avere scelto per il meglio. Qualche volta è così, qualche altra invece ci porta anni dopo a considerare che fu un errore scegliere una strada invece di un’altra. Resta il fatto che non si può riscrivere il passato né tornare sui propri passi. E ci rimane soltanto il rimpianto, come in questa quartina del poeta spagnolo Eduardo García.

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Olbinski

DIPINTO DI RAFAL OLBINSKI

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LA FRASE DEL GIORNO
Non esiste scelta che non comporti una perdita.
JEANNETTE WINTERSON, Non ci sono solo le arance




Eduardo García (San Paolo, Brasile, 23 agosto 1965), poeta spagnolo. La sua opera poetica è in continua evoluzione: da un "realismo visionario" è passato ad approfondire il territorio dell'onirico. Nelle sue poesie guadagna terreno il sogno ad occhi aperti, così come la coltivazione di forme poetiche più estreme: da un lato il verso; dall'altro la frammentazione del discorso.


mercoledì 25 giugno 2014

Essere l’uno dell'altra

 

JUSTO JORGE PADRÓN

IL SOGNO DEI LORO SOGNI

Sognarono con il solo tesoro
che qualche volta sapeva abbagliarli:
essere l’uno dell’altra interamente,
diventare indistruttibili per il tempo e il mondo.

Desiderarono plasmarsi con forze telluriche,
metà albero e vento e metà terra e fuoco,
e il soffio della vita navigò nel loro sangue,
sorgendo vigoroso dalla luce
delle loro quattro pupille ammaliate.

Il sogno dei loro sogni fu essersi incontrati,
perché da quell’istante, solitario e profondo,
diventarono anima e ombra di un amore indelebile.

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L’aspirazione dell’amore vero è essere l’uno dell’altra interamente, diventare una cosa sola. Utopia, probabilmente. Eppure, come dice il poeta spagnolo Justo Jorge Padrón quel sogno in realtà è il punto fondante di un amore, è il momento dell’incontro, del riconoscimento dell’altro, è l’istante in cui le anime si sfiorano.

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Lovers

FOTOGRAFIA © FAVIM

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LA FRASE DEL GIORNO
Basta uno sguardo / fugace e ci sentiamo / come il primo giorno: / continua l’amore. Ci basta.
JUSTO JORGE PADRÓN




Justo Jorge Padrón (Las Palmas de Gran Canaria, 1° ottobre 1943),​ poeta, saggista e traduttore spagnolo, figura importante della generazione poetica del Settanta. La sua poesia risalta per la sintesi tra lingua, emozione, concetto filosofico e immaginazione.


martedì 24 giugno 2014

Sonata della speranza

 

ÁLVARO MUTIS

SONATA 2

Per gli alberi bruciati dopo il temporale.
Per le acque fangose del delta.
Per quello che c’è di persistente nel giorno.
Per l’alba delle preghiere.
Per quello che hanno certe foglie
nelle vene colore dell’acqua
profonda all’ombra.
Per il ricordo di questa breve felicità
già dimenticata
e che fu alimento di tanti anni senza nome.
Per la tua voce roca di madreperla.
Per le tue notti attraversate dalla vita
in un galoppo di sangue e di sogno.
Per quello che sei adesso per me.
Per quello che sarai nel disordine della morte.
Per questo ti tengo al mio fianco
come l’ombra di una illusoria speranza.

(da Los trabajos perdidos, 1965)

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Cos’è la sonata nella musica? Un componimento in cui vari strumenti eseguono un brano. E lo scrittore colombiano Álvaro Mutis applica alla poesia questa tecnica: ogni immagine elencata concorre a costituire un unico pensiero, che è quello infine della speranza – illusoria, perché la visione poetica di Mutis è quella di un’espressione capace di permettere per un breve momento un contatto con il mistero, con la pienezza. La figura di donna che appare – è Carmen Miracle Feliú, la terza moglie, sposata nel 1966 – è l’elemento che perturba questa sua teoria, nota come «disperanza».

