VLADIMÍR HOLAN
NELLA PROFONDITÀ DELLA NOTTE
a Jaroslav Seifert
"Come non essere?", ti domandi e finisci per dirlo
a voce alta…
Ma l’albero e la pietra lo tacciono,
sebbene entrambi figli della parola e pertanto muti,
poiché la parola teme di vedere che cosa ne è stato di essa…
Ma anche i nomi lo temono. I nomi: pino,
acero, pioppo tremulo… e i nomi: feldspato,
basalto, fonolite, amore… Bei nomi,
soltanto temono di vedere in cosa si sono convertiti.
(da Un gallo a Esculapio, 1970)
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“Ma essere perduti e resistere e avere / la luna nel libro e la notte solo nel leggerlo, / non conoscere né fine né margine a se stessi, / non essere soli, ma esser perduti, / è come se la propria pena ed un’altra, di estranei / generassero un terzo cuore…”: il destino dell’uomo è al centro della poetica di Vladimír Holan. Il poeta ceco si interroga sul determinismo che governa le vite degli uomini e lo fa attraverso la poesia: la parola dunque è uno strumento d’indagine, è il mezzo per non temere di guardare in faccia la realtà.
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FOTOGRAFIA © SNOW1/PIXABAY
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LA FRASE DEL GIORNO
Tutto, anche il silenzio stesso / ha qualcosa da tacere.
VLADIMÍR HOLAN
Vladimír Holan (Praga, 16 settembre 1905 – 31 marzo 1980), poeta ceco. Dall’astrattismo e dal simbolismo ermetico con cui iniziò a scrivere versi passò a forme più realistiche e pessimistiche, centrate sul destino dell'uomo e della società, attuate con un linguaggio oscuro.
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