UMBERTO SABA
QUASI UNA MORALITÀ
Più non mi temono i passeri. Vanno
vengono alla finestra indifferenti
al mio tranquillo muovermi nella stanza.
Trovano il miglio e la scagliuola: dono
spanto da un prodigo affine, accresciuto
dalla mia mano. Ed io li guardo muto
(per tema e non si pentano) e mi pare
(vero o illusione non importa) leggere
nei neri occhietti, se coi miei s’incontrano,
quasi una gratitudine.
Fanciullo,
od altro sii tu che mi ascolti, in pena
viva o in letizia (e più se in pena) apprendi
da chi ha molto sofferto, molto errato,
che ancora esiste la Grazia, e che il mondo
- TUTTO IL MONDO – ha bisogno d’amicizia.
(da Il canzoniere, Einaudi, 1961)
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Il messaggio del poeta deve essere un messaggio più alto, di pace: Umberto Saba ritiene che il compito di chi scrive poesie sia consolatorio, essere sollievo alla pena del vivere. Quindi il lettore, “Tu che mi ascolti”, che sia triste o allegro, deve appropriarsi di questo insegnamento, coltivare la gratitudine e l’amicizia, come quei passeri che non più timorosi beccano il miglio lasciato sul davanzale dal poeta.
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FOTOGRAFIA DA PINTEREST
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LA FRASE DEL GIORNO
Ai poeti resta da fare la poesia onesta.
UMBERTO SABA, Quel che resta da fare ai poeti
Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli (Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957), poeta italiano. Fu per molti anni direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. La sua poesia, quasi intimo diario e confessione, indaga le cose ultime, la donna, l’amore, il senso atavico del dolore. La sua opera è raccolta nel Canzoniere.
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