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Loui Jover

DISEGNO DI LOUI JOVER

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LA FRASE DEL GIORNO
È felice chi spera.
HERMANN HESSE, Rosshalde




Álvaro Mutis Jaramillo (Bogotà, 25 agosto 1923 – Città del Messico, 22 settembre 2013), scrittore e poeta colombiano naturalizzato messicano. Le sue opere, dal linguaggio incisivo, ricco di immagini e fortemente metaforico, hanno come protagonista il marinaio Maqroll, sorta di alter ego dell'autore.


lunedì 23 giugno 2014

Lo stesso cielo

 

ELÍAS NANDINO

DENTRO DI ME

Con gli occhi
affacciati lassù alla notte
contemplo le stelle
e, dentro di me,
nel fiume inesauribile del mio sangue,
le sento e le scopro
riflesse,
luminose e profonde,
come se la mia anima fosse
lo stesso cielo
dove stanno ardendo.

(da Eternità della polvere, 1970)

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La notte è uno dei temi principali del poeta messicano Elías Nandino: e come dargli torto, leggendo questi versi? La notte è un mistero insoluto, ci pone di fronte alla grandezza dell’universo accendendo milioni di stelle nel buio: fermarsi a guardarle pone domande, alimenta riflessioni profonde, ci mette piccoli piccoli davanti all’infinito e forse riusciamo a strapparne un minuscolo frammento se ci sentiamo parte di esso.

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IMMAGINE © WALLCHAN

 

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LA FRASE DEL GIORNO
La notte rimuove l'abituale sensazione di una vita comunitaria; quando non brilla luce, né si ode più voce umana, chi ancora veglia prova un senso di solitudine, e si vede isolato e affidato a se stesso.
HERMANN HESSE, Bella è la gioventù




Elías Nandino Vallarta (Cocula, 19 aprile de 1900 - Guadalajara, 2 ottobre 1993) , poeta messicano. Chirurgo, iniziò a pubblicare poesie a 22 anni. Le sue opere trattano temi oscuri, come la notte, il sogno e la morte, aprendo con la maturità al sentimento e al rapporto del corpo con la natura.


domenica 22 giugno 2014

Vizioso o virtuoso, l’amore

 

PHILIP LARKIN

AMORE

In amore la cosa più difficile
è essere egoisti a sufficienza,
è quella cieca determinazione
di sconvolgere un’altra esistenza
ad esclusivo tuo vantaggio. Certo
ci vuole un’alta dose d’impudenza.

Poi c’è il lato altruista dell’amore -
ma come puoi sentirti soddisfatto,
mettendo qualcun altro al primo posto
di modo che risulti tu il peggiore?
La mia vita è per me, sarebbe come
perdere il senso della gravità.

Pure, vizioso o virtuoso, l’amore
a quasi tutti gli uomini conviene.
Solo chi ha perso sangue trova che sia egoista
questa errata manovra di elusione;
quasi sempre è chi viene rifiutato
e, alla fine, ingannato.

(da Poesia, n. 294, Giugno 2014 - Traduzione di Silvio Raffo)

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Il poeta britannico Philip Larkin era una persona molto riflessiva, capace di lunghe analisi degli avvenimenti e dei sentimenti. Qui, con il suo tipico stile colloquiale e preciso, qua e là asciutto, esamina l’amore secondo i suoi due punti di vista: quello “vizioso” dove l’innamorato esalta il proprio io usando l’altro, e quello “virtuoso”, in cui al contrario l’innamorato sopprime il proprio io elevando l’altro a divinità. Sbagliati entrambi, dice Larkin: la giusta via, come sempre sta nel mezzo, nel compromesso, nel do ut des, nel dare e nel ricevere.

