MANUEL JOSÉ ARCE
PAESAGGIO
Proprio come le antenne dei televisori
a volte allungo le braccia per catturare la tua immagine.
Freddo albero di alluminio,
vado in giro per la città a cercarti
chiamandoti,
ascoltando uno per uno i canali del vento.
I miei occhi si riempiono di annunci e di segni,
di ignare violenze, di volgari misteri.
Ma tu non ti presenti.
Proprio come le antenne dei televisori
allungo le mie fredde braccia di alluminio
in tutte le direzioni
per vedere se ti trovo.
Apro il mio petto acustico per ascoltare le tue parole
vieni tra le mie braccia
al cuore sano.
Ma la tua voce non arriva.
Dove sei?
Dove passa il fiume tremolante della tua immagine?
Dove sei?
Non riesco a trovarti. Non capto
la tua impronta di lucciole.
E rimango di notte
proprio come le antenne dei televisori
con le mie braccia rigide come un albero di alluminio.
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Entrare in sintonia con gli altri spesso non è facile: il poeta guatemalteco Manuel José Arce drizza letteralmente le antenne per captare i segnali della donna amata. Ma, ahimè, lei viaggia su una diversa frequenza e non risponde.
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ILLUSTRAZIONE © WALLPAPER CAVE
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LA FRASE DEL GIORNO
Nella patria dei miei passi / e nel paese della mia vita / vieni, entra e comanda: è il tuo regno, / la tua vittoria, la tua conquista.
MANUEL JOSÉ ARCE
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Manuel José Leonardo Arce Leal (Città del Guatemala, 13 maggio 1935 - Albi, Francia, 22 settembre 1985), poeta, scrittore, drammaturgo e giornalista guatemalteco. Negli Anni '80 dovette rifugiarsi in esilio in Francia per sfuggire alle minacce del regime di Lucas García.
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