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Blue lovers

ELABORAZIONE DEL DIPINTO “BLUE LOVERS” DI MARC CHAGALL © MOODBOOK.COM

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LA FRASE DEL GIORNO
Amare è trovare la propria ricchezza al di fuori di se stessi.
ALAIN, Elementi di filosofia




Philip Larkin (Coventry, 9 agosto 1922 – Londra, 2 dicembre 1985), scrittore, poeta e critico musicale britannico. Esordì con Il meno ingannato nel 1955 rivelandosi poeta lirico moderno, esponente del cosiddetto Movement. Le sue poesie hanno un linguaggio diretto, colloquiale, senza oscurità, stile misurato e rifiuto del sentimentalismo.


sabato 21 giugno 2014

Qualche poesia per l’estate

 

L’estate è la stagione più attesa: è il tempo dell’anno in cui il bel tempo favorisce gite e viaggi, è il momento delle vacanze, delle settimane al mare o in montagna. È – dovrebbe essere, almeno – l’ora dell’allegria, della spensieratezza, degli incontri. Così appare nella memoria dell’ormai anziano poeta greco Ghiannis Ritsos con tutti i ricordi delle estati trascorse. Così amorosa, dolce e lenta, irrompe nei versi dello scrittore Riccardo Bacchelli, autore del Mulino sul Po. E così viva si rivela nella poesia dell’altrimenti malinconico e scontroso Vincenzo Cardarelli.


Estate

VALERY RYBAKOW, “VILLAGE SUMMER DAY”

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GHIANNIS RITSOS

UN’ALTRA ESTATE

Questi bei giorni di sole sottraggono ogni argomento alla tristezza.
Baluginano le case calcinate sparse sulla collina verde.
Ecco, anche un cavallo rosso nella piana. Torna qualcosa
di scordato dalle vecchie estati. Ma erano veri
quella ragazza nel campo di granturco e quel ragazzo
nell’oro del meriggio che faceva segno al battello di passaggio
con l’asciugamani da bagno. Eri vero
anche tu che non avevi niente di tuo
se non quello che donavi, e forse quello che donerai ancora.

Karlòvasi, 25.VII.87

(da Molto tardi nella notte,1995- Traduzione di Nicola Crocetti)

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RICCARDO BACCHELLI

UN’ESTATE

Un’estate, che d’estate son i tramonti lenti,
pesante quant’il sonno e la stanchezza medesima,
non avrei voluto altro che riposare, se fosse stato
possibile. Non reggeva più neppure la voglia
amara d’inasprire in me stesso il mio male.
Non avrei voluto cedere in nulla ma invece
mi  toccava assopirmi al sole in materia
stanca. E dalla stanchezza un filo di melodia.
Supino, ombre e sole,
foglie e cielo, silenzio e cicale. Le mani
le abbandonavo sull'erba riarsa, si tuffava
nell’estate l'anima e tornava d’ogni parte
carica d’ogni cosa, non articolava, non distingueva,
tornava stanca. E non poté credere a se stessa
la mattina che le filtrò un'estatica canzoncina.

Diceva che in casa nostra, odorosa di garofano
e di spigo crocchiante, ogni ora le scopriremo
la sua dolcezza, ti porterò di giorno in giorno più matura
una spiga di grano, il sole filerà
dalle tende abbassate ai piedi del letto.
Sul letto matrimoniale noi saremo assorti
nella fantasia amorosa, e sarà più facile richiamare
le cose dimenticate che noi a questo mondo.
Quando sarai spogliata ti chinerai sulle nocche
appoggiate alla sponda e la nostra vita andrà tutta
a guardarci. Più tardi il sole declinerà.

(da Poemi lirici, 1914)

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VINCENZO CARDARELLI

SALUTO DI STAGIONE

Benvenuta estate.
Alla tua decisa maturità
m’affido.
Mi poserò ai tuoi soli,
ricambierò alla terra
in tanto sudore caldo
delle mie adempiute nutrizioni
i suoi veleni vitali.
Lascio la primavera
dietro di me
come un amore insano
d’adolescente.
Lascio i languori e le ottusità,
i sonni impossibili,
le faticose inerzie animali,
il tempo neutro e vuoto
in cui l’uomo è stagione.
Io che non spunto a febbraio coi mandorli,
non mi compiaccio all’arido sapore
di sasso che acuisce
il gusto dolce dell’acqua dei rivi,
alle gocciole chete
di nuvola randagia
che vanno in punta di piedi
in compagnia dei pensieri,
non colgo il biancospino;
che amo i tempi fermi e le superfici chiare,
e ad ogni transizione di meriggio,
rotta l’astrale identità del mattino,
avverto gli spazi irritarsi,
e sento il limite e il male
che incrinano ogni cambio d’ora,
saluto nel sol d’estate
la forza dei giorni più eguali.
Ai punti estremi, alle stagioni violente,
come sotto il frantoio dei pericoli
dove ogni inquietudine si schianta
prendo le sole decisioni buone,
la mia fuggiasca fecondità
ritrovo.

(da Poesie, 1942).

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LA FRASE DEL GIORNO
Estate. Un'estate è sempre eccezionale, sia essa calda o fredda, secca o umida.
GUSTAVE FLAUBERT, Dizionario dei luoghi comuni




Ghiannis Ritsos (Monemvasia, 1º maggio 1909 – Atene, 11 novembre 1990), poeta greco tra i maggiori del XX secolo. Fu candidato nove volte al Premio Nobel. La sua vita fu animata da un'incrollabile fede negli ideali marxisti e nelle virtù catartiche della poesia.


Riccardo Bacchelli (Bologna, 19 aprile 1891 – Monza, 8 ottobre 1985), drammaturgo, giornalista, traduttore e critico teatrale italiano. La sua vasta produzione comprende poesie, romanzi, opere di teatro, saggi storici e critici. Al centro ideale della sua opera risaltal'ampia trilogia romanzesca Il mulino del Po.


Vincenzo Cardarelli, nato Nazareno Caldarelli (Corneto Tarquinia, 1º maggio 1887 – Roma, 18 giugno 1959), poeta, scrittore e giornalista italiano. Sorta dall’Avanguardia degli Anni Dieci, la sua poetica rivela influssi dell’espressionismo linguistico e del frammentismo, ad esprimere  temi come lo sradicamento, il viaggio, l'adolescenza, la perdita di identità.


venerdì 20 giugno 2014

Nel piccolo giardino

 

GHIORGOS SEFERIS

SOLSTIZIO D’ESTATE, VII

Nel piccolo giardino il pioppo.
Il suo respiro conta le tue ore
giorno e notte,
clessidra che il cielo riempie.
Al rafforzarsi della luna le sue foglie
fanno scivolare passi neri sul muro bianco.
Al limite sono i radi pini
poi marmo e luminaria
e uomini come son fatti gli uomini.
Ma il merlo trilla
quando viene a bere
e senti a volte tubare la tortorella.
 
Nel piccolo giardino, dieci passi,
puoi vedere la luce del sole
cadere su due garofani rossi
un ulivo e un gramo caprifoglio.
Accetta chi sei.
                      La poesia
Non immergerla nei platani profondi
Nutrila di quella terra e di quella roccia che hai.
Il resto,
scava sul posto per trovarlo.

(da Tre poesie segrete, 1966 - Traduzione di Mario Vitti)

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Nel 1963 il Premio Nobel per la Letteratura venne assegnato al poeta greco Ghiorgos Seferis con la seguente motivazione: “Per la sua scrittura distinta, ispirata da un profondo sentire per il mondo della cultura ellenica”. La sua terra dunque, al centro dei versi – la poesia nel piccolo giardino di casa, dove bastano le ombre a distillarla e la semplice accettazione di questo fatto, che alcuni critici scambiano per nazionalismo, altro non è che quel filo che si dipana dall’umanesimo della letteratura greca, come spiegò Seferis al banchetto in suo onore a Stoccolma: “Vengo da un piccolo paese. Un promontorio roccioso nel Mediterraneo, che nulla distingue se non il lavoro della sua gente, il mare e la luce del sole. È un piccolo paese, ma ha una tradizione immensa tramandata nei secoli senza interruzione”.

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FOTOGRAFIA © YVONNE AYOUB

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LA FRASE DEL GIORNO
Per la poesia non esistono paesi grandi o piccoli. Il suo dominio è nel cuore di tutti gli uomini.
GHIORGOS SEFERIS




Ghiorgos Seferis, pseudonimo di Gheorgios Seferiadis (Vourla, Turchia, 13 marzo 1900 - Atene, 20 settembre 1971), poeta, saggista e diplomatico greco, premio Nobel per la letteratura nel 1963 con la seguente motivazione: “Per la sua scrittura distinta, ispirata da un profondo sentire per il mondo della cultura ellenica”.


giovedì 19 giugno 2014

Sommando niente a niente

 

ULALUME GONZÁLEZ DE LEÓN

PROPRIETÀ IN CONCESSIONE

In qualche modo
sommando niente a niente
ottengo tutto.

Sogni?
                 Cose?
                               O un ponte
tra le cose e i sogni?

In qualche modo
tutto si compirà nello stesso tempo:
il fuori e il dentro.

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Sommare zero a zero ed avere un risultato pari all’infinito? Impossibile. Eppure, dice la poetessa uruguaiana naturalizzata messicana Ulalume González de León, quello è il risultato che ottengo sommando i sogni, sommando le cose ai sogni. E quel ponte tra le cose e i sogni altro non è che l’anima – proprietà in concessione – è la poesia, che è capace di rendere visibile quel legame invisibile, è capace di dare valore anche agli zero.

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ROB GONSALVES, “BRIDGING THE SEAS WITH A BOAT”

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LA FRASE DEL GIORNO
Chi non ha mai avuto un sogno forse ha solo sognato di vivere.
FAUSTO CERCIGNANI, Quotes we cherish




Ulalume Ibáñez Iglesias, nota come Ulalume González de León (Montevideo, 20 settembre 1932 – Querétaro, Messico, 17 luglio 2009), poetessa, traduttrice, saggista e editrice messicana di natali uruguaiani. La sua poetica parte dall’assunto che tutto è stato detto e la poesia altro non è che un plagio: il vero soggetto è la memoria e il corpo altro non è che cellula della memoria.

mercoledì 18 giugno 2014

Senza pensare perché

 

MAX AUB

PERCHÉ MI PIACE

Perché mi piace
tanto guardarti?
Dimmi, donna.
Perché mi piace
tanto coccolarti?
Dimmi, donna.
Perché mi piace
tanto baciarti?
Dimmi, donna.

E preoccupato da tanti perché
ho deciso che la cosa migliore è:
guardarti,
coccolarti,
baciarti,
senza pensare perché.

(da Poesie quotidiane, 1925)

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Negli anni giovanili lo scrittore spagnolo Max Aub sì dedicò alle avanguardie, sempre privilegiando però il suo tocco estetico, coniugando al modernismo ispanico il gusto del simbolismo francese. Nel testo qui proposto risalta la spensieratezza come stile di vita, la capacità di abbandonarsi all’amore senza porsi troppe domande, senza filosofare, lasciando che la vita scivoli leggera come sopra uno specchio.

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Tango kiss

ALVARO CASTAGNET, “TANGO KISS DANCE PASSION”

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LA FRASE DEL GIORNO
Fiori di mandorlo, / cielo azzurro. / Che bel vestito ha il mio amore!
MAX AUB




Max Aub Mohrenwitz (Parigi, 2 giugno 1903 – Città del Messico, 23 luglio 1972), scrittore, drammaturgo e poeta spagnolo naturalizzato messicano. Nelle sue opere tende a cogliere - col supporto e la mediazione della forma teatrale - gli aspetti ideologici, politici e umani degli avvenimenti dell'epoca che vive e a farne risaltare conflitti e contraddizioni.


martedì 17 giugno 2014

La lampada che brilla sul fondo

 

EDUARDO MILÁN

PERCHÈ AMO LA TUA FOLLIA

Perché amo la tua follia,
il tuo disordine, la tua ignoranza
degli orologi e le tue scorciatoie
quando sono praticamente sul punto
di cadere di testa nell’abisso?

Cioè in te. Ma non soltanto
questo: c’è molto altro di te che amo
e non rivelo. La lampada
che brilla sul fondo.

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Eduardo Milán, poeta uruguaiano trapiantato in Messico per sfuggire alla dittatura, appende un altro dipinto nel museo di quelli che si meravigliano della forza dell’amore, di quel mistero che sa incendiare un cuore di una passione che la ragione invece si ostina invano a ostacolare frapponendo le sue reti di saggezza. Proprio quella misteriosa forza, quella lampada che brilla sul fondo dell’abisso, è la risposta alla domanda – retorica, a questo punto – del poeta.

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Morning blossom

VLADIMIR KUSH, “MORNING BLOSSOM”

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LA FRASE DEL GIORNO
L'amore è un fiore delizioso, ma bisogna avere il coraggio di andare a coglierlo sui bordi di un precipizio spaventoso.
STENDHAL, Sull’amore




Eduardo Félix Milan (Rivera , 27 luglio 1952), poeta, saggista e critico letterario uruguaiano. Nel 1979 emigrò in Messico per motivi politici (suo padre era imprigionato nella dittatura militare), e da allora vive in quel Paese. Ha collaborato con  la rivista Vuelta, diretta da Octavio Paz, di cui è stato editorialista fisso tra il 1987 e il 1992.


lunedì 16 giugno 2014

La poesia è scala a Dio

 

EUGENIO MONTALE

SIRIA

Dicevano gli antichi che la poesia
è scala a Dio. Forse non è così
se mi leggi. Ma il giorno io lo seppi
che ritrovai per te la voce, sciolto
in un gregge di nuvoli e di capre
dirompenti da un greppo a brucar bave
di pruno e di falasco, e i volti scarni
della luna e del sole si fondevano,
il motore era guasto ed una freccia
di sangue su un macigno segnalava
la via di Aleppo.

(da La bufera e altro, 1956)

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Riecheggia la voce di Dante in questa poesia di Eugenio Montale. E sembra di rivedere quegli antichi schemi che dipingevano la Divina Commedia: “La dolce donna dietro a lor mi pinse/ con un sol cenno su per quella scala”. Montale, nel suo ricercare scettico e fondamentalmente negativo talora deve ricredersi, deve vacillare – come in questo scenario tra le colline polverose non lontano da Aleppo: quella freccia di sangue che indica il cammino segna anche un’altra strada.

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Late sun hits the walled city of Ar Rasafeh, Syria.

FOTOGRAFIA © MANFRED SCHWEDA

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LA FRASE DEL GIORNO
Io sono stato un poeta che ha scritto un'autobiografia poetica senza cessare di battere alle porte dell'impossibile. Non oserei parlare di mito nella mia poesia, ma c'è il desiderio di interrogare la vita.
EUGENIO MONTALE




Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981), poeta e scrittore italiano, Gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1975 “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”, ovvero la “teologia negativa” in cui il "male di vivere"  si esprime attraverso la corrosione dell'Io lirico tradizionale e del suo linguaggio.

domenica 15 giugno 2014

Corpo della mia donna

 

PABLO NERUDA

CORPO DI DONNA

Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
tu appari al mondo nell’atto dell’offerta.
Il mio corpo di contadino selvaggio ti scava
e fa saltare il figlio dal fondo della terra.

Fui deserto come un tunnel. Da me fuggirono gli uccelli,
e in me la notte forzava la sua invasione poderosa.
Per sopravvivere ti forgiai come un’arma,
come freccia nel mio arco, pietra nella mia fionda.

Ma viene l’ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
Ah, le coppe del seno! Ah, gli occhi d’assenza!
Ah, le rose del pube! Ah, la tua voce lenta e triste!

Corpo della mia donna, resterò nella tua grazia.
Mia sete, mia ansia senza limite, mia strada indecisa!
Oscuri alvei da cui nasce l’eterna sete,
e la fatica nasce, e l’infinito dolore.

(da 20 poesie d'amore, 1924 - Traduzione di Salvatore Quasimodo)

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Tra le poesie di Pablo Neruda questa, nella traduzione di Salvatore Quasimodo, è quella che preferisco: un omaggio alla donna, alla sua capacità di dare la vita, all’amore, espresso con la bruciante sensualità tipica del Premio Nobel cileno, con il surrealismo vagamente barocco delle sue prime opere.

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AMEDEO MODIGLIANI, “NUDO CON COLLANA”

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LA FRASE DEL GIORNO
Ma del tuo amore si vanno tingendo le mie parole. / Tutto ti prendi tu, tutto.
PABLO NERUDA, 20 poesie d'amore




Pablo Neruda, pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto (Parral, 12 luglio 1904 – Santiago del Cile, 23 settembre 1973), poeta, diplomatico e politico cileno, è considerato una delle più importanti figure della letteratura latino-americana del Novecento. Fu insignito del Premio Nobel nel 1971.

sabato 14 giugno 2014

Paura di stare lontani

 

JOSÉ AGUSTÍN GOYTISOLO

QUESTO FIORE ISTANTANEO

Paura di perdersi entrambi,
di vivere uno senza l’altro:
paura di stare lontani
nel vento, nella nebbia
nei passi del giorno
nel chiarore del lampo
in qualche luogo. Paura
che li fa abbracciare
li unisce in quest’aria
che ora respirano assieme.
E si cercano e cercano
questo fiore istantaneo
che quando si ottiene
si disfà in un soffio
e devi cercarne altri
nel giardino in penombra.
Paura, benedetta paura
che propizia la passione
l’agonia e l’estasi
di quelli che muoiono assieme
e dopo resuscitano.

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Il lampo accecante della passione, il desiderio che prende gli amanti e li spinge ad unirsi, a cogliere il fiore istantaneo del piacere per vincere la paura di essere umani, per superare l’angoscia della vita. È questo il protagonista della poesia di José Agustín Goytisolo, scrittore e traduttore spagnolo, fratello maggiore degli scrittori Juan e Luis.

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PAINTING KIM, “LOVERS”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il culto del piacere nel quale, più che in ogni altra azione, dare e avere si fanno una cosa sola.
HERMANN HESSE, Siddharta




José Augustín Goytisolo (Barcellona, 13 aprile 1928 – 19 marzo 1999), scrittore e traduttore spagnolo. Fu uno degli autori più importanti della generazione degli anni 50, più precisamente nella scuola poetica di Barcellona, detta anche Gruppo catalano. Suo modello fu Juan Ramón Jiménez, insieme ad alcuni poeti della generazione del '27. Nei suoi versi fa costante ricorso all'ironia.  


venerdì 13 giugno 2014

Inseguire i sogni

 

JAIME SABINES

COME UNA NOTTE

Come una notte di ubriachezza,
così è la vita.
Che cosa ho fatto? Che cosa ho nelle mani?
Solo desideri, desideri, desideri,
inseguire i sogni
come un cane cieco che abbaia ai rumori.

(da Poemas sueltos 1951-1961)

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“Avevo pochi anni e vent'anni sembran pochi, / poi ti volti a guardarli e non li trovi più” canta il De Gregori di “Bufalo Bill”. E capita che un giorno ci presentino i nostri cinquant’anni e ci fermiamo a riflettere su quello che abbiamo realizzato, su quello che abbiamo tra le mani, così come il poeta messicano Jaime Sabines: alcuni saranno soddisfatti, altri si sentiranno come dei pugili suonati, altri ancora continueranno a sognare, come se nulla fosse.

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YURI BASHKIN, “SNOW DOG”

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LA FRASE DEL GIORNO
La vita, un’illusione del poeta.
JAIME SABINES




Jaime Sabines Gutiérrez (Tuxtla Gutiérrez, 25 marzo 1926 – Città del Messico, 19 marzo 1999),  poeta e politico messicano. Noto come “cecchino della letteratura”, la sua poesia tendeva a trasformare la letteratura in realtà. I suoi scritti si basavano sulla sua presenza in vari luoghi quotidiani.



giovedì 12 giugno 2014

Nelle città del Barocco

 

CZESŁAW MIŁOSZ

GENEALOGIA

a Jan Lebenstein

Certo abbiamo molte cose in comune
tutti noi che siamo cresciuti nelle città del Barocco
senza chiedere quale re volle erigere la chiesa
che vediamo passando ogni giorno, quali principesse
abitarono il palazzo, né come si chiamassero
architetti, scultori, donde venissero e quando, e per che cosa
ebbero la celebrità. Preferivamo
giocare a palla sotto la fila dei portici eleganti,
correre a lato degli aggetti e delle scale di marmo.
Poi ci furono più cari i sedili dei parchi ombrosi
che non i groppi di angeli in gesso sulla testa.
Però qualcosa ci resta: un gusto per la linea tortuosa,
le alte spirali delle contraddizioni, fiammeggianti,
abiti femminili con drappeggi sontuosi
per aggiungere fulgore al ballo degli scheletri.

(Traduzione di Valeria Rossella)

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“Fai un passo avanti e un passo indietro” disse il celebre connazionale Giovanni Paolo II al poeta polacco Czesław Miłosz. Il Premio Nobel 1980 confessa qui la sua ammirazione per il barocco, per l’ideale retorico dell’arte poetica, anzi qualcosa di più: un retaggio dei giorni dell’infanzia e della adolescenza trascorsi a Vilnius, ora capitale della Lituania, ma allora città polacca, “bastione più avanzato a nord del barocco italiano”. Come scrisse Miłosz: “le radici della letteratura polacca sono indubbiamente mediterranee, e per vari secoli i suoi autori erano bilingui, e si servivano sia del latino sia del polacco. I loro numerosi viaggi in Italia li spingevano anche a cercare modelli italiani”. Qualcosa che si è inscritto nel suo DNA e che quindi ne caratterizza lo stile.

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FOTOGRAFIA © VILNIUS UNIVERSITY

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LA FRASE DEL GIORNO
Nell’essenza stessa della poesia c’è qualcosa di indecente: sorge da noi qualcosa che non sapevamo ci fosse, sbattiamo quindi gli occhi come se fosse balzata fuori una tigre, ferma nella luce, sferzando la coda sui fianchi. Perciò giustamente si dice che la poesia è dettata da un daimon, /benché sia esagerato sostenere che debba trattarsi di un angelo…
CZESŁAW MIŁOSZ




Czesław Miłosz (Šeteniai, Lituania, 30 giugno 1911 – Cracovia, 14 agosto 2004),  poeta e saggista polacco. La sua poesia ha grandi ambizioni formali e una decisa intonazione pessimistica. Nel 1980 gli fu conferito il Nobel con la seguente motivazione: “A chi, con voce lungimirante e senza compromessi, ha esposto la condizione dell'uomo in un mondo di duri conflitti”.


mercoledì 11 giugno 2014

Un raro sortilegio

 

ELOY SÁNCHEZ ROSILLO

PRIMO AMORE

Apro il balcone e guardo. Sui balconi
della casa di fronte il sole di giugno
gioca con i gerani.
Mi saluta
da lì una ragazza: alza la mano,
mi fa un cenno e sorride, ed è più bella
dello splendore dell’estate.
I minuti
si acquietano nel cielo e scorre
molta luce. Si direbbe
che un raro sortilegio ha fermato
il tempo stamattina.
Ma chiudo
un istante gli occhi, e al riaprirli
nulla resta: né la casa, né la ragazza,
né i balconi assolati. Da tutto quello
sono passati già vent’anni.

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Quasi un paradosso temporale questo del poeta spagnolo Eloy Sánchez Rosillo: come se le maglie del tempo si fossero aperte per un istante cancellando con un colpo di spugna vent’anni riportando alla vista la ragazza del primo amore, la sua bellezza innamorata. Ma è soltanto un’illusione, un gioco della memoria: “...e ora, ora, / succederà di nuovo / quella sera: // ...una ragazza, / che eri tu, mi guardava /per la prima volta”.

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Saba

FABIAN PEREZ, “SABA ON THE BALCONY VII”

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LA FRASE DEL GIORNO
Si ama bene una volta soltanto: la prima; gli amori che vengono dopo sono meno volontari.
JEAN DE LA BRUYERE, Caractères




Eloy Sánchez Rosillo (Murcia, 24 giugno 1948), poeta spagnolo.  Nelle sue poesie balenano scorci di ciò che era e di ciò che è scomparso. Tra pienezza e malinconia, sono testimonianza della vita di un uomo e della certezza di un mondo, scritte con uno stile scorrevole e senza enfasi.